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Autore: __Di    31/08/2010    7 recensioni
L’unica cosa che gli passò per la testa fu che
Bookman, Senior ovviamente, aveva ragione: non bisognava affezionarsi a nessuno,
i Bookman non avevano bisogno di un cuore per lavorare bene.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa è la prima e forse unica storia che pubblicherò, ho detto forse unica.
Comunque, mi permetto di trattenervi, prima cosa, prima di lasciarvi a briglia sciolta leggere questa porcata che ho scritto, volevo porre a voi questa domanda: ma possibile che tutte le storie su questa sezione che contemplano Kanda, qualunque autore o autrice lo descriva come un... ah come dirlo senza minare la delicata psiche dei vari lettori? Passivo.
Cavoli solo io lo vedo come un vero e proprio uomo? Certo, magari non il mio ideale perfetto di uomo, ma... Beh insomma non è che se uno ha i capelli lunghi vuol dire essenzialmente che sia il passivo della coppia.
Forse è che leggo le scan online, forse è che bah, sono un po’ più punto nel vivo dalle varie sfaccettature delle storie e soprattutto dalla caratterizzazione dei personaggi... Ma dico io! Voi non avete avuto un brivido assolutamente sensazionale quando l’avete visto al massimo del suo immenso (perché è davvero immenso) potere nel massimo splendore della quinta illusione? No, forse perché non avete letto le scan e quindi... Beh, magari solo io e pochi intimi lo vediamo come un vero uomo, già, probabilmente è così... Lui in realtà è molto più femmineo, anche se non avesse quella faccia affilata e i capelli lunghi sarebbe effeminato, certo. Ma cosa sto dicendo?! Cos’è una pessima lezione di training autogeno?! Bah io non ci crederò mai. MAI!
Kanda è un uomo, ciò non vuol dire che non scriverò una yaoi, ma... Continua ad essere un uomo.
Quindi, lasciate perdere questo assurdo sproloquio iniziale e lasciatemi dire altre due o tre cosette.
Questa storia potrebbe contemplare gli ultimi capitoli di cui è stato fatto l’upload negli ultimi mesi, quindi dalla notte 191 al 197... Perché in fondo sono quelli che fanno più luce sul personaggio di Kanda.
Ah, forse non vi ho detto che è una storia un po’ triste... Già, l’ho proprio dimenticato, okay, è triste.
Nulla riuscirà a muovermi a compassione anche perché essendo una storia di un capitolo, forse è inutile implorarmi, no?
Finirà che l’introduzione è molto più lunga della storia in sé, che fortuna eh?

Va beh, dai, vi congedo. Abbiate pietà questa è la mia prima storia e avevo proprio voglia di distruggere un bel manga quale è questo.
Comunque, permettetemi di rammentarvi che questa storia contiene spoiler, quindi, potete anche tornare indietro, non me la prendo.

Disclaimer: Io non posseggo i personaggi di D.Gray-Man, sono tutta opera di (quella mente malata di...) sensei Hoshino Katsura.

 

 

 

I tought
I’d always be
by your side
Hoshino Katsura, D.Gray-Man--193th Night: Friend

 

 

 

580 Secondi

 

 

 

 


Una persona fredda e distaccata, riflessiva, così si era mostrato inizialmente Kanda.
Così era sembrato a una prima occhiata. In fondo il suo volto affilato e l'espressione truce ed arrogante ad abbuiargli il volto non è che dessero ampio spazio all'immaginazione, non c'era libertà di interpretazione: un vero e proprio uomo integerrimo, stoico, decisamente scontroso e mostruosamente scostante, perennemente arrabbiato e dannatamente introverso, per non parlare del fatto che era anche un po’ lunatico. E un po’ è un eufemismo.
Però a una prima occhiata.
Sì, okay, anche alla seconda... E pure alla terza.

Ma a poco a poco, missione dopo missione, notte dopo notte, oltre il cumulo di polvere e quel che normalmente resta degli Akuma dopo un combattimento, parve, con l’andare del tempo, un tipo crudelmente impulsivo e testardo.

Visto che uno come Kanda sconvolge facilmente i piani coi suoi atteggiamenti ben poco ortodossi in determinate situazioni che necessitano non solo il sangue freddo ma anche, e soprattutto, un minimo di gioco di squadra, bisognava che qualcuno stabilizzasse le cose, che equilibrasse le sorti delle povere vittime, perché l'ombra di Mugen può gravare su chiunque, e a questo punto che è necessario che appaia uno come Lavi.

Ecco, presente la descrizione di Kanda? Ora metteteci un grande NON davanti ed avrete scoperto di chi stiamo parlando.

Lavi aveva un atteggiamento allegro, era sempre lì ad offrire sostegno o incoraggiamento ai suoi amici - sì, perché a differenza di Kanda, lui, Lavi, Allen e gli altri li chiamava amici...
Una specie di polo magnetico, un vero e proprio uragano, anche abbastanza fastidioso a onor del vero. Pragmatico fino allo sfinimento, quando si trattava di elaborare tattiche di battaglia più efficaci dei soliti colpi di testa di una certa persona...

E proprio a questa certa persona i pensieri di Lavi correvano più volte al giorno negli ultimi tempi. A oltranza, forse anche perché Mugen non veniva più sguainata contro il suo naso da un po’... Già, probabilmente per questo.
Però il morale non gli si era mai sollevato a tale pensiero, in realtà la kissaki che puntava minacciosamente il suo viso cominciava a mancargli, in fondo.

«Yuu?».
«Guarda che ti affetto!».

Lavi aveva un atteggiamento allegro. Aveva, sì. Ora è tutto cambiato.
È passato un po’ di tempo da quando si comportava come un fratello maggiore nei confronti di Allen, o da quando scherzava e rideva con Lenalee.
Un po’. Anche in questo caso è un eufemismo.
Il tempo si è congelato da allora. Neppure le capacità dell’Innocence di una Miranda al massimo della concentrazione potevano arrivare a tanto. Era come quando la maldestra signorina Lotto riusciva a intrappolare e bloccare il bersaglio in un tempo immobile.

Forse, in effetti, è molto peggio, perché il tempo va avanti, ogni cosa continua a scorrere, anche troppo veloce per i suoi gusti.

«Ho giusto voglia di mangiare qualcosa! E tu eh? Ti offro il pranzo? Non so... Tipo quella orribile brodaglia che mangi tu? Magari ti leva quel broncio terribile dalla faccia, eh, Yuu?».
«Perché parli così tanto?! E smettila di chiamarmi per nome! Sei fastidioso!».

Già, fastidioso.
Gli viene da ridere a questo pensiero ogni volta che si ricorda le sue parole, ma evidentemente non ci riesce, ed è da un po' che non ce la fa.

Kanda era il tipo di persona che non sopporta la gente troppo loquace, e Lavi era davvero troppo loquace.

«Dai, rispondimi, la vuoi quella brodaglia che ti piace tanto?!».
«Si chiama soba, e poi smettila di chiamarla brodaglia!».

Lo odiava. Beh, essere odiati da Kanda era la cosa più normale del mondo, come il sole che sorge alla mattina, più o meno. Non essere sulla sua lista nera voleva dire solo una cosa: essere morto.
Kanda odiava tutto, più o meno... Ad esempio chi si faceva notare; gli ingenui; chi non riesce a tenere la bocca chiusa e, soprattutto, sopra ogni cosa, anche sopra i dolci che a quanto pare gli facevano insorgere una mezza orticaria, odiava, detestava e voleva morto chi mai avesse osato chiamarlo col suo nome.

E... Beh, Lavi era un tipo dannatamente appariscente, affatto ingenuo - anche se alle volte si fingeva più innocente di un bambino -, terribilmente loquace - guai a lasciargli sbrigliare la lingua! - e soprattutto, ultimo ma solo per dare più enfasi a questo difetto - chiamiamolo pure così - lo chiamava per nome.
Insomma era il primo candidato ad essere sventrato e sminuzzato a dovere per farci sukyiaki, altrochè!

Ma in fondo Kanda s’era dimostrato diverso dai pronostici, quindi, magari poteva anche sopportare quell’eccentrico e troppo allegro Bookman. No?

«Yuu, quel broncio!».

 

Dopo una vera e propria pioggia di petali rosati, come se stesse passando un uragano, a poco a poco la forza vitale che permeava ogni singola cellula del corpo di Kanda andava esaurendosi del tutto.

Poco prima, la furia dai capelli violacei campeggiava in tutta la sua strabiliante potenza in mezzo a un fuoco di polvere e fiamme di vento.
Brandiva la katana nella sua forma più minacciosa che mai e sferrava attacchi sempre più incalzanti.
L’unico problema con le Illusioni che Mugen contribuiva a distorcere era che succhiavano via un’immensa quantità di energie, soprattutto se proposte nella loro massima potenza.

Era già tanto che continuasse a reggersi in piedi dopo tutti quei secondi nei quali aveva continuato a ripetere "distruggere, distruggere, distruggere", come fosse una cantilena, dopo tutti i minuti che aveva speso nell’attaccare Alma e Allen con insistente e tenace follia.

E poi, logorato da una forza ancor più forte di quella che aveva impresso nei suoi affondi crollò a terra sfinito sotto la pioggia di petali.

«Yuu, quel broncio!».

Non è difficile immaginarsi perché Kanda proponesse sempre quella faccia truce. No, non era per una paresi facciale, ma per i suoi trascorsi.
In effetti Lavi ne sapeva davvero poco, ma continuava a dirgli che sorridere alla vita, come faceva lui, in fondo faceva sentire bene.

Quello che vide dopo la pioggia di petali rosa di fior di loto lo lasciò senza fiato.
La devastazione che quella faccia arrogante e indisponente e quella massa di capelli troppo lunghi e femminei per essere di un uomo aveva portato, era davvero incredibile.

Avvenne tutto molto velocemente, i soccorsi arrivarono subito a porgere il massimo dell’auto ad Allen e gli altri dell’Ordine Oscuro, tutte vittime collaterali di quella furia.

Lavi si curò davvero poco degli altri, anche di quello che lui amava definire con tono fin troppo familiare “fratellino”. Accorse subito al fianco di Kanda, e di quel po’ che rimaneva dei suoi vestiti.
Era calmo, guardava il cielo impassibile.

Ci vollero dieci minuti prima che Lavi riuscisse a dire qualcosa.
Aveva pazientato anche troppo, in fondo da quel che sapeva quelli come Kanda potevano anche risuscitare in dieci minuti, anzi, più precisamente nove minuti e quaranta secondi, vale a dire cinquecentottanta secondi. Questo pensava per non pensare a cosa dire.

«Non... Parli... Che strano...» bofonchiò all’improvviso, anche molto prima dello scadere dei quasi-dieci-minuti.

Lavi restò in silenzio. A pensare ancora.
A dire la verità nella sua testa non c’era nemmeno la benché minima idea di cosa dire né, ovviamente, la voglia di parlare. C’era solo uno strano frastuono che rimbombava per il suo cervello incredibilmente allenato - forse anche troppo -, come se tra le sinapsi i collegamenti si fossero spezzati.
L’unica cosa che gli passò per la testa fu che Bookman, Senior ovviamente, aveva ragione: non bisognava affezionarsi a nessuno, i Bookman non avevano bisogno di un cuore per lavorare bene.

«Oh... Sei... Meno fastidioso... Del solito.» farfugliò di nuovo Kanda con un filo di labilissima voce a raschiargli tra le corde vocali.

A quel punto il nodo alla gola di Lavi, alla gola oltre che al cervello a quanto pare, si sciolse del tutto. «Lo prendo come un complimento, Yuu.» cercò di sorridergli in un modo decisamente forzato. «L‘hai fatta grossa stavolta, eh?».
Non ottenne risposta.
«Quando starai bene mi racconterai tutto, me lo devi».

«Non... È... Un mio problema...» annaspò lentamente articolando bene tutte le lettere per farsi capire con la poca voce che gli restava.

Lavi sorrise di nuovo. «Già... Non è mai un tuo problema.» annuì. A onor del vero, si aspettava che lo minacciasse con Mugen per quella frase detta con quel dannato tono canzonatorio che usava, ma non avvenne. «Sanguini, non pensavo di dirtelo...».

Kanda puntò gli occhi sui nuvoloni bianchi che incorniciavano lo squarcio di vero e proprio turchese che si intravedeva appena. «Mh... A quanto pare».

«Oddio, non parlare così tanto guarda che poi ci lascio le penne!» ridacchiò.

«Sei... Davvero fastidioso.» annuì.

Lavi torna per un momento alla realtà. L’odore di fuoco e cenere riarsa lo ha fatto riprendere all’improvviso, forse per una strana associazione d’idee incorsa nel suo cervello troppo, anzi, davvero troppo allenato.
Ma resta tranquillo, torna a guardare le nuvole incresparsi al vento e aggrovigliarsi come per prepararsi ad un altro temporale estivo e il corso dei suoi pensieri corre indietro all’anno prima.

«Quel broncio, Yuu...» gli aveva detto una volta giunti in un luogo sicuro e asettico, dove non solamente Kanda o Allen potevano recuperare le forze.

Kanda, però, non aveva risposto, si era addormentato dopo quel mucchio di sedativi che gli avevano somministrato, tanti da poter addormentare non un solo cavallo, ma tutta la cavalleria, con tanto di fanti.

Forse è da allora che le cose sono cambiate. Da quando aveva visto dormire Kanda in un modo così tranquillo e pacifico, degno di un bambino. Forse è da allora che Lavi non è più stato in grado di sorridere a cuor leggero, dimenticandosi dei problemi e dei ricordi che pesavano sulle sue spalle. O forse è stato poco dopo?

Kanda si svegliò da solo, senza grida di dolore o cos‘altro. Probabilmente il suo animo tremendamente stoico e arrogante non gli permetteva di mostrarsi debole. «Sei ancora qui...».

«Non sono mai andato via. Anche tu sei ancora qui, Yuu, hai visto?» cinguettò allegro Lavi cercando di prendergli la mano.

«Potevi andare...» brontolò piano Kanda senza ritrarre la mano, cosa alquanto strana. «Come sta... Allen?».

«Sta bene. Non preoccuparti, invece, piuttosto, pensa a te.» annuì il Bookman senza nemmeno preoccuparsi di quanto avesse appena detto il temibile, arrogante e quantomai menefreghista giapponese. «Oddio, Yuu, devi stare proprio male per... Preoccuparti per il fratellino!» bofonchiò senza nemmeno pensare a quanto stesse dicendo. La sua lingua si era sciolta all’improvviso e lui aveva dato libero fiato alla bocca, senza nemmeno far passare un secondo tra il pensiero e la parola.

Kanda chiuse nuovamente gli occhi ma li riaprì in fretta. «Quanto parli».

«Lo so, ti do fastidio, scusami.» mormorò Lavi abbassando lo sguardo. «È che è diverso per me... È strano! Io pensavo ti saresti rimesso subito, conoscendo le tue allucinanti capacità!».

«Mi dispiace...» scosse il capo.

Ecco. Probabilmente è questo il momento in cui il tempo si è fermato. Quando effettivamente Lavi sentì uscire un vocabolo che evidentemente non era presente sul vocabolario Kanda-personenormali/personenormali-Kanda. Nah, forse no.

«Per cosa?» farfugliò il Bookman sconvolto con tanto di occhio sgranato e bocca dischiusa. «Tu che ti scusi? Che giorno è oggi? Lo segno sul calendario!».

«Mi dispiace perché... Scombino i tuoi piani... Non ho più tanto tempo.» sospirò profondamente. «Quanti petali... Quanti petali mi saranno rimasti?» domandò.

Lavi scosse il capo. «Non lo so».

«Te lo dico io...» annuì. «Pochi».

«Abbastanza per metterti in forze e alzarti da questo letto, sicuramente!» ringhiò il rosso sferrando un pugno contro il materasso. «Sicuramente, Yuu! Potremmo chiedere a Miranda di aiutarti, l‘ha fatto con Allen, potrebbe riuscirci anche con te!».

Kanda curvò le labbra in una strana smorfia, qualcosa di davvero molto simile a un sorriso, ma il binomio Kanda-sorriso ha sempre avuto qualcosa di estremamente sbagliato, probabilmente perché un concetto precluderebbe l‘altro. «Ti prego... no».

«Tu mi preghi? Pensavo avessi più dignità, Kanda.» Lavi ringhiò letteralmente e si alzò in piedi dalla sua seduta, facendo cadere a terra la sedia. «No. Io non sarò così buono da lasciarti morire! Non hai una missione da compiere? Trovare quella persona che ti sta aspettando? Dannazione, fallo! Alzati da quel letto e va‘ a prendere quella persona!». Stavolta le parole uscirono come fossero acqua che esce dalla guarnizione difettosa di una cannella, schizzando ovunque fiocamente. Ma non ottenne risposta, piuttosto questo lo indispose di più, e cominciò a galoppare avanti e indietro per la stanzetta bianca e piuttosto asettica. «Io non capisco, Kanda!».

«Mi chiami Kanda, ora?» farfugliò con una certa espressione soddisfatta sul volto.

«Sì, a quanto pare...». Sì, dannazione, tu non sei il mio Yuu! Non sei quello che conosco io! Però detto tra noi, questo pensiero lo tenne per sé, quindi non andate a declamarlo ad amici e parenti...

«Chi... Chi ti dice che non ho trovato quello che volevo?» bofonchiò appena con la voce ancora più flebile di prima, quasi impercettibile, tanto che anche Noise Marie in persona stando lì accanto avrebbe faticato a sentire.

«Che hai detto?» Lavi si voltò di scatto e vide un sorriso beato sul volto affilato del giapponese. «Cosa hai detto, Yuu?!».

Kanda socchiuse gli occhi. «Vorrei... Mangiare qualcosa...».

«La solita sbobba, quell‘orribile brodaglia?!» bofonchiò. «Ma un po‘ di carne proprio no, eh?» a quelle parole l’altro scosse la testa piano. «Yuu, un po‘ di carne... Poca, ti farebbe stare meglio!».

«Soba... Tempura... Zucca, shishitou... Radice di loto... E pepe...» annuì elencando i suoi ingredienti preferiti. «E pepe verde».

Lavi si avvicinò alla porta facendo impulsivamente sì con la testa. «Okay, vado subito a prenderti quanto mi hai chiesto, tu sta‘ buono qui, intesi?».

Non aspettò nemmeno che Kanda gli rispondesse uscì, e raggiunse in fretta la prima cucina che potesse trovare sulla sua strada e tornò indietro con una scodellona di brodaglia fumante e un paio di bacchette usa e getta.

Ci aveva messo davvero poco, tanto che trovò Kanda nella stessa posizione in cui l‘aveva lasciato, con gli occhi fissi verso il soffitto e le braccia abbandonate lungo il corpo esile.

«Yuu, a forza di mangiare questo schifo sei dimagrito, lo sai?» brontolò sistemandosi seduto sul letto, al suo fianco. «Dai, ti do una mano nello stato in cui se-».

Scosse il capo. «È affar mio...».

«Riuscire a mangiare senza ustionarti ovunque o ciò che ti sazia?» mugugnò Lavi vagamente confuso. Non ottenne risposta, ragion per cui afferrò in fretta le bacchette e cominciò ad agguantare le sfuggenti fettuccine di grano saraceno. «Fai ah!».

Kanda alzò gli occhi al soffitto. «Non sono un bambino...».

«Lo so, ma voglio aiutarti, quindi per favore, Yuu...» mugugnò avvicinandosi con la ciotola e le bacchette al volto del giapponese, che senza alcuna ulteriore costrizione aprì la bocca. «Ora mi vuoi dire cosa hai detto? Hai davvero raggiunto il tuo obiettivo? Eh?!» domandò Lavi preparando un secondo boccone.

Le dita di Kanda, stranamente gelide sfiorarono il volto da impertinente del Bookman. «A quanto pare... sì» annuì. «Ci ho messo parecchio a capirlo ma sì.» azzardò un’altra smorfia troppo simile a un sorriso.

«Yuu, perché sorridi?!» domandò Lavi sconvolto.

 

Di nuovo la sua mente si è isolata, evidentemente sente un ronzio di una voce che flemmaticamente gli parla e ora s’è ripreso e sta cercando di focalizzare la sua attenzione su altre parole oltre a quelle che gli aveva sussurrato Kanda allora, quando il tempo s’è fermato.

 

Lavi era lì quando Kanda chiuse definitivamente gli occhi, e non passava giorno che non rimpiangesse di averlo lasciato andare, di avergli permesso di smettere di lottare.

Si era spento pacificamente nel letto, dopo un placido tremore che gli aveva strappato l’ultimo respiro. Ma se n’era andato come aveva vissuto, silenziosamente e soprattutto dignitosamente, dopo pochi bocconi di quel pasto che gli piaceva tanto e una strana e visionaria chiacchierata sul perché una persona sorridesse, anzi, sul perché uno come lui sorridesse.

Lavi restò lì accanto a quel corpo esanime per più di tre ore. Contando e ricontando ogni volta che passavano quei cinquecentottanta secondi sperando di vedere gli occhi blu di Yuu aprirsi e di sentire la sua voce ringhiare profondamente, tanto da gorgogliare dal centro del petto, un “che diavolo ci fai qui, vattene oppure ti affetto!”. Ma dopo un po’ si rassegnò all’idea che non sarebbe successo.
Aveva proprio ragione Bookman, il Vecchio Panda, non bisognava stringere rapporti, a quelli come lui non serviva.

Si chinò e poggiò un bacio sulla fronte ancora tiepida di Yuu prima di andare via. «Spero davvero tu abbia trovato ciò che cercavi, sai?».
Poi si alzò, ostentando un mezzo sorriso beffardo, spinse la porta e scese nella sala comune dove anche un redivivo Allen stava raccontando come erano andate le cose.
Appena lo videro entrare nella stanza si zittirono all’improvviso.
Calò un silenzio profondo quanto il nulla, e secco quanto il deserto.

«Ehi, Lavi! Dov‘eri?» bofonchiò Allen in uno strano gridolino di gioia, in fondo la presenza del rosso portava sempre un po’ di allegria. Okay, diciamo quasi sempre.

Non diede tempo a nessuno di chiedergli dove fosse Kanda. «È morto.» annuì cercando di sorridere ma senza riuscirci. «Si è lasciato andare tranquillamente nel suo letto.» aggiunse nel tono più freddo che poteva sfoderare e, che resti tra noi, non è che fosse tanto freddo quel tono, anzi, tutt'altro, soffocava dei muti singhiozzi con una perizia incredibile. «È stata una buona morte, degna di lui. Ha solo chiuso gli occhi e... ed è morto». Continuava a ripeterlo solo perché voleva esserne sicuro anche lui, perché se Yuu avesse avuto il tempo avrebbe lottato, sicuramente, certamente, lui ne era certo, altrochè!

I presenti si ammutolirono e fu esattamente quello il momento in cui Lavi si accorse che il tempo s’era fermato del tutto, definitivamente.

«Posso chiedere a Miranda di...».
«No... Va bene così».
«Ma Yuu... Io veramente... Davvero non capisco, perché ti ostini a non voler lottare? Sei...».
«Io ho trovato la persona che...».
«E chi sarebbe?».


 

Lavi trasale, batte la palpebra una volta e sospira profondamente, prima di alzarsi da terra quando la prima gocciolina fredda di pioggia si scontra violentemente contro la sua fronte, magari è ora di andare al coperto.

Entra nel quartier generale della sua squadra e sbuffa profondamente nel sedersi su quel divano sgangherato accanto alla finestra. Non si preoccupa poi, più di tanto, del fatto che manchi più o meno tutto il gruppo oltre lui e...

«Una persona tremendamente fastidiosa...»

Gli viene da ridere, ma come al solito non ci riesce. In fondo non è una novità, non ci riesce più da tanto tempo.

 

In fondo a Kanda davano fastidio dozzine di cose diverse, mica poteva essere lui quella persona che aveva riportato il sorriso, seppure debole, sul volto del giapponese, no?
Nah, smettila di crederti così importante, Lavi! aveva pensato allora, e non è che l’idea non gli andasse a genio anche adesso.

 

«Yuu, io... Credevo seriamente che avremmo avuto più tempo... che... che saremmo stati insieme fino alla fine... anche se non te l'ho mai detto...» farfuglia scotendo debolmente la testa mentre il vetro della finestra si appanna a contatto col suo respiro caldo. Poggia la fronte contro il vetro e si tocca le labbra con un dito. «Dannazione! Vedi? Dovevo baciarti».

Lavi non ride più, già, non è più solare e allegro come prima. Ed è molto tempo che va avanti così, che si trascina nelle missioni senza nemmeno un canovaccio, un po' come faceva lui, cercando la morte senza neppure riuscire a trovarla.
Perché la morte è arrogante e beffarda, molto più della faccia di Kanda.

   
 
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