La telefonata fantasma
Non ce la faccio
più.
Ci sono due cose
che nella vita non sono mai riuscito a sopportare: al primo posto ci
sono senza dubbio le fangirl. Ok, so perfettamente che senza di loro i
nostri fan sarebbero come minimo dimezzati, ma questa storia dell'amore
assoluto per un tizio di una band che nemmeno conosci mi suona davvero
da psicopatici. Che poi la gente comune non ci pensa, ma si vive anche
male. C'era un periodo dopo l'uscita di “The black
parade” in cui avevo paura di uscire di casa, ve lo giuro.
C'erano sempre un paio di macchine appostate nel vialetto cariche di
ragazzine. Passavano le giornate a stendere per terra striscioni a
scriverci frasi come “All I ever wanted is your
smile” o cazzate di questo tipo da sbandierarmi in faccia non
appena mi affacciavo per vedere se se n'erano andate. Ovviamente
– manco a dirlo – erano sempre lì.
Poi grazie a Dio dopo quindici giorni se ne sono tornate a casa,
probabilmente anche incazzate. Un periodo da incubo. In ogni caso,
questa era solo una delle due cose che proprio non riesco a sopportare.
Al secondo posto ci sono i silenzi. Non fraintendetemi, non sono una
persona a cui piace la gente logorroica, la gente che passa il tempo a
parlare senza arrivare da nessuna parte mi annoia parecchio, infatti mi
reputo un grande amatore della maggior parte dei silenzi. Ad esempio
amo i silenzi che si creano dopo un bacio appassionato, oppure i
silenzi mattutini, quando il sole è già alto nel
cielo e gli uccelli hanno smesso di cantare, ma Frank è
ancora a letto a dormire beatamente, oppure amo anche i dolci silenzi
che si vengono a creare quando con uno sguardo ci si è
già detto tutto il dicibile. Per quanto possa risultare
vomitevole, sono esattamente questi i tipi di silenzi che amo. Quelli
che odio, o meglio, quelli che mi distruggono solo quei lunghi ed
insopportabili silenzi che ci sono tra un “vaffanculo, me ne
torno a casa” e una parola dolce per fare pace.
Sono sempre troppo lunghi. Troppo. Ed io non ce la faccio davvero
più a non sentire la voce allegra di Frank che mi dice che
non vede l'ora di tornare a casa, che siamo stati dei cretini a
litigare per nulla e che in fondo sa di aver commesso un errore, che
avevo ragione io (l'ultima parte sicuramente non la direbbe mai,
però).
Afferro il telefono e lo guardo insistentemente. Se iniziasse a suonare
sarebbe una gran cosa, ma rimane... in silenzio. Io fisso lui, lui fissa me ed
io mi sento immensamente uno scemo. Sbloccò la tastiera e
vado nella rubrica, cerco la voce “Honey♥” e premo la cornetta
verde.
Verde speranza, speranza che Frank non sia ancora incazzato.
-Pronto?- Non riesco a capire come si senta dalla sua voce. Questo mi
irrita profondamente: vorrei riattaccare, ritelefonare e ascoltare
meglio quel “pronto”, perché
è dannatamente importante sapere se la persona con cui parli
è triste, felice, tranquilla, arrabbiata o amareggiata. Se
non lo sai non puoi iniziare con il piede giusto. Se è
incazzato le scuse lo irriterebbero, se è triste lo
consolerebbero, se è felice lo farebbero ridere –
e sarebbe una cosa umiliante – e se è amareggiato
le prenderebbe come un qualcosa per cui sentirsi offeso. Non so
assolutamente cosa dire.
-Frank... sono Gee.-
Frank non dice nulla per un paio di attimi, per un secondo ammetto di
cagarmi letteralmente sotto. Magari ha pure deciso di lasciarmi, magari
ha pensato che fosse troppo questa volta. Non nascondo che
questi pensieri mi fanno solo venire ancora di più
l'agitazione.
-Ah.- E quando parla l'agitazione mi sale anche peggio.
Cosa si deve dire a questo punto? Ho assolutamente bisogno di sapere
come si sente (arrabbiato/felice/triste/amareggiato/eccetera eccetera),
e l'unico modo che mi sovviene per scoprirlo è
chiederglielo. E Dio solo sa se sto facendo la scelta giusta.
-Sei arrabbiato?- La mia voce ha un tono colpevole. Come quando i bambini rompono
l'urna con le ceneri della nonna e non sanno come confessarlo alla
mamma.
-Mi hai chiamato per chiedermi questo?- Ok, sì, è
decisamente arrabbiato. Frank non è tipo da risposte
retoriche, sarcastiche, pungenti etc, probabilmente non conosce nemmeno
il significato di nessuna di queste parole (no, non penso di stare
esagerando), ma quando inconsapevolmente inizia a rispondere in questo
modo, allora beh, c'è davvero da aver paura.
-Amore, ti giuro che –
c'è un suono, una specie di “tack” di
sottofondo, ma lo ignoro bellamente -Ti giuro che mi dispiace da
morire. Mi rendo conto di essere stato un idiota, ok? Non dovevo
incazzarmi così tanto per quella stupida questione della
camicia... Davvero, non dovevo incazzarmi così tanto
perché hai dato la mia camicia di Armani al cane che hai
trovato per strada, sicuramente lui ne aveva più bisogno di
me. E poi non mi piaceva davvero. Insomma, è molto
più utile come asciugamano per un povero cucciolo che
stipata in un armadio, ne sono consapevole. È che mi sono
arrabbiato... senza motivo, ecco. Sono davvero una persona orribile. Mi
interessa molto la salute di quel cane e mi ha ferito sentirti dire che
pensi che per me non sia così. Anche se è con noi
da solo... poche ore sento di aver una specie di legame karmico con
lui. Tipo che magari in un'altra vita eravamo amici, magari eravamo
fratelli. Magari adesso lui è mio fratello e nel corpo di
Mikey c'è l'anima di un cane e questo spiegherebbe davvero
un sacco di cose... In ogni caso, voglio dirti che quel cane mi sta
simpatico e che appena gli tolgono le pulci sarò ben lieto
di farlo dormire nel nostro letto. Perché ti amo. Farei di
tutto, davvero, quindi di prego di perdonarmi.-
Ho la gola secca da quanto ho parlato. Dall'altra parte del telefono
non risponde nessuno. Cristo.
-Frank?- chiamo. Nessuna risposta.
-Frank ci sei ancora?- Nessuna risposta. Do un'occhiata al display e al
posto di trovarci la schermata di comunicazione ci trovo il mio sfondo.
Ma che cazzo...
Lo richiamo, rapido.
-Amore, ma hai riattaccato?- è la prima cosa che mi chiede.
-E' andata via la comunicazione. Fin dove hai sentito?- Fino alla fine prego mentalmente.
- Sentito cosa? Mi hai detto che mi giuravi qualcosa, ma non ho sentito
cosa.-
Mi giro e fisso il cane. Ha la lingua di fuori e lo sguardo un po'
ebete. Non mi stupisco Frankie ci sia andato subito tanto d'accordo.
Tra me e me sorrido e dico -Ti ho semplicemente giurato di amarti
sempre, e di amare anche il nostro cane. Assomiglia a Mikey, mi piace.
E sai cosa ti dico? Penso gli sia piaciuta la camicia. Andiamo a
prendergliene anche un'altra?-
-Dici davvero?- dice Frank incredulo. Sembra entusiasta e la cosa rende
un sacco felice anche me. -Quindi possiamo tenerlo?-
-Possiamo? Dobbiamo.-
E ch se ne fotte del resto. A me basta che lui sia felice.
-Oh, Gee, ti amo!-
Perché è l'unica cosa che rende davvero felice
anche me.