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Autore: redseapearl    31/08/2010    9 recensioni
3^ classificata al Sweets' Contest indetto da Only_Me e vincitrice del premio 'Miglior OC'.
Il primo bacio non si scorda mai. È l’esperienza più romantica che si possa vivere, ma se il primo bacio di L non fosse stato poi così romantico: il primo assaggio, forse è questo il termine più adatto!
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dolce

 

{ Il Primo Bacio }

 

 

Prima che L diventasse il famoso detective numero uno al mondo, la Wammy’s House era un normalissimo orfanotrofio inglese che ospitava numerosi bambini che, come lui, non avevano nessuno al mondo. Tuttavia, L si distinse subito da tutti i suoi coetanei per via della brillante intelligenza che possedeva.

Nonostante questo, però, era anche un ragazzino alquanto ribelle e non sempre seguiva le regole che vigevano nell’orfanotrofio, come rispettare il coprifuoco notturno o mangiare solo le pietanze che venivano distribuite loro. A tal proposito, il 13 Marzo 1993 accadde un evento curioso e nuovo per l’allora tredicenne L.

Per festeggiare il compleanno di un bambino della House era stata preparata una torta al cioccolato, che fu distribuita equamente a tutti gli orfani. L, però, non si accontentò di un solo pezzo di torta, non tanto per pura e infantile golosità, bensì perché, abituato a studiare molto e a mantenere la mente sempre vigile e recettiva ad ogni evento, il suo cervello richiedeva costantemente una quantità di zuccheri esorbitante; così, finita la sua fetta di torta, si aggirò tra i tavoli circospetto, nella speranza di ottenere quella seconda porzione che mai la cuoca Dorothy gli avrebbe concesso.

Il suo sguardo si soffermò su un tavolo dove sedevano quattro ragazzine della sua stessa età e notò che una di loro aveva assaggiato solo un minuscolo pezzo di torta e il resto della sua fetta giaceva ancora integro sul piatto in attesa di essere mangiato. Dedusse subito dal suo sguardo vacuo che non l’avrebbe mangiata, così le si avvicinò calmissimo.

L, nonostante non fosse un tipo estremamente socievole, conosceva i nomi di tutti gli altri orfani della House e anche le loro peculiarità caratteriali. Per esempio, ricordava che Peter, un bambino di nove anni, amava andare sui pattini a rotelle e non li toglieva mai, se non quando andava a dormire o a mensa; oppure c’era Susan che aveva una collezione numerosa di bambole di pezza; e così via con tutti gli altri. Ovviamente L conosceva anche quella ragazzina che non sembrava amare particolarmente quel dolce che aveva tra le mani: si chiamava Emily e anche lei non aveva una personalità molto socievole, anche se la sua laconicità non sembrava dovuta a timidezza, bensì ad una sua libera scelta di non parlare con gli altri se non il minimo indispensabile, come se dialogare fosse un’attività secondaria da svolgere.

“La mangi quella?” chiese L diretto, una volta arrivato abbastanza vicino a lei. Emily sollevò flemmaticamente gli occhi castani, dei quali solo uno era visibile, essendo l’altro celato dai capelli ondulati rosso scuro, per guardare in volto chi le avesse fatto quella domanda e, intuendo cosa volesse da lei l’altro ragazzino, gli porse il piatto con la fetta di torta praticamente ancora integra.

“Non è una buona torta.” disse pacata e sicura, alzandosi poi per andare via, sotto lo sguardo leggermente incuriosito di L.

Il modo in cui Emily aveva asserito che quella torta, a parere di L deliziosa, non era buona, aveva destato nel ragazzino un moto di curiosità: era come se la sua supposizione fosse basata su dati empirici e quindi misurabili in modo esatto con un metodo scientifico, e non su una semplice questione di gusto soggettivo. Nessuno ci avrebbe fatto molto caso, ma L, che era un attento osservatore di tutto ciò che lo circondava, aveva colto quella sfumatura singolare nella frase della ragazzina. Non stette tuttavia a rimuginarci troppo sopra e felice si sedette sulla prima sedia libera che trovò disponibile, gustando le seconda fetta di quella torta al cioccolato.

 

 

La sera stessa, L, insofferente a restare nella sua stanza a causa della mancanza di sonno, decise di uscire per dirigersi alle cucine di nascosto, magari nella speranza di riuscire a trovare qualche buon dolce da mangiare.

Quando giunse alla meta, notò che una luce era accesa e trovò l’evento insolito, visto che a quell’ora non doveva esserci nessuno oltre lui e il guardiano in giro per l’edificio. Si accostò con cautela all’uscio della porta e spiò all’interno per vedere chi altri non rispettava gli orari dell’orfanotrofio: si stupì quando vide la ragazza dalla chioma rosso scuro camminare tra i vari ripiani e aprire i vari pensili dove erano riposti gli alimenti.

Aprì la porta senza esitazione, consapevole che non vi era alcun rischio a mostrarsi, visto che entrambi avevano disobbedito alle regole. Emily, sentendo che qualcuno era entrato, si voltò di scatto spaventata e, quando vide il suo coetaneo osservarla dalla porta, si rilassò di poco.

“Credevo di essere l’unico ad aggirarmi di notte per le cucine.” disse L, non ricevendo alcuna risposta da Emily che, come se non fosse successo niente, continuò ciò che stava facendo. Aveva raccolto i capelli ondulati in una coda alta, così che L vide per la prima volta il viso rotondo di lei in maniera integra: la carnagione lattea metteva in risalto le numerosissime efelidi presenti sul viso e sul collo, che davano comunque un tocco di colore alla pelle altrimenti troppo pallida.

Aveva sistemato sul grande tavolo della cucina diversi ingredienti quali zucchero, farina, uova, cacao ed L intuì che si stava apprestando a cucinare qualcosa: un dolce, per essere precisi. Per ultimo, Emily aprì il tiretto delle posate, da cui prese numerosi cucchiaini e li adagiò accanto agli alimenti. L si avvicinò, guardando attentamente ogni suo movimento, e si sedette ad uno sgabello lì vicino mordicchiandosi l’unghia del pollice.

“Vuoi cucinare una torta migliore di quella che abbiamo mangiato oggi.” dedusse sicuro.

“Sì.” rispose lapidaria lei, finendo di sistemare tutti gli attrezzi che le servivano per preparare quella che, con certezza, sarebbe diventata una torta al cioccolato.

“Perché non era buona la torta?” interrogò L, sempre più incuriosito dai modi insoliti e misteriosi di Emily, che lo trattava alla stregua di un fantasma.

“Troppo zucchero e…” prese una pausa come se stesse cercando il vocabolo giusto che era associato all’alimento a cui si voleva riferire “… poco cacao.” concluse, dopo una pausa di tre secondi. L si domandò su quali basi Emily aveva capito che le quantità di zucchero e cacao non erano nelle proporzioni giuste, avendo assaggiato solo un minuscolo pezzetto di torta, ma per il momento preferì osservare prima di fare ulteriori domande.

Prendendo un cucchiaino, Emily lo intinse nella farina e sollevando solo una piccolissima quantità di questa, l’assaggiò soppesando accuratamente il sapore, per poi riporre la posata sul tavolo e afferrare il pacco della farina. Ne versò una certa quantità nella grande ciotola che avrebbe da lì a poco accolto tutti gli ingredienti per l’impasto ed L si sorprese nel vedere come Emily avesse versato la dose che le serviva senza adoperare una bilancia da cucina.

Fece la stessa operazione anche con tutti gli altri ingredienti, usando per ognuno un cucchiaino pulito e, dopo averli assaggiati, li versava attentamente misurando solo con gli occhi la quantità ottimale. Un altro particolare notò L: lei non usava un libro di cucina; stava preparando una torta semplicemente usando la memoria e il gusto.

Cos’era di preciso: passione per la cucina o una dote naturale? A giudicare dal singolo metodo che usava per misurare gli ingredienti, ovvero affidandosi alle proprie papille gustative, L intuì che doveva essere la seconda opzione.

Quando tutto fu versato nella ciotola e mescolato per rendere l’impasto omogeneo, la ragazza versò l’impasto nello stampo rotondo che aveva sistemato lì vicino, per poi infornare. Nell’attesa continuò la sua ricetta, occupandosi della glassa al cacao che avrebbe usato per ricoprire la torta e la crema per la farcitura interna.

La cura e l’attenzione che Emily stava riponendo nel cucinare quel dolce, non facevano dubitare ad L della bontà della torta che sarebbe stata sfornata. Il tutto avvenne in un rigoroso silenzio da parte di entrambi, ma che sembrava non imbarazzarli minimamente.

Il suono della campanella del forno rimbombò tra le pareti della cucina ed Emily, estratto il dolce e adagiato su un piatto da portata, lo divise in due, riempiendolo della crema al cioccolato che aveva preparato in precedenza e, riposto su di esso lo strato superiore, ricoprì la sua piccola delizia con la glassa marrone scuro, stendendola accuratamente sulla superficie per rendere il tutto uniforme.

“Adesso è una buona torta.” asserì con la stessa sicurezza con cui aveva affermato che quella di cuoca Dorothy non lo era.

“Non puoi saperlo se prima non l’assaggi.” constatò L, ancora intento a scoprire in che modo esattamente Emily era riuscita a creare quel dolce senza l’uso di un ricettario, ma avvalendosi semplicemente del suo metodo di assaggio di ogni ingrediente. In risposta, la ragazza tagliò una fetta di torta e la porse ad L, come a sfidarlo ad affermare il contrario. L accettò la fetta che gli era stata offerta, quando un rumore di passi si udì nel corridoio esterno “Sotto il tavolo.” suggerì il ragazzino ed entrambi si fiondarono nel luogo indicato, coperti dalla grande tovaglia che arrivava quasi al pavimento, nascondendoli perfettamente dagli occhi del guardiano.

“Chi c’è qui?” si sentì la voce cavernosa dell’uomo affacciatosi alla cucina, avendo notato la luce accesa. I due trasgressori, rintanati sotto il tavolo, attesero silenziosi che l’uomo andasse via, ma la torta che era rimasta abbandonata sul tavolo attirò l’attenzione di questi.

Udirono i passi avvicinarsi pericolosamente e attraverso la stoffa videro l’ombra delle gambe spostarsi verso l’estremità del tavolo. Un mugolio di approvazione si udì dall’alto ed entrambi i giovani capirono che l’uomo si stava apprestando a mangiare una fetta. Quando Emily voltò lo sguardo verso L, lo vide accovacciato con le ginocchia ripiegate verso il petto, mentre, assolutamente sereno, mangiava la torta osservando quell’ombra nera oltre la tovaglia.

Restò ipnotizzata dal modo in cui il ragazzo gustava il suo dolce, evidentemente apprezzandone il sapore. La forchetta che infilzava la morbida pasta di cioccolato portava il boccone alla bocca che si schiudeva per lasciare libero il passaggio, per poi venir sfilata dalle labbra serrate, come se ne accarezzassero la superficie di metallo, cercando di trattenere all’interno della cavità orale ogni possibile particella di quella leccornia.

Incantata dal modo di mangiare di lui, ella non si avvide del guardiano che intanto era andato via. Solo quando gli occhi neri come la liquirizia di L si voltarono per osservarla, Emily si ridestò da quello stato di torpore e si avvide che stava mordendo nervosamente il labbro inferiore come per trattenersi dal fare qualcosa.

“Buona.” disse semplicemente L, porgendole il piatto ormai vuoto e uscendo allo scoperto per tornare nella sua stanza, lasciando la ragazza ancora seduta sul pavimento, contemplando la forchetta giacente solitaria sulla bianca porcellana.

L’afferrò osservandola attentamente nei minimi dettagli, guardando le striature di cioccolato residuo su di essa e l’opacità del metallo a causa del cibo rimasto. Una morbosa curiosità si impadronì di lei e, senza un motivo apparente, portò alla bocca quella forchetta intrisa di cioccolato e saliva di L, lambendone i denti metallici con la lingua e sfruttando ogni singola papilla gustativa per recepire i sapori presenti su di essa. Erano miscelati in un unico intruglio, ma lei era in grado di discernere ogni singolo gusto di quel miscuglio, riconoscendo tutte le più piccole particelle di sapore.

Sentiva chiaramente il cioccolato, l’impasto, la crema, il metallo della posata e poi vi era un altro sapore, diverso da qualunque altro alimento avesse mai assaggiato. Non riusciva a riconoscerlo, era buono e forte al contempo, ma le era difficile coglierne appieno l’essenza. Succhiò con vigore la forchetta fino a ripulirla del tutto e, quando si avvide sconsolata di aver ingoiato completamente ogni rimasuglio di quel gusto nuovo e sconosciuto, lasciò andare rumorosamente la posata sul piatto e uscì dalla cucina come aveva fatto L poco prima.

 

 

Quella notte Emily non riuscì a dormire: continuava a pensare a quel sapore delizioso che aveva sentito sulla lingua, incapace di classificarlo in alcun modo o anche semplicemente di associarlo ad un altro gusto che avesse mai assaggiato.

Fin da piccola era sempre stata capace di percepire i sapori in modo differente dagli altri, quasi analizzandoli scientificamente tramite il proprio senso del gusto. Le bastava assaporare i diversi ingredienti che dovevano essere adoperati per una ricetta e subito riusciva a capire in quale proporzione era meglio miscelarli per ottenere l’impasto ottimale; allo stesso modo, le era sufficiente assaggiare anche un solo boccone di un cibo per distinguere al suo interno le diverse componenti alimentari e la quantità di queste.

Era stato così per la torta di cuoca Dorothy, in cui aveva chiaramente sentito una dose eccessiva di zucchero e una più modica di cacao: probabilmente si era affidata troppo al libro di cucina che aveva, ma Emily aveva imparato a non fidarsi di quei libri, in quanto ogni ingrediente ha un sapore diverso e quindi non può essere misurato sempre nella stessa quantità. Ogni farina ha un suo sapore, ogni zucchero ha un suo sapore, ogni uovo ha un suo sapore: per chiunque dotato di un senso del gusto mediocre certe sfumature non erano percettibili, ma Emily le sentiva e, una volta assaggiata l’essenza di ogni alimento, era in grado di stabile la proporzione ideale con cui unirli.

La sua mente ruotava costantemente attorno all’arte culinaria e gli altri coetanei credevano che lei fosse stupida, ma in verità Emily si concentrava così tanto sul mondo dei sapori che trovava tutto il resto futile e superfluo. Adoperare la lingua per assaggiare e scoprire nuovi gusti era molto più eccitante di usarla per parlare con gli altri: le parole sono vuote e insipide.

Tuttavia, quel sapore estraneo che aveva sentito sulla forchetta, per quanto si sforzasse non riusciva ad inquadrarlo al meglio. Il suo cervello non riusciva a pensare ad altro: doveva assolutamente sentirlo di nuovo e l’unico modo per coglierne la vera e pura sostanza era lambirlo direttamente dalla fonte.

 

 

Il giorno dopo, cercò L per tutto l’istituto e dopo due ore di ricerche lo trovò seduto solitario ad una poltrona della sala ricreativa, con in mano un gigantesco volume dell’enciclopedia. Sulla copertina rigida c’era scritto “Volume III – C”.

Quando Emily gli si avvicinò, L non distolse lo sguardo dalla sua lettura: un paragrafo interamente dedicato al cacao e alla sua storia. Aspettò che la ragazzina dai capelli rossi parlasse, ma non udendo alcuna sua frase, sollevò annoiato la testa dal tomo e quando la sua bocca oltrepasso il confine superiore della copertina, Emily si chinò su di lui, catturando le sue labbra in quello che agli occhi di un osservatore esterno poteva sembrare un bacio.

L restò immobile, gli occhi sbarrati che vedevano ogni singola lentiggine presente sulla fronte della ragazza, ogni singolo pelo delle sopracciglia rosse, ogni singola ciglia e il suo riflesso negli occhi castani di lei, anch’essi aperti come i suoi. Un secondo dopo quel contatto, le labbra di Emily si dischiusero imprigionando il labbro superiore di L e facendo passare per pochi millimetri sotto di esso la punta della lingua.

Una sensazione di bagnato e caldo insieme, e con la stessa velocità con cui le loro bocche si erano unite, L si ritrasse all’indietro continuando a mantenere lo sguardo fisso in quello di lei.

Era proprio come Emily aveva immaginato. Era di L quel sapore unico e delizioso che aveva sentito sulla forchetta la sera prima. Si leccò le labbra per catturare ancora il suo gusto rimasto intrappolato tra le pieghe della morbida pelle. Avrebbe voluto gustarlo ancora, ma era evidente che non poteva dal modo in cui L era all’erta nel caso si fosse avvicinata ancora e si rammaricò di questo, come un’affamata che non può mangiare neanche un bocconcino di pane dinanzi ad una tavola imbandita di ogni leccornia.

“Buonissimo sapore.” disse soltanto, per poi allontanarsi da lui.

Il ragazzo si sfiorò il labbro superiore con il polpastrello del pollice e lo avvertì ancora bagnato. Tirò fuori dalla tasca dei jeans un fazzoletto di stoffa e si ripulì la bocca con esso, non perché disgustato da quell’intimo contatto, bensì perché sentiva il bisogno di detergersi la bocca essendo stata a contatto con quella di un’altra persona e quindi vi era stato uno scambio di germi e batteri che andavano asportati prima che proliferassero.

Era forse un bacio quello? Il primo bacio? Tecnicamente, si definisce bacio l’unione delle bocche di due persone, quindi quello poteva ben essere inteso come tale, ma L era sicuro di non poterlo definire propriamente così in quanto, solitamente, un bacio costituisce un gesto di affetto e amore, e nel caso suo e di Emily questi sentimenti non erano presenti.

Allora come doveva tradurlo? Emily più che baciarlo sembrava che lo stesse assaggiando e anche ciò che aveva detto lasciava intendere quale fosse lo scopo del suo gesto.

Sorrise obliquo L, avendo trovato nella sua mente la definizione più calzante a ciò: il primo assaggio! Sì, era decisamente il termine più appropriato.

 

 

 

Terza classificata allo Sweets’ Contest indetto da Only_Me

- Originalità ed attinenza: 15/15 → decisamente ottime: l'originalità c'è, senza dubbio, perché non credo di aver mai letto una fic di questo genere, in Death Note; stesso discorso per l'attinenza.
- Grammatica e forma: 15/15 → a dir poco perfette; non ho trovato nemmeno un errore.
- Caratterizzazione personaggi: 5/5 → molto buone. Emily mi è piaciuta molto, il suo 'dono' che la porta alla solitudine anche. E L.. be', lui mi piace sempre.
- Gradimento personale: 3.5/5 → è una fic molto carina, però.. non lo so, forse avrei preferito leggere qualcosa di più dettagliato, magari qualcosa di più attraverso gli occhi di L.
Totale: 38.5/40.




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Sono felicissima del risultato ottenuto, non me lo aspettavo proprio! Non è un gran ché come fic devo dire, ma visto che il risultato in classifica non mi dispiaceva ho deciso di pubblicare!! Grazie a chi leggerà e vorrà recensire!

 

 

 




Questa fic partecipa alla challenge indetta da starhunter Vitii et Virtutis, i vizi e le virtù.

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