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Autore: aufhebung_9    02/09/2010    4 recensioni
"Auron non aveva dubbi: tra i commenti carichi di vanteria ed invidia dell'evocatrice e QUELLE parole del guardiano, avrebbe preferito di gran lunga la prima opzione."
Un mio primo piccolo e banale tentativo, non siate clementi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Auron
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Timore. Se fosse stato possibile associare una caratteristica a ciascun tempio di Spira, il timore avrebbe di sicuro rappresentato il tempio di Djose in tutta la sua maestosità; esiste poi l'ipotesi che un tale sentimento si trasformi in devozione, e tale possibilità, nel mondo di Yevon, si evolve sicuramente in certezza, se di evoluzione si tratta.
L'ingresso era dominato dai colori cupi, resi ancora più freddi dalle scariche elettriche che padroneggiavano anche l'atmosfera del chiostro delle prove e, maggiormente, la sala in cui ogni evocatore rivolgeva le proprie preghiere verso la Fede del tempio affinchè questa l'accompagnasse nel pellegrinaggio verso Zanarkand.
Timore e devozione, dunque, e costanti saette luminose e rumorose: tutto ciò poteva indurre a pensare che, protetti da una simile potenza, anche per un mondo peccaminoso poteva esserci la speranza di una salvezza.

Tutto ciò dieci anni prima elaborò per un attimo la mente di Auron, pensieri futili destinati poi a dissolversi rapidamente quando non appena fuori dal tempio, di nuovo in marcia verso un viaggio che si sarebbe concluso con una morte, si ritrovò a dover fronteggiare una terra sopravvissuta in nome dell'ipocrisia; diversamente, in occasione della sua seconda possibilità di visitare quell'austero luogo, il cosiddetto timore si trasformò subito in amarezza, alimentando un sarcasmo che aveva sviluppato col tempo per natura...e necessità, in effetti.
In attesa che Yuna terminasse il suo sacro colloquio con la Fede, Auron stava in disparte, immobile, riportando alla mente ciò che, seppur doloroso, gli permetteva ancora di mantenere la sua forma; anche gli altri guardiani attendevano in silenzio, tutti tranne Tidus che, non consapevole del significato ultimo di tutta quella assurda situazione, cercava di combattere la noia passeggiando per la sala in modo caotico, tanto che Auron non potè esimersi dal richiamarlo.

Da ragazzo, e precisamente durante il primo viaggio verso un massacro di cui fu il testimone, Auron era diverso, e non solo per una questione d'età: non sicuramente molto estroverso, possedeva però spesso la giusta prontezza per rispondere alle provocazioni di Jecht, era alimentato da una fittizia speranza di poter cambiare il mondo e, soprattutto, interveniva. La sua voce era presente durante tutto il pellegrinaggio quando, in modo più o meno esplicito, cercava di salvare il suo evocatore da un destino che non poteva accettare.
Dieci anni dopo invece il suo ruolo era cambiato: stava sempre un passo indietro rispetto agli altri membri del gruppo, rifiutando di entrare in una storia che non era la sua e da semplice osservatore contemplava l'ormai fin troppo conosciuta spirale di morte che aveva già avuto l'occasione di poter interrompere, fallendo.

Qualche minuto più tardi la sala ospitò due nuovi visitatori: un fedele guardiano accompagnava la propria evocatrice, una giovane ragazza che si discostava da Yuna nell'aspetto fisico quanto nei modi, tanto che non mancò di apostrofare con sdegno quella che lei considerava una "folla".
Di fronte a quello spettacolo Auron conobbe un nuovo elemento all'interno dell'immobile mondo di Spira: aveva già avuto modo di conoscere sacerdoti ed altri rappresentanti di Yevon arroganti ed orgogliosi e le voci del tempio di San Bevelle erano anche riuscite a stroncare una carriera in ascesa, ma mai prima di allora aveva potuto accostare quei comportamenti ad un evocatore; osservando la nuova arrivata, si chiese se anche l'amore per il proprio mondo, un sentimento puro che prima aveva guidato alcuni eletti verso l'Evocazione Finale, fosse destinato a sparire per lasciare spazio alla fama e alla ricerca di onori.
Accostò l'immagine dell'evocatrice appena incontrata a quella di Braska. Rabbrividì: ecco per cosa -per chi- dieci anni prima tre vite erano state stroncate.

I suoi pensieri furono interrotti dal guardiano dell'arrogante evocatrice, il quale gli si avvicinò con un fare a prima vista minaccioso, atteggiamento destinato qualche istante dopo a tramutarsi in ammirazione.
Ignorando il commento poco gentile -connotato di un'ignoranza successivamente ripresa immediatamente da un'esclamazione di Wakka e dalla tagliente risposta di Lulu- della sua protetta, Barthello osservò Auron per qualche attimo con attenzione per poi chiedere lentamente:

-Lei è...Auron, vero?
-E allora?
-Potrei...stringerle la mano? Auron...no, Sir Auron, Lei è la ragione per cui sono diventato un guardiano.

Auron non aveva dubbi: tra i commenti carichi di vanteria ed invidia dell'evocatrice e QUELLE parole del guardiano, avrebbe preferito di gran lunga la prima opzione.
Perchè sapeva che molto probabilmente, se non fosse caduto per mano di Yunalesca, si sarebbe volentieri ucciso da solo quel giorno di dieci anni prima.
Lo appellavano come guardiano leggendario, quando di leggendario c'era solo il suo fallimento nel non essere riuscito a fermare i suoi due amici che andavano a morire per una speranza; c'era solo la sua frustrazione quando non riuscì a vendicarli; c'era solo la sua rabbia nell'aver preso incosapevolmente per anni le difese di una religione falsa che si nutriva di vittime e  intratteneva gli uomini con un sadico gioco.

Nel porgere la mano con un sorriso di circostanza tirato la cui tristezza veniva astutamente celata dietro il bavero, Auron pensò -nel primo pellegrinaggio parlava, nel secondo osservava e pensava- alla sua ultima conversazione avuta poco prima della partenza verso Zanarkand con Kinoc, quando ancora questi poteva essere definito un amico: probabilmente il ricordo era dovuto in parte all'improbabile incontro con chi ormai era un'altra pedina degli intrighi dei templi, fatto sta che gli balenò alla mente il momento in cui, rispettando le convenzioni di un saluto che odorava di addio, in quella circostanza gli venne raccomandata la protezione di Braska.
Quella stretta di mano sapeva di fallimento...e di ipocrisia, ancora una volta.

Non poteva ancora sapere che di quella stretta di mano si sarebbe ricordato più avanti, quando, per la seconda volta nel tempio di una città che di sacro aveva -forse- solo l'aspetto, avrebbe sguainato con rabbia e frustrazione la propria spada verso un ammasso di pyreflies che gli rinfacciavano crudelmente la propria sconfitta.
Era un guardiano leggendario: era destinato al rimorso, anche se per qualcuno stringergli la mano poteva significare molto.
In un momento di simpatia nei confronti del suo interlocutore, si augurò che Barthello non si ritrovasse, in una simile occasione futura, intrappolato in una dolorosa stretta di mano.

____________

Ed ecco che, da brava folle che sono, decido per la prima volta di mettere per iscritto una parte delle idee che popolano la mia testolina.
Il dialogo tra Auron e Barthello è ripreso dal gioco originale: ho semplicemente tradotto la versione in inglese.
Questa mia banalissima paginetta la dedico a crimsontriforce, meritevole di aver risvegliato in me l'amore per FFX con le sue bellissime storie (è inoltre merito suo e delle sue spiegazioni se oggi scrivo "evocatore", e non "invocatore")!
Non siate buoni con i commenti: adoro le critiche e, soprattutto, la sincerità.

  
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