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Autore: Lady Amber    02/09/2010    5 recensioni
[Fanwriters di tutto il fandom unitevi e scriviamo INSIEME le cronache dei primi due anni della missione quinquennale della USS Enterprise NCC - 1701!!!] Data Astrale 2266: Inizia la narrazione dei viaggi interstellari della USS Enterprise sotto il comando del Capitano James Tiberius Kirk.
22 Agosto 2010: su EFP, i fanwriters del Fandom di [Star Trek] cominciano a scrivere le cronache dei primi due anni della storica missione quinquennale.
Per arrivare là dove nessun Fanwriters è mai giunto prima. [FANFICTION ROUNDROBIN: PARTECIPATE IN TANTI!] [AGGIUNTI DUE QUESTIONI IMPORTANTI NEL REGOLAMENTO ^^]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: Lady Amber
Titolo: “Like cat and dog”
Personaggi: James T. Kirk, Leonard McCoy, Spock, Gary Mitchell (compaiono un po’ tutti i principali della TOS)
Genere: Comico, Avventura.
Avvertimenti: One-shot
Note: Scrivere questa one-shot è stato un vero incubo O_O” Dover tenere conto del fatto che il primo ufficiale era Gary Mitchell e Spock un semplice tenente comandante è stata un’esperienza davvero traumatica XD Confesso di non essere ancora pienamente soddisfatta del risultato, però ho fatto del mio meglio e mi sono divertita un mondo a scrivere (che poi è la cosa che conta veramente, no?) Bene, ora vi lascio alla lettura… al pubblico l’ardua sentenza! ;)
Dedica: A tutti gli amanti dei battibecchi tra Spock e McCoy e a MkBDiapason, che ha sopportato i miei scleri e mi ha dato un mucchio di informazioni sconcertanti ma utili XDD
Ringraziamenti: Voglio ringraziare Nemeryal per aver iniziato questa bellissima avventura! *3*





LIKE CAT AND DOG



La piccola navetta entrò ronzando nel vasto vano dell’hangar e atterrò dolcemente tra sporadici sbuffi di vapore bianco. Quando le due pesanti paratie di metallo rinforzato si furono chiuse ermeticamente dietro di lei, sulla fiancata sinistra si aprì una piccola porta scorrevole da cui saltarono giù due uomini.
James Tiberius Kirk si stiracchiò un po’ e si guardò intorno raggiante. Si trovavano finalmente a bordo della U.S.S. Enterprise, l’ammiraglia della Flotta, l’orgoglio della Federazione, la nave più avanzata che fosse mai stata costruita.
La sua nave.
“Lo senti questo profumo, Bones?” chiese inspirando a pieni polmoni con aria estasiata. “È l’aroma della libertà. Dio, è una cosa fantastica.”
“Io sento solo aria viziata” ribatté Leonard McCoy storcendo il naso. “C’è puzza di chiuso, qui dentro.”
“Ma è mai possibile che tu debba sempre rovinare tutto?” piagnucolò Kirk guidando il medico attraverso l’immenso ambiente. “Non sai proprio fare altro che brontolare?”
“Te l’ho già detto, io non brontolo. Sono solo realista” borbottò McCoy incrociando le braccia.
“Sì, sì, d’accordo, come dici tu…” concordò Kirk con fare accondiscendente. “Guarda, Spock ci sta già aspettando. Ti piacerà, vedrai! Quel vulcaniano è un vero genio.”
Oltre il vano che conduceva al corridoio principale, un uomo li stava seguendo attentamente con lo sguardo. Era molto alto e filiforme, con un corpo asciutto e slanciato ma decisamente non gracile. Il suo pallido viso aveva tratti vagamente esotici ed era ornato da due affilate orecchie a punta, in parte coperte dai corti capelli neri tagliati a caschetto. Teneva le mani nascoste dietro la schiena e il suo sguardo vivace faceva intendere che, nonostante l’aspetto nel complesso bislacco, la sua intelligenza era decisamente da non sottovalutare.
“Signor Spock, le presento il dottor Leonard McCoy. Bones, questo è il tenente comandante Spock” esordì Kirk allargando le braccia.
Sorridendo, McCoy porse automaticamente la mano destra al comandante.
Spock fissò il suo palmo con la fronte aggrottata.
“Ah… mi scusi” capì subito McCoy. Ritirò la mano con un sorriso imbarazzato. “Dimenticavo che voi vulcaniani non amate il contatto fisico. È un vero piacere conoscerla, Jim mi ha parlato molto di lei.”
“Il piacere è mio” rispose pacatamente Spock. La sua voce era calda e avvolgente, profonda e tranquilla al tempo stesso. Piacevole, insomma. “Temo tuttavia di non poter contraccambiare per quanto concerne la sua seconda affermazione. Purtroppo il capitano non mi ha rivelato molto sul suo conto.”
McCoy lanciò scherzosamente un’occhiata accusatoria a Kirk, che chinò il capo e alzò le mani in una muta richiesta di perdono.
“Nonostante questo, ho comunque avuto modo di analizzare il suo curriculum vitae, dottor McCoy. Sembra che lei sia un medico eccellente.”
“Cerco di fare del mio meglio” si schermò McCoy con modestia.
Spock sollevò un sopracciglio. “Sembra anche che lei abbia fama di avere un caratteraccio - come lo definireste voi umani.”
McCoy rimase spiazzato da questa affermazione. “Ah… sì? Ehm, lei questo come fa a saperlo?”
“Ho consultato attentamente la scheda personale che è stata registrata a suo nome nell’archivio del processore di bordo.”
“Ha curiosato tra i miei dati personali?” chiese McCoy indignato.  
“Ho consultato i suoi dati personali. In quanto suo superiore mi è data la possibilità di farlo.”
“Ha ragione, Bones” si affrettò ad assicurare Kirk notando un pericoloso scintillio nello sguardo del suo amico. “Non c’è niente di male nel-”
“Mi scusi, ma credo che esista ancora il diritto alla privacy” sibilò McCoy a denti stretti ignorando il capitano.
Spock inclinò la testa da un lato. “Come previsto, il computer aveva ragione. Sta già reagendo con aggressività alla mia ultima affermazione. Davvero interessante.”
“Io non sto affatto reagendo con aggressività, signore.”
Spock alzò un sopracciglio. “La sua voce è alterata, il suo viso arrossato e il suo battito cardiaco è in aumento. Un chiaro segno di rabbia repressa.”
McCoy sbuffò e aprì la bocca per ribattere.
“Ehi, ehi, ehi…” li interruppe Kirk guardando in rapida successione sia l’uno che l’altro. “Calma. Bones, te la stai prendendo troppo. Ti assicuro che è stato un controllo necessario. Anche io avrei subito consultato i dati del computer, se avessi dovuto affidare una carica importante come quella di Ufficiale Medico Capo a qualche sconosciuto.”  
McCoy guardò Spock in cagnesco. “Hai ragione, Jim. Dopotutto mi avevi avvertito che il signor Spock non ha peli sulla lingua, quando si tratta di criticare qualcuno.”
Kirk impallidì. Si voltò lentamente a guardare il Comandante, incerto di come avrebbe reagito il vulcaniano al tono astioso dell’amico. Spock sembrava confuso.
“Temo di non aver afferrato il senso della sua affermazione” ammise. “Avrei forse dovuto avere peluria sulla lingua, secondo il suo parere medico?”
McCoy gli lanciò uno sguardo allucinato. “Era solo un modo di dire” scandì lentamente come se stesse parlando con un bambino di cinque anni particolarmente duro di comprendonio.
Spock aggrottò le sopracciglia e scosse leggermente la testa. “L’illogicità di certe vostre espressioni non finirà mai di sorprendermi – nel senso lato del termine, ovviamente. Ad ogni modo, volevo solo accertarmi che lei avesse un livello di conoscenza quanto meno minimo sulla fisiologia vulcaniana.”
Questa volta fu il turno di Kirk di rimanere senza parole. Aveva più volte assicurato a Spock che McCoy sapeva il fatto suo, che era un medico preparato e scrupoloso. Perché mai avrebbe dovuto dubitare di lui?
“C’è per caso un test d’ingresso, per poter prestare servizio su questa nave?” si informò allora McCoy in tono sarcastico.
“No, affatto. Che idea bizzarra. Cercavo solo di tutelarmi, dottore. Dopotutto lei è un medico umano specializzato nella cura di esseri umani e, nonostante l’innata robustezza della mia razza, sarebbe alquanto spiacevole se-”
“È ovvio che conosco clinicamente la sua razza” lo interruppe bruscamente McCoy. “Per chi mi ha preso? Non pretenda di insegnarmi il mio lavoro.”
“La pregherei di non usare quel tono con me, dottore.” Adesso anche gli occhi di Spock avevano iniziato a  lampeggiare pericolosamente. “Sta parlando con un suo superiore, non se lo dimentichi.”
“Ma certo, comandante!” sibilò McCoy ponendo una certa enfasi sul grado. “Perdoni la mia terribile insolenza. Ora vogliate scusarmi, devo presentarmi al personale medico di bordo. Ci vediamo dopo, Jim.” Detto questo, il medico girò sui racchi e si avviò a grandi falcate verso il turboascensore.
“La aspetterò in sala controllo per la partenza, capitano.” Senza aggiungere altro, Spock si voltò dalla parte opposta del corridoio e si allontanò risoluto.
Kirk guardò sconcertato il medico sparire imbronciato sull’ascensore e il vulcaniano svoltare tranquillamente l’angolo.
Si grattò la testa, confuso. Cosa diavolo era preso a quei due?

§---°°°°°---§


“Un borioso… pallone… gonfiato…” sibilò McCoy a denti stretti. Il medico sottolineò ogni parola lanciando in malo modo tre sacche per la trasfusione di sangue nella cella frigorifera dell’infermeria. “Ecco cos’è.”
“Dottore, faccia attenzione” tentò di ammonirlo un’infermiera bionda e dai tratti delicati. “Di questo passo finirà per romperne qualcuna…!”
“Non ha niente di meglio da fare, signorina Chapel?” le chiese sgarbatamente McCoy. Guardando la donna negli occhi con aria di sfida, gettò l’ennesima sacca nel congelatore.
Rossa in viso, Chapel ammutolì e si affrettò a dileguarsi nella stanza accanto.
Kirk sospirò e si passò una mano sulla viso. Ecco, gli stava tornando mal di testa.
“Come si permette, quell’alieno troppo cresciuto? Diavolo, mi sono graduato all’accademia con il massimo dei voti e adesso un perfetto sconosciuto viene a farmi la predica sulla mia presunta incompetenza?”
“E piantala” sbottò infine Kirk. “Aveva la sue ragioni. E poi te lo avevo detto che era un tipo particolare.”
“Alla faccia del particolare, mi ha dato dell’incompetente al nostro primo incontro senza fare una piega! Quel vulcaniano è disturbato, te lo dico io…”
“Spock non è disturbato, è solo… solo…” McCoy interruppe momentaneamente la sua attività. Guardò il capitano accigliato, sfidandolo a trovare una parola che descrivesse appieno l’innocente comportamento del Primo Ufficiale. “… alieno!” sbottò infine Kirk esasperato. “Ascoltami bene, Bones. Dovremo vivere a stretto contatto con lui per i prossimi cinque anni, quindi vedi di abituarti. E in fretta anche.”
“Cinque anni…” gemette McCoy con voce strozzata. Non avrebbe mai resistito tanto, sarebbe sicuramente impazzito prima. O avrebbe ucciso quell’alieno con la puzza sotto il naso in preda a qualche micidiale tipo di raptus vulcanicida.
L’interfono suonò.
“Ponte a infermeria, parla il tenente Uhura. Sto cercando il capitano Kirk.”
“Dica pure, tenente.”
 “Capitano, abbiamo appena raggiunto un pianeta attualmente inesplorato e potenzialmente colonizzabile. È richiesta la sua immediata presenza in plancia.”
“Arriviamo subito!” esclamò Kirk eccitato. “Forza, Bones, vieni!” gridò allegro trascinando letteralmente con sé il medico recalcitrante.
Quando i due se ne furono andati, Chapel rientrò cautamente nella stanza e aprì il congelatore. Le sacche di sangue erano tutte ammucchiate alla rinfusa, senza alcun tipo di criterio o metodo.
Era tutto da rifare.
Sospirando, si mise al lavoro.

§---°°°°°---§

“Che cosa dicono i primi rilevamenti, Spock?”
“Il pianeta sembrerebbe appartenere alla classe M, vista la sua somiglianza con la Terra. L’atmosfera è  respirabile, la temperatura diurna è mediamente mite per gli standard umani – si aggira attorno ai 34°C - ed il tasso di umidità nell’aria è elevato, ragion per cui la vegetazione è particolarmente rigogliosa e variegata. La superficie sembra essere spazzata periodicamente da violenti cicloni e tornado dal potenziale altamente distruttivo. Attività sismica e vulcanica nella norma.”
“Perfetto” sussurrò Kirk sfregandosi le mani. Guardò con ammirazione la sfera mezza illuminata che fluttuava al centro del grande visore centrale come una colorata bolla di sapone.
Erano stati lui e il suo equipaggio a scoprire quel pianeta. Finché la Federazione non lo avesse catalogato e inserito ufficialmente nei registri planetari, lui, James Tiberius Kirk, capitano dell’astronave U.S.S. Enterprise, avrebbe addirittura potuto decidere quale nome dargli. Al pensiero, gli occhi del capitano brillarono di eccitazione.
“Questo è un momento memorabile, Jim” esclamò McCoy battendogli amichevolmente una mano sulla spalla.
“Il tuo primo pianeta inesplorato” disse sorridendo il Primo Ufficiale Gary Mitchell.
“Già” riconobbe Kirk emozionato. “Memorabile…”
Nyota Uhura e un paio di latri addetti e guardiamarina sorrisero nel vedere lo stupore quasi reverenziale dipinto sul volto del neocapitano.
“Okay. Spock, scegli due membri dell’equipaggio da portare giù con noi” ordinò Kirk senza distogliere lo sguardo dal visore.
“Due, capitano?”
“Sì, due. Oltre a noi due, il Primo Ufficiale Mitchell e il dottor McCoy.”
“Signore, le ricordo che mandare in missione di sbarco sia il Primo Ufficiale che il capitano stesso è rischioso. Soprattutto per una nave come l’Enterprise, che riveste un ruolo di fondamentale importanza per la Flotta.”
“Parole sante, Jim” approvò con slancio McCoy. “Lascia qui lui e il tuo secondo in comando. Scendiamo noi. Il Signor Spock ha un QI impressionante e una fama invidiabile… saranno sicuramente in grado di cavarsela senza di te per qualche ora.” Il medico sfoggiò un accattivante sorriso a trentadue denti.
Mitchell scoppiò a ridere. “Ma sentitelo, il dottore!”
Spock socchiuse leggermente gli occhi ma non disse niente.
“E va bene…” sbuffò Kirk risedendosi pesantemente sulla sua poltrona. “Allora vorrà dire che andrete tu e Spock.”
Il sorriso sornione di McCoy si frantumò nel giro di mezzo secondo. “Cosa?”
“Ora che ci penso, bisogna ancora finire di compilare gli inventari di bordo” spiegò Kirk con aria annoiata. “È un vero lavoraccio, ma dobbiamo sbrigarci se vogliamo consegnarli entro la scadenza prefissata. Non è vero, Gary?” chiese guardando intensamente il Primo Ufficiale.
“Come? Ah, sì… certo…” confermò Mitchell con una leggera esitazione.
McCoy li guardò senza parole.
Il capitano si agitò un po’ sulla poltrona, l’espressione di colpo sofferente. “E poi mi è tornato quel brutto mal di schiena… Credo che non sarebbe una buona idea muovermi troppo, in questo momento.”
“Ma se qualche minuto fa stavi saltellando allegramente in giro per la nave…” tentò di dire McCoy con un sorriso tirato.
“Sarà stato un colpo della strega” azzardò Mitchell reggendo il gioco del capitano. “Gli capitava spesso, all’Accademia.”
Il medico lanciò al Primo Ufficiale uno sguardo omicida. Si chinò su Kirk. “Non puoi farmi questo!” gli bisbigliò all’orecchio. “Io laggiù da solo con l’alieno pazzo non ci vado!”
Spock sollevò un sopracciglio. “Come mi ha chiamato, scusi?”
McCoy impallidì. Diavolo, aveva dimenticato che l’udito vulcaniano era più sviluppato di quello umano. Spock aveva sentito tutto. Perfetto.
“Niente, niente…” si affrettò a rispondere il medico. Fece un gesto noncurante con la mano. “Stavo solo osservando con il capitano che lei mi ricorda tanto un mio caro amico madrileno che conobbi quando ero ancora ragazzo… una persona d’oro, davvero: fedele, taciturno, onesto… un po’ testardo forse, ma… Lei c’è mai stato in Spagna, Signor Spock?”
“No” rispose cauto il Primo Ufficiale.
“A beh, neanche io.” McCoy fece un goffo inchino in avanti e indietreggiò fino al turboascensore. “Ehm, la aspetto in sala teletrasporto, allora.”
Spock seguì con lo sguardo il medico entrare nel vano illuminato e sparire dietro le porte argentate. “Capitano, lei è assolutamente sicuro che il dottor McCoy sia mentalmente sano?”
Kirk scoppiò a ridere. “Ma certo, Signor Spock. Non ci faccia caso.” Sorrise sotto i baffi. “La avevo avvertita che era un tipo particolare, no?”
Spock sollevò un sopracciglio ma evitò di commentare. Senza una parola, si alzò con eleganza e seguì silenziosamente il medico fuori dalla plancia.
Quando l’ascensore si fu messo in moto, Mitchell si voltò incuriosito verso Kirk. “Gli inventari abbiamo finito di compilarli questa mattina, sono sulla tua scrivania pronti per essere inviati. Si può sapere a che gioco stai giocando, Jamey?”
Kirk rise e accavallò le gambe. “Te l’ho detto. Al loro primo incontro Bones e Spock si sono azzuffati come cane e gatto… Chissà. Magari lavorando a stretto contatto per un po’ finiranno per fare amicizia.”
Mitchell si avvicinò a Kirk e gli scompigliò affettuosamente i capelli. “Sempre il solito romanticone, eh?”
“Piantala!” sibilò Kirk. Si liberò con un gesto infastidito e si guardò intorno imbarazzato. “Non abbiamo più diciotto anni. Ti rendi conto che solo per questo potresti rischiare la corte marziale?”
“Scusa” rise il Primo Ufficiale ritirando subito la mano. “Sai, è la forza dell’abitudine. Era da parecchio tempo che desideravo rifarlo” aggiunse sogghignando.
“Non avevo dubbi, G-Boy” borbottò il capitano mentre il suo broncio svaniva all’istante e lasciava invece il posto a un sorrisetto astuto.
“Cos- ehi!” esclamò Mitchell tra i denti. “Non chiamarmi così! Lo sai bene che odio quel nome.”
“Ovvio che lo so” rispose Kirk tranquillamente. “Ma ora che sono il capitano della nave su cui presti ufficialmente servizio posso chiamarti come mi pare e piace.”
Mitchell lanciò un’occhiataccia a Kirk, che lo guardò storto a sua volta.
Poi scoppiarono entrambi a ridere.
“Lo sai? Mi sei proprio mancato, Jamey.”

§---°°°°°---§

“Prenda un campione di questa pianta, Jackson” ordinò McCoy estraendo una manciata di semi violetti da un baccello bitorzoluto. “E lei, Monroe, faccia attenzione con quel muschio!”
“Certo, dottore, mi scusi…”
McCoy osservò soddisfatto i due uomini eseguire prontamente le sue indicazioni.
La squadra di sbarco si trovava sulla superficie del pianeta da una ventina di minuti, ormai, e per tutto il tempo il medico non aveva fatto altro che analizzare semi mollicci, esaminare fiori colorati e cogliere frutti dalle forme più disparate. Il momento dello sbarco era stato davvero memorabile. I sei membri dell’equipaggio si erano ritrovati completamente immersi in una lussureggiante foresta tropicale in cui erano colori come il verde, l’azzurro o il blu scuro a farla da padroni. Ogni cosa, roccia o tronco caduto che fosse, era interamente ricoperta da una rigogliosa vegetazione che la avvolgeva in un fresco abbraccio floreale, si intrecciava alle altre piante in un groviglio contorto di rami contorti e creava lunghe catene colorate che penzolavano giù dagli alberi più alti. La luce dorata del giorno che riusciva a filtrare attraverso le chiome ombrose non era molta, ma quando riusciva a passare creava sottili filamenti luminosi così  definiti che si sarebbe potuto credere di poterli palpare con le dita.
Quel nuovo pianeta sembrava un vero e proprio paradiso.
A parte per la temperatura e l’umidità, pensò McCoy infastidito. Con uno sbuffo, si passò una manica della giubba azzurra sulla fronte sudata e appiccicosa.
“È riuscito a registrare la presenza di qualche forma di vita, Signor Spock?”
“No” rispose il Primo Ufficiale senza distogliere lo sguardo dal suo tricorder. “E la cosa è alquanto strana, in effetti. Ad ogni modo, avremo tempo di occuparci di questa particolare questione in futuro. È giunto il momento di tornare a brodo.”
“Come, di già? Mi lasci almeno il tempo di finire di raccogliere queste sementi…!” protestò il medico. C’era ancora così tanto da catalogare, così tanto da studiare. Non potevano andarsene così presto!
“Mi rincresce, dottore” disse Spock con un tono tutt’altro che dispiaciuto. “Se i miei calcoli sono esatti il prossimo uragano dovrebbe abbattersi su questa zona tra nove punto sei minuti. Come capirà sicuramente anche da solo, non è proprio il caso di rischiare la vita per portare a termine un’operazione che potrà essere tranquillamente ripresa tra poche ore.”
Borbottando qualcosa di incomprensibile, McCoy depositò delicatamente nel congelatore le sementi che aveva appena raccolto e lo richiuse bruscamente. Con un paio di grandi falcate, si piazzò il più lontano possibile dal suo superiore, accanto un guardiamarina di cui non ricordava il nome.
“Spock a Enterprise” chiamò allora Spock con voce atona. “Sei da riportare a bordo.”
McCoy guardò di sottecchi la sagoma posata ed elegante del Primo Ufficiale. Quando quest’ultimo incrociò il suo sguardo, il medico abbassò istantaneamente gli occhi e serrò la mascella.
Dio, quanto era irritante.

§---°°°°°---§

“Li faccia risalire, signor Hoffman” ordinò Kirk sistemandosi a braccia conserte accanto al capo ingegnere Montgomery Scott. Aspettò con un ghigno di ricevere i suoi uomini.
Un ingegnere bruno sulla ventina premette un paio di pulsanti colorati e il teletrasporto si mise in azione con un lieve fischio.
Sei aloni luccicanti comparvero simultaneamente sulla piattaforma di arrivo. Da semplici sagome indistinte, le figure si modellarono progressivamente e assunsero forme sempre più umane e riconoscibili, perdendo la loro trasparenza iniziale e diventando via-via più consistenti.
All’improvviso la nave fu percorsa da un violento scossone.
Kirk, Hoffman e un paio di altri ingegneri persero l’equilibrio, andando a sbattere contro le pareti della stanza.
L’allarme generale cominciò a urlare.
“Cos’è stato?” chiese bruscamente Kirk rimettendosi in piedi.
“Non ne ho idea, capitano…” tentò di dire Scott aggrappandosi al pannello di controllo.
Kirk si avvicinò preoccupato all’interfono. “Kirk a sala controllo. Gary, cosa sta succedendo?”
“Siamo stati appena colpiti da un piccolo asteroide” esclamò Mitchell con voce tremante. “I radar non sono riusciti a rilevarlo in tempo per avvertirci, ma gli scudi si sono attivati automaticamente per proteggere la nave.”
“Ci sono danni?”
“Minimi, il computer di bordo ha reagito prontamente al pericolo. Però la situazione non è delle migliori, Jamey. Ci sono numerosi altri asteroidi in rapido avvicinamento.”
“Ricevuto. Arrivo subito.”
“Signore!” esclamò improvvisamente Hoffman. “Il team di sbarco… gli scudi stanno ostacolando il loro passaggio, non riesco ad agganciarli…!”
Le sei sagome luccicanti tremolarono un po’ e si fecero visibilmente più indistinte.
Senza troppe cerimonie, Scott scansò bruscamente Hoffman e assunse personalmente i comandi del teletrasporto.
“Li tiri subito fuori di lì, Scott!” gridò Kirk.
“Sto facendo del mio meglio, signore!” rispose a denti stretti lo scozzese. Senza perdere di vista le figure che ondeggiavano pericolosamente sulla piattaforma di arrivo, Scott sollevò cautamente sei levette bianche. “Andiamo, bellezza…” mormorò. “Non mi mollare proprio adesso… così, brava… Sì!”
Quattro uomini si materializzarono di colpo sulla piattaforma. Spaesati e confusi, vacillarono un po’ e si accasciarono debolmente contro le pareti della sala. Un paio di guardiamarina corsero immediatamente in loro soccorso.
“Dove sono il Signor Spock e il dottor McCoy?” chiese Kirk voltandosi di scatto verso Scott.
Le mani del capo ingegnere fluttuarono agilmente sullo schermo sensibile del visore. Scott lo studiò attentamente per qualche secondo. “Sono ancora sul pianeta” disse infine con un sorriso sollevato. “Gli scudi li hanno bloccati, ma sono riuscito rimandarli indietro integri.”
“Grazie al cielo” sospirò Kirk. “Ottimo lavoro, Scott.”

§---°°°°°---§

Quando McCoy provò ad aprire gli occhi, ogni cosa volteggiò turbinosamente intorno a lui in un vortice indistinto di tinte confuse e strisce colorate. Pessima idea, pensò il medico nauseato. Li richiuse di scatto e tentò goffamente di mantenere l’equilibrio. Notando che l’impresa sembrava più grande di lui, si sedette pesantemente a terra con la testa tra le mani.
Erano stati i tre minuti più brutti della sua vita. E poi dicevano che il teletrasporto era il mezzo più sicuro. Tutte balle.
Mentre tentava di controllare le ondate di nausea che lo assalivano ripetutamente, sentì Spock parlare al comunicatore.
“Spock a Enterprise. Spock a Enterprise. Mi ricevete?” Non ci fu alcuna risposta. “Enterprise, riuscite a ricevermi?”
“Non risponderanno, il segnale è caduto” sbottò McCoy massaggiandosi le tempie.
“La ringrazio per la sua accorta consulenza, dottore” replicò seccamente Spock. “Ora la nostra situazione mi è molto più chiara.”
McCoy sbuffò. “Si figuri, comandante. Comunque io sto bene, è stato gentile a chiederlo.”
Spock lo ignorò e ricominciò i suoi tentativi per mettersi in comunicazione con la nave.
Cristo, è più testardo di un mulo… pensò McCoy innervosito. Possibile che quel dannato scherzo della natura non capisse che la testa stava gli letteralmente scoppiando? Un po’ di silenzio sarebbe senz’altro stato gradito.
Esitante, McCoy provò ad riaprire leggermente un occhio.
Le piante e i cespugli sembravano ondeggiare ancora un po’ davanti a lui, ma non in maniera  insopportabile. Un netto miglioramento rispetto a prima, se non altro. Aggrottando la fronte per cercare di mettere a fuoco, il medico sollevò lentamente il capo e si passò una mano sul collo indolenzito.
Fu allora che notò il buio.
A pochi passi da lui un’enorme albero cavo creava un grosso buco nella fitta vegetazione, lasciando intravedere una piccola porzione di cielo. Con un certo sconcerto, McCoy notò che l’azzurro limpido di pochi minuti prima era stato quasi completamente sostituito da un pesante grigio cupo. Fortissime correnti ascensionali spazzavano l’aria e sfrecciavano veloci verso l’alto, creando bizzarri ghirigori scuri e vortici neri come la notte. Ad alta quota, tratti di blu livido si mescolavano indistintamente a fasce di viola intenso, rendendo l’atmosfera nel complesso parecchio inquietante.
Un lampo improvviso illuminò con un silenzioso bagliore l’interno della grande perturbazione.
McCoy lanciò un’occhiata esitante a Spock, ancora girato di spalle. Vedendo che il Primo Ufficiale non sembrava essersi accorto di nulla, ritornò a fissare il cielo. “Quanto tempo hai detto che mancava prima dell’arrivo dell’uragano, Spock?” chiese senza riflettere.
Una leggera brezza accarezzò il viso sudato del medico. McCoy non ebbe bisogno di disporre di particolari conoscenze meteorologiche per capire che l’uragano si stava avvicinando rapidamente.
Comandante Spock” lo corresse subito il Primo Ufficiale con voce dura. Si voltò rigidamente. “Dottor McCoy, la sua mancanza di rispetto nei miei confronti è davvero-”
“Gambe!” gridò allora McCoy scattando in piedi. Dimentico del mal di testa e della nausea, urtò il vulcaniano e  si lanciò a capofitto nella boscaglia.
Mantenuto a stento l’equilibrio, Spock guardò con un sopracciglio alzato il punto in cui il dottore era appena sparito. Si voltò nella direzione opposta.
Impallidì.
Senza esitare un secondo, si lanciò all’inseguimento del medico nel cuore della foresta.

§---°°°°°---§

“Rapporto immediato, Gary” ordinò Kirk entrando in plancia.
Il giovane Primo Ufficiale si alzò subito dalla poltrona del comando e cedette il posto al suo superiore. “Sembra che un gruppo di asteroidi di varie dimensioni sia rimasto intrappolato con noi all’interno dell’orbita” lo informò Mitchell velocemente. “La grande massa del pianeta ha creato una zona d’ombra in cui questi detriti si trovavano al momento del nostro arrivo. Probabilmente è per questo che i radar non sono stati in grado di rilevarli fino all’ultimo momento.”
Kirk osservò attentamente il visore centrale. Un’infinità di asteroidi dalla forma frastagliata galleggiava tutt’intorno alla nave, riempiendo lo spazio circostante e nascondendo la vista delle stelle lontane come avrebbe potuto fare un affollatissimo nugolo di moscerini.
“Tenente Uhura, è in grado di contattare il comandante Spock?”
“Abbiamo perso il collegamento all’incirca sei minuti fa. Purtroppo gli asteroidi deviano il nostro segnale schermando pressoché interamente la superficie del pianeta.”
“Continui a provare.” Kirk fece ruotare la poltrona verso destra. “Se abbassassimo gli scudi, quante sarebbero le probabilità che un asteroide di medie dimensioni ci colpisca?” chiese il capitano all’ufficiale scientifico che aveva temporaneamente preso il posto di Spock.
L’uomo si chinò sulla sua postazione. “L’86,7 %, capitano” rispose dopo un po’ raddrizzandosi.
“Sono troppe, Jamey” rifletté Mitchell. “Non possiamo rischiare di mettere in pericolo l’intera nave.” Maledizione, pensò Kirk. Questa non ci voleva. “Quanto tempo impiegheremo per uscire completamente dalla folla di asteroidi?”
“Due ore e ventisette minuti, alla velocità attuale” rispose prontamente il timoniere Hikaru Sulu. “E non possiamo rischiare di muoverci più in fretta, capitano, altrimenti gli scudi verrebbero danneggiati irreparabilmente.”
“Spock e McCoy non hanno tutto questo tempo…” mormorò Kirk passandosi una mano sul viso. I due uomini sarebbero rimasti bloccati sul pianeta per altre due ore e mezza. E nel frattempo avrebbero dovuto resistere alla violenza di uno o più uragani senza disporre di alcun tipo di riparo.
“Ehm, capitano?” lo chiamò timidamente una voce dall’inconfondibile accento russo.
“Sì, Signor…?”
“Ufficiale di rotazione Chekov, signore" si presentò prontamente il ragazzo. "Ecco… io avrei un’idea che credo potrebbe funzionare.”
“Si spieghi meglio” replicò Kirk guardandolo con attenzione.
“Vede, se riuscissimo a riprogrammare lo scudo principale in modo tale da permettere la disattivazione solo di una minima parte di esso – come per esempio quella direttamente sotto la sala teletrasporto, in linea d’aria – forse potremmo far risalire a bordo il Signor Spock e il dottor McCoy facendo correre alla nave un rischio minimo.”
Kirk si voltò verso l’ufficiale scientifico con gli occhi luccicanti. “È possibile, signor Ford?”
Ford guardò Chekov pensieroso e annuì lentamente. “Sì, credo che in linea teorica si possa fare. Ma bisognerà calcolare il momento più adatto per il trasferimento, per evitare che qualche asteroide si interponga tra il pianeta e la nave.”
“Di questo posso occuparmene io” affermò Sulu con sicurezza.
“Bene” esclamò Kirk guardando soddisfatto i suoi uomini. “Se la sua idea funziona, signor Chekov, giuro che la promuovo a Ufficiale navigatore.”
“Allora bisognerà fare in modo che funzioni” ridacchiò Chekov mettendosi subito al lavoro.

§---°°°°°---§

McCoy era esausto.
Non era allenato per correre così a lungo, a una velocità così elevata e in una foresta piana di insidiosi  ostacoli.
Anzi, diciamo pure che non era allenato affatto.
Spinto dalla paura e sorretto dall’adrenalina, durante i primi minuti di corsa il medico era miracolosamente riuscito a tenere testa alla forza del vento e alla violenza dei mulinelli d’aria. Ben presto, però, i polmoni avevano cominciato a bruciargli come se qualcuno vi avesse acceso un falò e il suo fianco destro aveva cominciato a lanciargli delle lancinanti fitte di dolore che ora lo penetravano a ogni respiro come una pugnalata.
McCoy agitò un po’ le braccia davanti a sé per scansare i numerosi rametti e le insidiose liane che minacciavano di accecarlo ad ogni passo e cercò con lo sguardo il Primo Ufficiale. Riuscì a intravederlo qualche metro davanti a lui, intento a scavalcare fluidamente un grosso ostacolo muschiato. Sembrava quasi un gatto, mentre atterrava con leggerezza sul tappeto arboreo del sottobosco e scivolava agilmente attorno ai tronchi resinosi.
Un dannatissimo gatto dal sangue verde che se ne andava per i fatti suoi e non si curava minimamente del povero medico che arrancava rantolando dietro di lui.
“Le consiglio di aumentare la sua velocità!” gridò allora il Primo Ufficiale per farsi sentire al di sopra dell’ululato del vento. “Di questo passo l’uragano la raggiungerà!”
“Che… che cosa?!” ansimò McCoy. Quel bastardo lo stava distanziando sempre di più, non aveva la benché minima traccia di fiatone nonostante la corsa e aveva anche la faccia tosta di dirgli che stava andando troppo lento?  “Dannazione, Spock! Sono un… medico, non un… maledetto corridore…!”
Qualcosa artigliò la caviglia del dottore. Con un grido strozzato McCoy rovinò a terra sprofondando completamente nelle tenere felci del sottobosco.
Provò a muovere la gamba destra per girarsi supino, ma il suo piede era saldamente bloccato da uno spesso groviglio di radici e piante rampicanti. Sbuffando, si agitò convulsamente nel tentativo di liberarsi, ma ottenne soltanto che la stretta si serrasse ancora di più attorno alla propria caviglia. Senza fiato, si lasciò cadere esausto sul tappeto di foglie.
Era tutto inutile.
Alzò la testa quel tanto che bastava per poter vedere oltre la distesa azzurra di felci. Non c’era traccia di Spock. Probabilmente si trovava già rintanato da qualche parte a un miglio di distanza ad aspettare tranquillamente che l’uragano passasse. Era logico, dopotutto. E la logica era tutto per i vulcaniani.
Dannati robot senza cuore…    
D’improvviso, qualcosa afferrò saldamente il polpaccio di McCoy. Il medico avvertì una lieve pressione sulla caviglia immobilizzata e subito dopo udì un leggero strappo, ben presto coperto dall’ululato del vento. Prima ancora di avere il tempo di rialzarsi, McCoy venne sollevato di peso e qualcosa di duro e spigoloso si piantò nel suo stomaco, facendogli mancare il respiro.
Cercando di dimenarsi per rimuovere quel pungolo fastidioso, McCoy si ritrovò a fissare la nuca mora del Primo Ufficiale. “La pregherei di restare fermo” lo ammonì Spock assestando meglio il suo nuovo fardello sulla propria spalla. “Ulteriori gomitate sul mio collo non gioveranno certo alla nostra fuga.”
“Spock!” esclamò McCoy stupito e sollevato. “Cosa diavolo…?” Il medico fu costretto a interrompersi con un gemito strozzato, perché la spalla del vulcaniano ficcata nel suo stomaco lo faceva sobbalzare ad ogni balzo.
“Se continuerà a muoversi così lentamente verrà spazzato via nel giro di un paio minuti” spiegò tranquillamente il Primo Ufficiale ricominciando a correre. “Non riuscirebbe a mettersi al coperto in tempo.”
I due sfrecciarono ad una velocità impressionante tra le piante scricchiolanti e i cespugli spinosi agitati dal vento. Dopo qualche secondo, sbucarono in una vasta radura spazzata dalla corrente.
“Hai idea di dove stiamo andando?” sibilò il medico a denti stretti, ignorando la nausea crescente.
“Il tricorder ha rilevato una grotta non lontano da qui” rispose Spock ansimando leggermente.
Ah-ah. Ora sì che ti viene il fiatone eh, Gremlins da strapazzo? pensò McCoy vittoriosamente.
“Crrr… Enterprise a comandante Spock… Enterprise a comandante Spock…” gracchiò la voce disturbata del comunicatore.
“Il comunicatore, il comunicatore… Spock, dov’è il comunicatore?” chiese urgentemente McCoy.
“Cintura” tagliò corto il Primo Ufficiale concentrandosi sulla respirazione.
McCoy si sporse ulteriormente oltre la spalla del vulcaniano e trovò a tastoni il piccolo apparecchio di metallo.
“Riesce a ricevermi, comandante?”
Il medico aprì di scatto il comunicatore. “Sì!” esclamò senza fiato. “Sì, sì… la sentiamo!”
“Dottor McCoy?” chiese stupita la voce del tenente Uhura. Ci fu una piccola pausa, in cui si sentì qualcosa sfregare contro il microfono dell’addetta alle comunicazioni. “Bones?” intervenne la voce sollevata di Kirk. “Stai bene? Dov’è il signor Spock?”
“È qui con me. Per il momento stiamo bene tutti e due, ma la situazione quaggiù peggiora a vista d’occhio...  perché diavolo non ci avete teletrasportati a bordo?”
“Lascia perdere, è una lunga storia. Siete riusciti a trovare un riparo?”
"Staimo per..."
Spock balzò agilmente su un grosso masso e incominciò a scalare una collinetta scoscesa. Per paura di cadere McCoy si aggrappò convulsamente alla schiena del vulcaniano, rischiando di lasciar cadere il comunicatore.
“Bones?” chiese Kirk preoccupato. “Sei ancora lì?”
“Sì, sì, ci sono…” sbottò McCoy irritato. “Ormai dovremmo raggiungere a momenti una caverna che Spock ha…!”
D’improvviso, il vulcaniano si sbilanciò all’indietro. Con un grido, il medico rovinò sui massi duri e spigolosi che affioravano dal mare di erba e rotolò per un paio di metri giù dalla collinetta. Dolorante, si rimise in piedi a fatica e si voltò verso la cima dell’altura, dove una piccola grotta oscura si stagliava nitidamente sullo sfondo verde-acqua del prato. Poco più in alto di lui giaceva immobile il Primo Ufficiale, riverso scompostamente su una piccola lastra rocciosa.
Recuperato il comunicatore, McCoy si lanciò sul vulcaniano. Posategli due dita sul collo, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Grazie a Dio, c’era ancora battito. Stramaledettamente veloce per i parametri a cui era abituato, ma pur sempre battito.
Con un gemito, il medico afferrò Spock sotto le ascelle e lottò contro le continue raffiche di vento per  trascinarlo al sicuro dentro la grotta.
Un grosso pezzo di corteccia sfrecciò a una velocità impressionante verso di loro. Trattenendo il respiro, McCoy si scansò appena in tempo e il pezzo di legno andò a schiantarsi fragorosamente contro la parete esterna della cava.
Ancora scosso, il medico entrò nella piccola caverna e addossò Spock alla parete più interna.
“Crrrrr… Bones?... crrrr….”
“Jim!” esclamò McCoy afferrando il comunicatore.
“Bone- crrrrrr… Crrrrr- senti?….”
“Jim! JIM!” Frammenti di legno e roccia irruppero violentemente dalla stretta apertura della grotta. Coprendosi il viso con un braccio, McCoy cercò di riparare Spock come meglio poteva. “DANNAZIONE, JIM, TIRACI FUORI DA QUI!”
Prima ancora di riuscire finire la frase, il medico cominciò ad avvertire il fastidioso formicolio dietro la nuca che era solito precedere ogni smaterializzazione.

§---°°°°°---§

Kirk scattò verso il bracciolo della sua poltrona e si mise in comunicazione con la sala macchine. “Ora, signor  Scott!”
“Agli ordini, capitano!”
Passarono un paio di secondi di silenzio.
“Allora?” incalzò Mitchell.
“Sembra che funzioni!” esclamò allora Scott eccitato. “Siamo riusciti a smaterializzarli…”
“Sì, ma sono a bordo?” insisté Kirk.
Ci fu un momento di pausa.
“Affermativo, signore” rispose infine Scott. “Sono entrambi a bordo.”
“Perfetto. Cedo a te il comando, Gary” Senza aggiungere altro, Kirk si fiondò verso il turbo ascensore diretto in sala teletrasporto.

§---°°°°°---§

McCoy passò sulla testa e sul petto del Primo Ufficiale il tricorder che gli era stato appena allungato e fissò il piccolo schermo con la fronte aggrottata. Quei valori sarebbero stati giudicati assolutamente sballati per qualsiasi essere umano, ma non erano poi così terribili per la media vulcaniana. Possibile commozione cerebrale, tre costole rotte e un taglio superficiale in fronte che aveva già incominciato a rimarginarsi. Niente di eccessivamente grave, nel complesso. Sarebbe potuta andare peggio. Molto peggio.
Aiutò gli infermieri a stendere Spock su una barella. “Dobbiamo portarlo in radiologia per un controllo generale” esclamò affiancandosi ai paramedici.
Prima che il piccolo corteo potesse uscire, la porta scorrevole si aprì di scatto e il capitano entrò di corsa. Kirk guardò il volto macchiato di terra di McCoy, poi Spock disteso sul lettuccio, e infine ancora McCoy. “Come sta?” chiese tutto d’un fiato.
“Non ha niente di veramente grave” lo rassicurò il medico spostandolo gentilmente da una parte per far spazio alla barella. “Devo ancora fare un paio di controlli, ma non c’è niente di cui preoccuparsi.”
Kirk lo guardò in viso. Nel vedere la sicurezza e la tranquillità presenti negli occhi del medico, tutta la sua preoccupazione scivolò via all’istante.
“Passa in infermeria tra un paio d’ore. Ti saprò dare un quadro più accurato.”
Kirk annuì silenziosamente e guardò il suo amico avviarsi lungo il corridoio al fianco dei paramedici. Se McCoy diceva che non c’era nulla di cui preoccuparsi, allora era vero.
Aveva piena fiducia in lui.

§---°°°°°---§

Spock riprese lentamente coscienza del proprio corpo. Pian piano cominciò ad avvertire la chiara sensazione della propria schiena premuta contro qualcosa di rigido e fresco, un lenzuolo leggero che gli solleticava impercettibilmente il collo e una lieve pressione al livello delle tempie. Una benda, probabilmente.
Il vulcaniano aprì senza fretta gli occhi ed ebbe la conferma dei suoi sospetti: si trovava in infermeria.
“Ma guarda, la bella addormentata si è risvegliata” lo salutò allegramente McCoy.
Spock si voltò verso il medico.
“Come si sente?”
“Discretamente” disse il vulcaniano drizzandosi lentamente a sedere. “Tuttavia non riesco a ricordare come siamo ritornati a bordo.”
“È ovvio che non si ricorda, era svenuto…” disse distrattamente avvicinandosi e controllando il monitor lampeggiante. “Comunque, io l’ho l’ho trascinata nella caverna che il tricorder aveva segnalato e Jim ha fatto in modo di teletrasportarci tempestivamente a bordo. Tutto qui, non si è perso granché.”  Lanciò al vulcaniano uno sguardo furbo. “E come può vedere è ancora vivo. Posso sperare di averla finalmente convinta che le mie conoscenze sulla fisionomia vulcaniana sono quanto meno discrete?”
“Immagino di sì” riconobbe Spock annuendo. “Se quello che dice è vero, dottore” aggiunse poi, “allora pare proprio che io la debba ringraziare. Le devo la vita.”
McCoy sorrise e lo liquidò con un lieve gesto della mano. “È stato un gioco da ragazzi. Non dimentichi che anche lei mi ha salvato la vita, portandomi in spalla fino al promontorio” aggiunse leggermente imbarazzato.
“Non potevo certo lasciarla indietro” ribatté Spock sollevando un sopracciglio.
“No, no, certo che no. Senta, Spock. Lei ha salvato me, io ho salvato lei. Siamo pari.”
Assolutamente logico.
Il Primo Ufficiale annuì soddisfatto. Ovviamente si era accorto che McCoy lo aveva chiamato di nuovo per nome, ma questa volta rinunciò a correggerlo.“D’accordo.”
“Adesso sarà meglio avvertire Jim che si è svegliato” disse il medico avvicinandosi all’interfono. “È parecchio in ansia per lei.”
Spock osservò attentamente il medico. “Un momento, dottore” lo fermò. “Posso farle una domanda?”
“Chieda pure.”
“Chi è la ‘bella addormentata’?”
McCoy lo guardò con gli occhi sgranati e poi scoppiò a ridere. “Già, è vero, lei non può conoscerla. Gliela mostrerò, un giorno o l’altro”
Detto questo, il medico si voltò e si mise in comunicazione con la sala controllo.
Che umano bizzarro, pensò Spock fissando la schiena del dottore. Quel medico era senza dubbio l’uomo più criptico e difficile da capire che avesse mai conosciuto.
Verso di lui aveva avuto un atteggiamento insofferente e allo stesso tempo sarcastico, irrispettoso e stranamente antagonistico. Però il vulcaniano doveva ammettere che sapeva il fatto suo, e lo aveva ampiamente in quella prima missione.
La porta dell’infermeria si aprì di colpo ed Kirk entrò di gran carriera. “Signor Spock, vedo con piacere che si sente meglio!” esclamò contento alla vista del comandante seduto compostamente sul lettino nero.
“Tutto merito del dottor McCoy” riconobbe inaspettatamente il vulcaniano. Il medico scrollò le spalle e si guardò la punta delle scarpe, imbarazzato.
Perfetto, pensò Kirk sorridendo sotto i baffi. Non sembravano esserci particolari ostilità fra i due. A quanto pareva il suo geniale piano aveva funzionato.
“Anche se” incominciò Spock, “sarebbe opportuno sottolineare il fatto che se il dottore avesse mantenuto una velocità accettabile, ora non mi troverei sicuramente in infermeria con una benda in testa.”
Ahia.
McCoy sollevò di scatto la testa. “Che cosa?” esclamò. “Ma come si permette…? Le ricordo che sono un umano, Spock! Non avrei mai potuto tenere il suo passo supersonico da ghepardo a cui hanno appena cosparso di pepe il sedere!”
Spock sollevò un sopracciglio. “Paragone originale, non c’è che dire. Tuttavia, dottore, sono sicuro che se si fosse impegnato nel compiere un po’ più di esercizio fisico giornaliero, le sue prestazioni sarebbero state senz’altro migliori. In quanto medico dovrebbe rendersene conto anche da solo.”
“Io… io…” balbettò McCoy cercando disperatamente qualcosa da ribattere. Era paonazzo. “Bah, che vada al diavolo!” borbottò infine furente avviandosi a grandi falcate verso la porta.
Kirk era allibito. Non aveva mai visto nessuno scontrarsi verbalmente con McCoy e uscirne illeso, tanto meno vittorioso. “Suvvia, Bones… non te la prendere…!” tentò invano di rabbonirlo.
Senza una parola, Spock tornò a sdraiarsi con calma e si coprì meglio con il lenzuolo.
“Signor Spock, aspetti un attimo non ho-”
“Ora ho proprio bisogni di riposare, capitano” tagliò corto il comandante. “La raggiungerò sul ponte appena mi sarò completamente rimesso. Arrivederci.” Detto questo si voltò leggermente dall’altra parte e chiuse tranquillamente gli occhi.
Kirk guardò sconcertato la porta dell’infermeria che si richiudeva alle spalle del medico furibondo e poi il comandante placidamente addormentato davanti a lui.
Con uno sbuffo, allargò le braccia in un gesto esasperato e si affrettò a seguire McCoy.
Non c’erano dubbi: sarebbero stati cinque anni davvero molto lunghii, quelli.

   
 
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