{ A
Martina.
Perché a lei piacciono l’alieno dai capelli verdi
e la tizia mezza gatta.
♥
Fa
troppa luce la parola sempre
Era
convinto d’essere morto.
Il
suo corpo glielo aveva urlato nell’istante stesso in cui si
era mosso, senza
riflettere, parandosi davanti alla ragazza che amava e ricevendo al suo
posto
il colpo del suo ex Dio.
L’ultima
cosa che aveva visto prima di chiudere gli occhi era stato il suo
sguardo
sconvolto. Avrebbe voluto rispecchiarsi in quei pozzi di cioccolato
fuso di cui
si era così impunemente invaghito, ma aveva dovuto
accontentarsi delle iridi
feline della Mew Mew.
In quell’istante
aveva capito d’aver fatto la scelta giusta.
Sapeva
che, se mai fosse potuto tornare indietro, si sarebbe sacrificato
ancora e
ancora per lei.
Saperla
viva, saperla al sicuro era bastato a compensare la fitta di dolore
assoluto
che aveva invaso ogni cellula del suo corpo e la sensazione nauseante
di
terrore al pensiero che gli era esploso in testa come un fuoco
d’artificio di
consapevolezza:
E’ finita.
La
sua vita si era conclusa lì, su quel pianeta ostile che
oramai non era più
tanto estraneo e che avrebbero dovuto conquistare ma da cui erano stati
conquistati.
Tutto
per salvare una sua nemica.
Ma chi
voleva prendere in giro? Non considerava la Mew Neko sua nemica dal
bacio che
le aveva rubato quel giorno di – quanti? – mesi e
mesi addietro.
Non aveva
mai avuto paura della morte.
Sul
suo pianeta era stato addestrato a non temerla, ma a sfidarla in
continuazione.
Era quello
che faceva giorno per giorno.
Infondo
era un soldato e, si sa, i soldati muoiono in battaglia.
Forse
la sua morte non era più onorevole di tante altre
– aveva tradito la sua gente,
la sua famiglia – ma sentiva che il sacrificio che aveva
compiuto era alla
stregua di qualsiasi altro gesto eroico.
Aveva
difeso la persona che amava, non era certo da biasimare.
No, a
lui la morte non faceva paura neanche ora che si era gettato a testa
bassa fra
le sue braccia.
Sentiva
il buio avvolgerlo come una coperta gelida e al contempo
meravigliosamente
piacevole.
C’era
finalmente pace attorno e dentro di sé. Nessuna battaglia,
nessun dolore.
Si sentiva
un po’ smarrito, è vero, ma chi non lo sarebbe
stato davanti all’ineluttabilità
della fine?
Prima
d’allora non aveva idea di cosa avrebbe trovato una volta
chiusi gli occhi al
sonno eterno.
E nemmeno
ora sapeva cosa aspettarsi.
Tutto
era immobile in quella dimensione senza spazio né confini.
L’immensità s’apriva
infinita alla sua vista, riempiendola solo di nero buio.
Poi un
improvviso squarcio di colore in tutta quella oscurità
attirò i suoi occhi,
ferendoli.
All’inizio
rimase abbagliato dall’intensità di quella luce,
rimanendone accecato.
Poi,
finalmente, riuscì a distinguere un contorno prima
tremolante via vai sempre
più netto
e definito.
Sgranò
gli occhi osservando con una fitta di dolorosa nostalgia la figura
dell’uomo
che veniva proiettata in un ombra leggera dalla luce ardente e morbida
alle sue
spalle.
Malgrado
questo ne intuì la forma sfilata del viso, i tratti gentili
contornati da una
cascata di capelli color fiamma e dolci ma fieri occhi dorati identici
ai suoi.
Si sforzò
di reprimere le lacrime che pizzicavano insolenti ai lati delle iridi
socchiuse, sentendo il fiato mancare.
<<
P a
p à … >>
L’uomo
sorrise, allungano una mano nella sua direzione come se avesse voluto
accarezzare l’aria che li separava, o forse solo il suo viso.
<<
Figliolo è da un bel po’
che non ci vediamo
>>
Il
giovane deglutì incerto, occhieggiando la mano che sembrava
simile ad un tacito
invito.
Sospirò,
tornando a guardarlo.
<<
Mi sei mancato così tanto >>
L’alieno
più grande chinò il capo di lato, senza abbassare
il braccio.
<<
Anche tu ci sei mancato. La mamma voleva
vederti, ma non è potuta venire
>>
Sua
madre.
Sentiva
tutta la stanchezza accumulata fino a quel momento gravargli sulle
spalle.
Quanto
avrebbe desiderato afferrare la mano di suo padre e potersi finalmente
riposare
fra le braccia di sua madre!
L’uomo
– o spirito, o fantasma – dovette intuire qualcosa
dalla sua espressione,
perché abbassò la mano, scuotendo il capo.
<<
No. Non sei ancora pronto figliolo. Tua madre
voleva che ti dicessi di non arrenderti. Di continuare a lottare per
ciò a cui
tieni >>
<<
Ichigo … >>
Si
lasciò sfuggire il ragazzo.
L’altro
sorrise, annuendo.
<<
Avremmo voluto conoscere quella ragazza.
E’
un gran bel tipetto, darebbe del filo da torcere persino a Kemyo*.
E’ per
questo che non mi puoi seguire, oggi >>
<<
Ma … >>
L’uomo
inspirò, facendo un passo verso il figlio. Ne cinse il corpo
con le braccia
muscolose, appoggiandogli il capo sul suo petto, come quando era
bambino.
Gli accarezzò
i capelli ora sciolti che gli ricadevano sulle spalle esili come quelli
di sua
moglie, e lo strinse più forte a sé.
<<
Ci sarà tempo per riposare e
re-incontrarci,
figliolo. Noi ti aspetteremo. Or vai. Torna da chi ti ama. Non tutti
hanno la
fortuna di avere una seconda possibilità
>>
<<
Cosa? Papà … !
>>
Ma l’uomo
prese a scomparire, i contorni impallidirono e ben presto
ciò che ne rimase fu
solo l’ombra del suo sorriso inghiottito da quella luce
accecante.
Poi un’altra
luce, più fievole, calda e rassicurante lo
inondò, impregnandogli il corpo e l’anima.
Chiuse
gli occhi vedendo il buio allontanarsi fino a diventare un pallino
indistinto
in tutto quel bianco.
E cadde.
<< Kisshu!
>>
Riaprì gli occhi, disorientato,
cercando di tirarsi su.
Ma delle braccia esili cingevano
il suo corpo impedendogli di alzarsi e delle lacrime caddero sul suo
viso
pallido, sorprendendolo.
Alzò lo sguardo, incrociando
occhi di morbido velluto marrone illuciditi dal pianto.
La ragazza emise un singhiozzo
più forte, gettandosi sul suo petto e nascondendovi il viso.
<< Kisshu! Oh Kisshu … !
>>
L’alieno sorrise, accarezzando i
sottili capelli rossi della Mew Mew.
<< Shh Ko-neko, va tutto
bene >>
Le sollevò il viso e poi, con una
carezza ad asciugarle le lacrime sulle guance rosee
d’imbarazzo, la baciò
catturandone le labbra e l’essenza.
Rimasero abbracciati per qualche
minuto ancora, poi dopo che i loro corpi ebbero richiesto
prepotentemente
ossigeno costringendoli a dividersi, Ichigo gli strinse le braccia
attorno al
collo, chiudendo gli occhi e appoggiando il capo sulla sua spalla.
<< Perdonami. Sei tornato,
non ti farò più scappare così da me.
Non voglio perderti di nuovo. Non pensarci
neppure! >>
L’Ikisatashi sorrise,
stringendola forte.
<< Fossi matto, Ko-neko,
fossi matto … >>
Suo padre aveva ragione.
C’era ancora tutto il tempo del
mondo per prepararsi all’eternità.
E chissà.
Magari avrebbero conosciuto la
sua Ichigo, quando quel giorno fosse arrivato.
Voleva proprio vedere come se la
sarebbe cavata con sua madre.
E
allora è meglio che
tornino
le ombre.
Fa
troppa luce la parola
‘sempre’
[E’ stato un
attimo-Mario Venuti]
Angolino di R
e d_V a m p i r e
*Non
conosco il nome della madre di Kisshu, inventato, quindi uwu xD
Che
dire? E’ la prima fict che scrivo su questo fandom ( nh,
forse sarà anche l’ultima
xD ) Ambientata dopo la morte di Kisshu per salvare Ichigo.
Con
finale diverso, ovviamente, visto che amo la coppia e son rimasta
malissimo
quando ho visto che la cretina è rimasta col pesce lesso
buono a nulla di
FacciadaebeteMasaya.
Nh.
Ho pensato
anche a cosa avrebbe potuto provare l’alieno morendo. Ed
è venuto
fuori quest’incontro col padre.
La
citazione presa dalla canzone di Venuti … si riferisce al
fatto che per ora
Kisshu preferisce tornare alle ‘ombre’ della vita,
perché l’eternità non è
ancora il posto giusto per lui.
Poetica
da far schifo, bleah .w.
xD
Beh, speriamo
che vi sia piaciuta almeno un po’.
Ciaossu!