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Autore: Akrois    05/09/2010    1 recensioni
Vedeva gli occhi grigi di Berlino fra le bende che gli coprivano il viso, vedeva i denti sotto le labbra tagliuzzate e un ciuffo di capelli biondi spuntare fuori dalle bende e sotto tutte queste bende lei non riusciva a vedere Berlino, non il Berlino dal volto delicato che correva verso di loro quando Königsberg cadeva da cavallo –e Königsberg cadeva da cavallo incredibilmente spesso solo per il gusto di vedere Berlino correre trafelato verso di lui- e si chinava e sorrideva sollevato quando Königsberg gli diceva che stava bene.
Potsdam poggiò le bende su un tavolino e camminò verso la porta nella fiocca luce dell’alba – Devo andare. - sussurrò tormentandosi con le dita una ciocca di capelli bianchi – Russia mi punirà se resto.
Berlino non si voltò, ma in effetti Potsdam non si aspettava lo facesse. S’infilò rapidamente il soprabito e nascose i capelli sotto il cappello, uscendo in silenzio.
[Oc!Berlino (Heinrich Hohenzollern), Oc!Königsberg/Kaliningrad (Magnus von Salza/Lev Ivanovič Braginsky), Oc!Potsdam (Friederike Hohenzollern), Oc!Mosca (Kaleriya Romanov)]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La finestra di Berlino.

 

 

 

 

 

Berlino stava spesso seduto davanti alla finestra.

Ma forse è meglio rettificare: Berlino passava ogni singolo momento della sua giornata fermo davanti a quella finestra, buttando su una sedia a rotelle come una bambola di plastica, coperto dalle bende che andavano cambiate ogni cinque minuti perché le sue ferite sembravano non volersi mai rimarginare.

Potsdam vagava qua e là attorno a lui, le braccia sempre cariche di bende sporche e gocciolanti di sangue.

Vedeva gli occhi grigi di Berlino fra le bende che gli coprivano il viso, vedeva i denti sotto le labbra tagliuzzate e un ciuffo di capelli biondi spuntare fuori dalle bende e sotto tutte queste bende lei non riusciva a vedere Berlino, non il Berlino dal volto delicato che correva verso di loro quando Königsberg cadeva da cavallo –e Königsberg cadeva da cavallo incredibilmente spesso solo per il gusto di vedere Berlino correre trafelato verso di lui- e si chinava e sorrideva sollevato quando Königsberg gli diceva che stava bene.

Potsdam poggiò le bende su un tavolino e camminò verso la porta nella fiocca luce dell’alba – Devo andare. - sussurrò tormentandosi con le dita una ciocca di capelli bianchi – Russia mi punirà se resto.

Berlino non si voltò, ma in effetti Potsdam non si aspettava lo facesse. S’infilò rapidamente il soprabito e nascose i capelli sotto il cappello, uscendo in silenzio.

 

 

 

- L’ho visto.

Königsberg trotterellò verso di lei con un sorriso estasiato sul viso lentigginoso, poggiando i gomiti sul tavolino. Potsdam alzò lo sguardo dal proprio libro, stendendo le labbra sottili in un sorriso – Bello, eh?

- Bello?- Königsberg rise allegro – Bello è poco! È divino!

- Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto di sicuro. – chiocciò Potsdam ghignando – È proprio il tuo tipo ideale o mi sbaglio?

- Non ti sbagli affatto. – l’uomo roteò su se stesso, gettandosi su una poltroncina con un tonfo alquanto teatrale – È splendido, meraviglioso! Alto, muscoloso, biondo, con quel viso che- si bloccò coprendosi il viso con le mani – viene voglia di baciarlo ovunque!

Potsdam rise divertita – Povero Berlino, che predatore che gli ho messo alle costole.

Königsberg la guardò sorridendo fra le dita – Non dirmi che tu non ci hai fatto mai neanche un pensierino, Potsdam.

- Chi, io?- esclamò sconvolta la donna, rigirandosi fra le dita una ciocca di capelli – Non mi piace la frutta acerba, lo sai. Ma quando ti sei stufato di lui passamelo, testerò volentieri i risultati del tuo addestramento.

- Scordatelo.- disse l’uomo incrociando le braccia al petto – Se riesco a catturarlo sarà solo mio per i secoli a venire.

Potsdam rise.

 

 

 

Berlino sentiva freddo. E non era freddo perché era inverno o perché perdeva litri e litri di sangue e se non fosse stato una città ma un comune umano sarebbe morto molto prima.

Era un freddo localizzato nel suo cuore, qualcosa come una spina sempre conficcata nella carne che cercava disperata di pulsare attorno a quella ferita.

Era la spina che s’era infilata nel suo cuore quando aveva visto Dresda riversa a terra, quando aveva vagato per giorni e giorni nella neve della Russia, quando era tornato a casa giusto in tempo per vedere il suo stesso cuore distrutto.

Era la spina che si era ingrandita quando aveva visto Prussia correre tappandosi le orecchie e prendendo quella cornetta fra le mani aveva sentito la vocina dolce di Russia e le urla disperate che uscivano da quel telefono.

Ricordava di aver urlato qualcosa e poi la mano di Germania che lo bloccava e le urla di Prussia nel corridoio e Russia che rideva e-

Oh, la ferita sul braccio si era riaperta. Avrebbe dovuto aspettare il tramonto, così Potsdam sarebbe venuta a cambiargli le bende.

 

 

- Mi hai fatto spaventare.- sbottò irritato osservando l’altro ridere e gettarsi nel letto con una sorta di saltello. Gli si avvicinò con le braccia incrociate, fissandolo con quello che era inequivocabilmente un’espressione offesa.

- Oh, Berlino, insomma, sono solo caduto da cavallo, non sono morto!- esclamò l’altro ridendo.

Königsberg lasciò cadere la testa sul cuscino, spargendo i riccioli argentei sulla federa verde smeraldo. Berlino si sedette sul bordo del letto, passandogli lentamente una mano sulla guancia – Mi piace. - disse Königsberg voltando il capo verso di lui.

- Cosa?- domandò Berlino giocando distrattamente con i suoi capelli.

- Quando ti preoccupi per me. Quando molli tutto quello che stai facendo e corri da me. - Königsberg prese la mano di Berlino nelle sue, socchiudendo gli occhi – Mi fai sentire come se fossi amato.

- Ma io ti- Berlino si bloccò, fissando gli occhi azzurri di Königsberg nascosi dalle ciglia candide – ma io ti- abbassò il capo e strinse forte la mano sulle sue, chinandosi per baciarlo sulla guancia – ma io ti amo davvero, Magnus.

 

 

 

Gli faceva male la pancia. O era lo stomaco? Non aveva mai capito la differenza.

Solo che da quando Russia aveva piazzato quel filo spinato che lo attraversava la ferita che gli passava l’addome non aveva mai smesso di sanguinare. Solo Dio sapeva com’era possibile, ma probabilmente neanche Dio lo sapeva.

Mosca sedeva in un angolo della stanza. Poteva vederla sfogliare un giornale con aria annoiata e di tanto in tanto sistemarsi il cappello di pelo viola (com’era possibile che esistesse un animale dalla pelliccia viola?) sul capo.

Ogni tanto Mosca gli parlava. Non sopportava il suo tono vivace e quella parlantina petulante.

Gli ricordava una persona che parlava allo stesso modo, ma non si ricordava bene chi.

Quando cercava di ricordare il cuore gli faceva male e allora doveva pensare a qualcos’altro.

 

 

 

- Sai cosa mi piace di te? Cioè, del tuo corpo?- Königsberg si strinse a lui sotto le coperte, cercando il suo calore nella gelida notte teutonica.

- Cosa?

- La tua faccia.- Königsberg nascose il viso nell’incavo della sua spalla sorridendo – Hai il viso delicato e senza ombre dei bambini.

- Che cosa vuol dire?- domandò Berlino incuriosito carezzando i suoi capelli.

- Che la tua faccia dice tutto quello che pensi e ti rende deliziosamente palese.

- Ah sì? E adesso a cosa sto’ pensando?

- Che sono dolcissimo e che mi ami da impazzire.- chiocciò Königsberg prima di baciarlo.

Berlino arrossì: in effetti aveva pensato proprio questo.

 

 

Non potendo muoversi Berlino aveva trovato un mucchio di tempo per pensare. Pensava anche troppo in verità e tutti i suoi pensieri andavano ad aggiungere dolori là dove di dolori c’è n’erano già troppi.

Spesso pensava a Dresda. Lei non gli aveva più parlato da quella notte, ma solo ora ci faceva caso. Chissà come si era sentita.

Tradita? Umiliata? Offesa?

Abbandonata?

Avrebbe voluto chiederglielo, ma ora non riusciva più parlare.

Da qualche giorno stavano costruendo quello strano muro al centro della città e la ferita si andava allargando. Aumentava il sangue che perdeva.

Ma in fondo, più sangue perdeva meno pensava.

 

 

 

- Dio esiste?

- Non credo.

- Ma tutti mi dicono che esiste.

- Mentono.

Königsberg si rigirò un filo d’erba fra le labbra, gli occhi fissi sul cielo – Dio è morto, Heinrich.

- Perché è morto?

- L’abbiamo ucciso.

- Io e te?

- Tutti noi.

– Ma allora- Berlino si poggiò su un gomito, voltandosi verso di lui – a cosa dobbiamo credere?

Königsberg gli passò una mano fra i sottili capelli biondi e sorrise – All’amore- disse – perché solo l’amore esiste. E solo l’amore può salvarci.

 

 

Peccato che gli uomini fossero capaci di tanto odio. Altrimenti avrebbero potuto dominare davvero il pianeta. Berlino guardava il muro eretto davanti alla sua finestra e non si chiedeva cosa Russia volesse nascondere al mondo e in fondo glie ne fregava ben poco.

Se gli uomini potessero imparare ad amarsi, si diceva, allora perderebbero il brutto vizio che hanno di giudicare, di condannare, di uccidere. Basterebbe amarsi e capirsi.

Lui lo diceva spesso.

 

 

 

- Hai tagliato i capelli.

- Anche tu.

- Ma a me stanno bene- Berlino si passò una mano fra i corti capelli biondi – tu sembri una pecorella troppo tosata.

- Ma sono magnifico lo stesso, no?♥

 

 

 

 

E magari –solo magari- se fosse stato dalla parte giusta della cornetta, se Russia non avesse riso, se Prussia non fosse corso via urlando, se Germania non l’avesse trattenuto, se Potsdam non avesse pianto, se l’avesse salvato tutto sarebbe andato diversamente.

Avrebbe avuto ancora la sua mano calda e il suo sorriso e quegli occhi azzurri e quel volto lentigginoso e quei capelli ricci troppo corti che gli stavano male e quella sua voce alta e petulante che gli diceva che lo amava.

Ma come si chiamava quella persona?

 

 

 

Mosca gli piazzò quel bambino davanti, così che potesse vederlo.

- Lui- disse sorridendo – si chiama Lev. Farà parte della nostra famiglia.

Berlino posò gli occhi su di lui, ritrovandosi a fissare due pozze di un rosso/viola orribile a vedersi. Cercò il resto del viso, ma lo trovò nascosto da una sciarpa marrone di pessima fattura.

Chiuse gli occhi e sentì la piccola mano del bambino poggiarsi sulla sua – Esiste?

- Non esiste.

Una lacrima rotolò sulla sua guancia, scomparendo subito fra le bende – E allora a cosa posso aggrapparmi?

Kaliningrad si scoprì la bocca, andando a poggiare le labbra sulla pelle ferita della mano di Berlino in un bacio delicato come una carezza – Continua ad amare solo me.

 

 

 

A.Corner___

 

Dunque dunque dunque.

Sono troppo felice di aver finito questa short. Davvero, non voleva mai finire. Una lotta contro il tempo (oWo).

Dunque, chi l’ha letta l’avrà capito e chi non l’ha letta lo capirà in queste righe: questa short è legata a “dimenticarsi le cose importanti”, short su Königsberg e Prussia pubblicata tempo addietro.

Dunque, dovrei lasicare delle note.

Ma la dolce wiki verrà in mio aiuto: ecco qualche approfondimento su Berlino, Potsdam e Königsberg, oggi Kaliningrad.

La parte in cui Berlino e Königsberg parlano me l’ha ispirata un piccolo articolo che spiegava una cartolina propagandistica della Seconda Guerra Mondiale: sulla cartolina un prussiano distruggeva il crocifisso. All’estero l’ateismo (o meglio, il disprezzo di Dio) era visto quasi come una “Via Prussiana” della filosofia (visione dovuta ai molti filosofi tedeschi e prussiani che hanno affermato la non esistenza di Dio –come dimenticare “Dio è morto!”?-) e..er… odio la filosofia e non so proprio spiegare questa cosa. Facciamo che la prendete come un dogma. (ù.ù””)

Quando parla di Dresda, Berlino si riferisce ai bombardamenti subiti dalla città ad opera degli Alleati (qui la cara vecchia paginetta di Wikipedia).

Altro… Ah, sì, nel mio fandom personale (ergo c’è solo nel mio cervello) quando una città subisce uno stravolgimento grande come quello subito da Königsberg essa cambia completamente sia fisicamente che caratterialmente, com’è successo per Königsberg che nella mia mente è passato dall’essere Magnus (occhi azzurri, riccioli candidi, lentiggini e stangone stile fenicottero) all’essere Lev (occhi tra il viola e il rosso, capelli grigi modello porcospino, niente lentiggini e aspetto da bimbo alto un metro e tanta voglia di crescere).

Inoltre è possibile che le altre città finiscano per dimenticare la città preesistente o conservarne vaghi ricordi (qui Berlino ricorda solo vagamente Königsberg).

E poi basta.

Buona notte *sbadiglia*

 

 

Ultima nota: per Königsberg ho scelto il cognome di “von Salza” come Hermann von Salza, quarto maestro dell’Ordine Teutonico e sicuramente il più famoso grazie al suo ruolo di mediatore fra l’Imperatore Federico II e Papa Onorio III.

Per gli altri nomi andate su Wikipedia (._.) ho troppo sonno per spiegarli ùWù

 

   
 
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