La
finestra di Berlino.
Berlino
stava spesso seduto davanti alla finestra.
Ma forse
è meglio rettificare: Berlino passava ogni singolo momento della sua giornata
fermo davanti a quella finestra, buttando su una sedia a rotelle come una
bambola di plastica, coperto dalle bende che andavano cambiate ogni cinque
minuti perché le sue ferite sembravano non volersi mai rimarginare.
Potsdam
vagava qua e là attorno a lui, le braccia sempre cariche di bende sporche e
gocciolanti di sangue.
Vedeva
gli occhi grigi di Berlino fra le bende che gli coprivano il viso, vedeva i
denti sotto le labbra tagliuzzate e un ciuffo di capelli biondi spuntare fuori
dalle bende e sotto tutte queste bende lei non riusciva a vedere Berlino, non
il Berlino dal volto delicato che correva verso di loro quando Königsberg
cadeva da cavallo –e Königsberg cadeva
da cavallo incredibilmente spesso solo per il gusto di vedere Berlino correre
trafelato verso di lui- e si chinava e sorrideva sollevato quando Königsberg
gli diceva che stava bene.
Potsdam
poggiò le bende su un tavolino e camminò verso la porta nella fiocca luce
dell’alba – Devo andare. - sussurrò tormentandosi con le dita una ciocca di
capelli bianchi – Russia mi punirà se resto.
Berlino
non si voltò, ma in effetti Potsdam non si aspettava lo facesse. S’infilò
rapidamente il soprabito e nascose i capelli sotto il cappello, uscendo in
silenzio.
- L’ho
visto.
Königsberg
trotterellò verso di lei con un sorriso estasiato sul viso lentigginoso,
poggiando i gomiti sul tavolino. Potsdam alzò lo sguardo dal proprio libro, stendendo
le labbra sottili in un sorriso – Bello, eh?
-
Bello?- Königsberg rise allegro – Bello è poco! È divino!
- Te
l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto di sicuro. – chiocciò Potsdam ghignando –
È proprio il tuo tipo ideale o mi sbaglio?
- Non ti
sbagli affatto. – l’uomo roteò su se stesso, gettandosi su una poltroncina con
un tonfo alquanto teatrale – È splendido, meraviglioso! Alto, muscoloso,
biondo, con quel viso che- si bloccò coprendosi il viso con le mani – viene
voglia di baciarlo ovunque!
Potsdam
rise divertita – Povero Berlino, che predatore che gli ho messo alle costole.
Königsberg
la guardò sorridendo fra le dita – Non dirmi che tu non ci hai fatto mai
neanche un pensierino, Potsdam.
- Chi,
io?- esclamò sconvolta la donna, rigirandosi fra le dita una ciocca di capelli
– Non mi piace la frutta acerba, lo sai. Ma quando ti sei stufato di lui
passamelo, testerò volentieri i risultati del tuo addestramento.
-
Scordatelo.- disse l’uomo incrociando le braccia al petto – Se riesco a catturarlo
sarà solo mio per i secoli a venire.
Potsdam
rise.
Berlino
sentiva freddo. E non era freddo perché era inverno o perché perdeva litri e
litri di sangue e se non fosse stato una città ma un comune umano sarebbe morto
molto prima.
Era un
freddo localizzato nel suo cuore, qualcosa come una spina sempre conficcata
nella carne che cercava disperata di pulsare attorno a quella ferita.
Era la
spina che s’era infilata nel suo cuore quando aveva visto Dresda riversa a
terra, quando aveva vagato per giorni e giorni nella neve della Russia, quando
era tornato a casa giusto in tempo per vedere il suo stesso cuore distrutto.
Era la
spina che si era ingrandita quando aveva visto Prussia correre tappandosi le
orecchie e prendendo quella cornetta fra le mani aveva sentito la vocina dolce
di Russia e le urla disperate che uscivano da quel telefono.
Ricordava
di aver urlato qualcosa e poi la mano di Germania che lo bloccava e le urla di
Prussia nel corridoio e Russia che rideva e-
Oh, la
ferita sul braccio si era riaperta. Avrebbe dovuto aspettare il tramonto, così
Potsdam sarebbe venuta a cambiargli le bende.
- Mi hai
fatto spaventare.- sbottò irritato osservando l’altro ridere e gettarsi nel
letto con una sorta di saltello. Gli si avvicinò con le braccia incrociate,
fissandolo con quello che era inequivocabilmente un’espressione offesa.
- Oh,
Berlino, insomma, sono solo caduto da cavallo, non sono morto!- esclamò l’altro
ridendo.
Königsberg
lasciò cadere la testa sul cuscino, spargendo i riccioli argentei sulla federa
verde smeraldo. Berlino si sedette sul bordo del letto, passandogli lentamente
una mano sulla guancia – Mi piace. - disse Königsberg voltando il capo verso di
lui.
- Cosa?-
domandò Berlino giocando distrattamente con i suoi capelli.
- Quando
ti preoccupi per me. Quando molli tutto
quello che stai facendo e corri da me. - Königsberg prese la mano di Berlino
nelle sue, socchiudendo gli occhi – Mi fai sentire come se fossi amato.
- Ma io
ti- Berlino si bloccò, fissando gli occhi azzurri di Königsberg nascosi dalle
ciglia candide – ma io ti- abbassò il capo e strinse forte la mano sulle sue,
chinandosi per baciarlo sulla guancia – ma io ti amo davvero, Magnus.
Gli
faceva male la pancia. O era lo stomaco? Non aveva mai capito la differenza.
Solo che
da quando Russia aveva piazzato quel filo spinato che lo attraversava la ferita
che gli passava l’addome non aveva mai smesso di sanguinare. Solo Dio sapeva com’era
possibile, ma probabilmente neanche Dio lo sapeva.
Mosca
sedeva in un angolo della stanza. Poteva vederla sfogliare un giornale con aria
annoiata e di tanto in tanto sistemarsi il cappello di pelo viola (com’era
possibile che esistesse un animale dalla pelliccia viola?) sul capo.
Ogni
tanto Mosca gli parlava. Non sopportava il suo tono vivace e quella parlantina petulante.
Gli
ricordava una persona che parlava allo stesso modo, ma non si ricordava bene
chi.
Quando
cercava di ricordare il cuore gli faceva male e allora doveva pensare a
qualcos’altro.
- Sai
cosa mi piace di te? Cioè, del tuo corpo?- Königsberg si strinse a lui sotto le
coperte, cercando il suo calore nella gelida notte teutonica.
- Cosa?
- La tua
faccia.- Königsberg nascose il viso nell’incavo della sua spalla sorridendo –
Hai il viso delicato e senza ombre dei bambini.
- Che
cosa vuol dire?- domandò Berlino incuriosito carezzando i suoi capelli.
- Che la
tua faccia dice tutto quello che pensi e ti rende deliziosamente palese.
- Ah sì?
E adesso a cosa sto’ pensando?
- Che
sono dolcissimo e che mi ami da impazzire.- chiocciò Königsberg prima di
baciarlo.
Berlino
arrossì: in effetti aveva pensato proprio questo.
Non
potendo muoversi Berlino aveva trovato un mucchio di tempo per pensare. Pensava
anche troppo in verità e tutti i suoi pensieri andavano ad aggiungere dolori là
dove di dolori c’è n’erano già troppi.
Spesso
pensava a Dresda. Lei non gli aveva più parlato da quella notte, ma solo ora ci
faceva caso. Chissà come si era sentita.
Tradita?
Umiliata? Offesa?
Abbandonata?
Avrebbe
voluto chiederglielo, ma ora non riusciva più parlare.
Da
qualche giorno stavano costruendo quello strano muro al centro della città e la
ferita si andava allargando. Aumentava il sangue che perdeva.
Ma in
fondo, più sangue perdeva meno pensava.
- Dio
esiste?
- Non
credo.
- Ma
tutti mi dicono che esiste.
-
Mentono.
Königsberg
si rigirò un filo d’erba fra le labbra, gli occhi fissi sul cielo – Dio è
morto, Heinrich.
- Perché
è morto?
-
L’abbiamo ucciso.
- Io e
te?
- Tutti
noi.
– Ma allora- Berlino si poggiò su un gomito,
voltandosi verso di lui – a cosa dobbiamo credere?
Königsberg
gli passò una mano fra i sottili capelli biondi e sorrise – All’amore- disse –
perché solo l’amore esiste. E solo l’amore può salvarci.
Peccato
che gli uomini fossero capaci di tanto odio. Altrimenti avrebbero potuto
dominare davvero il pianeta. Berlino guardava il muro eretto davanti alla sua
finestra e non si chiedeva cosa Russia volesse nascondere al mondo e in fondo glie
ne fregava ben poco.
Se gli
uomini potessero imparare ad amarsi, si diceva, allora perderebbero il brutto
vizio che hanno di giudicare, di condannare, di uccidere. Basterebbe amarsi e
capirsi.
Lui lo
diceva spesso.
- Hai
tagliato i capelli.
- Anche
tu.
- Ma a
me stanno bene- Berlino si passò una mano fra i corti capelli biondi – tu
sembri una pecorella troppo tosata.
- Ma
sono magnifico lo stesso, no?♥
E magari
–solo magari- se fosse stato dalla parte giusta della cornetta, se Russia non
avesse riso, se Prussia non fosse corso via urlando, se Germania non l’avesse
trattenuto, se Potsdam non avesse pianto, se l’avesse salvato tutto sarebbe
andato diversamente.
Avrebbe
avuto ancora la sua mano calda e il suo sorriso e quegli occhi azzurri e quel
volto lentigginoso e quei capelli ricci troppo corti che gli stavano male e
quella sua voce alta e petulante che gli diceva che lo amava.
Ma come si chiamava quella
persona?
Mosca
gli piazzò quel bambino davanti, così che potesse vederlo.
- Lui-
disse sorridendo – si chiama Lev. Farà parte della nostra famiglia.
Berlino
posò gli occhi su di lui, ritrovandosi a fissare due pozze di un rosso/viola
orribile a vedersi. Cercò il resto del viso, ma lo trovò nascosto da una
sciarpa marrone di pessima fattura.
Chiuse
gli occhi e sentì la piccola mano del bambino poggiarsi sulla sua – Esiste?
- Non
esiste.
Una
lacrima rotolò sulla sua guancia, scomparendo subito fra le bende – E allora a
cosa posso aggrapparmi?
Kaliningrad si scoprì la bocca, andando a poggiare le
labbra sulla pelle ferita della mano di Berlino in un bacio delicato come una
carezza – Continua ad amare solo me.
A.Corner___
Dunque dunque dunque.
Sono
troppo felice di aver finito questa short. Davvero, non voleva mai finire. Una
lotta contro il tempo (oWo).
Dunque,
chi l’ha letta l’avrà capito e chi non l’ha letta lo capirà in queste righe:
questa short è legata a “dimenticarsi
le cose importanti”, short su Königsberg e Prussia pubblicata tempo
addietro.
Dunque,
dovrei lasicare delle note.
Ma la
dolce wiki verrà in mio aiuto: ecco qualche
approfondimento su Berlino, Potsdam e Königsberg,
oggi Kaliningrad.
La parte
in cui Berlino e Königsberg parlano me l’ha ispirata un piccolo articolo che
spiegava una cartolina propagandistica della Seconda Guerra Mondiale: sulla
cartolina un prussiano distruggeva il crocifisso. All’estero l’ateismo (o
meglio, il disprezzo di Dio) era visto quasi come una “Via Prussiana” della
filosofia (visione dovuta ai molti filosofi tedeschi e prussiani che hanno
affermato la non esistenza di Dio –come dimenticare “Dio è morto!”?-) e..er… odio la filosofia e non so proprio spiegare questa
cosa. Facciamo che la prendete come un dogma. (ù.ù””)
Quando
parla di Dresda, Berlino si riferisce ai bombardamenti subiti dalla città ad
opera degli Alleati (qui la cara
vecchia paginetta di Wikipedia).
Altro… Ah, sì, nel mio fandom personale
(ergo c’è solo nel mio cervello) quando una città subisce uno stravolgimento
grande come quello subito da Königsberg essa cambia completamente sia
fisicamente che caratterialmente, com’è successo per Königsberg che nella mia
mente è passato dall’essere Magnus (occhi azzurri, riccioli candidi, lentiggini
e stangone stile fenicottero) all’essere Lev (occhi
tra il viola e il rosso, capelli grigi modello porcospino, niente lentiggini e
aspetto da bimbo alto un metro e tanta voglia di crescere).
Inoltre
è possibile che le altre città finiscano per dimenticare la città preesistente
o conservarne vaghi ricordi (qui Berlino ricorda solo vagamente Königsberg).
E poi
basta.
Buona notte
*sbadiglia*
Ultima
nota: per Königsberg ho scelto il cognome di “von Salza”
come Hermann von Salza, quarto maestro dell’Ordine Teutonico e
sicuramente il più famoso grazie al suo ruolo di mediatore fra l’Imperatore
Federico II e Papa Onorio III.
Per gli
altri nomi andate su Wikipedia (._.) ho troppo sonno
per spiegarli ùWù