Fanfic su artisti musicali > Queen
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Autore: Sweet__Jane    06/09/2010    5 recensioni
Ok, spero che sia uscito qualcosa di buono ma non credo "-.- Questa è stata un po' la mia Odissea, visto che ho riscontrato un po' di difficolta a finirla xD Era da un po' di tempo che avevo voglia di scrivere qualcosa sui miei adorati Queen, quindi abbiate pazienza se non è un granchè. Ovviamente ci sono delle imprecisioni; non ricordavo il periodo in cui Mary andò a vivere a Garden Lodge ma volevo comunque inserirla nella storia, e questo mi sembrava il modo migliore. Anche la storia di come è nata No One But You è fittizia, ma a parer mio è una cosuccia carina, poi giudicate voi :3 Un beso
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“ Back, hurry back, please bring it back home to me because you don’t know what you mean to me…”

 

1991, un piovoso giorno di dicembre. La città è illuminata dalle solite luci natalizie, ma queste manifestazioni di gioia non fanno altro che deprimervi ancora di più. Siete rimasti voi 3, seduti in un pub davanti a una birra e una sigaretta: Brian, Roger, John, i compagni di una vita. Eppure vi sentite così distanti mentre siete seduti a quel tavolo, mentre vi osservate senza pronunciare parola. Brian guarda la pioggia battere fuori dalla finestra, crogiolandosi in quella stanchezza che ormai lo avvolge, che lo rende insensibile dal resto del mondo. Roger non può fare a meno che trovare irritante tale apatia; vorrebbe che il suo amico si togliesse di dosso la coperta che lo copre e lo rende invulnerabile, che finalmente tornasse alla realtà delle cose. John come sempre se ne sta zitto, incapace di trovare le parole adatte. Un sorriso timido e malinconico gli incurva le labbra, addolcendo ancora di più quel viso già tenero di suo. Sa che, almeno per lui, lo show è finito e non ricomincerà mai più. Preferisce rievocare nella sua mente i vent’anni trascorsi, simili a un film piuttosto che alla vita reale. Un film dove non c’è nessun “ happy ending “ alla fine, ma solo un ragazzo ribelle dai lunghi capelli perennemente sporchi e sigaretta accesa che fugge sul primo autobus della Greyhound, voltando le spalle a tutto ciò che esisteva di bello nella sua vita. Roger interrompe il silenzio, con quella che dovrebbe sembrare una risatina ironica, ma che suona più come un singhiozzo affranto.

Una frase, 9 parole, pronunciate in quella che sembra un’eternità:

“ Impossibile pensare che sia capitato proprio a noi, ragazzi “.

 

“Was it all worth it? Living, breathing, rock ‘n roll, this godforsaken life…”

 

E’ proprio questo che non vi riuscite a spiegare. 20 anni passati a sostituire la propria vita con le luci della ribalta, e improvvisamente le luci della ribalta sostituiscono te. Dopo quel 24 Novembre, tutti gli attimi vissuti in precedenza erano stati brutalmente cancellati. Un amico era stato portato via da una stupida malattia. Avevate perso la fede. Tutto sparisce senza lasciare traccia. Le 4 rockstar avevano cessato di esistere. Quella che era una vita passata sul tetto del mondo si era trasformata nel ricordo di qualcun altro, un qualcun altro che ormai apparteneva al passato. Ora, non siete altro che estranei: i Queen vi avevano reso una cosa sola. Adesso che mancava Freddie, cosa sareste diventati? Non eravate pronti per questo momento, non l’avevate messo in conto arrivati a imboccare la strada per le stelle. Non vi accontentavate di volare basso, vi nutrivate dei vostri sogni ed eravate sicuri che la vostra sarebbe stata una vita stupenda. Eravate abituati a vivere sul tetto del mondo, gridando contro il cielo; ora che vi mancava anche la forza per urlare, eravate morti dentro.

Una presa in giro bella e buona, ecco di cosa si trattava. Se c’era una persona che meritava di vivere, quella era certamente Freddie.

 

Cazzo ! “ esclama Roger. Ha esaurito la birra nel boccale e non ha voglia di ordinarne un’altra. Peccato; sembrava il modo migliore per affogare quel maledetto senso di vuoto. John non commenta, regala ai suoi amici uno di quei suoi sorrisi candidi e innocenti, capaci di farti perdere le staffe alle volte, ma che ora si rivelavano, beh, la cosa migliore che potesse fare adesso che le parole non servivano veramente. Il resto di quel pomeriggio piovoso d’inizio dicembre era passato in quello che poteva sembrare un volo di piuma o un’interminabile coda alle poste. Dategli l’interpretazione che preferite, si trattava comunque di una giornata non propriamente facile. Avevate pagato il conto e salutato quello sporco pub pieno di vecchietti bavosi, sempre circondati da una nuvola di fumo. Avevate indossato i vostri impermeabili et voilà, di nuovo catapultati nel meraviglioso mondo pre-natalizio della periferia londinese. Tempo di essere felici su una nuvola, trallalerolàà.

 

“There's no living in my life anymore, the seas have gone dry and the rain stopped falling, please don't you cry any more; can't you see? Listen to the breeze, whisper to me please, don't send me to the path of nevermore…“

 

Era arrivato il momento di fare una cosa. Per ricordare Freddie, per continuarlo a sentirlo sussurrare ovunque il vento soffi, per non smettere di sognarlo nelle notti di quel piovoso dicembre inglese. Vi eravate fermati davanti alla porta verde di quel numero 1 di Garden Lodge, impegnati a leggere messaggi come “Freddie we still love you”, firmati da nomi più o meno impronunciabili, oppure gli innumerevoli “God Save the Queen”. Mary, ormai proprietaria della casa, vi aveva fatto entrare. Era sempre felice di vedervi, e voi la consideravate tutto sommato una buona padrona. Trattava bene i gatti di Freddie e pensava spesso a lui. In quella casa si sentiva dappertutto la sua presenza, in maniera timida e discreta, e sarebbe sempre stato così. Avevate spinto la porta della camera da letto, quella camera dove un Freddie ormai distrutto dalla malattia continuava a ricevervi, sforzando di sorridere soffocando un “Darlings” da un punto remoto sotto le coperte. In quei momenti duri in cui vi accomodavate sul bordo del letto gli parlavate di tutto, di com’era bello il tempo in quei giorni, di tutte le idee che avevate per nuove canzoni, di Roger che si era ossigenato nuovamente i capelli in maniera non proprio lodevole, di come tutto si sarebbe risolto. “Ritorneremo ancora più carichi di prima, vedrai”, dicevate con assoluta sincerità, “ E quegli stronzi del Daily Sun non avranno nulla da scrivere!”

Ne eravate convinti, davvero, e in certi momenti un po’ più felici ci credeva anche Freddie, che presto si sarebbe fatto crescere nuovamente i baffi, avrebbe comprato un nuovo gatto e passato la vita con Jim in quella casa così grande.

Anche adesso vi eravate seduti lì, sul bordo di quel letto che col passare delle settimane avevate imparato a conoscere. Lo avreste sempre ricordato, quel letto; una parte di voi se n’era andata, persa per sempre, ed era rimasta proprio , tra il cuscino e il lenzuolo, quel maledetto 24 novembre.

“E’ l’ora”, disse Brian in un sussurro. Estrasse una chitarra dalla custodia che teneva sulle spalle, e accennò i primi accordi di una canzone. “A hand above the water, an angel reaching for the sky… is it raining in heaven, do you want us to cry?”, le parole buttate giù in quell’attimo, la melodia non ancora definita, ma andava bene così. Chissà dove le aveva tirate fuori Brian quelle parole. Forse da un sogno, magari dalla faccia di un passante, ma l’importante è che ora sapeva finalmente cosa doveva fare. Un giorno quella canzone sarebbe diventata No One But You, e un altro giorno ancora i Queen si sarebbero riformati e John avrebbe dato le dimissioni; questa comunque è un’altra storia, un punto vago a cui ancora non pensavano, in quell’attimo sospeso tra realtà e una di quelle cazzate esoteriche che però, porca vacca, c’incastravano alla perfezione.  

Roger e John ascoltavano assorti, persi nella magia di quel momento. Una volta preso il ritmo, azzardarono timidi qualche parola. In mezzo a quel concerto improvvisato di voci spezzate e speranze repesse, si poteva sentire anche lui, Freddie, canticchiare qualcosa raggomitolato sotto le coperte, sottoforma di un sogno. Loro non se ne accorgevano, ma sarebbe stato sempre lì, a cantare con i suoi amici sul bordo del letto.

  
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