Premessa: Ho preferito suddividere in capitoli quella che doveva essere una one-shot. L'unico problema? Che la one-shot sarebbe stata troppo lunga, ma adesso sono i capitoli ad essere troppo corti. A parte questo piccolo particolare...
Pairing: Anna/Antonio
Contesto: sapete che non lo so? Forse a metà della prima serie.
Finché
si è in vita c'è sempre tempo per pensare al
futuro.
C'è
sempre la speranza di concludere un discorso
iniziato, una litigata in sospeso, un abbraccio durato troppo poco, una
parola
rimasta impigliata tra la gola e i denti, un sogno interrotto.
Caro Antonio,
e se quando troverò il coraggio di dirti che mi manchi,
ormai sarà troppo
tardi?
Tutti
hanno questo genere di coraggio, su di un
pezzo di carta. Quando poi è il momento di sputare in faccia
i propri
sentimenti, non ci sono discorsi preparati che tengano, non ci sono
frasi che
alludano a qualcosa di più, non ci sono sguardi rivelatori a
rendere tutto più
facile. C'è solo lui, davanti a te, l'espressione seria,
magari infastidita
dalla tua inopportuna vicinanza.
Sì,
c'è solo lui.
Lui
che pensa a un'altra, o a tutto fuor che te,
inutile ballerina nelle grinfie di un burattinaio incompetente.
E se morirò
senza poterti ricordare quanto ti ho amato?
Patetico,
il tuo tono melodrammatico.
Era
quasi un ricatto, un porsi di fronte ad un certo
rimorso. Così mai saprai se era vero sentimento o solo
compassione nei
confronti di una povera malata d'amore.
Stropicci
l'ennesimo foglio di carta che getti sul
mucchio degli altri, ricchi di frasi scomposte, parole in
libertà, pensieri
troppo tristi per essere tenuti dentro.
E se ti
chiedessero di esprimere un ultimo desiderio? Torneresti da me?
Abbracceresti
il tuo primo vero amore e moriresti insieme a lei?
Ma
che discorsi!
Non
stai per morire.
E
nemmeno lui.
E
forse, chissà, non eri nemmeno il suo primo vero
amore.
Dovresti
smetterla di cadere nella trappola del
pessimismo, l'amico che ti accompagnava nei giorni stanchi.
E
quello che tra qualche ora sarebbe sceso era uno
di quelli.
Ma
anche ieri.
E
domani.
In
una giostra continua di monotonia.
“Mamma”
non ti eri accorta che qualcuno avesse
aperto la porta: ora i tuoi pensieri offuscavano anche le percezioni
sensoriali.
Se
non ti conoscessi diresti di aver bisogno di un
medico.
Ma
di uno bravo.
E
bello.
E
che ti curasse come volevi tu.
No,
Anna, respira.
È
indelicato e perverso passeggiare tra questi
pensieri quando un’Emilia dal faccino preoccupato sostava
sull’uscio della
porta.
“Dimmi
amore” te ne esci poi.
“Venite
a cavalcare con me?”
“Lo
sai che non so fare” almeno potevi vantare
questa scusa.
“Sì
che sapete fare... basta solo che riprendiate un
po’ la mano. Ad andare a cavallo non ci si dimentica
mai.”
Antonio.
Forse
una cosa simile te l'aveva detta anche lui.
“Vai,
ti raggiungo.”
Sorridente
ed eccitata, Emilia corre via.
Il che significava avere suppergiù cinque minuti per comporre qualcosa che somigliasse ad una lettera.