Sono di nuovo qua!
Ritorno di
nuovo con una shot, davvero molto molto importante.
Ancora.
Sì, come
l’anno scorso l’estate mi ha portato un po’ di ispirazione e anche questa è
stata scritta ad Agosto, dopo una serie di episodi che mi hanno dato lo spunto
per scrivere la storia.
E’ molto semplice, i protagonisti sono due migliori
amici, Joe e Savannah, che dopo anni di silenzi e parole non dette, si ritrovano
a fare i conti con i proprio sentimenti.
Spero che vi piaccia!
Vi prego, davvero, fatemi sapere la vostra opinione, e se
vi piace, fate anche un salto alla long che ho scritto con due mie amiche (
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=563705&i=1
).
Vorrei che mi facesse arrivare la vostra voce, perché è davvero davvero
importante per noi.
Vi
aspetto!
Un bacione forte a tutte,
Letizia.
Last
Spring
-
Acquiesce
I
don't know what it is
That makes me feel alive
I don't know how to wake
The things that sleep inside
I only wanna see the light
That shines
behind your eyes
Savannah aspettava il taxi
impazientemente.
Sapeva che sarebbe arrivato solo tra cinque minuti, ma non
riusciva comunque a calmarsi.
Già quella mattinata di lavoro era stata
stressante, ci mancava solo il taxi che aveva prenotato così tardi.
Questo
perché aveva mangiato di corsa per fare prima, altrimenti non dovrebbe aspettare
nessun taxi.
Sarebbe uscita dal locale e lo avrebbe trovato lì ad
aspettarla.
Invece no.
Pazienza.
Ma dopotutto, era per una giusta
causa.
Non vedeva Joe da quattro mesi, e gli mancava terribilmente.
La
lontananza che li separava li uccideva, ma entrambi sapevano che non si
sarebbero mai persi, nonostante tutto.
La loro non era una di quelle amicizie
storiche, che vanno avanti da una vita, che poi, finito il liceo si chiudono nel
cassetto dei ricordi, no, la loro amicizia era nata il secondo anno di liceo,
durante un viaggio d’istruzione.
Sembrava tutto così strano
all’inizio.
Savannah e Joseph si erano conosciuti perché lui voleva conoscere
la sua migliore amica, ma in un ambito come quello di una gita scolastica,
sarebbe stato troppo poco delicato farsi avanti, così lui pensò di interpellare
prima l’amica.
Da lì, nacque un legame speciale, fatto di intese di sguardi,
di piccole tenerezze, di grandi attenzioni.
Forse, dopo aver conosciuto
Savannah, Joe si era completamente scordato di essere interessato ad Ella.
E’
che lei aveva qualcosa in più rispetto alle altre, qualcosa che nessuno avrebbe
mai avuto.
Ma loro amicizia, ancora doveva nascere, quando Joe , ormai sulla
via del successo, si era dovuto trasferire, lasciando lì Savannah, incapace
ancora di capire.
Nessuno di loro aveva mai ammesso che ci fosse qualcosa in
più, perché temevano che anche la loro amicizia potesse perdersi, così,
preferirono lasciare tutto così com’era.
Gli ultimi tre anni di liceo per
Savannah, passarono in fretta, il tempo sembrava essersi messo dalla sua
parte.
Joe andava a trovarla a Wyckoff appena poteva, e anche lei, molte
volte, aveva portato con sé la sorella minore per piccoli soggiorni a Los
Angeles.
Il loro rapporto non era mai cambiato, anzi, crescendo, era
diventato anche più solido.
Non erano di quelle persone morbose e insistenti,
che si scambiavano messaggi o telefonate in continuazione; a loro bastava
sentirsi una volta a settimana, scambiarsi qualche messaggio o email, giusto per
raccontarsi le novità, giusto per sapere che stessero bene.
Parecchio volte
però, Savannah aveva sentito Joe distante, quasi come se lui si fosse stancato,
quasi come se non ne volesse più sapere di lei.
Quando invece, era tutto il
contrario.
Ormai, erano diventati professionisti nelle distanze, non si
facevano problemi a mettersi su un aereo, un pullman, un treno, anche solo per
vedersi qualche ora.
Alcuni, garantivano che fossero fidanzati, altri
pensavano che volessero sposarsi.
Tutte assurdità, di certo.
Forse perché
Savannah e Joe, agli occhi altrui, risultavano così perfetti insieme, che
pensare che fossero fidanzati, era una cosa più che naturale.
Dopotutto, lo
erano davvero.
Avevano bisogno l’uno dell’altra per conoscersi meglio, per
scoprire lati nascosti del proprio carattere, per capire cosa dormisse nelle
loro anime.
Savannah credeva profondamente nella loro amicizia, e mai, per
niente al mondo, l’avrebbe lasciata andare.
Nonostante sapesse perfettamente
di esserne innamorata.
Ma mai, avrebbe lasciato che qualcosa distruggesse il
loro legame.
Così, in quel caldo pomeriggio di metà Maggio, Joe chiamò
Savannah, dicendole che si trovava a New York per un paio di giorni di
riposo.
Lei accettò subito.
Venire a vivere a New York era sempre stato il
suo sogno, e ci era riuscita non appena finita l’università, quando pubblicò il
suo prima romanzo “L’ultima primavera”, ispirato proprio alla sua
storia.
Decise di intitolarlo in quel modo perché quando si conobbero, e
quando si lasciarono, era proprio primavera.
Quando Savannah pubblicò il
libro, Joseph la guardava orgoglioso dalla prima fila.
Ora, lei stava
pubblicando il suo terzo romanzo, “Acquiescenza”, che trattava una tormentata e
abbastanza strana storia d’amore tra due giovani.
Aveva la prima copia nella
borsa, e trepidava per farla vedere a Joe.
Scese in un soffio dal taxi, e
raggiunse il bar dove, già lui la stava aspettando.
Non me la ricordavo così bella.
Pensò
il giovane appena la vide.
Ed era la verità: aveva tagliato i capelli castani
all’altezza delle spalle, ed ora li teneva legati in una elegante mezza coda;
era vestita con un vestito blu semplice, adornato da una collana bianca intonata
agli orecchini.
Quelli che non erano assolutamente cambiati, erano i suoi
occhi, due pozze d’ambra profondissime.
Joe quasi ne rimase folgorato.
Non
aveva mai mentito a sé stesso, ne era sempre stato pazzamente innamorato, ed
anche se scostava sempre quel pensiero, era impossibile negarlo.
Savannah era
l’unica persona importante della sua vita.
Dopo il trasferimento, non era
riuscito mai ad avere una relazione continua con qualche donna, perché tutte,
erano un ripiego abbozzato per cercare di non pensare a lei.
Non aveva mai
provato a dimenticarla perché era impossibile, andava contro la sua
natura.
Completamente.
Aveva bisogno di lei, come si ha bisogno di
respirare, perché grazie a lei riusciva a vivere.
Ecco perché non aveva mai
perso occasione per correre da lei o per farla venire a Los Angeles.
Perché
Joseph senza Savannah era niente.
Assolutamente niente.
<< Joe!
>> esclamò lei andandogli in contro.
<< Sanny! >> fece lui,
alzandosi dal tavolo e sorridendole felice.
La giovane donna chiuse alle sue
spalle la porta del locale e raggiunse Joe di corsa.
Si abbracciarono forte,
cercando di comunicarsi silenziosamente tutte le emozioni e le parole non dette
che avevano dentro.
Non avevano più quindici anni, e sembrava sempre così
difficile dirsi cose importanti, perché poi, sapevano quanto avrebbero gravato
sulle proprie teste confessioni o verità come quelle che nascondevano nei propri
cuori.
Ma c’era una cosa che entrambi non sapevano: ognuno era in grado di
conoscere i segreti più profondi e inconfessabili anche solo con uno
sguardo.
Ecco perché sia Savannah, sia Joseph, sapevano di amarsi.
E non
riuscivano assolutamente a capire perché non avessero la forza di
farlo.
<< Smettila di diventare così bella, dannazione >> disse
Joe, facendola accomodare di fronte a sé.
<< E tu smettila di farti
così affascinante davanti le telecamere >> rispose lei di
rimando.
<< E’ l’immagine! >> si difese lui allargando le
braccia.
<< Tutte scuse le tue.. >> fece lei indifferente,
prendendo in mano il menù.
Lo scrutò con attenzione, ma poi Joe la interruppe
improvvisamente << Un caffè lungo italiano e una.. >>
<<
Ciambella semplice >>aggiunse Savannah, sovrapponendo la propria voce a
quella di Joe << Si esatto >>
Entrambi rimasero in silenzio, a
fissarsi, come se fossero in contemplazione.
Non riuscivano a capire cosa
stesse succedendo.
Se era vero che erano sempre stati innamorati, perché
stava venendo fuori solo ora?
Perché proprio adesso, bastava uno sguardo per
sentirsi così maledettamente male?
Perché le altre volte, quella sensazione
allo stomaco la sentivano solo in lontananza?
Perché Savannah tremava solo
ora, e non lo fece quando Joe le dedicò una canzone?
Perché Joe era costretto
ad abbassare lo sguardo solo ora, e non quando lei era andata da lui fino a
Londra?
Dopo aver ordinato, i due giovani, iniziarono a scambiarsi qualche
informazione sulle proprie carriere, come procedessero i rispettivi
lavori.
<< Quindi, il tuo prossimo romanzo sarà disponibile nel
prossimo fine settimana.. Bene, dovrò correre a comprarlo prima che finisca
>> affermò Joe, pulendosi la bocca, sporca di zucchero.
<< Non
esattamente >> rettificò Savannah.
Prese la sua borsa, ed estrasse la
prima copia pubblicata, riservata all’autore.
Joe strabuzzò gli occhi,
sorpreso quanto colpito dal gesto dell’amica.
Aveva sempre comprato i libri
di Savannah, nonostante lei insistesse col dargliene una copia.
Questa volta
però, lei lo aveva anticipato, lasciando Joe completamente
spiazzato.
<< Ma, ma.. Non posso prenderlo >> disse.
Savannah
rise << Assolutamente no! Prendilo! Mi auguro tu stia scherzando!
>>
Anche Joe rise, scuotendo il capo << C’è poco da fare, lo so
già, è inutile contraddirti >>
Lei schioccò le dita <<
Eh si, ormai con gli anni lo hai capito >> sospirò.
Sembrava passata
un’eternità da quando due semplici amici, uscivano da scuola per pranzare
insieme e poi studiare in biblioteca fino a tardi.
Se non avevano pochi
compiti, potevano farsi un giro in città, altrimenti, dovevano tornare a casa
poiché quando entrambi finivano, fuori stava già diventando buio.
Oppure,
quando due volte alla settimana, Joe accompagnava Savannah al laboratorio
editoriale, e lei, invece, seguiva costantemente le prove della sua band.
Non
era passato tanto, solo dieci anni.
Dieci anni di parole non dette, di gesti
tenuti nel cuore.
Entrambi, adesso, a venticinque anni, si trovarono a
chiedersi quando e se mai, si sarebbero detti la verità.
<< Piuttosto,
voglio sapere, Nick come sta? >> domandò poi Savannah.
<< Bene,
molto bene! E’ molto impegnato con l’allestimento dello spettacolo, ma sta bene
>>
<< E con Liz? >>
Joe rise << Dopo sei anni di
fidanzamento, hanno deciso di sposarsi il prossimo Dicembre. So che non dovrei
dirlo, ma tu sei tu, e ad ogni modo, o lui o lei te l’avrebbero detto, anche
perché.. >>
Si fermò, ghignando tra sé e sé.
<< Anche perché
..? >> lo incitò lei curiosa.
<< Potresti fare da damigella o
secondo testimone di Nick >> disse, tutto d’un fiato.
Savannah spalancò
la bocca, completamente scioccata.
Joe le porse la mano, e lei la strinse
forte.
In quel momento, entrambi si sentirono percorrere da un
brivido.
<< E’.. Meraviglioso >> convenne lei, provando a
sorridere.
Ma ormai, c’era già dell’altro, e i loro occhi, se lo stavano
dicendo.
Perché ci sono tante cose che vorrebbero dirsi, ma come, come?
Se
per ogni parola c’è un abisso di silenzi, come può essere vera, alla fine di
tutto, la verità?
Ma non potevano rimanere lì dov’erano solo per paura di
perdersi, perché non sarebbe mai successo.
L’uno aveva bisogno dell’altra, e
viceversa.
Non erano niente da soli, mentre insieme erano tutto.
Erano
ogni cosa: sole, pioggia, amore, dolore, allegria, tristezza.
Eppure, se solo
si fossero detti prima ciò che provavano, forse ora non dovrebbero temere di
scoppiare, e mandare all’aria tutto.
Forse ora vivrebbero insieme la loro
vita già da un pezzo.
Forse il loro amore avrebbe già fatto invidia al mondo,
tanto era grande e forte.
<< Sono troppo contenta.. >> aggiunse
poi, commossa.
Joe le sorrise teneramente, senza lasciare la sua mano
<< Anche io lo sono, e non sai neanche quanto >>
Quell’ultima
frase, lasciò leggermente interdetta Savannah, che lo guardò stranita, ma senza
dire o fare niente.
Sembrava che li dividesse una distanza oceanica, quando
invece, in mezzo al loro c’era solamente la ciotolina con lo zucchero in bustine
e il porta fazzoletti.
I loro visi erano ad una spanna di distanza, forse
troppo vicini.
<< Allora, che ne dici se ti porto a fare un giro?
>> propose il giovane allegramente.
<< Questa cosa non te la
dovrei dire io, che vivo qui da sette anni? >> ribattè Savannah
ridendo.
Lui fece spallucce, aiutandola ad alzarsi << Fa lo stesso
>>
La giovane annuì, lasciando che Joe la conducesse fuori dal bar,
diretti alla macchina di lui, parcheggiata non distante da lì.
Savannah non
ricordava più l’ultimo volta in cui era salita nell’auto di Joe, sembrava fosse
passata un’eternità.
La ritrovò così com’era sempre stata, piena delle sue
cose sparse ovunque, dai giornali alle felpe, dalle cianfrusaglie al kit di
pronto soccorso.
<< Vedo che il tuo disordine non è migliorato >>
puntualizzò lei scuotendo il capo.
<< Neanche un po’ >> esclamò
lui, mettendo in moto.
<< Allora, dov’è che mi porti? >> domandò
lei, controllando la sua retromarcia.
<< Dov’è che vorresti andare?
>> fece poi Joe, guardandola.
E in quell’istante, gli occhi di
Savannah, si illuminarono.
Un’immagine, precisa e nitida le si focalizzò di
colpo.
Sapeva perfettamente dove andare.
Guardò Joe furba, poi gli disse
<< Quanto tempo hai? >>
Joe aggrottò le sopracciglia, non capendo
dove lei volesse arrivare << In che senso? >>
Savannah rise
<< Quando vai via? >>
<< Tra tre giorni >> rispose
semplicemente.
<< Voglio andare Wyckoff, Joe >>
Il giovane
strabuzzò la vista, per accertarsi di non sognare << Sav.. Cosa diamine
stai dicendo? >>
Lei annuì imperterrita << Non lo so, non capisco
niente.. Ma portarmi
lì >>
Because
we need each other
We believe in one another
And I know we're going to
uncover
What's sleepin' in our soul
Because we need each other
We
believe in one another
(And) I know we're going to uncover
What's
sleepin' in our soul
(Oasis – Acquiesce)
Non seppe neanche per quale
assurdo motivo, allineamento di pianeti, particolare condizione atmosferica,
accettò di portare Savannah a Wyckoff.
Sapeva che era una follia, ma
dopotutto, non gli importava così tanto.
Mancava lì da almeno un anno, e
sentiva la mancanza di quel posto.
Così, dopo diverse ore in auto, a causa del traffico e delle diverse soste che fecero,
raggiunsero Wyckoff in piena notte.
Savannah scese dall’auto dopo aver
dormito per le ultime due ore di viaggio.
Non si era mai sentita tanto
stonata in tutta la sua vita: la schiena si era irrigidita tutta, e aveva sul
collo i segni della cintura di sicurezza che aveva lasciato leggermente
stretta.
Ma non si pentì neanche un minuto dell’idea che aveva avuto.
Si
trovavano lì, nel posto che li aveva visti nascere, crescere, diventare
qualcuno.
Quasi le venne da piangere.
Joe, istintivamente le sorrise,
cingendo le sue spalle con un braccio << Fa un certo effetto
>>
Lei annuì, guardando quell’enorme edificio che aveva di fronte a
sé.
Il loro liceo non gli era mai sembrato così smorto e arido.
Erano le
due di notte, ma lì, in quei corridoi, c’era sempre stata così tanta vita, che
sembrava incredibile adesso, vederlo in quel modo.
Non era poi cambiato tanto
dall’ultima volta che lo videro: aveva ancora quel colore scolorito che, essendo
scrostato in alcuni punti, lasciava intravedere qualche mattoncino rosso;
all’insegna mancava ancora il simbolo della contea e ancora era possibile
intravedere i segni di un vecchio graffito.
<< E’ passato tanto tempo..
>> mormorò Savannah con le lacrime agli occhi.
Non riusciva ancora a
realizzare di trovarsi lì, in quell’oceano di ricordi, dove tutto, le ricordava
qualcosa.
Si separò da Joe, e poi iniziò a percorrere l’ingresso a piccoli
passi.
Ricordava di quando, una volta, essendo in grande ritardo, iniziò a
correre per quel vialetto a perdifiato, noncurante degli studenti a cui aveva
già urtato.
Alla fine, dopo essere inciampata nei propri piedi, fu aiutata da
Joe, che aveva assistito a tutta la scena dal portone principale, ridendo come
un idiota.
Raggiunse le scalette che tante volte l’avevano ospitata durante
gli intervalli per le ripetizioni dell’ultimo minuto, e guardò subito verso
sinistra, dove ancora si erigeva quella enorme quercia dove amava ripararsi
nella calde giornate primaverili e d’inizio estate.
Sembrava fosse passata
una vita intera.
Come era cambiata dai tempi dell’università, quante cose
aveva lasciato, quante cose aveva portato con sé.
Quanti ricordi erano
rimasti chiusi in quei luoghi, quante emozioni le erano rimaste nel cuore.
E
come in una fotografia, arricchita dai particolari, ma sbiadita dal tempo, le
sembrava di rivivere tutto, di non essere mai cresciuta.
Le sembrava di avere
ancora quindici anni, alla ricerca di sé stessa, del suo posto nel mondo.
Ora
che ne aveva venticinque, lo sapeva benissimo chi era, ma aveva paura di
perdersi.
Guardò verso Joe.
E capì che forse, non sarebbe mai
successo.
<< Perché sei voluta venire qui? >> le domandò,
sedendosi di fianco a lei.
Savannah fece spallucce, scuotendo il capo
<< Non lo so.. Ma solo tu, potevi portarmi qui? >>
Joe la guardò
negli occhi, terribilmente sinceri e profondi.
Si ritrovò senza parole, come
sempre, come allora.
Anche per lui quel liceo aveva significato tanto, e ad
ogni posto, era legato un ricordo, un’ immagine.
Tutte con Savannah, quella
giovane che gli aveva colorato la vita così tanto da cambiargliela
completamente.
E ancora sorrise, perché quando era con lei, ogni cosa era
speciale.
E sembrava che il tempo non fosse mai trascorso, che fosse rimasto
sempre lì.
A pensarci, neanche le piaceva all’inizio, Savannah.
Quando la
vide la prima volta, non provò niente di che, le era semplicemente
simpatica.
Ma ora, era diverso.
Ora, poteva solo guardarla negli occhi,
pensare a quello che avevano avuto, a quello che gli era successo, e non poteva
non poteva non ringraziarla.
<< Sono contento, Savannah, sono contento
>> disse Joe, preso dall’istinto.
Lei lo guardò stranita, non capendo
<< Cosa intendi? >>
Lui si alzò, mettendosi di fronte a lei
<< La verità, è che non lo neanche io >>
<< Ma hai detto
che sei contento, contento per cosa? >> ribattè Savannah.
<< Sav,
ancora non capisci perché? >> domandò Joe, facendola sembrare una cosa
ovvia.
<< Non ti seguo, scusami >> fece la ragazza, scuotendo il
capo.
Lui rise, alzando gli occhi al cielo << Avanti, pensaci, perché
ci troviamo realmente qui? Perché sei voluta qui? Perché io ho acconsentito
senza dire nulla? >>
Perché le parlava così?
Forse perché non
sopportava più quel silenzio in fondo al cuore.
Forse voleva solo sapere cosa
dormisse nella sua anima.
Forse voleva vedere la luce che brillava dietro gli
occhi di Savannah.
Anche la giovane si alzò, rimanendo di fronte a Joe
<< Beh.. Ci troviamo qui perché ti ho chiesto di venire, sono voluta
venire perché avevo nostalgia e tu.. Perché hai acconsentito senza dire niente?
>>
Perché voleva saperlo?
Forse perché non ne poteva più di
conservare quel segreto.
Forse perché voleva solo sapere cosa dormisse nella
sua anima.
Forse voleva vedere la luce che brillava dietro gli occhi di Joe.
<< Perché.. Perché? >> continuò a dire lui, senza venirne a
capo.
Dopotutto, l’unica soluzione era quella di dirsi tutto, mettere fine al
silenzio con delle semplici parole.
Nessuno dei due sarebbe come sarebbe
andata, ma non l’avrebbero mai saputo se avessero continuato a restare bloccati
nelle loro paure.
Perché la paura alla fine, non esiste.
E per loro, che
sarebbero rimasti insieme comunque, c’era solo in mezzo la sensazione del tutto
insensata di perdere quello che avevano.
Ma non sarebbe stato possibile, se
si amavano così tanto.
E anche se fosse?
Quante persone vanno e vengono
dalle nostre vite, ed era vero che ogni volta, se qualcuno se ne andava si
soffriva tanto.
Ma quante altre volte ancora avremmo sentito bussare alla
nostra porta, e ricominciare.
Solo perché si perde, non significa che si è
perduti.
Solo perché siamo feriti, non significa che stiamo ferendo.
E
quante altre volte ancora, avremo paura, per poi accorgerci che non era
niente.
Allora, stare in silenzio sarebbe stato peggio, perché il silenzio
opprime, soffoca.
Non ti da respiro, tregua.
<< .. Joe.. >>
disse Savannah, mentre si gettava sul suo petto.
Aveva bisogno di sentire
battere il suo cuore, aveva bisogno di sentire il suo respiro.
E ricordarsi
che lui c’era sempre stato.
<< Vorrei solo che tu sapessi quanto tu sei
per me, quanto standomi affianco, hai reso la mia esistenza più mia di quanto
potessi fare da solo >> le sussurrò lui, con il cuore in mano.
La luna
piena dava al viso di Savannah un bagliore diverso, e gli sembrava che mai
sarebbe stata sua.
Completamente.
Il tempo non era mai passato, era
rimasto lì ad aspettarli, perché non avrebbe mai permesso che due come loro si
perdessero.
Ed ora lì, dovevano capire quanto si appartenessero.
Già da
tempo ormai.
E il tempo passa, veloce come la luce.
E’ come un treno, che
passa, ma se lo perdi, chissà quanto ripassa.
Ma ora, era giunta la loro
fermata.
Anche se non sapevano se sarebbero saliti a bordo.
Ma perché no?
Savannah iniziò a
tremare, ricacciò con violenza le lacrime dagli occhi e si impose di non
piangere nonostante quelle parole le pungessero forte il cuore.
<< Come
posso non ringraziarti per la forza, la tenerezza, quello che mi hai donato in
questi anni? E non è merito mio, Joe >> disse sorridendo.
Lui la guardò
felice << E di chi è il merito? >>
<< Cavolo Joe! Vai piano! Ho paura!
>> sbraitò Savannah, seduta al posto dietro la bicicletta di
Joe.
<< Non ti lamentare! Siamo quasi arrivati ormai! >> ribattè
il ragazzo con una risata << Piuttosto, aiutami con i piedi, sennò la
salita non la faremo mai >>
Lei non rispose, iniziò a strisciare i
piedi, dando slancio alla bicicletta per superare la salita.
Si trovavano
nella casa in montagna del giovane, durante la loro prima estate
insieme.
Savannah era andato a trovarlo per una settimana, per poi ripartire
per la Florida.
L’idea di prendere la bici era stata di Joe, e lei accettò,
non sapendo però che le altre due disponibili, erano già state prese dai
fratelli di lui poco prima.
Così, per raggiungerli, avevano dovuto prendere
la vecchia bicicletta di Denise a due posti, e farsi tutta la strada in quel
modo.
Ma nessuno dei due era preoccupato, dopotutto, erano una bella
squadra.
Anzi ottima.
Quando arrivarono fin sopra la salita, dove si
estendeva un enorme piazzola con un belvedere, Joe levò un urlo di
soddisfazione.
<< Batti cinque sorella, sono un grande >> le
disse ridendo.
<< Vacci piano coccodè, è tutto merito mio! >>
ribattè Savannah contrariata.
Joe sbuffò << Facciamo fifty – fifty?
>>
<< E’ merito di entrambi, dopotutto >>
<<
E’ merito nostro Joe, tuo e mio
>> rispose Savannah semplicemente.
Lui sorrise, annuendo.
Poi
avvicinò i loro visi, e si trovarono così vicini che Joe potè vedere quanto
quella ragazza fosse dannatamente bella e ormai, così vicina.
Le cinse i
fianchi dolcemente, e poi, con un gesto che partì da entrambi, iniziarono a
baciarsi.
Fu tutto molto spontaneo e lento, quasi come se volessero godersi
quel momento in maniera così profonda, da non lasciarlo neanche per un attimo
sospeso nel tempo.
Avevano aspettato tanto.
Ne avevano così
bisogno.
Dopo un po’ di secondi si separarono, senza allontanare però, i loro
visi.
Rimasero così, ancora in silenzio.
Ma ormai, non era più come
prima.
Non sentivano più quell’abisso, quella pesantezza che ingombrava i
loro cuori.
Ogni cosa, sembrava essere cambiata.
Non sarebbero andati da
nessuna parte, si sarebbero aspettati.
Perché non avevano niente da
perdere.
<< .. e vorrei che tu sapessi che tutto quello che ho dentro è
solo una inutile cosa.. Che vorrei dirti, ma non so come >> continuò Joe,
mentre seguiva con un dito il profilo di Savannah, disegnando le sue
labbra.
La baciò di nuovo.
<< Provaci >> mormorò lei
sorridendo.
Fu in quel momento che entrambi capirono che dovevano
farlo.
Era inutile continuare a reprimere quei sentimenti.
Era passato
troppo tempo, si sarebbero soltanto uccisi.
Lui le prese le mani, portandole
sul proprio petto << Sono dieci anni ormai che ti conosco, e mai nella mia
vita ho incontrato una persona come te. Ci ho provato, ma niente, tu eri sempre
lì, ad occupare ogni mio pensiero. Per questo ho capito che ti amavo, e che non
avrei mai smesso. Non voglio essere troppo sdolcinato, non ci riesco, ma è la
verità, e vorrei che tu, mi possa capire se ti sto dicendo queste cose, ma non
ce la faccio più >>
Finì il suo discorso sospirando.
Savannah si
morse un labbro, impedendo ai suoi occhi di far scorrere lacrime, alla sua bocca
di emettere singhiozzi.
Joe glielo stava dicendo, l’amava, sì
dannazione!
Certo che l’amava!
<< Joe la verità è che io senza di te
non posso stare. Lo so che è una cosa banale e idiota ma è così. E non te l’ho
mai detto perché non ce la facevo.. E non posso più tenermele dentro. Ho bisogno
di dirti che ti amo, e spero tu possa capirmi, se ti sto dicendo queste cose, ma
non ce la faccio più >> disse, ripetendo le stesse parole del
giovane.
Un leggero venticello primaverile, mosse i capelli di Savannah
scompigliandoglieli leggermente.
Di sfondo, l’antico portone del loro liceo,
circondato da alcuni ghirigori in pietra che lo adornavano tutto.
Non erano
mai cresciuti, avevano sempre avuto quindici anni, erano sempre stati insieme,
anche quando non lo sapevano, anche quando erano distanti.
Una vecchia
musica, giunse alle loro orecchie, come se si fosse aperta una scatola del
passato, piena di ricordi, emozioni, attimi.
Era buio, ma non per le loro
anime, non per i loro occhi.
Ormai avevano risvegliato ciò che dormiva nelle
loro anime, dando spazio a nuove sensazioni.
Sarebbe stato tutto diverso, e
avrebbero ricominciato, insieme.
Non ci sarebbe stato più il tempo di andare
via e così, rendere le cose più complicate.
<< Ma come faremo? La
lontananza, io.. >> fece per dire Savannah, ma Joe la bloccò.
Lui
sorrise, portandole una ciocca di capelli dietro le orecchie << Io
resterò, e ti prego di credermi, non desidero altro >>
Questa volta fu
lei a sporgersi verso Joe per baciarlo delicatamente.
Il cinguettio di un
uccellino li spaventò, facendoli prima separare, poi ridere.
<< Lo
senti? E’ primavera >> fece Joseph, stringendo forte Savannah.
<<
L’ultima? >> domandò lei, chiudendo gli occhi.
<< Forse la prima
>> rispose lui, con un sorriso.
Non era più il tempo di salutarsi, per dirsi
“a presto”, ma era solo arrivata l’ora di vivere
insieme.