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Autore: Hikary    08/09/2010    2 recensioni
Antologia delle coppie non canon, coppie per cui non tifo e che prego ogni giorno per non vedere MAI.
Perché scriverne?
Just for fun, of course. E vagamente per punizione XD
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ehm, a costo di sembrare monotona, a Soarez.

Anzi, mettiamola così: é colpa suaaa xD

( Jisbon, perdonatemi).


Where you lead, I will follow you.




« Kimball Cho. »


Quando sollevò lo sguardo dal fascicolo su cui aveva appena letto il nome, Lisbon rimase interdetta: ad alzarsi era stato un uomo che non aveva neppure notato, fino ad un attimo prima, così silenzioso ed impassibile da passare del tutto inosservato nella sala d'aspetto dove si trovavano i candidati.

Affrettatasi a far sparire quell'espressione stralunata, sorrise nella maniera più convincente che le riuscì e tese una mano al suo nuovo collaboratore.


« Teresa Lisbon, felice di conoscerla agente Cho. »


L'uomo fece un piccolo cenno col capo e le strinse la mano, senza emettere alcun suono. Lisbon si costrinse a mantenere la sua espressione cordiale, mentre un vago desiderio di stampare il calcio della propria pistola su quel viso imperturbabile le attraversava lo stomaco.

Come accidenti si permetteva?!

Lei era giovane, d'accordo, e si trattava del suo primo incarico come capo di un'unità, ma una simile freddezza – per non dire snobbismo – la irritava parecchio.


« Questa sarà la sua scrivania » altro cenno del capo; di sicuro respirava dal naso, quell'uomo, perché la bocca pareva sugillata « e lì c'è quella del suo collega. Arriverà domani in mattinata. »


Si fermò a pochi passi dalla scrivania, braccia conserte, mentre l'agente Cho esaminava il suo nuovo spazio lavorativo.


« E comunque » aggiunse prima di lasciarlo solo, con il tono più sgarbato che poté « temo che l'agente Rigsby non le piacerà affatto. Capita che parli e qualche volta sorride perfino! »


Kimball Cho osservò con la coda dell'occhio la giovane detective allonanarsi con un diavolo per capello. Per un brevissimo istante, un sorriso gli increspò le labbra.



***



« Ma quel tipo... » Rigsby allungò il collo controllando che Cho non stesse ascoltando « ...é tutto in quadro? »

Lisbon e Alvarez – la terza nonché ultima arrivata nell'unità – soffocarono una risatina.


« Che cattivo che sei! » finse di rimproveralo Monica e lanciò al collega una pallinadi carta.

« Tu guarda questa piccola insolente...! »


Wayne le restituì il proiettile e la battaglia continuò sempre più movimentata. Lisbon li osservò qualche minuto, poi scosse il capo in segno di disapprovazione e lasciò i due a cuocere nel proprio brodo. Wayne aveva una cotta per Mo' – e la cosa era risaputa fin nei più infimi sgabuzzini dell'edificio – anche la bellissima collega aveva fatto capire chiaramente che non c'erano speranze. Il suo fisico da modella e la cascata di capelli color oro si lasciavano dietro parecchi sospiri, ma lei si barricava dietro un misterioso amante argentino, o una cosa così.

In compenso, Kimball Cho forse parlava poco e non sorrideva mai, eppure Lisbon non credeva che al mondo potesse esistere una persona così simile alla reincarnazione dell'efficienza. Se avesse avuto una squadra di soli Cho – tre piccoli Cho, fedeli fino alla morte e sempre pronti a tutti – era certa che avrebbero risolto il doppio dei casi.


Mi accontenterei di andargli a genio, almeno un po'.


Sospirò.

Continuava a pensare che la vedesse come una sorta di ambiziosa ragazzina troppo testarda e troppo entusiasta per dirigire una squadra. Continuava, in sostanza, ad irritarla il modo in cui la fissava, quando gli parlava.


« Che due bambinoni. »


Teresa, per lo spavento, fece un salto in avanti.

Molto galantemente, Cho scelse di ignorarlo.


« Oh, sì... »


Il capo deglutì, a disagio, sentendosi un'idiota per non aver niente da dire in quel momento quando per settimane non aveva fatto altro che lamentarsi del silenzio pressoché costante dell'agente.

Infatti, il discorso finì lì.



***



« Oh, cristo. » mormorò Lisbon, chiudendosi alle spalle la porta dell'ufficio di Minelli.

« Cos'é capitato, questa volta? »


Il tono bonariamente paterno del suo superiore la mise a suo agio e si lasciò cadere su una delle seggiole.


« Non credevo che gestire tre agenti fosse tanto difficile. Mi sento una consulente scolastica alle prese con tre adolescenti psicotici! »


Minelli studiò un attimo la scena, con Teresa intenta a lamentarsi seduta alla sua scrivania e se stesso, a braccia conserte, che ascoltava pazientemente.


« Non dirlo a me. »


Risero.


« Sono passati solo tre mesi. La tua squadra ha lavorato bene. »

« Grazie, capo. »

« Onestamente, temevo nell'affiancare Rigsby e Alvarez. »

« Oh, non si preoccupi: Alvarez sa tenerlo in riga. Se solo l'agente Cho non desse l'impressione di addormentarsi ogi volta che parlo... »

« Cho? Oh, cielo. »

« E' così in gamba. »

« Già. »

« E affidabile. »

« Senza dubbio. »

« Non sbaglia un interrogatorio. »

« Ne ha proprio l'aria. »

« E a volte capisce così in fretta cosa sto pensando da anticiparmi... »

« Da come ne parli, non sembra un gran problema. »


Lisbon corrugò la fronte.


« No, infatti... » si alzò con impeto « Grazie, capo. Mi ha dato ottimi consigli. »

« Ne sono lieto, anche se... » iniziò Minelli, ma Lisbon era già uscita di corsa. « ...non ho detto proprio niente. »



***



Otto mesi.

Otto.

Non le pareva affatto che fosse trascorso tutto quel tempo.

Lanciò un'occhiata a Cho – c'erano soltanto loro due in ufficio, quella sera – e vedendolo ricambiare il suo sguardo, sorrise. L'uomo rispose con uno dei suoi soliti cenni del capo. Teresa ormai conosceva piuttosto bene Kimball Cho, tanto da poterlo definire il suo braccio destro.

Anche se alle volte aveva ancora l'impressione che la sottovalutasse – la solita aria strana, quando gli parlava.


« Capo » la chiamò all'improvviso Cho « hanno appena localizzato il nostro uomo. »

« Dove? »

« Poco distante, un vecchio palazzo abbandonato. »


Lisbon scattò in piedi.


« Andiamo. »


Cho obbedì prontamente. Fu Lisbon ad avere un attimo di esitazione.


« Rigsby e Alvarez non sono ancora tornati... » si mordicchiò il labbro inferiore, indecisa « Okay, li chiamiamo per strada. Forza, muoviamoci. »


Il palazzo cadeva letteralmente a pezzi.

Lisbon scansò per un pelo una manciata di macerie quando aprì la porta principale. Fece cenno a Cho di proseguire all'interno. Strisciando lungo i corridoi, perlustrarono il piano terra: libero. Erano appena saliti al secondo quando avvertì altre due presenze familiari nell'ombra; sbirciando dalla finestra, vide che erano arrivati i rinforzi. Alvarez richiamò la sua attenzione e accennò all'ultimo piano. Lisbon annuì e la collega, seguita da Rigsby, proseguì l'ispezione.


« Tutto libero! »

« Dannazione... » mormorò Wayne « Siamo arrivati tardi. »


Gli agenti all'esterno percorsero il perimetro, senza successo.

Lisbon e la squadra osservarono le altre auto della polizia allontanarsi, rimuginando sulla prossima mossa. Alvarez propose di tornare in ufficio e seguire una volta per tutte la pista dell'ex-moglie.


« E' una buona idea. Tu e Rigsby andate avanti, io vi raggiungo. »

« D'accordo. »

« Cho...? » Lisbon si guardò intorno alla ricerca dell'agente.

« Eccomi. »


La sua improvvisa comparsa alle spalle la fece trasalire.


Ci risiamo, brontolò tra sé.


« Vai anche tu, io arrivo tra poco. »


Kimball la studiò a lungo prima di rispondere.


« Credo che ti aspetterò, capo. »

« Non c'è motivo. »


L'uomo non disse altro, ma nemmeno si mosse. Evidentemente lui un buon motivo l'aveva, perciò Teresa si rassegnò alla sua presenza. Qualcosa non la convinceva in quel caso: tutte le piste portavano lì, alla vecchia casa di famiglia. Che motivo aveva di scappare? Non rientrava nel profilo stilato dai criminologi. Ripercorse il perimetro, più e più volte, con un fedelissimo Cho al seguito. Finché, semi-nascosto dalla vegetazione incolta, vide l'accesso ad una cantina.


« Ci siamo. »


Dietro di lei, Cho estrasse la pistola.


« Dovremmi chiamare i rinforzi. » le ricordò, senza peraltro dare l'impressione di volersi tirare indietro.

« Non c'é tempo. »

« Quell'uomo é un pazzo ed entrare ora mi pare una pessima idea. Per di più, nessuno sa che siamo ancora qui. »


Lisbon si voltò verso di lui, guardandolo molto perplessa.


« Hai ragione, come al solito. Puoi restare fuori a coprirmi, non é giusto che tu venga. »

« Scherzi. » scrollò le spalle « Era tanto per puntualizzare. Ovviamente vengo. Dove vai tu, io ti seguo, capo. »


Il cuore di Lisbon mancò un battito.


« Pereftto. »


Non dissero altro e si avventurarono nelll'oscurità.





Lisbon si dimenava sulla sedia dell'ufficio.


« Puoi andare a trovarlo. » trovò finalmente il coraggio di dirle Alvarez, che non ne poteva più di tutta quell'agitazione. « Sul serio. »

« Dici? »


L'espressione del suo superiore era davvero insolita, con tutta quella preoccupazione mista a un leggero rimorso.


« In un certo senso, anzi, in tutti i sensi, é colpa mia se gli hanno sparato. »

« Di striscio. »

« La pallottola era per me. »

« Onestamente, non credo che quel povero diavolo schizofrenico avesse in mente un bersarglio preciso quando ha aperto il fuoco a raffica su di voi. »

« Effettivamente... » Lisbon dondolò il capo, soppesando quell'ultima ipotesi « E' una buona idea. Andrò a trovarlo. »


Si alzò entusiasta, afferrò il cappotto e uscì dal bullpen. Ritornò qualche secondo dopo, sul viso un sorriso imbarazzato.


« Ehm... uno di voi due sa per caso l'indirizzo di Cho? »


Alvarez fissò a lungo e con gran sgomento il suo superiore, prima di scarabocchiarle le informazioni su un pezzetto di carta.



***



La pioggia lo metteva di cattivo umore.

Seduto in salotto ad osservare il proprio braccio ingessato, nell'inattivittà più totale, Kimball sopportava di malumore quel continuo ticchettio. Un leggero bussare lo distrasse dai suoi pensieri.


« Ehilà. » lo apostrofò Lisbon con un sorriso, quando se la ritrovò davanti aprendo la porta di casa « Disturbo? »

« Sei bagnata fradicia. »

« Piove. »

« L'avevo notato. »

« Anche io. »


Seguì uno starnuto.


« Meglio se vieni dentro. »


Lisbon sorrise, grata.


« Prima dimmi una cosa. »

« Posso dirtela anche dent... »

« No, adesso. Quando mi hai vista la prima volta, hai pensato che fosse troppo giovane per dirigere questa unità? »

« Perché me lo chiedi? »

« E lo pensi ogni volta che ti parlo di un caso? »


Lo sguardo di Cho s'illuminò.

Poi, senza alcun preavviso, scoppiò a ridere.


« Tu parli molto velocemente, sai? Ho sempre l'impressione che tu abbia il terrore di dimenticarti qualcosa. Dici tantissimi parole in pochissimo tempo. E – tanto per essere chiari – quando parli faccio il possibile per sembrare molto attento, perché tu sei sempre così concentrata. E seria. »

« Quindi quella strana espressione significa che stai ascoltando con attenzione? »

« Quale espressione? »

« Quel... Ah, non importa. Mi fai entrare? »

« Prego. »


Essere invitata ad entrare a casa di Cho e vederlo ridere nella stessa sera?

Ci sono sparatorie che non hanno prezzo.



***



« Cavolo! Mo', il capo ha dimenticato l'ombrello. »

« Ormai sarà arrivata. » ribatté la collega con noncuranza.

« E come torna a casa? »


Alvarez ruotò la sedia per guardare in faccia il collega e sospirò. Il suo sorriso pareva quasi compatire Wayne.


« Rigsby, Rigsby... Ti ho mai raccontato la verità sulla storia della cicogna? »



Notes ( per gli amici “ sono ancora vivaaa!”)


Questa raccolta raccoglie (?) one-shot che esulano dalle uniche due coppie che io riconosco e venero in The Mentalist, dicasi Jane/Lisbon e VanPelt/Rigsby.

Detto ciò, mi impegno a tirare fuori le pariglie più terrificanti che la mia mente saprà concepire. I vostri consigli saranno molto ben accetti! Tenendo conto che ho seri problemi a scrivere slash e che posso fare cose pericolosissime con il fem-slash, dopodiché venderò l'anima a qualunque avvertimento XDDD


Titolo della raccolta from sacrosanta Good Riddance dei Green Day.

Titolo della fic from Where you lead, sigla di Gilmore Girls – non so altro.


Monica “ Mo'” Alvarez é mia e comparirà ancora.

E' la collega precedente a Van Pelt, che muore in circostanze ancora da definirsi.


[ Mi faccio schifo da sola. E la tragedia é che non lo capirà nessuno a parte moi perché sono l'unica fan di The Inside in questo infausto paese ù.ù

Ho chiamo Alvarez la detective-che-muore. E una bastardata che non ha prezzo XDDD ]

  
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