Bene rieccomi qui con il nuovo capitolo della mia storia. u.u Ringrazio tutte le persone che mi hanno recensito, per i loro complimenti e consigli *_* Spero tanto che questo capitolo sia gradito da tutti voi e spero che come lui tutti i precedenti e i prossimi °_°
Tra poco vi farò una bella sorpresina, ma dovete avere un pochino di pazienza *_*
Intanto vi lascio il capitolo e la musica di sottofondo XDDD
Tracks Plumb - Hung On ( si di nuovo XD)
Kent - Somnen
Per il resto Buona lettura
Spero vi piaccia
Yu Lunae
Sesto Sigillo
Scomparsa
«
Dannazione.»
lo avevo
già ripetuto due volte, ma lui non aveva ancora cominciato a
parlare. Lui, che se ne stava fermo, in un angolo, con le braccia
incrociate ad osservarmi inveire contro qualsiasi divinità a
scelta.
Ovviamente se quella era la situazione, era proprio loro la colpa di
quello che mi stava accadendo. Coloro che venivano definite
divinità.
« Puoi spiegarmi, per
favore? » dissi senza nemmeno alzare lo sguardo verso il suo
viso,
lì atterrita dal terrore.
Ma lui rimase in
silenzio, senza battere ciglio, senza nemmeno emanare un suono.
Spostai la testa, in modo tale da poterlo guardare dritto in faccia,
che distinguevo nettamente nonostante fosse ben lontana da me. Sempre
la solita posizione, ma con un volto molto più burbero del
solito.
« Puoi spiegarmi?»
ripetei con un po' più di grinta, mentre mi alzavo e mi
mettevo in
ginocchio. Non ebbi da lui nessuna risposta. Lui continuava a
guardarmi, e sembrava adirato. Adirato, lui? E allora io che cosa
avrei dovuto dire? Cosa avrei dovuto dire? Io che ero stata
trasportata da un momento all'altro, in mondi di cui non conoscevo
l'esistenza. Io che avrei soltanto voluto vivere una vita tranquilla,
andare a scuola e uscire con i miei amici. Senza quei tormenti,
quelle continue visioni. Senza qualcosa di estraneo che ogni volta,
disturbasse la mia quiete.
Ero io quella adirata.
Mi alzai di scatto, e
comincia a correre verso di lui. Con violenza inaudita, e sicuramente
non da me, afferrai il colletto della sua giacca di pelle rossa e,
con tutta la forza che avevo, sbattei contro il muro. E lui me lo
lasciò fare.
« PUOI?» gli urlai
contro, con tutta la rabbia che avevo dentro, e la mia voce
tradì
una sorta di odio, che lentamente stava avviluppando i miei sensi.
Mi resi conto, del gesto
poco carino che avevo compiuto, accecata dall'ira, non riuscivo
più
a controllarmi. lo lasciai e feci due passi indietro.
« Perdonami.» mormorai,
scuotendo il capo, ma senza alzare lo sguardo nel suo.
Lui mi fissò per un paio
di secondi buoni, con i suoi occhi azzurri e nitidi. Si
allontanò
dal muro e si risistemò il colletto della giacca, che io gli
avevo
sgualcito. Poi prese un sospiro profondo e sorrise sghembo, com'era
solito fare lui.
« Sono rimasto sorpreso.
Non mi aspettavo questo.» disse finalmente mentre mi
osservava. Per
un attimo, quando alzai il mio sguardo nel suo, mi parve di leggere
timore, in quelle profonde iridi adamantine.
« Merek'na. » dissi. «
Ha detto questo prima di sparire.Cos'è? » chiesi
ora leggermente
più pacata di pochi istanti prima.
« E' la lingua di
Rederva. Significa, mietitore. » si limitò a dire
lui, in modo
esiguo. Io rimasi in silenzio, fiduciosa che avrebbe continuato da
solo.
« I Merek'na, hanno il
compito di eliminare le anime corrotte, quelle che fuggono da Rederva
e si rifugiano qui, speranzose di non essere trovate.» si
fermò
facendo una breve pausa, mentre cercava di riordinare le idee,
evidentemente per rendermi più semplice e comprensibile
quella
situazione.
« Quella che hai visto è
un'anima fuggita da Rederva. Quelle come lei si chiamano Siderva,
significa Larva Parassita. Sono anime parassita, cannibali in un
certo senso. » storse il naso, disgustato. « Si
cibano delle anime
ancora legate ai corpi, anime vive e poi prendono il possesso del
corpo ospite, al posto loro.» ancora una pausa e io lo
lasciai
continuare. Ero ferma davanti a lui e lo ascoltavo, con attenzione.
«
L'altra sera hai visto delle Siderva in due corpi umani. » ci
pensai
su un attimo, facendo mente locale.
« I due tizi? » chiesi
io, ora che qualche ricordo era tornato Ero così impegnata a
fuggire, che avevo veramente pochi ricordi di quei momenti.
Lui annuì, e poi tacque
per qualche secondo.
« Ma non capisco perché
tu. » disse poi, divenendo serio in volto, senza compiere un
movimento, bloccandosi quasi tant'è che avevo dubbi sul
fatto che
respirasse ancora.
« I merek'na, sono
sangue puro, sono originari di famiglie di Rederva. Tu...»
premette
tra loro le labbra. Sembrava non lo sapesse nemmeno lui.
« Io non dovrei...» lo
aiutai sospirando.
« No.» confermò lui,
secco.
Rimasi in silenzio a
guardarlo, senza parole. Socchiusi gli occhi e poi, Sentii di nuovo
le ginocchia cedere. Ero molto debole.
Lui mi afferrò quasi al
volo. Ma il suo tocco, inspiegabilmente m'infastidii e lo respinsi,
facendo altri due passi indietro.
« Parlami di loro. »
dissi e il mio, sembrò quasi un comando.
Lui esitò, osservandomi,
contrariato. Poi si raddrizzò, facendo qualche passo avanti,
prendendo a gironzolare per la stanza. « Sono capaci di
utilizzare
il loro sangue come arma contro queste anime. Il loro sangue
è
l'unica cosa che può distruggerle. I Merek'na sono
solitamente
nobili di Rederva, nati con questa caratteristica e addestrati a
combattere contro questi ribelli. È difficile riconoscerli,
perché
si travestono perfettamente nel ruolo dell'umano. L'unico modo per
riconoscerli, è il simbolo che portano, un tatuaggio, come
quello
che tu hai sulla mano. » disse, fermandosi poi, per
riprendere fiato
probabilmente, o per permettermi di assimilare il tutto.
Inevitabilmente mi portai
a guardare il palmo, ma non vidi nulla. Lui mi notò e
sorrise
appena.
« Compare solo quando il
Merek'na lo richiama. Bella fregatura, no? » disse poi
grattandosi
la punta del naso. « Questi bastardi sanno come nascondersi
bene. »
mormorò inarcando un sopracciglio. Oh giusto, ora anche lei
era una
di loro. Un po' la infastidii quell'insulto gratuito ma si
limitò a
guardarlo male.
« Forse è per questo
che vedo anche i semplici Derva.» dissi io, spostando lo
sguardo su
di lui.
« Può darsi.» annuì
lui, mentre si avvicinava alla porta. La serratura esplose, e le ante
si schiusero. « Tu sei un caso particolare, ragazzina. Per
questo
sono qui. »
« Kein.» Lo richiamai,
e azzardai un passo in sua direzione, senza completarlo. Lui si
voltò
e con aria di attesa. Aspettava che gli parlassi.
« Io voglio... voglio
riprenderla.» dissi, biascicando qua e la qualche parola. Lui
aggottò la fronte smarrito.
« Voglio salvarla.»
proseguii io. Lui evidentemente capì e mi sorrise annuendo.
Poi
scomparve, oltre la soglia, lontano dalla mia vista. Feci per
fermarlo, ma evitai. Non era certo il caso, né il momento.
°°°
«
Finalmente signorina!»
disse Jade, quando mi vide arrivare da lontano. Mi sfuggii un sorriso
vedendo la sua faccia buffa.
Notai con piacere, che al
gruppetto si era aggiunta anche Greta, e sorrisi allietata, visto che
non la vedevo da un po' oramai e vederla, mi piaceva piacere infondo.
Dal giorno del discorso, per essere precisi.
« Greta, ci si rivede.»
dissi io sorridendo.
Anche lei accennò un
sorriso. « Piacere mio, cara. Come stai? L'ultima volta non
ti ho
visto molto in forma. » disse, dimostrando una certa
loquacità per
i suoi standard.
« Molto meglio, grazie.
» dissi io annuendo. In realtà la situazione era,
molto più
incasinata di prima, ma questi erano, insignificanti particolari.
Lei di tutta risposa mi
sorrise compiaciuta dalla notizia. « Bene, meglio
così. » disse
poi.
« Beh quel giorno, sarà
stata l'emozione del momento. Non credevo lei fosse nervosa a tal
punto.» interruppe Jade, mentre io inarcavo un sopracciglio.
Beh
meglio che la si pensi così, piuttosto che sappia il vero
motivo
dello svenimento.
La campanella delle due,
ci avvertì che l'ora di pausa era terminata e che dovevamo
rientrare
per riprendere le lezioni.
Lo feci di malavoglia, ma
m'incamminai con gli altri. Ero molto stanca e non avevo voglia di
tornare a scuola, ma mi dovetti sacrificare, per altre due ore circa.
Per mia fortuna, il tempo sembrò essere dalla mia e queste
due ore
passarono in fretta, senza intoppi di nessun genere, permettendomi di
trascorrere alla meglio quella giornata che ormai stava sgusciando
verso il termine.
Non lo rividi più quel
giorno. Alle soglie del cancello, lo cercai con lo sguardo,
indugiando su centinaia di volti. Ma in nessuno di questi riconobbi
il suo.
°°°
Come
al solito, la strada
del ritorno, la percorsi insieme ai miei amici e come al solito,
davanti casa mia, sia Jade che James, erano restii a lasciarmi,
promettendomi di ammazzare quella vecchia gallina baffuta un giorno e
inveendo in vari modi contro le mie sorellastre.
Entrai in casa, che
fortunatamente era ancora vuota. Non c'era nessuno , dovevano ancora
rientrare tutti, a parte il Signor Gray ovvio, che mi aspettava come
al solito sulla soglia di casa, sorridente.
La loro assenza mi fece
tirare un lungo sospiro di sollievo. Raggiunsi la mia stanza e, di
gran fretta, mi fiondai sopra il morbido materasso del mio letto. Le
lenzuola erano state evidentemente cambiate quella mattina stessa,
perché profumavano di bucato. Una sensazione magnifica e
disarmante.
Erano le 16.20 circa.
Ero così stanca, che mi
addormentai ancora con la divisa addosso.
°°°
Il
mio risveglio non fu
proprio uno dei migliori. Svegliarsi con la brutta e antipatica
faccia di Lauren a due centimetri dalla mia, non è proprio
il
massimo.
Sbattei una paio di volte le palpebre per mettere a
fuoco il suo viso ridacchiante, come al solito. Chissà cosa
diavolo
aveva in mente di chiedermi, o cosa stava per dirmi.
« Non hai nemmeno
preparato la cena, sei proprio inutile. » Disse con una
smorfia
sprezzante dipinta sul viso.
« Perché, è ancora
presto sono ancora le 6. » dissi io, convinta di aver dormito
massimo un'ora. Ma non c'era nemmeno più luce ormai, e me ne
accorsi
in ritardo quando la mia vista si fece più nitida.
« Ma come lo hai visto
l'orologio? Guarda che sono sono le 9 ormai.» Mi fece notare
lei,
alzandosi dal mio letto e avvicinandosi alla porta, dalla quale
uscì
lesta, sbattendosi la porta alle spalle e lasciandomi al buio.
Io balzai in piedi con
così tanta foga che per per qualche secondo dovetti tener
ferma la
testa convinta che stesse andando per i fatti suoi. «
Ahi.» mi
lamentai, mettendo sul pavimento il primo dei miei due piedini. Avevo
ancora le scarpe, non mi ero cambiata da quando ero tornata a scuola.
Constatando questo, un sospiro rassegnato sfuggi alle mie labbra,
mentre di evidente controvoglia, mi apprestai a raggiungere il
corridoio, cercando la porta a tentoni e trovandola dopo una
dolorante botta alla mano, così da scendere verso le cucine.
Vi Trovai il Signor Gray,
visibilmente indaffarato con scodelle e posate. Ma nonostante questo,
non disdegnò di voltarsi e sorridermi paterno, come faceva
di
solito. « Buona sera signorina. Ben sveglia.» disse
poi e io
ricambiai con un cenno del capo ed un sorriso ammaliato da quella sua
adorabile gentilezza.
Cucinare non era proprio
il forte del maggiordomo. Lo sapeva fare bene si, ma se lo faceva,
raramente perché quella che d solito cucinava ero io, lo
faceva di
controvoglia. E lo faceva notare, visto che dalla sua faccia, si
potevano immaginare le mille bestemmiacce che avrebbe voluto
pronunciare contro tutti quegli affari, ma che ogni volta tratteneva
per sé, com'era ovvio che fosse. Non sarebbe stato un
comportamento
da maggiordomo altrimenti. Sorrisi divertita vedendolo con quel
broncio dispettoso e quindi mi decisi a intervenire.
« Lascia pure a me la
cucina, adesso. » dissi quindi avvicinandomi ai fornelli. Lui
mi
sorrise e quello bastò a farmi comprendere la sua immensa
gratitudine. Si allontanò subito dopo, per apparecchiare la
tavola,
lasciandomi sola, con i miei pensieri.
Mentre preparavo un po'
di verdure grigliate, piatto semplice visto il poco tempo che avevo a
disposizione, mi tornò alla mente la lettera di mia madre.
Ci pensai su, segnandomi
come promemoria, quello di rileggerla appena possibile. Ora, con
questi nuovi occhi, ci avrei capito qualcosa. O così speravo
almeno.
« Muoviti signorina.
Abbiamo fame. » disse Hanne dalla Sala Pranzo, provocandomi
immenso
fastidio con il solo suono della sua stridula e pacchiana voce. Brr.
Portai a tavolo la
pietanze, piuttosto misere, visto i pochi minuti che mi erano stati
concessi dalle tre. Il Signor Gray mi aiutò e mi
lasciò sedere,
servendo lui la maggior parte delle portate. Mi diceva sempre che non
avrei dovuto permettere a quelle tre streghe di trattarmi come una
cenerentola, perché su quella casa avevo più
diritti di loro, ma io
gli dissi che non mi importava fino a che mi lasciavano vivere come
volevo io, che andava bene così.
Ma era davvero così che
volevo vivere?
Domande troppo riflessive
per la cena, che divorai in pochi bocconi, sia perché come
mi
premuro di sottolineare, le portate erano esigue, sia perché
a
pranzo non avevo mangiato nulla. Già il pranzo, quanti
pensieri
maledizione.
Sbuffai, infastidita da
me stessa, alzandomi quando fui sicura che tutti avevano terminato.
Come al solito tutte facevamo di testa nostra dopo cena. Potevamo
uscire, ma solo io avevo il coprifuoco. Quando si tratta di pari
opportunità. Hanne diceva che il coprifuoco era necessario
visto che
ero la più piccola. Ma con i miei diciassette potevo contare
su di
una maturità ben maggior della loro. Anche della matrigna
cattiva.
Un coprifuoco che ieri notte avevo rotto. Ma Hanne non mi stava
dicendo nulla. Forse, c'era davvero cascata a quella sceneggiata
della sera prima. Ne dubitavo. Ogni tanto la guardavo di sottecchi,
sospetta, accorgendomi che anche lei faceva lo stesso, per poi
distogliere lo sguardo.
Finito di ripulire tutto,
mi ritirai nella mia camera. Ero sfinita si, ma avevo abbastanza
forze da dedicare a Winslet, un po' del mio tempo prezioso. Erano
giorni che non ci scrivevo su..
Winslet, il mio diario,
dove avevo nascosto la lettera.
Mi recai nel suo
nascondiglio, posizionato in una scatola, sotto l'armadio. Mi piegai
verso il pavimento acquattandomi e allungando la mano sotto lo spazio
vuoto tra il mobile e il terreno. Oltre che ad un bel pò di
polvere,
che mi ricordò che forse ogni tanto dovevo pulire anche
lì sotto,
trovai finalmente la scatola. Felice di ritrovarmela tra le mani,
sciolsi il fiocco con cui era legato il nastro di raso rosso. Si era,
una scatola Fai da Te, insomma, come i lavoretti che si fanno a
scuola. Una scatola di legno sottile, che avevo decorato con vari
disegni dei tovagliolini quando facevo il corso di decoupage insieme
a ...James. Bei tempi quelli.
Lentamente sollevai il
coperchio della scatola, attenta a non far uscire il nastro dai fori.
E poi...
...Il mio sguardo sfiorò il vuoto.