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Autore: shining leviathan    10/09/2010    5 recensioni
Fadwa è una cacciatrice, un'assassina su commissione che esegue i suoi compiti a sangue freddo senza ripensamento. Non è bella, intelligente o particolare ma la sua indole rissosa e ironica tende a darle una popolarità che non vorrebbe.
Non sa da dove viene. Il suo passato è un labirinto nebbioso della quale non ricorda nulla, se non insignificanti particolari.
Ma saranno questi particolari a ricostruire la sua vita pezzo per volta, in un percorso di bugie e verità terribili.
In questo cammino sarà aiutata da Riku.
Il giovane keyblader nasconde anch'esso un segreto che rischia di far crollare i mondi in una nuova guerra, e sembra che l'unico modo per scongiurarla sia aiutare Fadwa a ricostruire il suo passato, facendo venire a galla la soluzione che potrebbe salvare tutti o nessuno.
Il destino dell'universo è ancora una volta in mani estranee, che bramano un potere risvegliato da Xeanorth anni prima.
Fadwa e Riku si ritroveranno costretti a collaborare, prima che l'odio avveleni del tutto i loro cuori, e dovranno vincere.
O tutto sarà perduto per sempre.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Ansem, Riku, Zexyon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Kingdom Hearts II
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“ Sei stupida?”

“Umpf”

“Allora, Fadwa? Sei stupida?”

 

 

Rallentai il passo, portandomi una mano alla tempia.

Da qualche tempo soffrivo di emicranie improvvise, e una sfilza di pensieri così idioti non mi aiutava di certo. Pensavo ai giochetti stupidi di Russel, che nei giorni buoni mi attendeva dietro ad ogni porta per farmi la stessa identica domanda.

“ Sei stupida?”

Mi seguiva per casa con quel sorrisetto idiota e un po’ ebbro, testimone che si era fatto un goccio o due mentre io ero in missione.

Di solito non mi preoccupavo; l’acool lo reggeva abbastanza bene, e l’odore pungente di vino quasi non si sentiva per le stanze, ma io sapevo che alleggiava nell’aria e mi avvelenava l’umore già di per se tetro. Era bastato un altro anno per far precipitare le cose.

I gocci erano diventati bottiglie, troppe bottiglie, e non c’era volta che varcavo la soglia dell’abitazione con la nausea che mi tappava lo stomaco. Il sentore etilico mi stordiva quasi i sensi, e stavo male. Ma Russel era troppo impegnato a crogiolarsi in quel mondo di nebbia e illusione per potersene accorgere.

Stava disteso sul pavimento circondato da boccali vuoti, talvolta ridotti in pezzi sparsi sul tappeto, costringendomi a girare per il salotto con gli stivali ai piedi. Il più delle volte stava sulla soglia della cucina, alticcio da far schifo, e ansimava come un grongo fuor d’acqua, annaspando nei litri di liquori che aveva tracannato.

Quando doveva aprire a qualcuno, poi, era anche peggio. Sapevo quanto aveva bevuto semplicemente da quanto ci impiegava ad aprire la porta. Non vedeva bene, le cose risultavano sdoppiate e la maniglia aveva la brutta abitudine di essere intangibile. Nella mentalità dei sobri era completamente andato, incapace di stringere un pomello dorato che in alcune occasioni, incredibilmente, diventava materiale. Stupido Russel…

Perché abbia cominciato a bere non lo so. All’inizio pensavo fosse depressione perché il lavoro non rendeva bene, ma dopo qualche tempo sospettai che fosse per una donna, e non una qualunque.

Azeneth Suarez, il genere di persona che le mogli non vorrebbero trovare a letto coi loro mariti.

Di solito non faccio aneddoti così sciocchi, ma lei se lo merita fino alla fine.

È una donna abbastanza affascinante, il genere di fascino esotico che fa girare gli uomini per strada: attratti dalla capigliatura nero pece e da un seno piuttosto abbondante. Per il resto si tratta di curve a tutto tondo e niente riesce a spegnerle il sorriso sfacciato che ha costantemente sulle labbra.

Dio, quanto la odio. E quanto mi ama lei.

Mi trova interessante, del tutto diversa dalle ragazze di oggi dice ma io non la sopporto lo stesso. Come se non sapessi cosa fa la maggior parte del tempo. Con la sua civetteria ha rovinato più di una famiglia, l’autostima di uomini come Russel, sedotti e abbandonati alla prima occasione.

Putta..

Scossi  la testa, scacciando i fantasmi dei ricordi dalla mia mente.  Ora che ero in missione non dovevo farmi prendere dalla rabbia, dovevo concentrarmi sull’obbiettivo e andarmene il più in fretta possibile da quell’isola. L’importante si riduceva alle briciole essenziali per vivere, nulla di più.

Era ora di trovare Riku.

 

 

 

Contrariamente a quanto potessi immaginare non faceva così caldo. Calato il sole la temperatura era scesa paurosamente, e se non battevo i denti era grazie al mantello che tenevo poggiato sulle spalle. Stringevo il bavero fin sulla bocca, inumidendolo del mio fiato carico di condensa. La stoffa bagnata mi si appiccicava alle labbra, e rabbrividii.

Odio gli indumenti umidi.

C’è chi non sopporta lo stridere del gessetto sulla lavagna, o la tavoletta del water  alzata. Bhè, io non sopporto i vestiti umidi. Mi fanno sentire a disagio, sono scomodi e mi mettono di malumore. Senza contare che la mia ferita all’anca ne risente, purtroppo, e mi maledico pensando che io sia decisamente troppo giovane per avere reumatismi.

Patetico, direte voi. Col lavoro che faccio non è proprio una comodità, ma sapete ci sono anche dei vantaggi. E io sono una maga a trasformare alcuni dei miei difetti in vantaggi.

Parlo per quelli fisici. Nel caso della mia indole mi sa che avete già capito che razza di attaccabrighe rompiballe sono. E qui non c’è modo di cambiare.

I miei piedi sprofondavano nella sabbia bianca, mentre percorrevo lentamente il bagnasciuga. Le onde raggiungevano il fianco del mio stivale, balenando alla sottile luce della falce di luna. In quel mondo le stelle parevano avere vita propria talmente erano luminose, felici in quel cielo cobalto. Spandevano i loro effimeri raggi intervallando momenti di puro scintillio ad altri che sembravano scomparire inghiottite dalla volta blu,  divorate da un intera esistenza più grande di loro, da un manto celeste così profondo da potersi confondere con il mare all’orizzonte. Lo stormire delle foglie di palma frusciava nella brezza salmastra come degli enormi ventagli; salutandomi leggere e timide,simili a delle ragazzine vergognose che accennavano solo un piccolo movimento. I tetti delle case spuntavano come funghi dagli alberi, fumando dai comignoli nella tranquillità di  un autunno appena cominciato. Eppure ogni cosa trasmetteva calore nonostante il freddo. I colori che nemmeno il buio era riuscito a smorzare ammiccavano allo sguardo con malizia malcelata, invitando ad avvicinarsi e a godere di quella meraviglia.

Rimasi ferma, in mezzo alla spiaggia, a fissare il centro abitato che si fondeva con la costa in maniera naturale, armonica. Studiai la stradina lastricata che serpeggiava fra le abitazioni, il rumore del mare che riempiva l’aria circostante col suo sciabordio delicato, aguzzai le orecchie per sentire qualcosa e la voce di un bimbo all’interno di una casa si lamentò scherzosamente,seguito dalle risate mature della madre. Una famiglia.

Strinsi il bavero con forza, tanto da farmi sbiancare le nocche tese allo spasmo sulla pelle. Per quanto avessi cercato di considerare Russel e Azeneth, sì anche lei purtroppo, la mia vera famiglia la nostalgia di qualcosa che avevo provato in un passato remoto si faceva forte  quando assistevo per caso a quotidianità del genere.

Sentivo che mancava qualcosa in me. Un pezzo di puzzle che qualcuno aveva rimosso e che rendeva incompleto un quadro altrimenti definito. Non so per quale scopo o destino, non so perché io. In un altro universo, forse, è toccato ad un altro, forse no. Io sono qui.

E non ho mai saputo il perché.

C’è Azeneth, che ogni tanto viene ancora a trovare Russel. Non so cosa vedrà quando aprirà quella porta, ma di certo non io. Vedrà solo un uomo che ha illuso tutto il tempo schiavo dell’alcool, e il vuoto. Perché ormai sono mesi che non metto piede a Coloba.

Alla fine sono scappata anche dall’ultima parvenza di famiglia.

Sbuffai, ignorando un bruciore fastidioso dietro agli occhi, e mi voltai risolutamente verso destra. Presi a camminare velocemente, quasi con furia, sollevando la sabbia polverosa. Mi diressi verso una zona a mio parere più tranquilla, avvolta da una quieta oscurità. Un avvallamento di sabbia unito con un pontile di legno alla roccia svettò davanti ai miei occhi e mi fermai. La luna stava al di sopra di  un albero ricurvo, sorridendomi sorniona, e tirai un minuscolo sospiro. L’angoscia che mi aveva bloccato stava lentamente allentando la morsa.

Una ciocca mi scivolò sulla fronte, e la tirai dietro all’orecchio con calma. Il vento mi sollevava i sottili capelli sfuggiti al nastro,avvolgendo la mia testa in una nuvola di lanuginosi capelli biondi.

Sì, sono bionda.

Platino…

Una mozzarella in tutto per tutto. Figuratevi che effetto dato che indosso quasi esclusivamente capi scuri. Azeneth mi ha addirittura suggerito dei trucchi per scurire le palpebre.

Grazie,strega, così sembro ancora uno zombie tornato direttamente dall’aldilà.

Respirai a fondo, riempiendo i polmoni fino a farli scoppiare. Avevo come l’impressione di non inalare al quantità d’aria necessaria per vivere, e temetti di avere un principio d’asma. Mi era successo già una volta, ma mai con questa intensità, e la cosa mi infastidì parecchio.

Purtroppo non sono, come si può dire, sana. Una delle poche cose che ricordo di me da bambina sono le frequenti febbri e accessi di tosse, brandelli di un’era che molto probabilmente arricchivo con dettagli suggeriti dalla mia fantasia.

Comunque sia, in barba alle mie condizioni fisiche piuttosto instabili, ho combattuto e sparso sangue. Non mi sono pianta addosso, e ora sono al punto che sono.

Nel mio lavoro devo trovare persone come Riku; farle fuori per un compenso che dividerò solo ed esclusivamente con me stessa. Basta pesi, basta alcolizzati e basta sgualdrine.

La mia vita è già abbastanza instabile.

Mi sfregai le mani, avvicinandomi all’avvallamento. Cercai un appiglio nella parete di roccia e mi ci arrampicai, spostando il peso da un piede all’altro sulla sottile bordatura che correva lungo il perimetro. Con un ultimo sforzo, poggiai il ginocchio sulla superficie battuta e rifiatai, buttando la testa in avanti. Non so per quanto osservai l’arbusto spelacchiato che cresceva sulla pendice ma quando il mio sguardo tornò a fissarsi sull’albero di Papou (ecco cos’era quell’albero! Ma..) mi accorsi di non essere sola.

A fissare il mare, dandomi le spalle, stava un ragazzo. Era ammantato da un velo di tetro, che annullava i contorni della sua figura per fonderli con quelli della luna. I suoi capelli danzavano intorno al suo capo, svolazzando omogeneamente nella brezza. Forse perché era buio mi parvero bianchi, candidi quanto la neve sporcata da un riflesso azzurro  ghiaccio. La pelle tesa delle sue braccia brillava, le minuscole goccioline di sudore imperlavano le carni lattee come una pioggia di rugiada. Sembrava una creatura dei mari, così eterea ma allo stesso tempo così irreale.

Il respiro che udii, però, mi riportò coi piedi per terra. Indietreggiai, sempre in ginocchio, e artigliai il bordo roccioso con le mani. Mi lasciai scivolare fino a toccare due crepe per infilarci la punta degli stivali e abbassai un po’ il mento per fissarlo di sottecchi, dietro l’arbusto secco.

Il respiro che mi aveva illuminato divenne sempre più frettoloso, e vidi che si portava le braccia al petto. Era asmatica anche quella misteriosa figura?

Arrischiai a tirarmi un po’ su, per spuntare dal bordo con metà petto, ma nemmeno così riuscii a capire cosa stava facendo. Le spalle gli tremarono, e abbassai lo sguardo sulle sue gambe.

Le aveva divaricate un po’, come se si preparasse per qualcosa. Qualcosa di estremamente doloroso.

Lo sfregare ferrigno di un arma nel fodero saettò improvviso, e il suono della carne recisa mi fece sussultare. Una nube di goccioline rosse colorò l’aria per depositarsi sulla sabbia, che accolse il fluido umano come un vampiro, assorbendolo all’istante.

Inarcai un sopracciglio, osservando con sincero stupore il risultato di quel gesto sconsiderato. Mi aspettavo l’ultimo spasmo di quel corpo per poi vederlo cadere a terra, ma non successe niente di tutto ciò.

La figura tremò ancora, più forte, incassando la testa nel busto e premendo gli avambracci contro i fianchi. La lama scivolò con un suono molliccio nel suo petto e un altro fiotto scarlatto partì per schizzare sull’albero di Papou. Uno dei frutti cadde, rotolando nella sabbia rosata.

Davvero incredibile.

Non un lamento, non un urlo. Eppure non moriva.

Anche se non riuscivo a vederlo congetturai che la ferita fosse abbastanza grave per mandare un uomo adulto all’altro mondo. Ma non quel tizio, o tizia che fosse. Non riuscivo a capire con la poca luce che c’era.

Un altro colpo, e stavolta un singulto soffocato gli sfuggì.

A quel punto cominciai a riprendermi dalla sorpresa, catalogando ciò che stava facendo come:

-Stupido

-Masochista

-Malato

Tre aggettivi che gli calzavano a pennello. Insomma, chi sano di mente si metterebbe a fare queste cose per procurarsi un agonia terribile come quella??

Mi chiesi seriamente in che razza di posto fossi finita. Dietro la facciata d’oro dell’isola emulo-Hawaii, si nascondevano individui talmente esaltati da giocare con i coltelli? Oh, santo…

“ Non ha senso” sussurrai inconsciamente mentre lui, congetturai fosse un lui alla fine, si infliggeva un altro colpo. Scossi la testa, disapprovando la stupidità di quella testa calda.

Ad un certo punto si fermò. Vidi i suoi muscoli tesi fino allo spasmo rilassarsi completamente. Lo spiazzetto pareva un teatro, dopo l’orgia di sangue si poteva dire che il colore naturale della sabbia fosse il rosso. E che diamine, si era quasi dissanguato.

Gemette, forse per il dolore, e si portò una mano lorda al volto. Un ringhio prolungato gli nacque dal petto, riversandosi fuori in un verso che mi parve una metà fra un lamento e un ululato. Mi mordicchiai il labbro, trepidante. La luna ora lo illuminava nella sua pienezza, e fu a quel punto che si voltò. Lentamente, molto lentamente, il volto coperto dalla cortina di capelli si rivelò.

Quando alzò gli occhi da terra venni quasi ferita dall’azzurro glaciale che balenava pericoloso nelle iridi. Una scintilla fredda e crudele che mai avrei pensato di trovare in un ragazzo così giovane, con la bocca piegata in un ghigno di disappunto. Le ferite profonde che pulsavano sulla sua carne erano come delle labbra rosse e aperte, in grado di ingoiare chiunque gli si fosse avvicinato.

La sua parvenza era così crudele che mi arrischiai a portare una mano all’elsa della spada.

Non sapevo proprio che fare. Se mi aveva vista non avrei avuto altra scelta se non quella di difendermi, e in tutta sincerità volevo vivere ancora un po’ di anni prima di finire al Creatore con quaranta coltellate al petto.

Il ragazzo rimase fermo, saldo sui piedi, senza dimostrare alcuna debolezza per quelle ferite. Anzi, sembrava quasi scocciato.  Sbuffò, come se tutta l’ira ululata qualche attimo prima fosse svanita, e fissò nuovamente il palmo della mano.

Allungai il busto in avanti, senza tuttavia alzarmi ancora di qualche centimetro. Spalancai gli occhi quando la pelle del bacino tremolò per attaccarsi alla metà squarciata, ricostituendo le fibre ad una velocità inumana. I muscoli tornarono al loro posto, coperti ubbidientemente da strati di epidermide perlacea.

Cercai di articolare un pensiero decente, ma l’incredibile spettacolo che mi si offriva davanti agli occhi impediva ogni capacità cognitiva, spenta dalla meraviglia e dall’orrore.

Diciamo che faceva abbastanza schifo vedere come tutto si riassorbiva, muscoli,sangue ,ecc.,  e alla fine notare che non gli rimaneva neanche una cicatrice. Lui non ne era minimante sorpreso, probabilmente si aspettava già una cosa del genere.

Allora la cosa era solo una: lo faceva per divertimento. O perché era stressato, o masochista.

Bho..

Fuori di testa, però, lo era di sicuro. Anche se in quel momento non si sarebbe detto.

L’unica traccia della sua opera era rimasta sulla guancia, dove poco prima si era toccato. Una manata di sangue un po’ secco. Per il resto non rimaneva nulla. Solo la canottiera sbrindellata in più punti. E il coltello che scivolava dalle sue dita fino a terra.

Sospirò tristemente, guardando oltre la sua spalla il mare agitato dai cavalloni. Il vento si era alzato, e di molto.

E mi portava l’aroma dolciastro del suo sangue. Scrollai le spalle, disgustata e mi lasciai cadere sulla sabbia di sotto.

Non era prudente rimanere lì, prima o poi mi avrebbe beccato, e allora una volta alzata mi mossi rapida verso le abitazioni.

Quando reputai di essere abbastanza lontana, chiusi gli occhi. E risi, risi fino a sentir male alla gola, poggiando le mani sulle ginocchia.

Ora capivo perché.

Perché io.

Riku,eh?

Mi calmai, raddrizzando la schiena. I miei occhi brillavano di luce nuova, soddisfazione.

Finalmente una preda degna di quel nome, interessante.

Ma soprattutto pericolosa.

Non ero spaventata.

Ero eccitata. Quella fu l’unica volta che promisi a me stessa di non scappare.

Quella volta ero pronta.

Sogghignai, rivolgendo il mio sguardo un po’ folle verso la collinetta.

“ Sarà maledettamente divertente”

 

 

 

 

“ Così, e a Coloba che si nascondeva”

“ S-sì signore, abitava insieme ad un fabbro del luogo”

“ Lo so,lo so” liquidò Lyam, annoiato “ Nient’altro?”

“ C-c-c’è n’è un'altra con lei..”

“ Davvero? Chi?”

Argus deglutì, sperando che le sue informazioni fossero esatte. Non voleva provocare l’ira funesta del padrone.

Si torse le mani scure, biascicando un nome a lui sconosciuto. Ma che per Lyam voleva dire tutto.

“ Azeneth Suarez”

“ Azeneth?” Gli occhi elettrici del Watcher brillarono, in un modo che Argus non aveva mai visto.

Annuì, e la trecciolina fermata da una piuma di fagiano ballò pigramente “ Sì”

“ Questa è una fortuna”

Si volse, con le dita intrecciate dietro la schiena. Dalla torre dell’orologio Radiant Garden sembrava un minuscolo formicaio variopinto. Sorrise maligno.

“ Allora eri lì” mormorò più a se stesso che allo scagnozzo. Trattenne una risatina.

“ Oh, sorellina”

Argus deglutì nuovamente.

“ È  tempo che tu mi restituisca il favore”

 

 

 

 

 

Er, non aggiornavo da un po’. Ma ora sono qui! Ultimamente la voglia di scrivere mi è un po’ calata, ma non demordo.

Ed ecco che Riku fa la sua comparsa!

Ma perché fa così (non fare sciocchezze Rikuccino)?  Cosa farà Fadwa? E la sorella di Lyam, Azeneth?

Vi avevo detto che ci sarebbe stato un altro personaggio, ed è proprio lei: Azeneth.

Non è tanto più grande di Fadwa, ma è.. bhè, avete capito.

 

The one winged angel

Ciao, prezzemolo! Eccomi qui, sono ancora viva purtroppo! La trovata del computer mi è arrivata così, ed in effetti ce lo vedo litigare con Fadwa (quella litiga con tutti) e come vedi qui si mostra un lato un po’ più fragile di lei, sempre condito dal suo sarcasmo pungente. Che razza di donna -___- ( Non è cattiva però, hai detto bene)

Sono contenta che ti piaccia Lyam. Invece lui è tutto il contrario di come si mostra: gentile ed educato in superficie, cinico e crudele sotto. Come testimonia la paura morbosa di Argus, il suo braccio destro-galoppino.

Per la domanda dell’altra volta: mi dispiace ma è errata! Ma hai comunque il premio di consolazione: Un peluches Genesis, eh, che ne dici?

Xeanorth è il cattivo di KH mentre Xemnas lo è del due e, sì, è il nessuno di Xeanorth. So che a quest’ora ti sarai già risposta da sola ma ho voluto dirtelo lo stesso. Però sono cento euro.

Scherzo ^_^

Ci vediamo alla prossima, grazie per la recensione!!

 

_MangaDarling_

Grazie per la recensione! Questo capitolo è ancora un po’ serio ( niente computer rompiballe) e come vedi ci sarà Azeneth. Tutto il contrario di Fadwa, e comparirà fra poco.

Ciao, grazie della recensione!

 

Ka93

La navetta era stata affittata per farci la casa del prossimo Grande Fratello (^_^)  quindi la privacy è solo un opinione! ( Vieni un po’ qui nda Fadwa) ( No! Aiuto!!!)

Lyam sì, è un figaccio (Ah-ehm) ( Ma mai quanto te Riku ^/////^)

Topolino è proprio deficiente, sarà che non lo sopporto, ma hai ragione. Cattivo topo!!!!!

Grazie per la recensione ^_^

Mikhi

Grazie, mi hai fatto molto contenta *_*

Sono felice che la storia ti intrighi e che ti piaccia il mio personaggio.

La vera natura di Lyam è venuta un poco fuori qui, ma credimi farà di peggio, anche a sua sorella. Topolino è malato di potere, ma vedi che calci nelle real-chiappe si prenderà (faccina malefica)

Spero che ti piaccia anche questo capitolo.

Ciao, un bacio!!

 

Lyssa

Sì e… no. Cioè un poco, ma verrà fuori più avanti. Grazie per avermi illuminato! Non avevo capito che quelle lettere erano il suo nome  0_0 ( che baka..)

Diciamo che anche per Fadwa il suo peregrinare bisogna dare la colpa a Xeanorth.  Quando era ancora un apprendista! Tutto più avanti, naturalmente.

E Topolino è un idiota, l’ho detto e lo ripeto. Per quanto riguarda Zexion apparirà solo nei ricordi di Fadwa quando era ancora umano. Lo vedremo parecchio da bambino con la giovane cacciatrice e Ansem avrà un ruolo fondamentale in questa storia.

Ciao, grazie della recensione.

 

Bene, alla prossima!!!!!

  
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