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Autore: Bibby    11/09/2010    7 recensioni
Abitudine, niente è più forte dell’abitudine. Arthur se lo ripeteva spesso, un comodo palliativo contro quel senso di colpa che ultimamente gli attanagliava il petto. Perché è vero, è solo questione d’abitudine se anziché passare ogni notte con America come avrebbe dovuto, sgusciava silenzioso fuori dalle coperte, per rifugiarsi in altre lenzuola dall’odioso profumo francese. Per rifugiarsi tra altre braccia che avevano stretto chissà quanti amanti. ─ Ti detesto, stupid frog ─ e anche il bacio famelico che seguì quell’affermazione, si disse Arthur, non era che un vizio, di cui - a causa dell’abitudine - non si riusciva a liberare. Partecipa alla Alphabet Challenge!
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Crazy little thing called Love

 

 

 

Abitudine, niente è più forte dell’abitudine. Arthur se lo ripeteva spesso, un comodo palliativo contro quel senso di colpa che ultimamente gli attanagliava il petto. Perché è vero, è solo questione d’abitudine se anziché passare ogni notte con America come avrebbe dovuto, sgusciava silenzioso fuori dalle coperte, per rifugiarsi in altre lenzuola dall’odioso profumo francese. Per rifugiarsi tra altre braccia che avevano stretto chissà quanti amanti.

─ Ti detesto, stupid frog ─ e anche il bacio famelico che seguì quell’affermazione, si disse Arthur, non era che un vizio, di cui - a causa dell’abitudine - non si riusciva a liberare.

 

 

Baciare Francis aveva sempre un sapore diverso. C’erano i baci sulla tempia, di consolazione quando l’alcool nelle vene abbondava, le urla di Alfred pulsavano in testa e tutto sembrava andare male. C’erano i baci scherzosi sulle labbra, con tanto di palpata annessa, immancabilmente seguiti da un “Fuck!” esasperato. C’erano i baci prepotenti mentre facevano l’amore, ritmati dalle spinte di Francis dentro di lui. Poi c’erano i baci sul collo, mentre fingeva di dormire e poteva godersi le coccole senza perdere la dignità. Arthur non l’avrebbe mai ammesso, ma quei baci, silenziosi e lievi, erano di gran lunga i suoi preferiti.

 

 

Cancellare tutto. Certi giorni Francis avrebbe voluto chiudere gli occhi e dimenticare la sua storia. Scordare i morti in battaglia, le case bruciate, i giochi di potere che scandivano da sempre la sua esistenza. Dimenticare gli eroi vergognosamente uccisi, il male inflitto e subito.

Malgrado il suo onnipresente sorriso, tutto quel dolore lo logorava dentro. Continuamente.

Altre volte, però, quando sentiva al risveglio il peso di una testolina bionda sul petto e un mare di improperi fluirgli nelle orecchie, capiva che mai avrebbe potuto cancellare la sua storia, almeno fin quando il suo amato Arthùr fosse stato accanto a lui.

 

 

 

Dickens è meglio, ti dico! ─ insisteva Arthur, da una buona mezz’ora, stringendo caparbiamente tra le mani una pesante copia di David Copperfield.

─ Ma cosa dici, mon amour? Dumas ha creato storie assai più intriganti! Chissà che ménage à trois facevano les mosquetaires prima dell’arrivo di D’Artagnan! Non che dopo abbiano smes...─

─ Ma smettila! ─ Lo zittì Inghilterra, facendosi paonazzo.

─ Vorresti provare anche tu, Arthùr? ─

E a quel punto, quando il libro che Arthur stringeva in mano lo colpì duramente sulla testa, Francis riconobbe la supremazia degli inglesi, almeno riguardo al peso della loro cultura.

 

 

 

Escargot?─ Domandò dubbioso Arthur, osservando Francis alle prese coi fornelli. Quelle cose viscide che galleggiavano in pentola non avevano esattamente un bell’aspetto.

Mais oui, mon Arthùr! Ti preparerò una cenetta coi fiocchi e assaggerai le prelibatezze della cucina francese! ─ Rispose Francia, per poi insinuare, con un sorriso sornione sul volto: ─ E magari dopo cena potresti assaggiare anche qualcos’altro, se ti va. ─

─ Stupida rana! ─ Sbottò l’inglese, zittito subitaneamente dalle labbra dell’altro che si posarono a tradimento sulle sue. Dopotutto, pensò, mentre rabbrividiva sotto i baci esperti dell’amico, i francesi sembravano avere un ottimo palato.

 

 

 

Fidanzati?─ Arthur impallidì a quell’affermazione.

─Ma certo! Tu e fratellone Francia vi comportate proprio da fidanzati. Vi conoscete bene, vi confidate i segreti, vi baciate, fate ses...─

─Ok, stop! ─ Si affrettò a interromperlo Inghilterra, mentre un sorrisetto isterico si faceva strada sul suo volto. ─No, io e la rana non stiamo assolutamente insieme!─

─Ma cosa dici, mon amour!─ Intervenne Francis, che fino a quel momento aveva ascoltato silenziosamente, per poi baciare con trasporto l’inglese.

E un imbarazzato Arthur, mentre le labbra del suo amico accarezzavano le sue, ipotizzò che davanti a quello spettacolo Italia non avrebbe sicuramente cambiato opinione.

 

 

 

Geloso?─ chiese Francis, accarezzando la testa bionda di Canada adagiata sulle sue gambe.

Arthur scosse la testa.

─Figurati.─

Eppure, cos’era quella bruciante sensazione d’impotenza? Cos’era la rabbia che gli percuoteva il petto? Non nei confronti di Matthew, lui era solo uno tra molti. Francia aveva così tanti amanti che ad elencarli si sarebbe perso il conto e questo faceva male, da morire.

Je n’aime que toi.─ mormorò il francese, fissandolo in viso, e Arthur avrebbe voluto domandare perché se amava solo lui continuava a scoparsi il mondo intero.

Ma invece non rispose, perché alle sue parole avrebbe voluto crederci davvero.

 

 

 

Hollyoaks. Francis non aveva mai visto un programma più dannatamente inglese.

Da quindici anni era sempre la stessa storia: Arthur lo abbandonava per guardare quello stupido programma. Non capiva che cosa ci trovasse in quella storiella idiota, molto meglio la sua Sous le soleil.

Sorridendo furbescamente, il francese entrò in soggiorno per sbirciare il suo amico -voleva gustarsi il suo bel faccino concentrato- e lo spettacolo davanti ai suoi occhi lo lasciò allibito. Arthur era incollato allo schermo e, dentro la tv,  due bei tipini -uomini, ovviamente- si sbaciucchiavano alla grande.

Forse aveva finalmente capito il motivo di tanta adorazione.

 

 

 

Innamorarsi. Arthur aveva letto da qualche parte - probabilmente su una delle stupide riviste femminili di Francis - che i sintomi erano sempre uguali: occhi lucidi, farfalle nello stomaco, gambe molli.

Lui non credeva di averle mai provate, queste cose. O meglio: le aveva provate, sì, ma in un tempo talmente lontano da essersele dimenticate.

Eppure, che cos’era quella sensazione di completezza disarmante, quando Francis era accanto a lui?

Arthur non sapeva rispondersi esaurientemente, e non sapeva nemmeno se era ancora innamorato; però, anche se non l’avrebbe ammesso mai, era certo di amare quella stupida rana con tutto sé stesso.

 

 

 

Joy to the world, the Lord is come!─

Francis osservava Arthur in silenzio, mentre questi cantava sottovoce quella vecchia canzoncina: sentire il suo timbro un po’ aspro era quanto di più rassicurante potesse esserci al mondo. Era come se dicesse sono qui e siamo insieme, malgrado tutto.

─Andiamo di là, ho un regalo per te.─ lo interruppe infine Francis, riflettendo che non c’era nulla di più bello del suo viso sorpreso e imbarazzato. ─Joyeux Noel, Arthùr─

─Merry Christmas, stupid frog!─

E sebbene fosse soltanto l’ennesimo Natale, nell’aria la gioia di essere insieme era palpabile. Sembrava dire: siamo insieme, malgrado tutto.

 

 

 

Ken, dico io! Vuoi davvero stare con un dannatissimo Ken dal sorriso perfetto ed il cuore d’oro? ─Francis aveva preso ad urlare, con una rabbia cieca che Arthur non gli aveva mai visto addosso.

─ Alfred non mi ha mai tradito, stupida rana.─ il tono di Inghilterra era pieno di rassegnazione: sembrava starci male anche lui, dopotutto.

Mon Arthùr, non dimenticarmi.─

E quando un Francis piangente l’aveva abbracciato forte, strappandogli un ultimo bacio disperato, Arthur si era chiesto se ne valeva davvero la pena, di abbandonare l’unico amore della sua vita per un ragazzino che avrebbe meritato una Barbie-sposa-perfetta accanto.

 

 

 

 

Lottare per ciò che desiderava era sempre rientrato nella sua indole. Aveva lottato contro gli inglesi, a suo tempo,  per poi capire che “se non puoi combatterlo, fattelo amico” (oppure fattelo e basta, più semplicemente); aveva lottato assieme al suo popolo per la rivoluzione; aveva lottato per le colonie e ora possedeva che due isolette ed uno straccio di mare. Aveva lottato e avrebbe continuato a farlo.

Francis sospirò, forse non era una buona idea mettersi contro la nazione più forte al mondo per gelosia, però, anche a costo di morire, era sicuro che per Arthùr avrebbe continuato a lottare.

 

 

 

Mani. Quelle di Francis erano bianche e affusolate, le unghie curatissime e madreperlacee che si conficcavano tanto facilmente nella sua schiena durante l’amore. Quelle mani che sapevano condurlo così bene alle soglie del Paradiso, che capaci gli regalavano l’orgasmo con egoistica generosità.

Nel corso della sua esistenza, Arthur le aveva viste tremare poche volte. Quando, le nocche bianche di disperazione, avevano sventolato la bandiera bianca davanti a Germania; oppure quando avevano accarezzato cupidamente la sfera del mondo ai tempi di Napoleone.

Ma soprattutto, quando avevano stretto le sue, tremanti allo stesso modo, nel mormorio del loro primo, ubriaco, “Ti amo”.

 

 

Notti assieme ne avevano passate tante. Notti svegli a fare l’amore, oppure passate a bisticciare bisbigliando, perché America è di là che dorme e no, Francis, non ti darò il mio culo anche stanotte, non col bambino nella stanza affianco.

E anche notti trascorse in silenzio, a dormire l’uno accanto al’altro, coi fiati che sapevano di alcol e i corpi di aspettativa insoddisfatta.

Ma un giorno Alfred era cresciuto, e Francis aveva abbandonato il loro letto, in silenzio, fuggendo da qualcun altro che avesse più bisogno di lui.

Da allora le sue notti, senza Arthur accanto, sapevano soltanto di ricordo.

 

 

Origliare è una brutta abitudine, Arthur gliel’aveva ripetuto tante volte, eppure Alfred non riusciva a fare a meno di mettersi dietro la porta della stanza dell’altro quando Francia veniva a fargli visita.

Il più delle volte alle sue orecchie giungevano parole stizzose e battibecchi serrati, spesso intervallati da qualche mellifluo “mon amour” del francese.

Tuttavia, c’erano giorni in cui i litigi erano ridotti al minimo e dalla stanza provenivano gemiti sconnessi e mormorii estasiati. Quelle volte, sentendo Francis mormorare all’amico parole proibite e pur non capendo che cosa stesse succedendo dall’altra parte della porta, desiderava ardentemente essere al suo posto.

 

 

 

Piegarsi non era nella sua indole, non sarebbe mai stato contagiato dai facili servilismi come Italia e non sarebbe mai stato costretto a farlo come Francis da Germania. Piuttosto, avrebbe preferito morire.

Eppure, da un po’ di tempo a questa parte, aveva scoperto che piegarsi - o meglio inginocchiarsi - davanti a quella stupida rana non era affatto male. Non che gli piacesse, certo, ma il suo orgoglio era fin troppo vorace di quei gemiti sconnessi e Francis, in fondo, non aveva un cattivo sapore.

Ovviamente, a scanso di equivoci, non avrebbe rivelato queste sue considerazioni a nessuno al mondo.

 

 

 

Qualcosa lo teneva legato ad Arthur in modo indissolubile. Non sapeva se fosse il suo caratteraccio per cui ogni notte d’amore sembrava una conquista, oppure il suo modo totalmente adorabile di arrossire aggrottando le sue buffe sopracciglia, però qualcosa c’era.

Aveva pensato molte volte di abbandonare l’altro alla sua vita, era la cosa migliore per entrambi, ma aveva concluso di non esserne capace.

Era sicuro che nessuno dei suoi tanti amanti gli avrebbe negato un letto, ma da tempo trascorreva ogni notte in una stupida branda inglese.

C’era qualcosa - forse nelle lenzuola? - che gli impediva di andare via.

 

 

Riappacificarsi era l’emozione più bella. Francis amava litigare con Arthur, vedere il suo volto segnato dall’indolenza infiammarsi e i suoi occhi dilatarsi agguerriti. Amava rispondere pacatamente ai suoi insulti, continuando a manifestare il suo amore senza una dignità, forse per masochismo, o più semplicemente per far valere quell’amore stesso.

Tuttavia, più di tutto, adorava vedere il broncio di Inghilterra trasformarsi in un tiepido sorriso -ci volessero minuti o decenni-, il suo volto arrossarsi -non più di rabbia ma di imbarazzo-, le mani tremare per l’emozione.

E allora lo stringeva forte al petto, decretando, in quel modo silenzioso, la pace ritrovata.

 

 

 

Sesso. Tutto, in quel corpo bello e curato, sembrava parlare di sesso.

Francis era sesso quando si portava un dito alle labbra, in un modo come un altro per assaggiare la sua crema chantilly . Francis era sesso quando mormorava sdolcinatezze a caso ad uno dei suoi tanti amanti, quando sorrideva compiaciuto e arrogante di una vittoria e perfino quando si inchinava inerme davanti ad una sconfitta. Francis era sesso allo stato puro, in ogni sua forma.

Tuttavia, le volte che condivideva il letto con uno scorbutico inglesino biondo, riempiendolo di attenzioni o standogli semplicemente al fianco, Francis diventava Amore.

 

 

 

Torture. Il francese al suo Arthùr sapeva infliggerne di assai dolci e, allo stesso modo, si sottoponeva ai dispetti dell’altro con innamorata devozione.

Era divertente, a volte, giocare a fare i nemici - forse per nascondere il fatto che non erano più nemici ormai da tanto tempo? - e Francis avrebbe trascorso ore a lasciarsi torturare dall’inglese, quell’anima devota eppure crudele, pur di fare la sua felicità.

Troppo tardi si era accorto, tuttavia, che esistevano tormenti ben peggiori di quelli del corpo.

Per la sua anima, vederlo felice con quello stupido ragazzino era stata di gran lunga la tortura peggiore.

 

 

 

Uniti, fino alla fine. Questo non se l'erano mai detto, però era chiaro che senza l’altro non sarebbero sopravvissuti.

 Il loro rapporto era straziato dai litigi, sublimato dal sesso, portato avanti da un’amicizia assurda e mal taciuta.

Loro stessi non avrebbero saputo se definirsi amanti (basta davvero andare a letto insieme per esserlo?), amici (e questo sarebbe stato più difficile da ammettere del loro amore) o nemici (ma allo stesso modo come possono definirsi nemici loro che hanno convissuto così a lungo?).

Qualcuno avrebbe azzardato chiamandoli fratelli.

Loro stessi non avrebbero saputo rispondere, ma qualcosa li univa. Fino alla fine.

 

 

 

Vinto? E che cosa avresti vinto, sentiamo? Stupida rana... ─ domandò l’inglese, fissando scettico l’amico dopo la sua ultima battuta. “Ho vinto”, aveva detto, e Arthur non sapeva spiegarsi proprio che cosa uno come lui potesse aver vinto.

Dalla seconda guerra mondiale, aveva collezionato sconfitte su sconfitte. Si era arreso - con disonore - al nemico e da allora non aveva combinato più nulla di buono.

Francis era un perdente, non avrebbe mai battuto nulla.

─ Ho vinto il tuo cuore, mon amour. ─

E Arthur, pur diventando rosso di rabbia come un peperone, non se l’era sentita di negare.

 

 

 

Wales?─ Arthur aveva inarcato pensierosamente le sue grosse sopracciglia.

─Certo, e anche Scozia. I tuoi fratelli si fanno ogni giorno più carini!─ rispose tranquillo Francis, ritornando nuovamente nei suoi pensieri; il suo sguardo non prometteva nulla di buono. ─ Un ménage a trois non sarebbe male, oppure anche a quatre, se vuoi partecipare. ─

─ What? ─

─ Tranquillo, mon Arthùr, sebbene tu abbia dei fratelli tanto carini, il mio preferito sarai sempre tu!─

Il sonoro ceffone che raggiunse il suo viso fece capire a Francis che forse no, fantasticare sui fratelli di Arthur non era proprio una buona idea.

 

 

 

Xenofobia: Arthur non credeva che ne avrebbe mai sofferto (malgrado il suo palesato patriottismo, il caro Inghilterra cercava di mantenere in ogni situazione quel briciolo di civiltà che lo aveva sempre caratterizzato).

In quel momento, però, mentre quella stupid frog maniaca e vinofila che era Francia si dilettava a far scivolare la sua raffinata manina ornata da tanto di French manicure nei suoi pantaloni, ormai decisamente troppo stretti, mormorando mielose smancerie nella sua altrettanto mielosa lingua, il ragazzo non poté fare a meno di provare un intenso odio -manifestato con “Shit” vari frammisti a gemiti sospesi- verso quegli stupidi stranieri.

 

 

 

Yoga. Francis stava incominciando ad odiare quella disciplina.

Da quando Arthur era ritornato dall’India, non faceva altro che meditare, e meditare, e meditare... togliendo tempo ad altre attività molto più entusiasmanti.

─ Om... ─ mormorò Arthur, smarrito nella sua stessa concentrazione.

Francia gli rivolse uno sguardo scettico.

─ Arthur, mon amour, voglio sperare che in India, oltre a questo, tu abbia imparato anche il Kamasutra! ─

E malgrado tutta la concentrazione del mondo, Arthur non poté evitare di abbandonare la sua posizione meditativa per mollare all’amico un calcio nei paesi bassi.. Fortuna che lo yoga predica la moderazione degli istinti!

 

 

 

 

Zitto... ─ fece brusco Arthur, il respiro ancora leggermente affannato.

Francis non provò nemmeno a ribattere: tanti secoli passati assieme gli avevano insegnato come in quei momenti, dopo l’amore, Inghilterra avesse bisogno di silenzio.

In fin dei conti, che necessità c’era di parlare? Il rumore dei loro respiri era più che sufficiente.

In generale, riflettè Francis, il loro rapporto non aveva bisogno di parole.

 Malgrado i bisticci scherzosi, le litigate furiose o gli scontri veri e propri, solo l’essere accanto contava veramente. E loro sarebbero andati avanti, attraverso i secoli, arrancando sul sentiero della vita. Mano nella mano.

 In silenzio.

 

 

Fine.

 

 

 

Okay, mi portavo avanti questa cosa da tempi immemori, e mi sento abbastanza soddisfatta del risultato.

E’ la prima volta che scrivo su questo pairing, sebbene sia uno dei miei preferiti sin dall’inizio. FRUK

Questo ammasso informe di drabbles partecipa alla Alphabet Challenge e sono ben fiera di annunciare che anche il titolo - omonima canzone dei Queen - contiene esattamente 26 caratteri U.U (mi ci sono scervellata abbastanza xD).

Passando alle drabble, non c’è molto da dire, se non che alle lettere straniere ho sparato le peggiori cacchiate ─ vedi W, Y, K e J. Mentre la mia preferita è indubbiamente la S, anche se è mielosa da far schifo!

A proposito della H, invece, per chi non conoscesse Hollyoaks, è una soap opera inglese dove c’era - fino a qualche tempo fa T.T - anche una coppia gay: John Paul e Craig (che sono bellissimi e vi consiglio di vedere la loro storia sul tubo!).

In ogni caso, wikipediate per maggiori informazioni!

Una nota esplicativa merita anche la D, dove ho giocato sulle iniziali di Dumas (che adoro) e Dickens, e David Copperfield e D’Artagnan. Pure qua, c’è internet per saperne di più U.U

Infine un grazie a __Ivy__ per l’aiuto con alcune lettere e soprattutto per il supporto morale! <3

Detto questo, spero che mi farete il piacere di lasciare un piccolo commento =)

Un bacione

 

Bibby


   
 
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