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Autore: Stregatta    12/09/2010    3 recensioni
Delle volte si interrogava sul perché di tanta pazienza, da parte di sua moglie, nei confronti di quel ragazzetto scapestrato e stravagante in cui non aveva mai visto niente tranne il suo essere una vera, incontrollabile, incomprensibile peste.
{David Bowie/Brian Molko}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Placebo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eh. Non sono miei, sapete? E neanche fanno/discutono di certe cose... Teoricamente.

Nuova incursione nella mia coppia prediletta e che lo è praticamente solo da altri quattro gatti, ma vabbe'.
Enjoy! :)

The last time, I swear




- Parlami di Brian. -
Iman srotolò l'insolita richiesta lentamente, sdraiandosi sul divano bianco del loro soggiorno ugualmente bianco come una pantera assonnata in un ordinatissimo zoo di lusso.
David si fermò nel bel mezzo del suo versarsi un bicchiere di brandy dalla bottiglia di cristallo del frigobar - regalo di chissà quale conoscente e chissà se famoso o meno.
- Perché? - domandò un attimo dopo con noncuranza dal suono insperatamente naturale.
Dopo tanti anni insieme, Iman riusciva ancora a coglierlo di sorpresa.
Per lei aveva sempre costituito una sorta di tacito tabù, qualcosa che non la riguardava ma che da un certo punto di vista subiva senza avere nulla da ridire.
Non le apparteneva, non le era mai appartenuto. Non faceva parte della sua esistenza, ergo non ne parlava.
La donna sorrise languidamente, sistemandosi i capelli scuri e vaporosi su di una spalla per non schiacciarli sotto la schiena.
- Mi annoio, e sono curiosa di sapere cosa combina in questo periodo... Era da un po' che non si faceva vivo. -
David riflettè, e poi mormorò con le labbra sul bordo del bicchiere semipieno: - Non credere che sia particolarmente interessante. -
Sua moglie arricciò il naso, obiettando: - Quello che fa Brian di solito è sempre interessante, in un modo o nell'altro. -
- Ma perché parlarne proprio adesso? - resistette testardamente David, tappando la caraffa di brandy forse con più energia del necessario.
L'insistenza, nelle persone, lo irritava da morire e l'ultima dalla quale si aspettava delle pressioni era proprio la sua abitualmente placida, accomodante compagna.
- Non è lui che ti ha telefonato tre ore fa, chiedendoti di uscire con questo tempo assurdo per raggiungerlo? -
Iman lo guardò dal basso verso l'alto, aggiungendo: - Non hai niente da nascondere, con me. Lo sai. -
Certo che no... Solo che era stanco, diamine. Aveva appena affrontato un acquazzone gelido e cattivo per giunture e muscoli che non erano più quelli di una volta e discorsi poco piacevoli dietro un'insipida tazza di té nero.
In poche parole, si trattava di un pessimo pomeriggio che aveva intenzione di rallegrare con il giusto quantitativo d'alcool e magari un sonnellino - Dio, stava seriamente invecchiando.
Per questo David se la prese con l'unico intralcio al suo programma - inatteso, fra l'altro. Iman stava sempre al suo posto. Sempre.
- Tranne quello che non ti interessa, giusto? -
- Me ne andavo quando ti veniva a trovare solo perché non erano mai visite di cortesia. - lo informò la donna, sollevando il capo per guardarlo in faccia.
David si sforzò di non cedere all'impulso di gridarle qualche impropero contro.
In fondo, aveva ragione. Quando Brian suonava il campanello, era sempre per qualche guaio in corso... E spesso, il guaio era solo nella sua testa - era la sua testa, anzi.
Delle volte si interrogava sul perché di tanta pazienza, da parte di sua moglie, nei confronti di quel ragazzetto scapestrato e stravagante in cui non aveva mai visto niente tranne il suo essere una vera, incontrollabile, incomprensibile peste.
Batté in ritirata, cercando di troncare la conversazione senza strappi troppo bruschi.
- Mi dispiace. -
La pantera addolcì il suo sguardo e si rilassò: erano malumori molto effimeri, i suoi.
- Non sto recriminando, e poi non ti spiace davvero. -
- Sei annoiata, e vuoi litigare. - sillabò piatto David, evitando il suo sguardo e fermandolo su quel quadro che proprio lei aveva tanto insistito per appendere in soggiorno, rappresentante un luminoso paesaggio veneziano in perfetta armonia con i suoi gusti classici, quasi ordinari nella loro tendenza al bello, alla rassicurante invisibilità di eventuali difetti.
Per lui non poteva essere lo stesso - Cristo, aveva persino gli occhi di colore diverso... Era il manifesto dell'asimmetria.
- Hai cominciato tu. Io ti ho solo chiesto di lui. -
- Non lo hai mai fatto prima. -
- Adesso sì. -
La spalla sinistra iniziò a fargli male, improvvisamente. Dannata articolazione meteoropatica, dannato temporale.
- Ha dei problemi. - confessò svogliato, alla fine, detestando la sua debolezza e le sue ossa doloranti.
- Ma non mi dire... - fu il commento asciutto ed assolutamente privo d'ironia di Iman.
- ... continua. -


***


Quando David cercava una parola con la quale definire Brian, la più convincente del mazzo restava sempre e solo una: ciclico.
Nel modo di comporre la sua musica, ad esempio: gli sovvenivano un paio di canzoni alla mente che, in generale, erano semplicemente giri di note che si inseguivano mordendo una la coda dell'altra senza soluzione di continuità, se non quella data dalla pausa sul CD fra un brano e il seguente.
Oppure, nel modo di tornare a cercarlo quando gli spettri che riusciva il più delle volte a tenere a bada, a lucchettare per mezzo di strofe che significavano qualcosa solo per lui che ne deteneva la chiave di lettura, gli si riproponevano uno per uno davanti agli occhi quando si guardava allo specchio.
In quei casi non era raro che se lo ritrovasse sulla porta di casa, spesso quando Iman era in casa.
Non che fosse un vero problema. Lei di Brian e del suo cronico, circolare bisogno di farsi medicare i lividi prodotti dall'ennesima caduta non voleva sapere alcunché  e, difatti, non faceva che defilarsi discretamente quando i convenevoli si esaurivano e Brian si faceva condurre in soggiorno, quieto e timido come non era mai in presenza di qualcuno - che fosse infastidita o meno da ciò, non lo dava a vedere.

Quella volta, però, era diverso.
Il suo pupillo - come in molti l'avevano definito quando in fondo non lo era mai stato, poiché la sua personalità era materiale troppo instabile e la sua arte era di conseguenza troppo, ed insospettabilmente, genuina ed umana per seguire un percorso musicale simile al proprio - sedeva al tavolino di quel bar semideserto al quale aveva invitato per telefono David per fare "due chiacchiere, come ai vecchi tempi".
Salvo poi non iniziarle mai, queste chiacchiere.
Crocchiava le dita accuratamente, la mandibola serrata come stesse facendo uno sforzo titanico per non urlare e gli occhi ostinatamente incollati alla finestra del locale.
Un torrenziale temporale stava dando spettacolo, fuori: era un pomeriggio buio e tempestoso che avrebbe costituito il perfetto incipit per un film od un libro dell'orrore, ma ovviamente c'era qualcos'altro a spaventare Brian rispetto ad un fulmine od un tuono troppo vicini.
David decise di rompere gli indugi, con delicatezza, introducendo l'usuale intimità all'interno delle loro interazioni nel modo più rassicurante possibile.
- Qual è il problema, piccolo? -
Non si preoccupò di apparire stucchevole, o risibile. Qualunque cosa facesse, dicesse, scrivesse e cantasse, Brian gli sembrava sempre tremendamente piccolo.
Dimenticava totalmente quanto fosse cresciuto, in verità, quanto avesse poco da spartire ormai con il ragazzino che aveva conosciuto molto tempo addietro.
Apparentemente.
- Non ci vediamo da un po', sbaglio? - domandò atono Brian, puntandogli addosso uno sguardo nervoso, incattivito - come volesse accusarlo, quasi.
Era da molto tempo che non avevano un vero faccia a faccia - in quel periodo  c'erano stati Meds e relativo tour.
David aveva comprato il disco appena uscito. Non male, anche se cupo come e più di quel temporale da incubo.
- Vero... Ma questo non vuol dire che ti abbia perso d'occhio. - affermò David, giustificandosi immediatamente: - E' sempre stato il problema principale, questo mio essere così protettivo nei tuoi confronti. -
- Credevo che il problema principale fosse Iman, a dire il vero. - ritorse Brian, e l'altro pensò che quell'allusione avrebbe potuto tranquillamente risparmiarsela.
La loro relazione era nata e morta nel giro di qualche mese: un fuoco di paglia, una sbornia, un'endovena di adrenalina e poi un'amicizia strana, un cercarsi ricorrente come le stagioni dell'anno per Brian ed un accogliere paziente ed altrettanto sistematico per David.
Quest'ultimo ammise: - Quando ero con te pensavo a molte cose, ma di certo non a lei. -
Lo fece con una punta di rimpianto: si rese conto che sarebbe stato corretto e normale, se l'avesse provato nei confronti di sua moglie.
- Non lo trovo qualcosa di cui vantarsi. -
Diocristo, perché doveva sempre partire all'attacco? Per quale motivo doveva prendere a pugni il mondo intero, invece di fermarsi un secondo a capire dov'era il problema? Sprecava energia ed intelligenza, in quel modo.
- Non lo sto facendo. E adesso smetti di sviare il discorso, per favore. -
Come padre e figlio. Un bambino di quasi trentacinque anni che si vergognava solamente di ciò che lo faceva soffrire.
- Ho dei casini... Con Steve. -
Dopo quell'inizio stentato, raddrizzò la schiena e proseguì amaro: - Vuole andarsene... E io non voglio fermarlo. Avrebbe senso farlo solo se fosse possibile tornare indietro, quando ancora riuscivamo a guardarci in faccia. -
Ecco un casino che David non avrebbe potuto risolvere al posto suo.
- Cosa intendi fare? - sussurrò il più anziano dopo un attimo di sorpresa, ben sapendo che si trattava di un quesito stupido da porre in quel momento, poiché era ovvio che Brian non sapesse cosa fare.
Non intendeva scavare a fondo in quella questione, essere messo a parte delle motivazioni e delle modalità dell'accaduto. Gli parve di non aver diritto a saperne di più, forse per via del fatto che Brian non stesse chiedendo effettivamente aiuto.
Era più uno sfogo, un dover tirare fuori del veleno e lasciarlo assorbire da qualcuno in grado di sopportarne gli effetti.
Era un uomo solo, e schiacciato da una situazione che mai avrebbe voluto si verificasse.
Un uomo, comunque. Non un pulcino col trucco sciolto sulla soglia di casa sua. Per la prima volta.
Brian sospirò, prendendo in mano la sua tazza di mocaccino.
- Voglio bere questo. Anzi, prima prenderò la schiuma con il cucchiaino e poi berrò. A piccoli, piccolissimi sorsi. -
Ottimo atteggiamento, fu il sarcastico commento mentale di David: appoggiò la guancia al dorso di una mano, scuotendo appena il capo, e mormorò in tutta sincerità: - Sarai la mia morte. -
- David... Che preoccupazioni inutili e triviali. Sappiamo entrambi che non morirai. Quando arriverà il momento ascenderai al cielo completo delle tue spoglie mortali, guardandoci tutti dall'alto e sussurrando benedizioni. - lo prese in giro Brian con tono solenne, vuotando uno dopo l'altro due cucchiaini e mezzo di zucchero sulla schiuma del mocaccino.
Amava i dolci, ricordò involontariamente David.
- Sei morboso ed irriverente... Ma ti permetterò lo stesso di sederti sulle mie ginocchia, quando ci rincontreremo. - scoccò ironico David, bagnandosi appena le labbra col té troppo leggero che aveva ordinato.
Dall'altro capo del tavolino, Brian sembrava aver recuperato un po' del suo smalto - i suoi tempi di reazione erano sempre stati buoni, in realtà: si chinò in avanti, promettendo: - Verrò in gonna ed anfibi... Sarò giovane, sudato e voluttuoso, come ti piaceva troppi anni fa. -
Già, all'epoca gli piaceva davvero molto quel terremoto in gonnella.
Continuava a piacergli tutt'ora, con i capelli un po' più corti, un'espressione più composta in viso ed un paio di semplicissimi, ordinari jeans scuri.
Ne era passata d'acqua sotto i ponti, diamine.
- Sempre convinto di risolvere tutto con il sesso. - notò sommessamente David, e l'altro replicò con una spallucciata: - Be', la vita non può davvero cambiarci così a fondo, giusto? -
Ok, ora aveva davvero detto una cazzata - e ne era addirittura consapevole, scommise David fra sé e sé.
- Vuoi davvero che ti risponda, piccolo? -
O preferisci chiederlo a Hewitt, invece? Perché a me viene troppo facile darti ragione.

***

David ultimò il suo racconto - scevro dei particolari che non era il caso di riportare ad una moglie comprensiva ma ancora tenacemente innamorata - con una rassicurazione che, per tempestività e convinzione, suonava più come una excusatio non petita che altro.
- Credo che sia l'ultima volta che ci incontreremo in questo modo. Ho già un figlio, al suo bambino interiore dovrà pensare da solo. -
- Bambino interiore... - ripetè Iman, prima di ridacchiare sommessamente e scuotere il capo.
Si voltò verso di lui, proponendo serenamente: - Quindi smetteresti di vederlo del tutto, se te lo chiedessi? -
Era forse la prima volta che sua moglie avanzava una richiesta del genere - non aveva mai contato molto sulla sua fedeltà, almeno fisica. Semplicemente, era consapevole di quanto la maggior parte degli interessi personali di David fossero volatili e poco rilevanti all'interno della loro vita di coppia. Non c'era bisogno di punirlo o rinfacciargli delle piccolezze del genere.
Non lo stava facendo neanche allora, eppure David finse lo stesso che il punto fosse proprio quello.
- Non devi essere gelosa. -
Iman aggrottò le sopracciglia, fissandolo intensamente.
Odiava che la sua intelligenza venisse insultata, da chiunque.
Si alzò, muovendosi sinuosa verso di lui come si trovasse in passerella.
Infilò le mani fra le pieghe del soprabito bagnato del marito, sfiorandogli le labbra con un bacio.
- Ti preparo un bagno caldo? -
Una donna paziente. Una donna tremendamente paziente, la sua, con lui e con tutto ciò di cui non aveva la forza né la voglia di liberarsi.
- Grazie. - sussurrò David, ricambiando il bacio e ringraziandola col pensiero almeno dieci volte tanto.





   
 
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