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Autore: MeggyElric___    13/09/2010    3 recensioni
"Non è più la calda mano di prima. Le dita non sono morbide e rosate, come quelle di un normale ragazzo di quindici anni. Stringe la mano, poi la dischiude. Le guarda entrambe. Così simili eppure così diverse. Si rese conto in quel momento quanto fosse sottile la linea che separa la vita dalla morte." One-shot su Fullmetal Alchemist. I protagonisti sono Edward e Winry. Buona lettura!
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte, eccomi con la mia ultima fan fiction. Quella che sto ancora scrivendo, Gold in the Blue, sembra non avere molto successo qui su EFP. Probabilmente non piace il mio stile di scrittura, ma ho tentato comunque con quest’altra.

L’ho scritta di getto, senza pensare. Le immagini scorrevano nella mia mente come in un film, e non ho fatto altro che scrivere i miei pensieri.

Spero che questa piccola fic vi faccia provare qualcosa. Io ce l’ho messa tutta, davvero. Se volete, lasciate un commento, anche negativo. Grazie.

Ele_divina

 

Snow Memories

 

Central City, 5 dicembre 1911.

L’inverno più rigido della storia, nello stato di Amestris. Tutta la città è ricoperta da una soffice e gelida coltre di neve. Non ci sono più colori. Tutto è bianco, ghiacciato.

Edward Elric, il famoso alchimista d’acciaio, il più giovane alchimista di stato, posa una mano sulla finestra ghiacciata. Il caldo tepore della pelle crea un alone sul vetro freddo. Con un dito scioglie quelle piccole goccioline, creando forme indistinguibili. Si ferma, stringe il pugno. Batte le nocche contro il vetro. La sua mano scricchiola con un leggero rumore metallico.

Non è più la calda mano di prima. Le dita non sono morbide e rosate, come quelle di un normale ragazzo di quindici anni. Stringe la mano, poi la dischiude. Le guarda entrambe. Così simili eppure così diverse. Si rese conto in quel momento quanto fosse sottile la linea che separa la vita dalla morte.

Sì. Era così. Il suo braccio destro non era più in vita.

Era morto.

Strinse i denti in un ringhio rabbioso, carico di risentimento verso quell’azione che aveva compiuto qualche anno prima. Maledizione. Era stato il suo egoismo a ridurlo così. Lui voleva riavere sua madre, senza dare  nulla in cambio. Sapeva benissimo che era un’operazione impossibile, che era proibita.

Ma lui voleva tutto. Desiderava rivedere la sua cara mamma, e tenersi anche tutto il resto. Così facendo aveva rovinato la sua vita. Ah, giusto. Non solo la sua. Come poteva essere di nuovo così egoista? Come poteva non pensare a suo fratello, che era costretto  a vivere – se quella può essere vita – dentro un’armatura.

Alphonse non poteva mangiare, né bere, o dormire. Non poteva sentire la calda carezza del sole, o il gelido graffio della neve. Non avrebbe più sentito la felicità invadergli il cuore, né il dolore trafiggergli l’anima.

Tutto per colpa sua.

Qualcosa si mosse dietro di lui. Voltò la testa, e i suoi capelli dorati si mossero fluenti all’aria. Sorrise, leggermente seccato, ma con un velo di malinconia nello sguardo. Tornò a guardare la neve che scendeva lenta , in una candida danza delicata.

Già, c’era anche lei. Un’altra persona a cui aveva rovinato la vita. Winry era costretta a non vederli mai, e ad essere sempre costantemente in pensiero per loro. È una così cara ragazza. La sua amica d’infanzia, nonché sua meccanica di fiducia. Era lei che aveva costruito le sue protasi meccaniche. Di sicuro, non l’avrebbe mai ammesso, ma in cuor suo lui sa benissimo che le sarà eternamente grato per avergli in qualche modo ridato la vita.

E la speranza.

Sì, la speranza di poter guardare avanti, e vedere qualcos’altro oltre al dolore e alla sofferenza di quell’infanzia rubata e di quell’anima dannata, ormai macchiata per sempre da quello sbaglio, da quel peccato.

In un certo senso le doveva la vita. Il suo orgoglio, però, gli impedisce di ringraziarla come davvero merita. Winry è sempre pronta a stargli accanto nel momento nel bisogno, qualunque cosa si intrometta nella sua strada. Così come è successo oggi.

“ Winry, l’automail ha bisogno di riparazioni. Penso che si sia congelato qualche ingranaggio. la spalla non si muove bene come prima”  aveva bisbigliato lui al telefono dell’ospedale, il giorno precedente. “ quando pensi di potermi raggiungere?” aveva chiesto, ben sapendo che con quel tempaccio, avrebbe sicuramente dovuto rinunciare alle sue battaglie. Di sicuro, la bionda meccanica non si sarebbe mossa dalla sua calda casetta tra le campagne di Resembool per prendere uno scomodo treno e riparare l’auto-mail di quel combinaguai del suo amico Ed. “domani sono lì” rispose la ragazza dall’altro capo del filo. A quanto pare, si era sbagliato.

Da quel che aveva capito più tardi, tra i prati del paesello in cui era nato, la neve e il freddo pungente non erano ancora giunti a imbiancare le colline verdeggianti. Winry infatti era arrivata vestita leggera, con un maglioncino di cotone e una corta gonnellina nera.

-          Win, piantala di sbattere i denti. È fastidioso.

La ragazza si stringe di più nelle coperte del letto di quella camera d’albergo. Solleva le ginocchia all’altezza del petto, in un ultimo tentativo di portare a sé un briciolo di calore corporeo. Sbuffa, continuando a tremare.

-          T-tu non hai il di-diritto di parlare! È s-solo per te che s-sono qui!

-          Io di certo non ti ho chiesto di venire subito!

-          Che altro po-potevo fare? S-se il ghiaccio avesse intaccato i n-nervi, tu saresti m-morto assiderato!

Edward sbuffa, stringendosi nella sua palandrana rossa. Nasconde un sorriso dolce, nonché un ringraziamento che mai sarebbe giunto all’orecchio della bionda. Winry lo guarda, aspettando una sua risposta.

-          Beh, se non altro non sarei bloccato qui a fare la guardia a una ragazzina freddolosa!

-          S-sei uno stronzo E-Ed...

Mormora, seriamente offesa dall’affermazione del ragazzo . aveva certo chiesto lei di avere una “scorta”. Quando il maggiore Armstrong era venuto a sapere della presenza di Winry, aveva ordinato al giovane alchimista di proteggerla a qualunque costo. Primo, perché solo lei sapeva aggiustare quell’auto-mail, secondo perché il maggiore non sopportava l’idea di saperla da sola in una città pericolosa e piena di banditi e canaglie come Central City. Così l’alchimista d’acciaio era stato costretto ad affittare una stanza d’albergo per loro due. Nonostante tutto, Edward si rende conto del suo errore. Le si avvicina senza che lei se ne possa accorgere.

-          La pr-prossima volta ti lasco morire di fr-freddo! Non so p-perché sono venuta qui così d-di corsa! Solo per aggiustarti l’a-auto-mail! S-se pensi che...

Non riesce a terminare la frase. Sente il materasso dietro di lei sprofondare leggermente, e in attimo, viene invasa da una calore intenso e familiare. Due braccia forti la circondano, impedendole una qualsiasi via di fuga.

-          Scusa.

Dice piano l’alchimista, sprofondando il viso rosso dall’umiliazione tra le pieghe del lenzuolo bianco, che contrasta con il color cremisi della sua pelle in quel momento. “Questa è l’ultima volta che ti chiedo scusa”, pensa. Il viso della ragazza si imporpora e un brivido le attraversa la schiena – non sa se per il freddo o per avere Ed così vicino, come non lo era mai stato - costringendola a tremare leggermente. Che cosa stava facendo?

-          Che cosa stai facendo?

Il biondo nota l’imbarazzo della sua amica. Distoglie lo sguardo da lei, ancora rosso in viso. Si riprende, ritrovando il suo modo di fare rozzo e strafottente.

-          Che cosa vai a pensare? Sto solo cercando di compiere il mio dovere. Non vorrai mica che io fallisca la mia missione solo per colpa tua, che sei diventata un ghiacciolo?

-          Ah... grazie.

-          Non ringraziarmi. Va meglio ora?

-          Sì, molto meglio.

“ in effetti, così è davvero molto più caldo”. Winry si stringe tra le braccia del suo amico d’infanzia, mentre il suo cuore galoppa frenetico dentro il suo petto. Che sensazione strana, averlo così vicino dopo tanto tempo.

Fatica a respirare, è troppo felice. Il gelo sembra essere scomparso, sconfitto da un dolce tepore che le sfiora la pelle, ricoperta di brividi di piacere.

La sua mente torna indietro nel tempo. A quando erano bambini. E si stendevano nel prato vicino a casa, sotto il grande salice piangente. Guardavano il sole sparire in una nebbiolina rossastra, dietro le colline rotonde. E poi si addormentavano, stretti l’uno all’altra, per affrontare il fresco della notte che stava per giungere.

Troppo stanchi per rialzarsi e tornare a casa, dopo una lunga giornata passata a scherzare e a rincorrersi tra i soffici ciuffi d’erba, che odoravano di libertà.

Troppo uniti per pensare di doversi separare, una volta tornati nei loro letti.

Sorride, ripensando a quei tempi in cui quell’abbraccio non li avrebbe fatti arrossire, ma sorridere dalla gioia di avere un così caro amico al proprio fianco.

Sa anche però che quell’amicizia non esiste più, e che quei due bambini che si addormentavano sotto il grande albero erano cambiati, cresciuti. Che non sarebbero più tornati a guardare insieme il tramonto tra le campagne di Resembool. Sarebbe stato troppo difficile, e si sarebbero creati troppi malintesi.

È innamorata di lui, lo sa.

Ma non glielo dice. Torna a bearsi di quei ricordi, mentre la stretta di Edward si fa più intensa. Ogni sua parte del corpo è scossa da miliardi di emozioni e ricordi. Chiude gli occhi, sorridendo. Capisce che poco prima si era sbagliata.

In quel letto, quella notte, mentre la neve scendeva a imbiancare i tetti e le strade della grande città, due ragazzi sono tornati bambini, addormentati e stretti l’uno all’altra, come a vivere gli ultimi piccoli istanti della loro infanzia rubata.

   
 
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