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Autore: Rebecca_    16/09/2010    0 recensioni
Una lacrima scorreva lungo il viso di Allison. I ricordi che con cura aveva chiuso dentro un cassetto della sua mente, riaffiorarono lentamente, permettendole di rivivere ogni singola emozione. Non poteva credere che fosse finita così.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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For You I Will

For You I Will

E’ un dolore sopportabile, quello di un ricordo riportato in superficie dopo tanto tempo. O almeno lo sembra. Non ci accorgiamo di come in realtà quella maledetta ferita non sia mai stata ricucita a dovere, i punti sono sempre pronti a riaprirsi. Fino a che non oltrepassiamo il limite, e allora un dolore più forte, subdolo, inizia a farci soffrire. Ci sembra che ogni nostro sforzo sia stato inutile, senza capire che forse quello sforzo non è stato così grande come avevamo immaginato. Certe volte andiamo semplicemente avanti, senza prima aver richiuso le ferite che ci siamo lasciati indietro. Ma una ferita mal curata, è una ferita ancora viva e pulsante, nascosta sotto uno strato di pelle troppo sottile.

 

Una lacrima scorreva lungo il viso di Allison. I ricordi che con cura aveva chiuso dentro un cassetto della sua mente, riaffiorarono lentamente, permettendole di rivivere ogni singola emozione. Non poteva credere che fosse finita così.

 

Allison Judd. Un nome, e per tutti un marchio. Popolare, solare, gentile. Erano i tre aggettivi con cui tutta la scuola descriveva una ragazza dai capelli biondi e gli occhi marroni, che passava i suoi pomeriggi tra le prove delle cheerleader e due cuffie nelle orecchie. Una ragazza che si godeva la vita giorno dopo giorno, senza preoccuparsi di niente. Non ce n’era motivo. Aveva una famiglia che le voleva bene, degli amici con cui amava passare momenti divertenti. Ma un giorno, qualcuno le mostrò una piccola nota negativa in tutto quello che a lei era sempre parsa una vita tranquilla e felice. Allison non aveva un ragazzo. Per una diciassettenne non era forse normale non avere un ragazzo? Non secondo la sua migliore amica.

- Dobbiamo risolvere questa faccenda –

Erano a mensa, sole al tavolo Allison e Sarah.

- Non c’è nessuna situazione da risolvere, non mi pare di essere in grave pericolo –

- E invece lo sei! Se continui così, diventerai una zitella che vive con almeno otto gatti –

Allison rise a quell’allettante prospettiva.

- Meno male che sono allergica ai gatti, allora –

- Hai capito quello che intendevo – disse l’altra lanciandole un’occhiataccia.

- Cosa vuoi che faccia? Non posso decidere di trovare un ragazzo così all’improvviso. Non è una cosa che si pianifica –

- E chi lo ha detto? – Allison si spaventò per la serietà con cui Sarah parlava. – Ci sono ragazzi che farebbero la fila per te, dentro questa scuola –

- E se, nonostante questo, io sono ancora single, evidentemente vuol dire che non ce n’è uno giusto per me –

- Secondo me sei solo troppo esigente –

- E tu troppo poco, sbaglio o sei arrivata al quinto questo mese? –

Sarah finse di fare l’offesa per le parole dell’amica, ma subito lei si scusò e le due cambiarono discorso.

Tornate in classe, Allison non poté evitar di ripensare a quello che l’amica le aveva detto. Forse aveva ragione, lei era troppo esigente. Eppure non le sembrava di chiedere molto, anzi, non aveva mai chiesto niente. Non si erano poi fatti avanti così tanti ragazzi negli ultimi anni, e quelli che l’avevano invitata ad uscire erano tutti inadatti a lei, per un motivo o per l’altro. Trovare qualcuno di compatibile non era facile, nonostante risultasse una ragazza semplice da accontentare. La verità era che neanche Allison sapeva com’era fatta. Non si era mai posta domande, neanche una volta. Non le piaceva la sensazione di non sapere, soprattutto se significa non conoscere se stessa. Si convinse quindi a focalizzare i suoi pensieri sulla lezioni, evitando accuratamente di distrarsi.

Suonò finalmente la campanella, e tutti gli alunni si affrettarono ad uscire. Mentre anche Allison si stava recando fuori dall’aula, la professoressa la fermò.

- Ho bisogno che lei rimanga, signorina Judd –

Controvoglia, la bionda si voltò verso la donna.

- Cosa le serve, signora Turner? –

- Oggi pomeriggio ci sono i provini per il talent show, e mi servirebbe una mano. Chiami anche la sua amica, la signorina Hill, ci saranno molte cose da fare –

Allison roteò gli occhi, e assicurò la loro presenza.

 

Le due ragazze furono posizionate una all’entrata del teatro, per controllare che tutti i partecipanti arrivassero in tempo, mentre l’altra doveva occuparsi di chiamare sul palco chi era già all’interno.

In un momento di pausa, Sarah raggiunse Allison alle macchinette.

- Sembra che tu abbia rimediato il lavoro più faticoso – commentò la prima, sedendosi su un banco lasciato incustodito.

- Già, tutti vogliono entrare prima degli altri, è un caos qui fuori. La signora Turner ci ha incastrate per bene –

- Ce la deve far pagare per quel lavoro che non siamo riuscite a presentare in tempo, lo sai –

- Beh, non è colpa nostra se prima ci dà una data di consegna e poi decide di cambiarla improvvisamente – Allison addentò la sua merendina con rabbia.

- Cambiando discorso, anzi, tornandone ad uno vecchio, hai trovato qualcuno di interessante? – domandò Ashley con un sorriso malizioso.

La bionda la fulminò con lo sguardo.

- No, non sono capace di adocchiare i ragazzi come fai tu –

Gli occhi di Ashley si illuminarono improvvisamente, e Allison fu preoccupata. Molto preoccupata.

- Ti propongo un accordo –

- Sentiamo – commentò Allison senza un velo di convinzione.

- Io individuo un ragazzo per te, e tu provi a parlarci. Se va bene, siamo entrambe contente, e se va male prometto che ti lascerò in pace –

Convinta che l’amica non avrebbe trovato nessuno che le sarebbe mai potuto interessare, la bionda accettò. Ashley conosceva sì i suoi gusti alla perfezione, ma i ragazzi cui era solita dedicare attenzione erano esattamente i tipi che mai ad Allison sarebbero piaciuti. Per questo non si preoccupò quando rientrarono nel teatro, richiamate dalla professoressa. I provini erano terminati per quel giorno, eppure sul palco c’era ancora un ragazzo con una chitarra in mano. La sua musica subito rapì la ragazza, e la sua voce la intrappolò, impedendole di uscire da quella ragnatela che le si disegnava attorno al corpo. Gli occhi della ragazza non riuscivano a staccarsi da quelle dita che, sicure, si muovevano tra le corde dello strumento, disegnando suoni incantati. E quelle labbra, da cui uscivano parole che la colpivano dritte al cuore.

Quando il ragazzo smise di suonare, fu come un ritorno alla realtà. Allison si ritrovò improvvisamente in quel vecchio teatro, accanto alla sua migliore amica che non smetteva di applaudire. Era come se fosse tornata da un viaggio verso un altro mondo, un mondo che sentiva il bisogno di conoscere.

- Qualcosa mi dice che ho trovato il ragazzo – disse poi Ashley, lanciando all’amica uno sguardo malizioso.

Allison la guardò confusa, già dimenticatasi del patto che avevano appena stretto. Quando le tornò alla mente, iniziò ad innervosirsi. Il pensiero di rivolgere la parola a quel ragazzo le faceva un effetto strano, un formicolio le attraversava le vene da capo a piedi.

Ashley la prese per mano e la trascinò sotto al palco, da cui il ragazzo era appena sceso.

- Forza,vai – incoraggiò poi la bionda.

- Non so che dirgli, Ash, non ci vado –

- Zitta e cammina. Qualcosa ti verrà in mente –

Allison spinse l’amica praticamente addosso al ragazzo, il quale si girò confuso.

- Ciao – balbettò Allison.

- Ciao – rispose il ragazzo.

- Ti ho sentito suonare, sei bravo –

- Grazie –

- Io sono Allison, comunque. Piacere – la ragazza si sentiva dannatamente impacciata, e la mano che aveva proteso le tremava visibilmente.

Il ragazzo la strinse saldamente, non notando affatto l’imbarazzo della bionda. O almeno così sperava lei.

- Jared, piacere mio –

Non avendo altro da dire, Allison sperò che fosse lui ad aggiungere qualcosa. Le sue speranze, però, furono vane. Visto che la conversazione sembrava finita così, il ragazzo semplicemente le sorrise appena e si voltò a parlare con qualcun altro. La bionda rimase lì impalata, incredula per quello che era appena successo.

Ashley, che aveva assistito a tutta la scena, non osò dire una parola. Accompagnò l’amica a casa, tentando di riempire il silenzio con qualche conversazione pressoché inutile. Ma l’amica non l’ascoltava. Allison era presa dai ricordi da quel microscopico scambio di parole che aveva avuto con Jared, il cui unico risultato era quello di essersi resa conto di essere pessima nei rapporti con l’altro sesso. O almeno, quando il ragazzo in questione aveva un certo effetto su di lei. Oltre ad un complimento campato in aria, la ragazza non era riuscita a dire nulla di molto sensato, e aveva finito per rendersi ridicola ai suoi occhi. Si giurò che mai più gli avrebbe rivolto la parola. Mai più.

Do I seem familiar, I've crossed you in hallways
a thousand times, no more camouflage
I want to be exposed, and not be afraid to fall.

 

Il giorno dopo, Allison era insolitamente nervosa. Mentre camminava per i corridoi della sua scuola, il suo sguardo si muoveva freneticamente da una parte all’altra, temendo di vedere un viso che fino ad allora non le era mai parso familiare. Non sapeva se avesse più paura di rendersi di nuovo ridicola, o scoprire quanto si sentisse inadatta in quel tipo di situazioni. Mille pensieri le attraversavano la mente. Sperava che lui non avesse capito le sue intenzioni del giorno prima, sperava che potesse dimenticare tutta quella faccenda facilmente, così com’era nata. E’ ironico come pochi secondi vissuti possano avere un tale effetto su una persona.

Stava sistemando i libri nel proprio armadietto, quando la bionda lo riconobbe. Era appena uscito da un’aula. Allison sperò con tutto il cuore che non la vedesse, ma di nuovo, i suoi desideri non si esaudirono.

- Dicevo che avevi un’aria familiare – le disse il ragazzo, avvicinandosi.

- Come, scusa? – chiese lei, confusa.

Jared indicò la sua tenuta da cheerleader.

- Ti ho visto alle partite – spiegò poi.

- Ah, certo –

Allison fu un po’ delusa dalle parole del ragazzo, anche se non si seppe spiegare il perché.

- Beh, ora devo andare. Ci vediamo – accennando appena un sorriso, Jared fece per andarsene.

La ragazza sospirò, e raccolse in sé tutte le forze che aveva. Non poteva lasciar finire la discussione così, non di nuovo.

- Ci sei oggi pomeriggio? – gli chiese poi. Il ragazzo la guardò confuso. - Intendo ai provini – spiegò lei.

- Ah, no non ci sono. –

- Non sei passato? – chiese a bocca aperta Allison.

Jared sorrise.

- Non ho fatto il provino ieri. La professoressa Turner è mia zia, e sa che mi diletto a suonare qualche volta. Pensa che sia piuttosto bravo, e mi ha chiesto di mostrare agli altri il tipo di talento che vuole per il talent show –

- Peccato, penso potresti vincere – la ragazza notò che, anche se lentamente, più parlavano più lei riusciva ad essere meno nervosa.

Il ragazzo si limitò a sorriderle di nuovo, mostrandosi dubbioso verso ciò che Allison aveva appena detto.

- Ci vediamo, Allison –

La ragazza divenne improvvisamente rossa in viso, ma per fortuna Jared si era già voltato e non l’aveva vista. Si era ricordato il suo nome. Le sembrava stupido essere così emozionata, ma non poteva governare le proprie emozioni. Sospirò, dandosi dell’idiota. Come poteva passare dal totale disinteresse per i ragazzi a scene del genere in così poco tempo? Si chiese se non stesse esagerando, e una parte di lei lo credeva. Ma c’era anche l’altra parte, quella che voleva rivedere Jared, che voleva parlargli di nuovo. E soprattutto, Allison iniziò a sognare il suo sorriso, un sorriso dedicato a lei e a nessun’altra.

Eppure, Allison non conosceva per niente quel ragazzo. Per quel che ne sapeva, poteva anche avere una ragazza. Al solo pensiero, la bionda si sentì tornare alla realtà. Provò a rivivere con la mente quegli anni passati a scuola, cercando in ogni angolo un ricordo di Jared. Ma le sembrava di non averlo mai visto prima.

 

Quel pomeriggio, Allison ebbe l’occasione di parlare di Jared con la sua migliore amica. In realtà, lei non aveva avuto la minima intenzione di farlo, ma Sarah aveva aperto il discorso ed ora era difficile venirne fuori. Era come se l’amica avesse sbloccato una serratura che si apriva solo da fuori, ed ora tutto quello che vi era dentro si era riversato addosso a lei. Allison non la smetteva di fare domande, più a se stessa che a Sarah, non riusciva a smettere di parlare di lui. Purtroppo, però, l’amica ne sapeva quanto lei. Giurava di non aver mai visto quel ragazzo prima di allora, e non poteva rispondere neanche ad uno dei quesiti che tormentavano la bionda.

 

Allison passò diverse serate giurandosi ripetutamente di lasciar perdere, ma poi ogni suo pensiero sfiorava il ricordo di quelle due giornate. Poche parole erano state scambiate tra i due, eppure lei non si spiegava come fosse così attratta da Jared. C’era qualcosa di lui, nei suoi occhi, nel suo modo di fare, che l’attraevano. Era qualcosa al di là della sua bellezza, perché sì, la ragazza doveva ammettere che Jared era molto bello. Ma c’era qualcos’altro. Forse era la sua aria impenetrabile, come se avesse uno scudo che lo avvolgeva. Nessuno sembrava poterlo scalfire. Allison l’aveva osservato spesso dopo il loro primo incontro, e notò come fosse quasi sempre da solo. Perfino a mensa, quando tutti erano contenti di poter passare del tempo libero con i propri amici, Jared sedeva ad un tavolo qualsiasi, con chi capitava, e parlava poco. La bionda si sentiva a disagio nel guardarlo così spesso, ma non poteva farne a meno. Sperava che lui non se ne accorgesse, ma più di una volta i loro sguardi si erano incrociati. Eppure, lui non le aveva più rivolto la parola, nonostante capitasse spesso che si incrociassero per i corridoi, o all’entrata di scuola. Allison non era più riuscita a parlargli, semplicemente non sapeva cosa dirgli. Così decise che dal giorno dopo avrebbe tentato di ignorarlo. Aveva passato una settimana pensando solamente a cosa ci fosse dietro la facciata che Jared esponeva a tutti, ma era arrivata l’ora di finirla. Non poteva permettersi di sprecare altro tempo per qualcuno che sembrava disinteressato a chiunque, soprattutto a lei.

Forgive me if I st-stutter
From all of the clutter in my head
Cuz I could fall asleep in those eyes
Like a water bed.

 

Allison uscì dall’aula di inglese, quando si voltò e vide Jared appoggiato al muro, accanto al suo armadietto. Sfortunatamente, la ragazza doveva recarsi lì per forza, e la promessa fatta a se stessa dovette essere infranta. Di nuovo.

- Ciao – la salutò lui con un sorriso insolito.

- Ciao – rispose lei, insicura sul comportamento da tenere.

- Come va? –

Cos’era tutto quell’interesse che improvvisamente Jared sembrava mostrare? Allison era più confusa che mai.

- Direi bene. A te? –

- Direi che va, semplicemente – rispose serio lui.

Allison aprì l’armadietto e prese i libri che le servivano, senza aggiungere nient’altro. Poi lo guardò, chiedendosi cosa volesse veramente, e per un attimo si perse nei suoi occhi. Anche lui la guardava, e alla ragazza sembrò che c’era qualcosa che volesse dire, ma non apriva bocca.

- Ah, tieni – Jared interruppe improvvisamente quello strano momento, cercando nello zaino qualcosa. Era un foglio, che porse alla ragazza.

- Cos’è? – chiese lei.

- Mia zia mi ha detto di dartelo. E ha anche aggiunto che devi rimanere oggi pomeriggio, le serve una mano –

Allison sarebbe voluta scappare. Aveva prepotentemente pensato che Jared volesse semplicemente parlarle, invece era stato mandato dalla sua professoressa. Avrebbe dovuto evitarlo, esattamente come si era ripromessa di fare.

- Ah, okay. Grazie per avermelo detto – disse, mettendo i libri nella sua borsa e andandosene.

Non poteva permettersi di rimanere un momento di più. Quegli occhi la distraevano decisamente troppo, ed Allison aveva il bisogno di sentire la terra sotto ai piedi. Non aspettò che lui le rispondesse, e non si voltò per guardarlo di nuovo. Fu un errore. Se lo avesse fatto, avrebbe visto qualcosa che le avrebbe fatto cambiare idea. Il ragazzo la stava seguendo con lo sguardo, mentre si mordeva un labbro. Avrebbe voluto dirle qualcos’altro, ma forse era meglio così. Se solo avesse provato a pronunciare quelle poche parole, si sarebbe messo in ridicolo, e soprattutto, l’avrebbe coinvolta in qualcosa più grande di lei. Si chiese se lo sarebbe riuscita a sopportare.

 

Quel pomeriggio, Allison raccontò l’accaduto a Sarah. Questa volta fu lei ad iniziare il discorso, ma di nuovo l’amica non seppe darle una spiegazione. Le disse solamente che l’accordo che l’aveva portata fino a lì, era ormai finito. La bionda si era ritrovata in una strana situazione, e non era quello che Sarah voleva per lei. Era meglio lasciar perdere quel Jared, da cui fino ad allora aveva rimediato solo dei grattacapi.

Ma di nuovo, presa una decisione, il ragazzo le compariva magicamente davanti. Anche Jared era lì quel pomeriggio e il peggio era che dovevano lavorare insieme. Entrambi dovevano trovarsi dietro le quinte, a sistemare la scaletta che la professoressa aveva fatto consegnare ad Allison dal nipote, e occuparsi di mandare sul palco tutti i partecipanti selezionati.

Lì dietro, i due erano quasi sempre soli. Allison evitava ogni contatto con il ragazzo, temendo anche solo di sfiorarlo. Ogni parola, ogni sguardo, l’avrebbe intrappolata di nuovo. Ormai tutto di lui aveva su di lei lo stesso effetto delle sue canzoni. Ma la ragazza voleva evitare accuratamente quella ragnatela, o sarebbe stata mangiata viva. Jared, invece, le riservava sguardi che lei non notava e che lui non voleva che notasse.

Quel silenzio non era sopportabile, nemmeno per Allison, che per un attimo si convinse fosse la sua unica via di salvezza. Ma, come ogni volta che aveva Jared accanto, la ragazza cambiava idea molto facilmente.

- Posso farti una domanda? – gli chiese improvvisamente, spezzando quel momento imbarazzante, ma subito pentendosene.

- Sì, certo –

La bionda si fece coraggiò.

- Ti ho notato… a mensa, e mi sembra strano che tu sia sempre da solo. Non hai qualche amico? –

Jared sorrise. Aspettava da tempo quella domanda.

- Direi che non ne sento il bisogno. A mensa mi siedo con chi capita perché alla fine mi trovo bene con tutti, ma con nessuno in particolare –

- Ah, capisco – in realtà non capiva.

 Allison avrebbe voluto fargli molte altre domande, ma in fondo non erano affari suoi, e sicuramente lui l’avrebbe trovata invadente. Così, si accontentò di quella risposta confusa che aveva ricevuto, chiedendosi cosa ci fosse dietro in realtà.

- Quindi mi hai notato… - continuò poi lui con un sorriso malizioso.

La ragazza arrossì violentemente, iniziando a balbettare frasi senza senso.

Jared la guardò, e il suo sorriso si trasformò in qualcosa di più veritiero, semplice, naturale. Come se l’imbarazzo di lei gli facesse quasi tenerezza. Ovviamente, questo non aiutava assolutamente Allison a calmarsi, e soprattutto a trovare due parole sensate da mettere insieme. Nella sua testa c’era solo confusione, nella quale cercava disperatamente un filo logico che potesse salvarla da quella situazione piuttosto imbarazzante. Ma di nuovo, cadde nella ragnatela. Si ritrovò persa, intrappolata, nel labirinto che accoglievano gli occhi di Jared. Ora più che mai, era convinta che ci fosse qualcosa di imperdibile alla fine di quell’intrico. Ed era allettante scoprirlo, più di qualsiasi cosa. Sentiva che doveva, in qualche modo, risolvere quell’enigma. Non perché la sua curiosità era insaziabile, ma perché lei sentiva che poteva farcela. Non sapeva spiegarselo, ma era come se Jared fosse restio a fermarla, come se anche lui volesse in qualche modo aiutarla a trovare la via d’uscita, per vedere finalmente cosa nascondesse con tanta cura. La cosa più importante che Allison non sapeva, però, era che se mai quel labirinto avesse avuto una via d’uscita, solo lei sarebbe stata capace di trovarla. Con quello sguardo, Jared aveva visto qualcosa di nuovo in quella ragazza, di cui fino ad allora non sapeva dire cosa lo colpisse. E ancora non l’aveva capito del tutto.

- Ragazzi, per oggi abbiamo finito. Grazie per l’aiuto – la professoressa Turner sbucò all’improvviso, togliendo ogni possibilità ai due di dirsi qualcos’altro.

Jared scomparve. Semplicemente, si dileguò, ed Allison non se ne capacitava. Ma d’altronde, la sua attenzione era stata monopolizzata da Sarah che voleva a tutti i costi conoscere i dettagli di quello che era avvenuto dietro le quinte. Ma cosa dirle? Quelle della bionda erano semplicemente sensazioni, di cui non poteva neanche darne per certa la natura. Fu comunque spinta dall’amica a parlare ancora con quello strano ragazzo. Non c’era bisogno, però, del sostegno morale di Sarah. Allison aveva già tutte le intenzione di non lasciarselo più sfuggire.

I'm gonna muster every ounce of confidence I have
And cannon ball into the water.
I'm gonna muster every ounce of confidence I have
For you I will.

 

Il giorno dopo, a scuola, ancora nessuna traccia di Jared. Allison non se lo spiegava, eppure non si dava per vinta. Combatté contro se stessa per non prendere quell’assenza come un segno. Era abituata a prendere le cose come le venivano presentate dalla vita, dal destino, o da qualunque cosa creasse quelle serie di conseguenze che ci portano dove siamo, che ci creano e ci modellano. Questa volta, però, la ragazza aveva tutte le intenzioni di decidere da sola la strada che avrebbe seguito. E quella strada includeva Jared.

 

Il weekend non fu altrettanto facile per Allison. Vagando tra i mille pensieri della mente, la forza di volontà per riuscire a ripresentarsi di fronte a lui dopo la serie di figuracce che aveva collezionato, le veniva meno. Spesso si ritrovava ad auto convincersi che sarebbe stato meglio finirla lì. Non ci sarebbero state più occasioni per rivolgergli la parola, a meno che non se le fosse creata da sola. Ma il pensiero di chiudere lì qualcosa che in realtà non era mai stato neanche aperto, dava ad Allison la sensazione di sbattersi la porta in faccia da sola. Se non avesse neanche provato a fare del suo meglio, come poteva sapere se ne sarebbe mai valsa la pena?

Così, quando tornò a scuola, la ragazza raccolse ogni millimetro di sicurezza che aveva in corpo, e appena Jared comparve all’orizzonte, Allison si fece avanti.

- Ciao –

- Ehi, ciao – ogni ombra di quel sorriso che pochi giorni prima le aveva regalato, era scomparso dal suo volto.

- C’è qualcosa che non va, per caso? – Allison pregò che il problema non fosse lei stessa.

- Non voglio mentirti, quindi ti risponderò semplicemente che è una storia lunga –

- Non ne vuoi parlare, capisco –

Jared annuì, e per l’ennesima volta i due si ritrovarono avvolti dal silenzio. Nessuno sapeva cosa aggiungere, e allo stesso tempo avrebbero voluto dire tanto.

- Ci vediamo – concluse poi il ragazzo.

Allison accennò un saluto. Era stata la botta decisiva. Almeno poteva dire di averci provato.

- Allison, aspetta – gridò poi lui da lontano, girandosi verso di lei.

La ragazza fece appena in tempo a voltarsi, che già se lo ritrovò di nuovo accanto.

- Sì? – chiese, piena di aspettative che, se avesse potuto, mai si sarebbe permessa di avere.

- Hai da fare oggi pomeriggio? – il ragazzo le sorrise, rassegnato a se stesso.

- Ehm, no. Perché? – le guance della bionda si arrossirono lentamente.

- Ti va di… andare a prendere un gelato, qualcosa così? –

Allison si dovette trattenere per non scoppiare di felicità.

- Sì, mi va –

- Allora ci vediamo all’uscita – e Jared se ne andò, accennando un sorriso.

Il ragazzo si era sforzato per non invitarla. Aveva lottato contro il suo senso del dovere, inutilmente. Come glielo avrebbe spiegato, ancora non lo sapeva. Ma Jared sentiva che valeva la pena, anche solo per poterle stare accanto quei pochi momenti che aveva da concederle.

 

Il resto della giornata fu, per entrambi, un interminabile conto alla rovescia. Ogni ora, ogni minuto, ogni secondo passavano più lentamente del precedente. L’attesa era soffocante, perché sembrava più lunga di quel semplice giorno di scuola. Erano parecchie settimane che i due aveva aspettato quel momento che pareva finalmente arrivare.

Ed era arrivato. Fuori dall’edificio, Allison si trattenne appena dal correre verso Jared, che l’aspettava appoggiato ad un albero. Quel ragazzo riusciva ad essere misterioso senza neanche volerlo, ormai la ragazza ne era più che convinta. Ma sperò che nessun segreto sarebbe stato tenuto nascosto ancora per lungo tempo.

- Dove vuoi andare? – le chiese Jared, facendole strada verso la sua macchina.

- Conosco un posto che possiamo raggiungere a piedi. Ti dispiace se facciamo a meno della tua… - e la ragazza indicò l’automobile, improvvisamente più nervosa del solito.

Allison sapeva cosa sarebbe successo se i genitori avessero scoperto che se ne andava in giro in macchina con qualcuno che a malapena conosceva, e mai se lo sarebbe permessa. In fondo era anche vero che non sapeva nulla di quel ragazzo.

- Hai paura per caso? – chiese lui ridendo.

- Se ti dico di sì non mi molli qui da sola e addio gelato? –

- Tranquilla, non è l’aver paura di venir in macchina con me che ti salverà da questo pomeriggio –

Allison sorrise.

- Meno male, perché non ho assolutamente voglia di essere salvata –

Jared la guardò allo stesso modo in cui l’aveva guardata dietro le quinte del teatro. La ragazza si imbarazzò per quello che quegli occhi sembravano volerle dire. Ma non c’era nessun imbarazzo da provare, Jared stava esprimendo ogni singola emozione che Allison sembrava sentire.

Entrarono in una gelateria, e Jared insistette per offrire lui. Non sapeva se Allison lo considerasse un appuntamento, ma comunque fosse, lui voleva riservarle quelle attenzione che sentiva meritasse.

- Okay, devo dirtelo, nascondi bene la tua verità identità – presa da un momento di particolare feeling con Jared, Allison si sentì pronta a fare il primo passo verso il suo obiettivo.

Dall’altro capo del tavolo, Jared alzò un sopracciglio.

- Prego? –

- Ho fatto qualche domanda qua e là, e sembra che nessuno sappia niente di te –

- Wow, hai molto tempo da perdere –

- Più o meno –

- Beh, sicuramente ne hai da perdere dietro a me – Jared le lanciò un’occhiata maliziosa, e la bionda arrossì.

Di nuovo, Allison iniziò a balbettare, e il ragazzo non poté fare a meno di ridere.

- Smettila – gli disse poi lei, offesa.

- Scusa se rido, ma sei piuttosto buffa quando ti imbarazzi. E ti imbarazzi facilmente a quanto pare –

- Non intendevo smettila di ridere, anche se non sarebbe una brutta decisione –

- E cosa devo smettere di fare? – chiese lui confuso.

- Smettila di guardarmi così –

Jared non rispose,semplicemente si limitò a guardarla. Stavolta più dolcemente, senza un velo di malizia negli occhi. Lei gli sorrise, ancora imbarazzata, senza sapere cosa dire. Sembrava che quei momenti di silenzio tra di loro arrivassero naturali, come se non ci fosse veramente bisogno delle parole. C’era dell’imbarazzo attorno a loro, ma non disagio. Allison iniziò a girarsi i capelli tra le dita, sempre più inconsapevole di quello che stava succedendo, e Jared sorrise a quel gesto. Poi il ragazzo si alzò, e le tese la mano.

- E’ ora di riaccompagnarti a casa – disse, improvvisamente serio

Allison annuì, notando che il suo sguardo non era cambiato. Sembrava che non potesse più nascondersi, neanche volendo. La ragazza stava per prendergli la mano, quando lui la richiuse bruscamente. Allison lo guardò, e di nuovo notò che i suoi occhi non avevano più quel velo dietro il quale si nascondevano i primi giorni. In silenzio, i due si diressero verso la fermata dell’autobus.

 

Allison si era offesa per l’improvviso gesto di Jared, e per questo non pronunciò più una parola. Il ragazzo non finse di non capire cosa fosse cambiato, aveva generato l’esatta reazione che aveva voluto. Eppure si sentiva così dannatamente in colpa.

Arrivati di fronte al cartello che segnalava la fermata, i due rimasero ancora per un po’ in silenzio, l’uno accanto all’altra. Ma l’autobus stava arrivando, ed era arrivato il momento dei saluti.

- Ci vediamo domani – le disse, accennando un sorriso.

Allison lo guardò interrogativa, chiedendosi cosa generasse quegli sbalzi di umore improvvisi.

- Immagino di sì. Ciao –

Questa volta la bionda volle evitare un ulteriore momento di silenzio e di sguardi che parevano dire troppo. Jared non provò neanche a trattenerla, a darle una spiegazione. Avrebbe rovinato tutto.

Quel pomeriggio non era di certo andato come i due avevano sperato sin dalla mattina, ma certe volte si viaggia troppo con la fantasia e lo scontro con la realtà è sempre e comunque deludente. Deludente per una ragazza che sperava di riscuotere un sincero interesse in qualcuno per cui iniziava a provare dei sentimenti. Deludente per un ragazzo i cui sentimenti non potevano essere espressi, a causa di una decisione che ora veniva messa in dubbio per fino da chi l’aveva presa, lui stesso.

Finalmente libera di scavare a fondo nelle tormentate emozioni che aveva provato in quella giornata ancora non conclusasi, arrivata a casa, Allison si sdraiò sul suo letto e lasciò i pensieri vagare liberi. Ripercorse ogni istante, dal momento in cui Jared le aveva offerto di prendere un gelato insieme a lui, fino a che lo stesso ragazzo non le aveva riservato un trattamento gelido. Si chiese se avesse fatto qualcosa di male lei, senza che se ne fosse accorta. Ma niente, nessuna delle motivazioni che tentava di trovare le risultavano abbastanza reali. Doveva essere successo qualcosa a Jared, qualcosa era scattato nella sua mente, qualcosa di cui lei non aveva nessuna colpa. E allora perché doveva straziarsi con tutti quei pensieri? Allison tentava di convincersi che non erano affari suoi, ma più provava, più ricordava i suoi occhi e il suo sorriso. La ragazza aveva percepito qualcosa ogni volta che si erano guardati, e dopo quel pomeriggio aveva iniziato a credere che non fosse solo la sua fantasia a giocare brutti scherzi. Jared era strano, ma lei non gli era del tutto indifferente. Ma dopo quella giornata, importava forse qualcosa? No, se lui avesse sempre reagito in quel modo brusco quando iniziavano a diventare più intimi. Non avrebbe mai potuto basare un rapporto su come la luna gli girava in quel momento. Allison decise che non meritava di essere lei quella che cercava disperatamente di aggiustare le cose. Il danno era di Jared, ci avrebbe dovuto pensare lui.

 

Il giorno dopo a scuola, Allison non gli rivolse la parola. Per una volta, voleva tener fede alla propria promessa. Sarah era accanto a lei, passo dopo passo, per supportarla in quel cammino tortuoso. Non parlare a qualcuno per cui provi qualcosa non è facile, soprattutto se la persona in questione tenta di approcciarsi ogni qualvolta ce n’è l’occasione.

Jared non si aspettava che fosse facile, non dopo quello che era successo. Sapeva che l’unico modo per rimediare era chiederle scusa, ma scusa per cosa? Sarebbero dovute seguire una serie di spiegazioni che lui non poteva darle, che non voleva darle. Aveva comunque provato a parlarle, più volte, ma lei si era rifiutata. Come darle torto? Il ragazzo sapeva che l’aveva voluta offendere proprio per evitare che il loro rapporto si facesse più complicato, ma ora riusciva solamente a pentirsene.

All’uscita da scuola, Jared raccolse ogni millimetro di sicurezza che aveva in corpo, e con decisione si diresse verso di lei ancora una volta.

- Possiamo parlare? –

Allison fece l’errore di guardarlo. Sembrava sinceramente ansioso di risolvere la situazione, ed in fondo era esattamente lo scopo che la ragazza voleva raggiungere.

- Okay – gli rispose, lanciando uno sguardo d’intesa all’amica.

- Ti aspetto qui – la rassicurò Sarah.

I due si diressero dietro l’edificio della scuola, lontani da sguardi indiscreti.

- Allora, cosa vuoi dirmi? – chiese Allison, con un po’ di arroganza.

- Voglio scusarmi per ieri, mi dispiace di averti offesa – Jared sperò bastasse.

- Vuoi dire quando hai avuto quell’improvviso sbalzo d’umore? Mah, lo avevo a malapena notato – la ragazza gli lanciò un’occhiataccia. Non poteva passarla liscia con delle semplici scuse.

Jared sorrise, imbarazzato. Per la prima volta, Allison lo vedeva sotto una luce diversa, in una situazione dove era lui che si vergognava delle sue azioni. Il senso di colpa per averlo trattato forse troppo crudelmente iniziò ad insinuarsi dentro di lei, ma subito riportò alla mente ciò che era successo il giorno precedente.

- Mi dispiace, davvero. Non volevo chiuderti la mano, - al solo menzionarlo, entrambi arrossirono impercettibilmente – è solo che… è complicato –

Allison scoppiò in una risata amara.

- L’ho già sentita questa. Aspetta, non dirmelo, vieni da una storia difficile –

- Smettila – disse Jared leggermente offeso.

- No, non la smetto. Mi devi più delle scuse, mi devi una spiegazione. Mi chiedi di uscire e poi che fai? Ti ammutolisci improvvisamente e diventi freddo come il ghiaccio. E io da stupida penso che sia colpa mia, ma sai una cosa? Non lo è. Quindi ora dimmi che cavolo ti è preso –

Jared era rimasto a bocca aperta. Non si aspettava una ramanzina del genere. Tra tutti i pensieri che gli affollavano la mente, uno solo era il più forte di tutti. Dentro di sé, il ragazzo non poteva che pensare quanto Allison fosse bella anche arrabbiata. Le sue guance arrossate per lo sforzo di gridargli contro, i suoi occhi che si concentravano per guardarlo nel peggior modo possibile, la sua mano che tremava per la rabbia che accumulava mentre parlava. Erano tutti segnali che avrebbero dovuto avvertirlo, che avrebbero dovuto fermarlo. Ma Jared non ci riusciva.

Allison video improvvisamente il ragazzo avvicinarsi a lei, la sua mano sul suo volto. Lo guardava con occhi spalancati, un misto di stupore e rabbia le si attorcigliava nello stomaco. Jared posò la fronte contro quella della ragazza, e si fermò lì, con gli occhi chiusi.

- Mi dispiace, ma non posso –

Allison dovette fare uno sforzo sovraumano per allontanarlo da lei.

- Lo stai facendo ancora – gli disse guardando a terra.

Ormai la rabbia era stata completamente sostituita dalla confusione.

Ogni istante, Jared si malediva per ciò che aveva fatto e per ciò che non era riuscito a fare.

- Non posso farti entrare nella mia vita. E’ troppo complicata, e per quanto voglia poter ritagliare uno spazio per te, ho paura di non riuscirci –

La ragazza lo guardò, sempre più confusa. Si chiese cosa nascondesse veramente Jared sotto quell’aria di ragazzo comune.

- Di cosa parli? –

Jared la guardò per un attimo, senza parlare, insicuro se dire o no la verità. Ne aveva bisogno, ma dirle tutto era quello che voleva evitare sin dal principio. Si chiese se sarebbe stato poi così difficile, o così sbagliato.

- Allison, sei ancora qui? – Sarah sbucò all’improvviso, richiamando l’amica.

- Sì, che c’è? – la bionda si girò verso l’amica, maledicendo il suo tempismo.

- Non vorrei interrompervi, ma abbiamo le prove delle cheerleader oggi e prima avrei voluto fare un salto a casa. Anche tu, immagino –

Allison annuì, infelice di dover salutare Jared proprio ora che aveva iniziato a darle qualche spiegazione.

- Vai, se devi – le disse lui, con l’accenno di un sorriso.

- Ci vediamo domani – seppe solamente risponderle lei, e le due se ne andarono.

Solo, Jared si sentì improvvisamente portare un peso enorme sulle spalle. Per un attimo, aveva immaginato di raccontare tutto ad Allison, di trovare qualcuno con cui condividere qualcosa che mai aveva sentito così grande. Nulla era paragonabile alla sensazione di avere qualcuno, di avere lei, su cui poter contare. Ed ora sembrava troppo tardi. Lo sguardo che le aveva riservato lei prima di andarsene lo aveva colpito profondamente. Forse neanche la verità poteva più risolvere ciò che lui stesso aveva creato.

 

Wandering the streets, in a world underneath it all
Nothing seems to be, nothing tastes as sweet
As what I can't have

Nei giorni successivi, I due non si rivolsero più la parola. Si guardavano da lontano, nel momento in cui erano sicuri  che l’altro non potesse vederli.

Allison ancora non capiva. Era chiaro che Jared nascondesse qualcosa, ma non riusciva a comprendere cosa lo spingesse a prendere le distanze da chiunque. I suoi pensieri iniziarono a viaggiare a mille miglia, girando per la sua testa, e tornando sempre al punto di partenza.

Alcune volte, quando la vedeva camminare per il corridoio, Jared avrebbe voluto fermarla e raccontarle tutto. Si sentiva rinchiuso in una gabbia di cui lui stesso aveva chiuso la serratura. Ma le chiavi le aveva a portata di mano, perché non poteva semplicemente raccogliere ed uscire, per vivere finalmente la sua vita? Eppure qualcosa lo fermava. Il pensiero che fino ad allora ce l’aveva fatta da solo, e la convinzione che potesse continuare così forse per sempre.

Era l’orgoglio a guidare entrambi. Sarebbe bastata una parola, o forse anche di meno. Uno sguardo. Ecco quanto poco riusciamo a fidarci del nostro istinto, a volte. Creiamo muri attorno a noi, per poterci riparare dal mondo, ma non sempre è il male quello che tenta di colpirci, anche se gli assomiglia. E’ una forza sconosciuta, che ci arriva addosso, improvvisamente, e siamo solo noi a decidere se creare un buco nel muro per farla passare. Certe volte bisogna correre il rischio.

 

Una settimana dopo la loro ultima discussione, Jared notò che Allison non era venuta a scuola per due giorni di seguito. Istintivamente, si preoccupò per lei. Appena notò Sarah, decise allora di andarle a parlare.

- Ciao-

La ragazza si girò verso di lui, incredula.

- Ciao a te –

- Sarah, giusto? – Sarah annuì. – Ho notato che Allison ultimamente non è più venuta a scuola, per caso sta male? –

- E a te importa perché…? – la ragazza non poteva credere che dopo tutta la confusione che era riuscito a creare in pochi giorni, ora Jared fosse di fronte a lei, preoccupato per le condizioni di salute di Allison.

- Okay, come non detto – infastidito, il ragazzo se ne andò.

- Oggi pomeriggio abbiamo le prove delle cheerleader. Sta bene, e verrà – gli disse poi Sarah, senza neanche sapere bene il perché. Voleva solo dargli un’altra possibilità, per la sua migliore amica.

Jared le sorrise, comprendendo che dietro quell’informazione si nascondeva una lieve minaccia. L’ultima occasione. Sperò di riuscire a parlarle, a sistemare tutto una volta per tutte.

 

Allison stava uscendo dalla palestra, quando se lo ritrovò di fronte, nell’atrio della scuola. Sarah, che era accanto a lei, in un attimo si dileguò. C’erano solo loro due, attorno il silenzio. Sembrava l’atto finale di una tragedia troppo reale per essere vissuta davvero.

- Ciao – le disse Jared con un sorriso sincero, di quelli che facevano sciogliere Allison.

La ragazza non aveva più la forza per essere arrabbiata.

- Ciao – sussurrò appena.

Il ragazzo la guardò, desideroso di stringerla a sé.

- Ti va di andare fuori? –

Allison annuì, e i due si diressero verso il giardino.

Si sedettero ai piedi di un albero. Il vento  scuoteva le chiome delle querce che li circondavano. Ogni foglia si muoveva docile al tocco di quella fredda corrente autunnale. Il sole stava tramontando, donando ancor più sentimento a quel panorama suggestivo. Ma Allison non fece caso alla bellezza di ciò che la circondava, non riusciva a vederla. Non poteva vedere altro, oltre quegli occhi che iniziavano a velarsi di tristezza, e che guardavano prima un punto lontano, ora lei. Lo osservava, come fosse il più bello dei dipinti.

Jared fece un profondo respiro. Stava cercando di trovare la forza per narrare la sua storia, per la prima volta. Ma appena la guardava, sperava che quel discorso fosse già finito. Voleva poter stare con lei così, semplicemente, ma non poteva coinvolgerla in qualcosa in cui si sarebbe potuta trovare a disagio. Sarebbe stato un lento distruggersi per tutti e due.

- Credo sia arrivato il momento di cominciare – mormorò il ragazzo.

Allison notò i suoi occhi fatti lucidi, e nessuno poteva sapere quanto ardentemente desiderasse abbracciarlo e stringerlo a sé.

- Prenditi il tempo che vuoi – gli sussurrò invece.

- Ne ho preso già abbastanza, e lo sai anche tu. – il ragazzo sospirò – Vengo da una famiglia disastrata. Anzi, forse il termine non rende neanche bene l’idea. – un sorriso amaro gli si disegnò sul volto – Quando ero piccolo, mio padre iniziò a bere. Inizialmente si trattava di una birra al giorno, ma poi gli alcolici iniziavano a girare come il caffè. Aveva perso il lavoro per colpa di un tale, e, come ogni alcolista che si rispetti, iniziò a picchiare mia madre. E mia sorella. All’epoca, lei aveva solo due anni, io dieci. Ma mio padre non osava toccarmi, diceva che ero un vero uomo proprio come lui. Ironico, no? Non si rendeva neanche conto di chi fosse diventato. Non so chi fece la telefonata che cambiò tutto, probabilmente i vicini, mia madre avrebbe avuto troppa paura. Fatto sta che mio padre venne arrestato, e se ne andò per sempre. Non so che fine abbia fatto, se sia ancora in galera, ma sinceramente non m’interessa. La cosa più triste è che io ho ancora nella memoria i ricordi felici, accanto a mio padre e mia madre, mentre mia sorella… Beh, lei non ha niente. Non ricorda come la prendeva in braccio quand’era appena nata, con il sorriso di un uomo felice. –

- Mi dispiace – gli disse Allison, versando una lacrima.

Jared le sorrise appena, sforzandosi di continuare a parlare.

- Non è per questo che non ho voluto dirti niente prima di adesso. C’è dell’altro, c’è di peggio. Due anni fa, hanno diagnosticato una grave malattia a mia sorella. In sintesi, le sue difese immunitarie si alternano in periodi in cui funzionano quasi normalmente, a periodi in cui sono praticamente pari a zero. Mia madre per sostenerci e pagare tutti i suoi ricoveri periodici, lavora da mattina a sera. Così, è come se ci fossi solamente io per mia sorella. Fisicamente, intendo. Devo essere ventiquattro ore al giorno reperibile per lei, controllarla, aiutarla. Vivo prima di tutto per la sua salute, poi per me stesso – una lacrima percorse il viso del ragazzo.

Allison gli prese il viso tra le mani, mettendosi in ginocchio di fronte a lui.

- E’ per questo? Pensi che io possa pretendere che tu ci sia più per me che per lei? –

- Se prendi me, devi prendere tutti i sacrifici che comporto. E non voglio che tu lo faccia se non ne sei pienamente consapevole –

La ragazza gli accarezzò i capelli, e Jared le prese le mani. Allison avvicinò il suo volto a quello di lui, fino a che le loro labbra non si incontrarono. Lo baciò dolcemente, sperando di fargli capire quanto importante stesse diventando per lei.

- Lo sono. E voglio che tu sia consapevole che sono qui per te, non importa se tu non lo potrai sempre essere per me. Lo capisco. –

You always want what you can't have
But I've got to try
I'm gonna muster every ounce of confidence I have
For you I will
For you I will

 

Dopo quel pomeriggio passato a chiacchierare, che non solo aveva portato i  due a conoscersi meglio, ma anche ad essere consapevoli l’uno dei sentimenti dell’altra, tutto era cambiato. Soprattutto per Jared, il quale iniziava finalmente a provare l’ebbrezza di essere vivi. Quello che pensava di non poter avere, era stato tra le sue braccia, l’aveva baciato, e l’aveva aiutato a liberarsi di quel peso che da sempre portava sulle spalle. Allison aveva anche finito per convincerlo a portarla a conoscere la sua famiglia. Voleva dare una mano anche lei, voleva sentirsi una parte importante nella vita del ragazzo.

Così, il sabato successivo, Jared la portò a casa sua. Ovviamente, sua madre era a lavoro, e l’unica che poteva presentarle era sua sorella. I due furono di nuovo costretti a viaggiare in autobus. “Fino a che i miei non ti conoscono, non posso salire sulla tua macchina” aveva affermato saldamente Allison, e lui aveva accolto a malincuore e con una risata quella sua decisione irremovibile.

- Sei certa di voler entrare? –

- Credo che sia ormai troppo tardi – rispose la ragazza con un sorriso, suonando il campanello.

Si sentirono aprire varie serrature della porta aprirsi dall’altra parte, e il cuore di Allison che batteva all’impazzata, nervosa di conoscere la sorellina di Jared.

Una bambina castana, con due enormi occhi nocciola le aprì la porta. Sorridente, la sorellina di Jared salutò la ragazza.

- Sei Allison, vero? –

- Già, sono proprio io – rispose la ragazza sorridendole.

- Jared parla sempre di te – Allison lanciò un’occhiata maliziosa al ragazzo, il quale non poté che arrossire.

- Ci fai entrare, Lily? –

La bambina fece entrare la coppia, e tutti e tre si diressero in cucina.

- Mamma ha fatto una torta stamattina. Ha detto che le dispiaceva non poter esserci per conoscere la tua ragazza, ma voleva far vedere la propria presenza in qualche modo – spiegò Lily al fratello, mettendo sul tavolo una splendida torta di cioccolato che fece venire gola a tutti i presenti.

- Vostra madre è gentilissima, non si sarebbe dovuta disturbare tanto – disse Allison sorpresa.

- Le piace cucinare, diciamo che le hai dato una scusa per coltivare il suo hobby preferito. – la rassicurò ridendo Jared, e prendendo piatti e posate per servire la torta. – Dove sono i coltelli? – chiese poi non trovandoli.

- Mamma li ha messi nel mobile in corridoio. Non chiedermi perché –

Jared se ne andò, lasciando le altre due da sole.

- Allora, come stai Lily? – tentò di riempire il silenzio Allison.

- Beh, per la verità non molto bene – rispose la bambina tranquilla.

La ragazza la guardò preoccupata.

- Cioè? –

- Jared è insopportabile. Ho il mal di testa solo a ripensare al discorso di tre ore che ci ha fatto ieri sera perché oggi saresti venuta tu. Lo sai che ha pulito la casa per tutta la notte? –

Allison rise a quella descrizione del suo ragazzo.

- Non pensavo ci tenesse così tanto – commentò poi.

- Oh, ci tiene eccome. E tu sembri veramente simpatica come ti ha descritto. Spero che rimarrete insieme per sempre – Lily sorrise fiduciosa.

- Lo spero anch’io – rispose Allison, sorridendo a sua volta.

Jared tornò subito dopo quel breve scambio di parole.

I tre passarono uno splendido pomeriggio, tra risate ed allegria. Per un attimo, Allison ebbe l’impressione di essersi ritrovata in una famigliola felice, di cui lei iniziava a fare parte. Visto tutto quello che avevano passato e stavano passando, era bello vedere fratello e sorella così sorridenti.

Era ormai sera, quando Allison dovette salutare Lily, ed uscì fuori da quel nido apparentemente spensierato insieme a Jared.

- Allora, ti sei divertita? –

- E me lo chiedi anche? Tua sorella è così carina e dolce -

- Sfido, è mia sorella – commentò Jared  ridendo.

- Ah, fai anche lo strafottente adesso? – Allison gli diede un pugno leggero sul braccio, ed entrambi risero di gusto.

- Sono contento – le disse poi il ragazzo.

Allison annuì, sorridendo.

- Lily sembra stare bene oggi –

- E’ uno di quei periodi in cui sta al meglio delle sue possibilità – un velo di tristezza comparve sugli occhi di Jared.

La bionda gli si avvicinò, e in punta di piedi lo baciò. Jared le mise le braccia attorno alla vita, e si godette ogni istante di quel bacio.

- Sicura che non vuoi che ti riaccompagni? – le chiese una volta distaccatosi.

- Sì, tranquillo. Non è la prima volta che prendo i mezzi pubblici a quest’ora –

- Tu e le tue stupide convinzioni – commentò il ragazzo sorridendo, prima di darle un ultimo bacio.

Allison tornò a casa sorridente. Non aveva mai vissuto emozioni così forti in così pochi giorni, ed ora si chiedeva se ci potesse essere di meglio ad aspettarla. Ma Jared era ormai suo, e lei sentiva di appartenergli. Era vero che la felicità arriva quando me te lo aspetti.

 

If I could dim the lights in the mall
And create a mood I would
Shout out your name so it echoes in every room, I would

 

Passarono diversi i giorni. Jared ed Allison erano più uniti che mai, e la ragazza sapeva che l’invito sarebbe presto arrivato. La settimana dopo ci sarebbe stato un atteso ballo scolastico, che dava la possibilità ai ragazzi di esprimere al meglio i proprio sentimenti verso la propria ragazza, o semplicemente quella che più li aveva colpiti fino ad allora.

I due pranzavano al centro commerciale, quando la certezza di Allison si trasformò in realtà.

- Allora, che programmi hai per sabato? – chiese Jared fingendo disinteresse e addentando una patatina.

- Non saprei, un paio di ragazzi mi hanno chiesto di uscire con loro. Forse gli dirò di sì –

- Ad entrambi? – il ragazzo rise.

- Perché, avevi forse qualcos’altro in mente? – chiese la ragazza facendo gli occhi dolci.

- No, veramente no –

Jared continuava a sorridere, mentre Allison per la prima volta si ritrovò confusa. Uno scherzo è bello quando dura poco, e la ragazza non poteva credere che Jared non avesse davvero la minima intenzione di invitarla.

- Hai finito? – gli chiese poco dopo, spazientita.

- Sì, possiamo andare – il ragazzo si pulì le mani e i due si alzarono.

Jared, sicuro di sé, fece strada.

- Non vorrei scoraggiare il tuo grande senso di orientamento, ma l’uscita è dall’altra parte –

- Non sto andando verso l’uscita –

- Credevo che avessi detto che potevamo andare –

- Non ho specificato dove, mi pare –

Allison lo prese per un braccio e lo fece voltare verso di lei. Lo guardò negli occhi, tentando di convincerlo con un solo sguardo a parlare, ma il sorriso ironico non dava segni di voler fuggire dal volto di Jared.

Spazientita, la ragazza lo lasciò andare, e lui continuò per la sua strada, seguito a ruota dalla bionda, sempre più incuriosita e infastidita.

- Eccoci qui – annunciò Jared, fermandosi improvvisamente.

- Di fronte ad un negozio da donna? –

- No, di fronte al negozio dove troverai Sarah, pronta a condividere con te un pomeriggio di shopping sfrenato alla ricerca del vestito perfetto da indossare al ballo di sabato prossimo –

Allison lo guardò a bocca aperta. Gli occhi le brillavano, e la ragazza si buttò tra le braccia di Jared per baciarlo, al colmo della felicità.

- Credevi davvero che non ti avrei invitata? – le chiese il ragazzo sogghignando.

- Un po’ – ammise la ragazza arrossendo, e subito si fiondò all’interno del negozio.

Come Jared le aveva preannunciato, all’interno la bionda trovò la sua migliore amica. Anche Sarah aveva ricevuto un invito per il ballo, ed era entusiasta quanto Allison all’idea di andarci tutti insieme. Come promesso, le due passarono ore ed ore provando e riprovando vestiti di ogni tipo, da quelli troppo costosi, a quelli decisamente troppo scollati. Le due miravano alla perfezione, ma soprattutto, al lasciare a bocca aperta i loro accompagnatori.

Il giorno tanto atteso arrivò prima del previsto. Una settimana volò velocemente, e quasi come in un sogno troppo emozionante, troppo coinvolgente per essere vero, Allison si ritrovò nel suo salotto, vestita di tutto punto, adornata da gioielli semplici ed eleganti, con accanto il gioiello più bello di tutti: Jared. I genitori della ragazza avevano insistito tanto per conoscerlo, e anche lui aveva espresso quella volontà. Almeno così avrebbe avuto forse il permesso di portare Allison dove voleva, invece di essere costretti a raggiungere luoghi con i mezzi pubblici.

- Non essere così nervosa – le sussurrò il ragazzo, mentre le teneva la mano e aveva notato il suo lieve tremore.

- Non sono nervosa – mentì la bionda, incapace di guardarlo negli occhi.

- So che questo ti metterà in imbarazzo, - disse la madre della ragazza sbucando all’improvviso – ma devo farvi assolutamente una foto. Sorridete…-

I due si misero in posa, Allison con il volto completamente rosso, Jared sorridendo come mai aveva fatto prima nella sua vita. Aveva tra le braccia tutto quello che aveva sempre desiderato, cosa poteva volere di più?

- Mi raccomando – disse il padre di Allison, avvicinandosi alla figlia e stampandole un bacio sulla fronte.

Poi l’uomo guardò Jared, prima con serietà, poi sorridendogli.

- La riporterò a casa tutt’intera, non si deve preoccupare – scherzò il ragazzo.

- Lo spero per te- rispose l’uomo, subito ridendo.

Allison era rimasta scioccata per la facilità con cui suo padre e il suo ragazzo erano da subito andati d’accordo. Non aveva idea di come potesse reagire il primo, ma di sicuro mai avrebbe pensato che si sarebbe dimostrato così gentile con Jared.

I due ragazzi uscirono dalla casa. Fuori ad aspettarli c’era una limousine, completa di autista. All’interno, Sarah e Paul, il suo nuovo ragazzo.

- Muovetevi, o faremo tardi – gridò la ragazza per incitare la coppia a sbrigarsi.

- Ehi, aspetta – disse però Jared, fermando Allison per un braccio.

- Che succede? –

Jared la strinse tra le braccia.

- Non ci siamo salutati per bene –  il ragazzo si chinò sul volto della bionda e la baciò con trasporto.

Mai. Mai nella loro vita Jared ed Allison aveva provato emozioni più forti, e mai lo avrebbero fatto. Forse era la forza del primo amore, o forse si erano semplicemente trovati. C’è chi non crede nell’anima gemella, ma quei due dopo il loro primo bacio, non potevano fare a meno di crederci.

 

Arrivati alla villa dove si teneva il ballo, i quattro amici rimasero senza parole. Non sapevano chi fosse stato l’addetto alle decorazioni, ma ci sapeva fare. La sala era rivestita di fiori in ogni angolo, ma senza esagerazione. C’era un equilibrio perfetto tra i colori crema e marrone. Ogni tavolo sembrava nella sua esatta posizione, come se fosse nato già destinato a quella serata, a quella sala. La band si trovava su un piccolo palco, dall’altra parte rispetto a dove i quattro erano entrati. Perfino la musica era perfetta. Allison si guardava attorno estasiata, non sapendo se fosse capace di trattenere le lacrime dalla felicità. Aveva un sorriso splendido che ornava il suo volto più della pettinatura o degli orecchini, Jared non poteva fare a meno di notarlo. Le prese la mano con delicatezza. Lei si girò verso di lui, e gli sorrise. Jared, di nuovo, non poté fare a meno di baciarla. Teneramente, questa volta e per pochissimi secondi. Giusto il tempo per accertarsi che tutto quello splendore fosse davvero suo.

 

Anche la serata volò, come del resto tutti i momenti più belli. La pecca del tempo che scorre, è che non possiamo controllare la nostra percezione a riguardo. Non possiamo decidere quando il tempo debba scorrere più velocemente, in modo da poter ricominciare da capo, e lasciarci alle spalle quella terribile giornata. Non possiamo decidere quando il tempo debba scorrere più lentamente, in modo da poter vivere appieno ogni attimo, stamparci in mente ogni singolo dettaglio, così da essere sicuri che non scorderemo mai niente di quel meraviglioso giorno.

- Mi concedi un ultimo ballo? – chiese Jared ad Allison, alzandosi dal tavolo e porgendole la mano.

- Certo – rispose la ragazza, sempre sorridente.

I due si recarono in mezzo alla pista da ballo. Jared strinse i fianchi di Allison, mentre lei mise gli mise le mani attorno al collo.

- Ti sei divertita stasera? –

- Ti sembra che sia triste, per caso? – la bionda sorrise ancor più palesemente.

- No, direi di no – disse il ragazzo guardando altrove, mentre Allison poggiava la propria testa sul suo petto.

Improvvisamente, la ragazza scoppiò a ridere.

- Che c’è di tanto divertente? – Jared provò a guardarla negli occhi, ma lei non volle cambiare posizione.

- Il tuo cuore batte perfino più forte del mio. E lo trovo quasi impossibile –

- Sottovaluti il mio cuore, allora –

Questa volta, Allison si scostò per guardare il ragazzo negli occhi. I due rimasero in silenzio per un po’ , senza timore del significato che nascondevano dietro i propri sguardi, ma con tanta voglia di goderne ogni secondo.

- Lo sai che ti amo? – sussurrò Jared dolcemente.

Era da tanto che aspettava il momento giusto per pronunciare quelle parole. Mai aveva pensato di poter provare un sentimento del genere per qualcuno al di fuori della sua famiglia, e ne aveva anche avuto paura. Non sapeva come esprimerlo, non sapeva mai quando poterlo esprimere. Era terrorizzato dall’idea di poter spaventare Allison, di poterla far fuggire via, lontano da lui. Eppure in quel momento, tutto sembrava così perfetto che non poteva non farlo. Non poteva non dirle tutto quello che provava, una volta per tutte. E non c’era maniera migliore se non pronunciare quelle due semplici parole che per lui racchiudevano ogni singola emozione che aveva provato da quando stavano insieme. Da quando le aveva aperto le porte della sua vita, e lei vi era entrata senza timore e senza risentimenti.

Allison rimase senza parole, ancora una volta. Quella serata sembrava magica, impossibile da descrivere. Non aveva termini di paragone, non sapeva neanche da dove cominciare per poterla renderla reale. Sentiva solamente le proprie emozioni intensificarsi minuto dopo minuto. Ed ora stavano esplodendo arrogantemente nel suo petto.

La ragazza si mise in punta di piedi e baciò Jared. Sembrava la prima volta per entrambi. Era come se il pronunciare quei sentimenti che per tutto quel tempo erano semplicemente sembrati scontati, ora avesse fatto in modo che si conoscessero di nuovo. Per la prima volta sentivano le labbra dell’altro sulle proprie, per la prima volta le mani dell’uno scorrevano sul corpo dell’altra.

- Lo sai che ti amo anch’io? – gli sussurrò poi in un orecchio.

I due continuarono a ballare ancora per qualche minuto, trasportati dal momento.

Si sentivano in un altro mondo, dove esistevano solamente loro due. A nessun altro era permesso di entrare, nessun altro poteva comprendere quello che stavano provando. Nessun altro, a parte loro.

 

Settimane dopo, Allison e Jared, per quanto possibile, erano ancora più uniti dei primi giorni. Contavano l’una sull’altra per ogni problema, per ogni dubbio, per ogni momento di confusione. Sapevano che nessuno dei due si sarebbe mai stancato di esserci. Semplicemente.

Un giorno, Jared non si presentò a scuola.

- Che fine ha fatto il tuo ragazzo oggi? – chiese Sarah alla migliore amica, a mensa.

- Non lo so, sinceramente. Stamattina gli ho mandato un messaggio ma ancora non mi ha risposto –

- Forse non l’ha letto. Prova a chiamarlo – propose la ragazza.

Allison scosse la testa.

- Non voglio sembrare una di quelle ragazze super petulanti. Se non l’ha letto, mi chiamerà comunque dopo scuola per dirmi come mai non è venuto – la bionda cercava più di convincere se stessa, che l’amica.

Per quanto ci impegniamo, per quanto tentiamo di essere perfetti, le debolezze umane non ci abbandoneranno mai. Non possiamo pretendere di cancellarle  con un solo schiocco di dita.

 

Passarono le ore, e di Jared nemmeno l’ombra. Tra una lezione e l’altra, Allison guardava speranzoso lo schermo del suo cellulare, come se potesse mentalmente comandarlo e farlo brillare. Se avesse potuto, l’avrebbe fatto. La ragazza era sinceramente in pensiero per lui, chiedendosi secondo dopo secondo che fine avesse fatto.

Ma non c’era più tempo per distrarsi, Allison dovette rimandare quei pensieri a più tardi, quando non ci sarebbe stata una donna evidentemente irritata ad urlarle nell’orecchio la posizione giusta delle braccia e delle gambe. La ragazza doveva focalizzare ogni particella del suo corpo per le prove delle cheerleader. Mancava una settimana alla partita di apertura del campionato interscolastico, e le ragazze, capitanate da Sarah, dovevano fare la migliore figura possibile. Non solo la loro scuola non aveva mai perso, ma le cheerleader si erano sempre distinte per la loro bravura ed eleganza nei movimenti. Allison doveva dare il meglio di sé.

L’allenamento, da lì in poi, fu stressante, non solo per Allison. Ogni ragazza grondava sudore come se avesse appena terminato di fare una sauna, e l’allenatrice continuava ad urlare loro di impegnarsi di più.

Finalmente terminato quella terribile esercitazione, la prima di molte, le ragazze poterono sfogarsi le une con le altre.

- E’ stato veramente devastante – si lamentò Sarah, sedendosi accanto ad Allison che si stava cambiando.

- Non parlarmene, oggi mi aveva presa di mira – la bionda sbuffò, ripensando a come ingenuamente si era distratta.

- Sei ancora in pensiero per lui? –

Allison annuì. L’amica non rispose, non sapeva cosa dirle per farle cambiare umore.

Senza neanche accorgersene, Allison era perfettamente asciutta e fresca più in fretta del solito. Sarah aveva notato la sua rapidità e si era adeguata, per poter tornare a casa assieme a lei.

- Aspettami – le gridò, mentre la bionda era già fuori dai camerini.

- Allison, credo ci sia bisogno di te – una delle altre cheerleader aveva richiamato l’attenzione della ragazza sbucandole improvvisamente davanti. Era andata via poco prima, ed ora la guardava preoccupata. Allison le riservò uno sguardo confuso, e senza dire una parola la seguì fuori dall’edificio.

Lì fuori c’era Jared, rosso dalla rabbia, che aveva appena tirato un calcio ad un cestino che si trovava nel cortile. Allison guardò la spazzatura sparpagliata, poi il suo ragazzo. Aveva gli occhi infuocati, ma dietro tutta quella rabbia non poteva che esserci tristezza.

- Grazie per avermi chiamata –

- Pensavo che prima che l’allenatrice se ne accorgesse, sarebbe stato meglio chiamare te – spiegò l’altra.

- Sì, hai fatto bene. Tranquilla, ci penso io – la bionda le sorrise appena, poi si avvicinò con cautela a Jared.

Il ragazzo la guardò dritto negli occhi. Era andato lì solo perché sapeva che c’era lei, eppure la rabbia aveva preso il controllo del suo corpo. Non ce l’aveva fatta ad aspettare un altro secondo di più, doveva sfogarsi in qualche modo. Così ci aveva rimesso il cestino dei rifiuti.

- Ehi, come stai? – Allison si avvicinava a piccoli passi, come se dovesse prendersi cura di un animale pericoloso, che solo lei era in grado di domare.

Jared non rispose. Continuò a guardarla negli occhi. Quegli occhi, così belli. Aveva voglia di piangere. Solo lei era in grado di mettergli di fronte i propri sentimenti, solo lei poteva scacciare quella rabbia. Ma lui non voleva pensare, non voleva ragionare. Discostò lo sguardo e si avvicinò al muro. Gli tirò un pugno, ancora una volta lasciandosi governare dall’ira.

Allison gli si avvicinò, sempre con più sicurezza. Era terribilmente preoccupata, ma sapeva che doveva farlo parlare. Appoggiò la propria testa sulla sua schiena, e strinse le braccia attorno alla sua vita.

- Parlami, per favore –

Jared chiuse gli occhi. Una lacrima scorse sul suo viso, subito seguita da un’altra, e un’altra ancora.

Stava piangendo, nonostante non lo sentisse con le orecchie, Allison poteva sentirlo con il proprio cuore. Lo fece girare e lo abbracciò. Anche lei versò una lacrima. Si chiese se davvero poteva condividere i sentimenti con lui, se potesse liberarlo da un po’ di quel peso che portava nel cuore.

- Scusami – mormorò lui.

- Lo dovresti chiedere al cestino – sdrammatizzò la ragazza.

Jared rise appena. Lo aveva fatto sentire meglio, di nuovo. Era più leggero quando c’era lei. Era se stesso, ma una parte di lui l’aveva lei. Era come se fossero una persona sola quando erano insieme.

- Vieni, conosco un posto – disse la ragazza, staccandosi quel poco per guardarlo negli occhi.

In punta di piedi, Allison lo baciò teneramente. Doveva fargli capire che lei c’era, per qualsiasi cosa, in qualunque momento.

I due si diressero a piedi verso un parco che Allison frequentava quando era piccola. I due si sedettero su una panchina, lei accoccolata tra le braccia di Jared.

- Lily ha avuto una ricaduta – spiegò il ragazzo. Allison chiuse gli occhi e sospirò. – Stanotte sono stato svegliato da un rumore improvviso. Mia madre non c’era, e sono corso in giro per la casa per vedere cosa fosse successo. Lily era caduta, in bagno. Ho dovuto chiamare di corsa un’ambulanza, mi sono spaventato… - Jared pianse di nuovo.

Allison si voltò un poco per accarezzargli il volto e dargli forza.

- Mi dispiace – ogni parola le suonava inadatta, e sperò che i suoi gesti gli trasmettessero molto di più.

- In ospedale hanno detto che non è più grave del solito, ma non so perché questo non mi abbia sollevato. E’ come se improvvisamente la realtà mi si fosse presentata davanti agli occhi, più cruda di prima. Mi ero abituato per troppo tempo ad essere felice…-

- Smettila di dire così. Non pensare neanche per un attimo che non la meriti, la felicità. Non posso sapere come ti senti, ma posso provarci. Tutto ti sembrerà nero, ma non lo è più di prima. Quello che cerco di dirti è che tua sorella ha una malattia con cui ha avuto e dovrà avere a che fare purtroppo con il resto della vita. Cosa cambierebbe se tu avessi o no degli sprazzi di felicità? –

Jared la guardò, sorpreso.

- Forse vorrei solo che anche lei l’avesse, questa felicità –

- Tua sorella non è infelice, Jared. Io l’ho vista, ho visto come sorrideva. Per lei i momenti di tranquillità sono i momenti migliori, perché si sente uguale a tutte le altre ragazzine della sua età. Credi che starebbe meglio se passasse anche quei momenti a tormentarsi? No, e non lo devi fare neanche tu –

Allison gli sorrise, incoraggiante. Poi gli asciugò una lacrima che gli era rimasta sul volto.

Jared la guardò, di nuovo come se fosse la prima volta. Nonostante avesse capito di amarla da mesi, ormai, il ragazzo ancora rimaneva sorpreso da quella ragazza. Riusciva ad affascinarlo sempre di più. Si inchinò, e la baciò con trasporto.

- Grazie – le sussurrò poi.

Allison gli sorrise ancora, e lo avvicinò a sé, per baciarlo di nuovo.

 

Tonight I'm not afraid to tell you
What I feel about you.

 

Ben presto fu la grande serata, aspettata da molti, sognata da pochi.

Allison era sotto le tribune, impaziente che la partita cominciasse, che il loro numero di incoraggiamento iniziasse. Con solo la maglietta e la gonna che formavano la divisa da cheerleader, la bionda stava congelando. Si girò verso il posto dove sapeva fosse Jared, insieme al ragazzo Sarah. Gli sorrise, con le braccia incrociate a mo’ di protezione e i denti che le tremavano. Il ragazzo le sorrise incoraggiante, poi la sua attenzione fu catturata da Sarah, appena uscita dal camerino. La guardò con un misto di sorpresa e inquietudine, e subito anche lo sguardo di Allison si posò sull’amica. Sarah era decisamente pimpante, quella sera. Non riusciva a stare ferma, rideva e scherzava con tutti. Era eccitata come nessun’altra, e soprattutto non sembrava patire il freddo, a differenza di tutte le altre cheerleaders. Come poteva essere, nessuno lo riusciva a comprendere. Allison e Jared  si guardarono di nuovo, ridendo di gusto a quella visione.

Fortunatamente, qualche minuto dopo era giunto il momento per le ragazze di scendere sul campo. Fecero il loro numero alla perfezione, quasi commuovendo l’allenatrice. Allison soprattutto, riuscì a mostrarsi perfettamente aggraziata ed elegante. C’era qualcuno di particolare, quella sera, a fare il tifo per lei. Sorridente, metteva in mostra le sue doti di fronte ai suoi compagni di scuola.

Tanto velocemente come era iniziato, tutto finì, e le squadre erano già in campo a confrontarsi.

- Ehi – la richiamò Jared, che era sceso verso i posti più in basso.

Allison si girò e vide che il ragazzo le passava la sua felpa.

- Grazie, sto congelando – la bionda prese con avidità quel pezzo di vestiario e se lo mise subito indosso.

- Si vede, sei quasi completamente blu – Jared sogghignò.

- Grazie, di nuovo – rispose lei lanciandogli un’occhiata.

- Sei carina lo stesso – la rassicurò lui con un gran sorriso.

Allison arrossì violentemente, e volse lo sguardo alla partita. Non poteva credere che dopo tutto quel tempo, Jared fosse ancora capace di imbarazzarla tanto.

 

Finita la partita, con una predetta vittoria della scuola di Allison, lei e l’amica si ricongiunsero con i rispettivi ragazzi.

- Allora, venite a festeggiare ovviamente, no? – chiese Sarah.

- Se per festeggiare intendi ubriacarsi dietro il campo, direi che passo – rispose risoluto Jared.

- Dai, amico, una birretta e poi siete liberi di andare – gli assicurò Paul.

- E poi Allison è una cheerleader, deve dare il buon esempio e celebrare la vittoria della sua scuola – aggiunse Sarah prendendo l’amica sotto braccio.

La bionda sorrise a Jared, cercando di convincerlo a dire di sì.

- Okay, ma io non bevo – si lasciò convincere alla fine il ragazzo.

- Non ti ubriachi mica se bevi qualcosa – di nuovo, Paul tentava di convincere Jared a partecipare attivamente ai festeggiamenti.

- No, mi dispiace. Stasera ho la gentile concessione di portare la mia ragazza a casa, vorrei assicurarmi che ci arrivi sana e salva –

- Wow, finalmente i genitori di Allie ti hanno dato il permesso? – commentò Sarah ridendo.

- Ho scoperto che me l’avevano dato già parecchio tempo fa, solo che una persona non me l’aveva ancora detto – Jared guardò di sottecchi la bionda, che arrossì.

- Beh, meglio tardi che mai. Ma non ti ci abituare, non mi fido della tua macchina –

- O non ti fidi di me? – i due si guardarono a mo’ di sfida.

Jared approfittò di quel momento per baciare Allison, dopo circa due ore che avevano passato separati.

- Tu non puoi bere, ma io sì – disse poi la ragazza, prendendolo per mano.

Insieme, i quattro si diressero verso la piccola festicciola straordinariamente priva di supervisione adulta. Gli alunni sapevano che la prima partita era sempre un trauma per i professori, non abituati a tutta quella tensione per un anno, quindi andavano via sempre prima di loro. Per questo, ogni prima partita del campionato, veniva organizzata una festa a base di alcolici proprio sotto il loro naso, dove mai avrebbero pensato potesse avvenire.

- Sicuro di non volerne neanche un goccio? Non ne farò un dramma – chiese Allison avvicinandosi a Jared, seduto in disparte.

- No, grazie. E poi non ne vedo il motivo –

- Per divertimento –

Jared strinse le braccia attorno alle gambe della ragazza, avvicinandola a sé. Poi le tolse il bicchiere di birra tra le mani e lo svuotò a terra.

Allison appoggiò la fronte su quella del ragazzo e lui la baciò.

- Non è più divertente questo? – disse poi Jared.

Allison gli si sedette sulle gambe e annuì, per poi baciarlo di nuovo, sempre con più trasporto.

- Ehi, voi due. Non mi sembra il luogo adatto per certe cose! – era Paul, che sfotteva la coppia

- Per questo, noi andiamo a casa. Questo fine settimana i miei non ci sono – spiegò Sarah, salutando gli altri due con la mano.

Allison rise, imbarazzata per la situazione.

- Andiamo anche noi? – propose Jared. La bionda lo guardò perplessa. – Non intendevo per quello, scema – il ragazzo scoppiò a ridere ed Allison divenne rossa.

- Ti sei stancato di stare qui? – gli chiese poi, giocando con il laccio della sua felpa che aveva ancora indosso.

- Direi di sì. Tu vuoi rimanere? –

Allison scosse la testa, così i due si alzarono e si diressero verso la macchina per mano.

Jared le aprì la portiera, da vero gentiluomo, ma con lo scopo di prendere un po’ in giro la ragazza. Lei lo capì e gli fece la linguaccia, nascondendo l’emozione che provava a salire sulla sua macchina.

- Allora, è come te l’aspettavi? – chiese lui, quando furono dentro.

- No, in realtà speravo in meglio. C’è uno strano odore –

- Smettila, non è vero – commentò Jared sorridendo.

- Chissà da quant’è che non la lavi –

Il ragazzo si fece rosso in volto.

- L’ho lavata questo pomeriggio –

Allison spalancò la bocca e lo guardò, sorpresa come non mai.

- L’hai lavata per me? –

Jared non rispose, ma mise in moto l’auto. La macchina si mise in marcia, ma ben presto Allison si accorse che non era la strada per casa sua quella che stavano facendo.

- Dove stiamo andando? –

- Mi hai mostrato diversi posti tu, ora tocca a me –  spiegò semplicemente Jared.

- Ma siamo in mezzo al bosco! –

- Non è un bosco, sono solo un po’ di alberi – il ragazzo scoppiò a ridere.

Allison lo guardò, sospettosa, e lui le rivolse un gran sorriso.

Nonostante tutto, nonostante la vita che avevano vissuto, nonostante le disgrazie che li avevano portati fino a lì, i due si sentivano felici. Felici di essere insieme, di potersi capire con uno sguardo. Mai avrebbero chiesto tanto, non ad una così giovane età. Ma non riuscivano ad immaginarsi divisi, non riuscivano ad immaginare una vita senza l’altro. Forse erano entrambi troppo frettolosi a sognare una vita insieme, per sempre.

Fu Allison la prima a spalancare gli occhi, a spaventarsi, a gridare. Fu Allison la prima a vedere quell’animale grande e grosso sbucargli davanti. Jared sterzò improvvisamente, mandando l’auto addosso ad un albero, per poi rigirarsi su se stessa.

 

Silenzio. Il respiro affannoso di Jared che riempiva l’abitacolo della macchina. Nessun altro rumore. Soprattutto, nessun altro respiro.

 Il ragazzo riuscì appena a muovere il collo. I vetri dei finestrini erano entrambi frantumati, solo quello del parabrezza era rimasto in piedi, nonostante le schegge createsi al suo interno. Vide il buio attorno a lui. Il chiarore della luna filtrava appena, e non lo aiutava a cercare Allison con gli occhi. Tentò di muovere un braccio verso la sua direzione, ma un dolore lancinante lo costrinse a rimetterlo giù. Cercava disperatamente una soluzione per uscire da lì, per assicurarsi che Allison stesse bene. Aveva ancora la cintura attaccata. Tentò di aprirla, e fortunatamente ci riuscì, venendo sbattuto pesantemente a terra dalla forza di gravità. Strisciò verso l’esterno, e ogni movimento gli costava una maledetta fatica. Ma doveva farlo, gli fosse costata la vita.

Lentamente, Jared riuscì a raggiungere l’altro capo della macchina. Da lì, la luce della luna illuminava il profilo di Allison. Aveva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse neanche. Tentando di mantenere quanta più lucidità potesse, il ragazzo le mise due dita sul collo. Trattenendo a stento le lacrime, si accorse che il battito del cuore c’era ancora. Riunì le poche forze che gli erano rimaste, lottando contro la sua gamba che capì era rotta. Si avvicinò il più possibile ad Allison, rientrando appena all’interno della macchina, per poter raggiungere la chiusura della sua cintura di sicurezza. La aprì con un po’ di difficoltà, subito posizionando una mando sulla fronte della ragazza per non farle battere la testa.

La trasportò all’esterno di quell’ammasso di ferraglia e vetri, ormai neanche più riconoscibile come un automobile.

- J… Jared – sussurò fievolmente lei, riaprendo un poco gli occhi.

Jared le sorrise, versando qualche lacrima.

- Ehi, non ti sforzare di parlare. Aspetta –

Tentando di non gridare, per non spaventarla, Jared riuscì a poggiare la propria schiena accanto ad un albero, e strinse tra le sue braccia Allison.

- Cos’è successo? – chiese lei, riacquistando un poco padronanza di sé.

- Sssh, tranquilla. Ti ho portata nel mio posto, come ti avevo promesso –

Jared sentì le proprie braccia cedere, sotto il peso del corpo di Allison, ma non la lasciò andare. Se fosse svenuto, se si fosse concesso un attimo per chiudere gli occhi, lei sarebbe rimasta sola, circondata dal buio più totale.

- E perché fa così male? – chiese la ragazza, di nuovo socchiudendo gli occhi.

- Ehi, Allison, non puoi addormentarti ora – il ragazzo, spaventato, tentò di risvegliarla.

- Perché no? Sono stanca…- mormorò Allison.

- Perché devi vedere dove ti ho portata – Jared si impegnava per trasmetterle serenità, quando dentro moriva di paura.

Allison riaprì gli occhi.

- Non riesco a vedere niente –

- Allora te lo racconto io, ma tu devi continuare a tenere gli occhi aperti –

Allison annuì leggermente, combattendo contro se stessa per mantenere quella promessa.

- E’ un promontorio, poco distante da casa mia. Da qui si può vedere il lago a est della città, ci sei mai stata? –

- No, non ho mai visto un lago –

- Da oggi non potrai più dire lo stesso. Vedi come la sua superficie risplende? E’ la luna, che con la sua bellezza rende tutto più magico. E’ per questo che mi piace tanto questo posto. E’ un luogo triste, quasi oscuro, di giorno. Gli alberi creano una sorta di muraglia, scura ed impenetrabile. Ma quando c’è la luna, beh, tutto cambia. Diventa il luogo più bello che abbia mai visto –

- Hai ragione, è veramente bello – commentò Allison, immaginando di poter vedere lo stesso lago, la stessa luna, lo stesso luogo descritto da Jared.

- Forse finalmente ho capito – commentò poi il ragazzo.

- Cosa? Cosa hai capito? – chiese la bionda.

Jared sospirò. Il suo respiro si faceva affannoso, e sentiva il calore del sangue scorrergli lungo la testa. Ma non poteva lasciare Allison, non poteva smettere di parlare.

- Sei la mia luna personale, sai? – disse con un sorriso.

- Cioè? –

- Hai cambiato tutto. Hai reso la mia vita più bella, hai distrutto tutte le certezze che mi ero creato e con le quali avevo imparato a convivere –

Qualcuno sarebbe arrivato. Qualcuno l’avrebbe salvata. Ma lui doveva continuare, doveva farla sopravvivere fino a quel momento.

- Sei tu che hai fatto la differenza… - la ragazza tossì violentemente.

- Sssh – disse il ragazzo, stringendola un po’ di più a sé.

Allison socchiuse di nuovo gli occhi, accarezzandogli il volto.

Jared si inchinò su di lei e la baciò, sperando di risvegliarla.

- Ti amo – le disse poi, a pochi millimetri dal suo viso, sorridendole.

Due lacrime scivolarono lungo il viso del ragazzo. Allison le asciugò con la mano.

- Perché piangi? –

- Tu sappi solo che ti amo, e che hai fatto tanto. Il resto ora non conta –

Non sapeva come, non sapeva perché, ma Allison capì che era importante condividere quel momento. Lo baciò di nuovo, piangendo anche lei.

- Ti amo anche io –

Jared si asciugò le lacrime e riappoggiò la testa all’albero. Tentò di parlare ancora, ma riusciva a malapena a respirare. Le forze lo abbandonavano ogni secondo un po’ di più, anche Allison se ne accorse. Tra le sue braccia, lo strinse forte, riacquistando padronanza. Appoggiò la testa sul petto, l’orecchio all’altezza del suo cuore. Pianse, pianse disperatamente. Ogni secondo, sperava che una luce spuntasse e li ritrovasse. Ma quando finalmente la sua speranza si avverò, era troppo tardi. Aveva sentito quel cuore emettere l’ultimo battito, aveva sentito quella bocca emanare l’ultimo respiro.

 

 

 

I'm gonna muster every ounce of confidence I have
And cannon ball into the water
I'm gonna muster every ounce of confidence I have
For you I will

 

Una lacrima scorreva lungo il viso di Allison, al ricordo di quella canzone che aveva dato inizio a tutto. La voce di Jared le era rimasta nella mente, nonostante i quattro anni che erano passati da quel maledetto incidente. La notte, spesso si ritrovava a sognare quella luna tanto speciale che Jared le aveva descritto, e si chiedeva come potesse averla paragonata a lei. Non era mai andata nel luogo dove lui voleva portarla, lo aveva già nel cuore, lo aveva visto. Niente sarebbe stato mai più bello.

 

Dopo quattro anni, rivedere quel pezzo di pietra con su scritto il suo nome era ancora troppo duro. La ragazza posò a terra i fiori che aveva portato, nonostante avesse sempre trovato inutile quell’abitudine.

Si concesse ancora qualche lacrima, poi Allison tornò da dove era venuta. Salì in macchina, si volse verso la sua accompagnatrice e le sorrise.

- Come stai? – le chiese Lily.

- Bene, sto bene – tentò di rassicurarla la ragazza.

Allison mise in moto la macchina. Guardò di nuovo in direzione della lapide, sorridendo al dolce ricordo del suo primo amore.

 

 

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