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Autore: Minako_86    16/09/2010    6 recensioni
Una shot, una vacanza, un litigio. Perchè a volte la gelosia è davvero pericolosa.
(Sulla canzone del film "Mamma mia!" perchè appena l'ho sentita, ho capito che era perfetta.)Enjoy.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiusi il libro e lanciai un'occhiata sbieca alla pista da ballo

Sì, pensavate che fossi morta eh?xD

Invece no, sono ancora qui. (E ho anche in lavorazione il capitolo di "Gabrielle") E finalmente finisco e posto qualcosa.*___*

 

E non una cosa qualsiasi. Questa shot, ben dieci pagine e più di roba, mi ha occupato con la sua stesura più o meno tutta l'estate. Ci ho messo tanto, perchè ho avuto circa un miliardo e mezzo fra dubbi e ripensamenti. Il finale, per esempio, mi fa tutt'ora schifo come poche cose, ma... c'è sempre un "ma".

 

Domani, subito dopo il piccolo, è il mio compleanno. E io mi sono promessa che avrei avuto una Jarta, almeno una, per quest'occasione. Mi sono impegnata a fare in tempo, crisi o non crisi, blocco o non blocco. E, finalmente, eccola qui.:3 Per un pelo.

 

Perciò, in sostanza, questa shot è per me stessa. Perchè, in fondo, penso di meritarmela.

 

La desideravo, me la regalo. E spero che leggendola, qualcosa di ciò che ci ho messo nello scriverla, arrivi anche a voi.:3 Buona lettura.

 

 

A me, per i miei 24 anni.

 

 

 

 

 

 

~ Lay All Your Love On Me

 

 

I wasn't jealous before we met,
now every woman I see is a potential threat.
And I'm possessive, it isn't nice.

 

 

Chiusi il libro e lanciai un'occhiata sbieca alla pista da ballo. Chiara seguiva con attenzione i movimenti studiati dell'istruttore e cercava di far ballare un ragazzino poco più grande di Frankie, mentre Joe sembrava troppo preso ad imparare i passi, per accorgersi di quanto la sua compagna di merengue si stesse strusciando su di lui. Scoppiò in una fragorosa risata, mentre incespicava sui suoi piedi e la faceva volteggiare goffamente: distolsi lo sguardo, abbastanza infastidita da come la rossa gli si era avvinghiata per non cadere.

 

Mi alzai di scatto dal lettino, che scricchiolò sinistramente sulla sabbia bollente e ficcai - quasi alla cieca - tutta la mia roba nella borsa di tela: d'improvviso faceva troppo caldo, la salsedine sulla pelle bruciava in maniera insopportabile e il vociare degli altri bagnanti era assordante. Non avrei potuto resistere su quella spiaggia un momento di più.

 

- Scusa, piccolo. - Mormorai, all'indirizzo di Nicholas che sonnecchiava su una sdraio lì accanto. - Penso che inizierò ad avviarmi, avvertili tu... quando avranno finito di divertirsi. -

 

Mi caricai la sacca in spalla e - senza nemmeno aspettare che rispondesse - mi avviai verso il sentiero che riportava alle piccole abitazioni di pietra color perla. Mi fermai quel poco che bastava per infilare il copricostume, si appiccicò subito al bikini ancora umido. Nel frattempo, Nick era già accanto a me.

 

- Ho mandato un sms a Chià. - Dichiarò. - Vengo con te...! - Stirò le labbra screpolate dal sole in un pallido sorriso, mentre mi sfilava la borsa dalle mani e riprendeva a camminare.

 

Sorrisi anche io, lo ringraziai in silenzio e mi affrettai sulla ghiaia scricchiolante, stringendogli appena la mano accaldata.

 

 

°°°

               

 

- Avanti di questo passo, finirai per consumarla. -

 

Sospirai profondamente e distolsi lo sguardo da pagina cinquantaquattro. Esausta, lasciai che la copertina rigida si chiudesse con un tonfo sgraziato: ero ferma da mezz'ora all'inizio del capoverso ed avevo letto, riletto e letto ancora la prima frase - fino a saperla perfettamente a memoria – e nonostante tutto, non avevo minimamente focalizzato di cosa parlasse. Nicholas stava in piedi sulla porta. La sua espressione, al contrario, era particolarmente eloquente: stabilii che sarebbe stato molto meglio non fissarlo negli occhi, quindi rotolai su un fianco e ci rimasi, mentre lui si avvicinava, ripiegava accuratamente un cuscino e ci si sdraiava contro.

 

- Fallo per me, dimmi che non hai litigato con mio fratello...! - Mormorò. Sapevo che mi stava osservando.

 

- Sta' tranquillo. - Mi strinsi nelle spalle, rabbrividendo impercettibilmente e mordicchiai il labbro inferiore, forse "non ancora" sarebbe stata la risposta giusta: conoscendomi sarei esplosa presto. E Joe non sarebbe rimasto in silenzio ad ascoltare.

 

- Allora perchè...? - Eccolo, Nick. Lui e quella sua maledetta capacità di scannerizzare istantaneamente le persone e spogliarle completamente della loro capacità di mentire o dissimulare qualsiasi cosa. Anche con una sola parola.

 

- Perchè sono stanca. – Sussurrai, già sconfitta. - Di vederlo unicamente quando si siede a tavola o di poter passare con lui solo qualche ora, la sera, ad... aspettare di addormentarci. - Svicolai, imbarazzata.

 

Nicholas mi poggiò una mano sulla spalla arrossata dal sole e spinse il mio corpo a tornare nella posizione originaria, in modo da potermi avvolgere comodamente con le braccia, mentre parlava. Mi accoccolai contro di lui, adattandomi a quella strana posa rannicchiata e lasciai – docile - che mi stringesse come voleva.

 

- Oh, Mar. - Si lasciò sfuggire una risatina, prima di tornare alla sua espressione concentrata.

 

- Insomma... Non è la vacanza che avevo immaginato, quando Joe ha proposto di andare via tutti insieme. - Agitai appena il capo. I miei capelli, così come i suoi, erano ancora umidi di doccia e lasciarono un piccolo alone sulla t-shirt grigia, quando rafforzò l’abbraccio.

 

- Nemmeno io, lo sai? - Rispose, abbassando all'improvviso il tono di voce. Tanto che quasi faticai a sentirlo.

 

Vidi le sue labbra contrarsi in una piccola smorfia e i suoi occhi color mogano indugiare un momento di troppo sul soffitto in penombra, prima di tornare a soffermarsi su di me. Mi stupii di come non mi fossi nemmeno lasciata sfiorare dal sospetto che - per il medesimo motivo - quella situazione lo facesse star male quanto me: Chiara era sempre insieme a Joe, entusiasta di provare continuamente nuove attività o di trovare un modo per passare il tempo libero.

 

- Ecco. - Sospirai. - Siamo un disastro, piccolo. Se riuscissimo a stare al passo con loro, non avremmo neanche il tempo di rimanere delusi..! - Nick nemmeno rispose. Si imbronciò ancora un po' e si strinse nell'abbraccio, soffocando un sospiro esasperato contro la mia spalla. Tuffai una mano nel morbido groviglio dei suoi riccioli e li accarezzai, piano, coccolandolo e cercando di non impigliarmici o strattonare i nodi.

 

- Ma tu mi ci vedi sulla pista da ballo ad imparare la salsa...? Io? - Mugugnò.

 

- Onestamente? - Mi scappò una risata che, per quanto silenziosa, lui intuì perfettamente dal leggero movimento sussultorio del mio corpo.

 

- Ehi. -

 

- Maddai, perchè pensi che io potrei essere meglio? - Inarcai un sopracciglio, scettica.

 

- Forse. - Decretò, con fare diplomatico. Spostai la testa da sinistra a destra, in segno di diniego.

 

- La triste verità è che io e tuo fratello Joe siamo diversi come il giorno e la notte. Diametralmente. Lui è tutto quello che io non sono, compreso un bravo ballerino...! - Esitai e mi inumidii le labbra. - Quello che è successo ora è probabilmente soltanto la dimostrazione pratica di quanto siano incolmabili le nostre differenze. -

 

- Gli opposti si attraggono. - Ribattè, serafico. - E poi, andiamo, Joe un bravo ballerino? In quale universo? - Lo fissai e non potei impedirmi di scoppiare a ridere, per il tono e la faccia con cui l'aveva detto.

 

- Sa muoversi e non si vergogna di farlo, almeno...! - Tentai di giustificarmi.

 

- "Deambulare" è più corretto. E nemmeno quello gli viene troppo bene. - Concluse, con un piccolo ghigno. - Dai, Mar, niente sciocchezze: tu lo ami, lui ti ama. Decisamente troppo, per poterti trascurare così.  Dobbiamo solo aspettare che se ne ricordi e intanto, riempiremo il tempo a modo nostro… Domani ti porto a fare una passeggiata lungo la spiaggia, fino in fondo alla baia. Non voglio vederti così. -

 

Quando sorrisi come quello gli accendevano lo sguardo, era totalmente impossibile non lasciarsene coinvolgere. Rari come fossero delle piccole perle luminose, erano il tesoro dei pochi che avevano avuto la fortuna di meritarli. 

 

 

°°°

 

 

 

But now it isn't true. Now everything is new
and all I've learned has overturned.
I beg of you...!

 

 

 

- MAR...! -

 

Sentii la voce di Joe, non appena ebbe mosso il primo passo oltre la porta, ma non riuscii a districare il senso o il suono preciso delle sue parole da quello del vento che si era alzato e soffiava veloce fra gli oleandri, davanti alla finestra aperta. Non ci badai nemmeno, troppo concentrata nei piccoli scatti che mi permettevano di evitare alle mani affusolate di Nick di avventarsi sui miei fianchi e torturarli di solletico. Finii intrappolata, con la schiena premuta contro di lui ed il suo respiro spezzato dalle risate sul collo.

 

- Mar, ci sei? -

 

Avrei voluto rispondergli, prima, ma fu più rapido di me. Entrò in camera e spalancò completamente la porta come suo solito, facendola quasi sbattere contro il muro. Vidi il suo sguardo indurirsi e le dita stringersi nervosamente sul pomo laccato della maniglia: non ci staccò gli occhi di dosso per un solo secondo. Fissò Nicholas come se avesse voluto perforargli il petto da parte a parte e seguì ogni suo minimo movimento, dalla delicatezza con cui sciolse la presa e lasciò che affondassi di nuovo nel materasso, al piccolo scatto quando si alzò dal letto e si rimise in piedi.

 

- Tutto bene? - Serrò appena le labbra, ma non si smosse di un millimetro.

 

Continuò, implacabile, a seguire il piccolo con l'espressione inamovibile di chi l'avrebbe trascinato in corridoio con la forza - senza nemmeno guardarlo in faccia e senza un minimo di esitazione - se non si fosse deciso a fare da solo. Nick tuffò le mani in tasca e mi rivolse un piccolo sorriso quasi divertito, prima di restituirgli lo sguardo.

 

- Ora sì, bro. Per questo penso sia meglio che vada. - Annuì e si avviò, tendendo la bocca in una smorfia.

 

- Meglio. - Ripetè Joe, lapidario. Gli assestò una pacca sul braccio, mentre passava lì accanto e lo lasciò uscire. Poco ci mancò che lo spingesse direttamente contro il muro dell’anticamera, ma non si voltò neppure a controllare.

 

Fu come se lo scatto della maniglia - che tornava al suo posto - l'avesse risvegliato. Lasciò cadere l'asciugamano ancora umido di salsedine sulle piastrelle bianche, superò il letto senza guardarmi e prese a cercare nervosamente qualcosa nell'armadio. Rimasi immobile, quasi trattenendo il respiro, per quanto comunque mi dava le spalle e di sicuro non si sarebbe nemmeno reso conto dei miei movimenti. Era come se fossi in attesa di qualcosa... Peccato non sapessi cosa.

 

- Ti rigiro la domanda, tutto bene? - La sua richiesta esplose letteralmente in quell'assurdo silenzio.

 

- Più o meno. - Mi avvicinai al bordo, titubante e lasciai dondolare i piedi a qualche centimetro dal pavimento. Lui annuì, senza però smettere di dedicarsi all'interno del guardaroba.

 

- Lo stesso più o meno che ti ha fatta tornare prima? Quello per cui Nicholas era qui...? - Inasprì improvvisamente il tono di voce e lanciò una t-shirt nera sulla sedia alla sua destra.

 

- E' semplicemente stato gentile. - Mi inumidii le labbra e continuai a guardare per terra.

 

- Sì, l’ho notato. - Piegò le labbra in un sorriso per nulla divertito. - E a te piace molto, vero? -

 

- Scusa...? - Inarcai le sopracciglia. Un irritante senso di fastidio iniziò lentamente a mischiarsi alla tensione che mi tratteneva ritta, in bilico sull'orlo del materasso.

 

- Ma sì, tutte quelle premure... Quelle coccole. Roba che a me non viene nient'affatto bene, no? - Scrollò le spalle.

 

- Non fare lo stronzo, Joe. - Sibilai.

 

Ci muovemmo in contemporanea, come se ci fossimo trovati all'improvviso in una strana sorta di simbiosi: scattai in piedi nel momento esatto in cui lui si decise - finalmente - a fronteggiarmi apertamente. Rabbrividii, non appena mi ritrovai i suoi occhi puntati addosso. Impercettibilmente socchiusi sotto la linea marcata e ostile delle sopracciglia. Sapevo che era arrabbiato con me, lo percepivo con ogni fibra del mio essere ed era una sensazione aliena al punto che, nonostante l'esasperazione a cui mi stava portando, sapevo non sarei riuscita ad incanalare la mia rabbia nel modo giusto.

 

- Non mi vuoi dire che cos'hai. Scappi da me, nel senso più fisico della cosa. E io faccio lo stronzo...! - Strinse le labbra in una smorfia stizzita, scrollò le spalle come volesse invitarmi a fare la persona seria. Scoppiai.

 

- L'unico momento in cui stiamo insieme è quando andiamo a dormire. - Iniziai, con le lacrime che già mi pungevano rabbiose all'angolo degli occhi. - Magari per te è il massimo divertirti tutto il giorno e poi la sera infilarti a letto e fare l'amore, ma a me non basta, ok? Non mi basta un'ora di coccole, così, nemmeno fosse un contentino. Non sono una bambola, Joe...! Non è solo il sesso che mi aspettavo di fare con te, durante questa vacanza. -

 

Ero stata cattiva e lo sapevo. Serrai i pugni fino a farmi illividire le nocche, arrossii e sentii la pelle bruciare non solo per il sole che avevo preso fino a poco prima: le lacrime trattenute a fatica erano ormai evidenti, già mi segnavano il viso e sarebbero scivolate oltre lo zigomo al minimo scatto. Lo guardai, spaventata dal'improvviso vuoto che mi si era spalancato dentro dopo avergli riversato addosso l'ansia amara con cui convivevo da giorni.

 

- So che non sei una bambola, ma nemmeno io sono un pupazzo...! Non posso starmene fermo tutto il giorno. - Chinò il capo, si nascose per una frazione di secondo. -  E se non vuoi farlo, basta dire di no. -

 

- Non ti ho chiesto tutto il giorno. - Scattai. Sentivo crescere il desiderio furioso di prendere qualcosa e frantumarlo in mille, microscopici pezzi. Stizza e dolore si alternavano caotiche nel mio cervello, ogni volta che mi scaldavo a quel modo. - Volevo solo... oh, ma lascia perdere. E comunque se lo faccio è perchè lo voglio. Ti voglio, sempre e comunque. Anche solo per un'ora. - Di nuovo lacrime che dovetti ricacciare indietro con sforzo ancora maggiore.

 

- Mar... Stiamo insieme a colazione, dalle dieci fino all'ora di pranzo. E dopo cena. Non mi pare un'ora. - Aveva il tono conciliante e snervato che si usa con i bambini molto piccoli quando si impuntano su qualcosa. Serrai le labbra e decisi di adottare la sua stessa tecnica per fargli capire.

 

- Non sempre... Spesso ci sei solo all'ora dei pasti. Non saranno sessanta minuti cronometrati, ma non cambia il fatto che per me è come se fosse così. - Mi chinai e cercai frettolosamente i sandali. Il pavimento era diventato d'improvviso fastidiosamente freddo sotto i piedi nudi. - Tranquillo, non ti sto chiedendo di rinunciare a nulla. - Aggiunsi.

 

La cinghia del secondo cinturino mi sfuggì dalle mani, mentre Joe mi strattonava bruscamente verso l'alto. Ebbi solo il tempo di sentire le sue dita attorno al mio braccio, premute le une contro le altre e prive di qualunque dolcezza.

 

- E allora cosa, eh? Cosa? Non farmi la predica e poi dirmi che è a vuoto, per piacere. -

 

- Non te lo chiedo perchè so che tu ti ci diverti, che ti piace. Non è una predica. E' uno sfogo perchè... - Esitai e mi tirai indietro. - Se fosse per me, per la voglia che ne ho, starei con te ventisei ore al giorno. -

 

- Non volevo lasciarti sola, mi dispiace. - Era stranamente condiscendente, troppo. - Poi, vabè, c'e' mio fratello: prima vi stavate facendo compagnia alla grande, no? -

 

 Mi bloccai con la mano ancora a mezz'aria, intenta a massaggiare la pelle scottata appena sotto la spalla. La sfumatura calcata della sua voce era inequivocabile: che venisse, lui, a farmi scenate di gelosia per Nicholas dopo quello che gli avevo visto fare sulla pista da ballo, - in quel preciso, disordinato momento - era  sul serio troppo.

 

- Nick non è te, Joe. - Gli schiaffai in faccia la verità, subito e cercai di fargliela pesare il più possibile. - Per quanto stia bene in sua compagnia... Non sarà mai la stessa cosa. E comunque prima ci stavamo semplicemente rassicurando a vicenda, considerato che siamo nella stessa situazione. - Annuì impercettibilmente, come se si stesse sforzando di darmi ragione, ma non ne fosse affatto convinto.

 

- Noi stiamo esagerando e ok, ma non vi pare di farla un po' troppo tragica? - Sbuffò, poi, corrucciandosi appena.

 

- Forse. O forse no. Ma non importa: pensate pure a divertirvi, ne avete tutto il diritto. Le lezioni di ballo sono estremamente... appassionanti, no? - Sapevo che la mia remissività lo mandava in bestia come poche cose al mondo e, in un certo modo, lo avevo fatto apposta.

 

 - ...Ma lascia perdere! -

 

Accadde tutto ad una velocità impressionante. Un attimo prima Joe stava ancora strappando i suoi abiti dallo schienale della sedia e il secondo immediatamente successivo era già sotto lo scroscio bollente della doccia. La porta sbattè tanto violentemente da far oscillare i cardini, mentre il rumore dell'acqua copriva tutto il resto. 

 

- Sì, lascio perdere. E' decisamente meglio. - La mia voce rimbalzò, debole e spezzata, contro il legno laccato.

 

Mi morsi il labbro fino a farlo - inavvertitamente - sanguinare. Cercai di ignorare come il sapore metallico andasse mischiandosi al nodo che mi si era stretto in gola, mozzandomi il respiro. Afferrai il libro che era rimasto poggiato in un angolo e lo scaraventai a terra con tutta la forza che avevo in corpo: si ribaltò sul dorso con un orribile rumore di carta stropicciata, prima di rimanere beffardamente aperto a pagina cinquantaquattro. Lasciai tutto così com'era, abbandonando la mia borsa - semisvuotata del suo contenuto - sul mobile specchiera: l'i-phone scuro occhieggiava dalla tasca aperta. Lo lasciai esattamente dov'era. Sarebbe stato troppo facile, per Joe, se me lo fossi portata dietro.

 

 

°°°

 

 

Scavalcò la piccola aiuola fiorita, non curandosi di come le sue scarpe nuove avrebbero potuto infarinarsi della polvere bianca che si sollevava a grandi sbuffi dal pietrisco del sentiero. L'aveva vista, poco distante, armeggiare con le chiavi del tutto ignara che la porta fosse già aperta.

 

- Chiara. - Le fu dietro in un momento.

 

- Nicholas...! - Sussultò bruscamente nel suo abbraccio e lasciò che la borsa tornasse a ciondolarle inerme lungo il fianco. - Che hai in testa? Mi hai fatto prendere un colpo. - 

 

La stretta sul corpo di lei - ancora leggermente teso nell'insicurezza del momento - si fece più decisa. Si chinò fino a sfiorarle la spalla con la punta del naso: la sua pelle sapeva di sale, di mare e leggermente - ancora - perfino dell'aroma fruttato del latte solare che si era spruzzata appena scesa in spiaggia. La sua mente si perse per un attimo, cercando faticosamente di districarsi fra quel profumo irresistibile ed il ricordo di quanto era successo poco prima con Joe.

 

- Nick. - Non potè che premere delicatamente le labbra nell'incavo del collo ed assecondare l'impulso di assaggiarla. 

 

- Credo che mio fratello abbia litigato con Mar. - Sussurrò, senza smettere di accarezzarla con il respiro. La sfiorò, poi scivolò verso l'alto, a posarle un altro bacio appena sotto l'orecchio.

 

- ... Come? Perchè? - Si rivoltò nel suo abbraccio, ma non riuscì a fuggirne.

 

- Lei si sente sola. - Sospirò. - E lui è un dannato testone, per di più geloso fino alla nausea...! - Passò le dita fra i capelli scuri di lei, increspati dal vento e bloccò una ciocca ribelle. - Non che non possa capirlo. -

 

Chiara trattenne il respiro. Un gesto incondizionato - per lo meno da quando Nicholas le stava vicino, così vicino, tanto spesso - che sperò vivamente lui non avesse colto. Corrucciò leggermente le sopracciglia, non voleva farsi distrarre troppo da quella che senz'ombra di dubbio si annunciava come una situazione spinosa: distolse lo sguardo e cercò di fare mente locale. Si chiese se aver passato quasi tutto il suo tempo con Joe le avesse permesso di cogliere - anche inavvertitamente - qualche segnale. Un'avvisaglia di tempesta. Anche se in tutta probabilità, era proprio il tempo stesso, tutto, un'avvisaglia.  Il cellulare vibrò rumorosamente nella tasca esterna della borsa e cancellò qualunque dubbio.

 

 

» Pulce, Mar non c'è... ha lasciato qui il telefono. Se non l'hai vista tu, ritarderà la cena.  

 

 

- Cazzo. - Imprecò.

 

Come se a Joe avesse potuto veramente importare qualcosa di una fottutissima cena, dopo aver discusso con la sua ragazza al punto di spingerla ad andarsene su due piedi. Poteva tranquillamente immaginarsi la scena: presi dal nervosismo del momento... Lui doveva essersene uscito con qualcuna delle sue battutine pungenti, cosa che - sicuramente - lei aveva preso molto male. Di lì a una porta sbattuta e parecchie, inutili lacrime il passo era breve.

 

- Vado a cercarla...! - Perchè il suo fidanzato è troppo orgoglioso perfino per questo, avrebbe potuto aggiungere.

 

Nicholas annuì e nemmeno si prese la briga di chiedere spiegazioni: non gli era difficile sforzarsi di ricostruire gli avvenimenti, da solo. Per come era fatto suo fratello, non avrebbe mai potuto lasciar correre il modo in cui l'aveva visto abbracciato a lei: una coccola dolce e del tutto innocente, ma Joe considerava Mar "sua". E non solamente per dire, ma al modo in cui lui stesso lo pensava di Chiara... Era qualcosa a livello di anima, toccarla come aveva fatto - nella loro stanza e sul loro letto - era praticamente un tabù, a tutti gli effetti.

 

- E' veramente un bambino, a volte. - Aveva tratto le stesse conclusioni di lei. - Lo porto al ristorante, ci vediamo là. -

 

Le sue mani furono rapide sui fianchi di lei: se la strinse contro ed indugiò per un momento sulle labbra morbide, accarezzandole con le proprie. Sembrava che l'intensità quasi violenta di quel breve bacio celasse il desiderio di rubarle l'anima... Al contrario, le aveva già - dal primo istante - donato la sua.

 

 

°°°

 



I still don't know what you've done with me...
A grown-up woman should never fall so easily.



 

La costa - in quel punto - si alzava ripida e scura contro la vegetazione: grosse onde schiumose si infrangevano nelle spaccature fra una roccia e l'altra. Sembrava il mare volesse allungarsi sulla terraferma e questa, docile, si gettasse a precipizio fra le sue braccia impazienti. Poco più avanti lungo il golfo, una fila di dune morbide e spruzzate di arbusti profumati nascondeva la spiaggia del residence: si sentivano - in lontananza - gli ultimi bambini uscire finalmente dall'acqua e le famiglie incamminarsi rumorosamente verso il ristorante.

 

Deviai leggermente - attraverso i bassi cespugli che circondavano il sentiero sabbioso - per raggiungere uno scoglio più bianco degli altri: la superficie incrostata di sale brillava alla luce dell'ultimo sole. Arrivai sull'orlo e - come mi capitava spesso - restai ferma, ipnotizzata, a guardare il mare battere ritmicamente sulle grosse pietre grigie. Non realizzai quanto tempo fosse passato, al momento in cui un'ombra familiare si sovrappose alla mia.

 

- Devo averlo fatto incazzare veramente tanto, se ha lasciato venire te...! - Sospirai.

 

Osservai Chiara da sopra la mia spalla, senza muovermi: il vento frustava i capelli scuri e le arricciava attorno alle gambe l'ampia gonna del vestitino a fiori che Nicholas amava tanto. La sua espressione si rabbuiò leggermente, mentre mi raggiungeva e si fermava accanto a me sul limite dello strapiombo.

 

- Sono venuta di mio. Lui non era ancora arrivato. - Replicò, lapidaria. Il fatto che mi sentissi ferita, non mi autorizzava ad essere intrattabile anche con chi non aveva colpe.

 

- Ti ringrazio. - Sorrisi, prima di tornare a fissare il mare. - Ma non mi va di venire a cena... O di tornare in camera. - Strinsi le labbra e lasciai che l'aria mi soffiasse via le lacrime dal viso.

 

- Ti ci porto in braccio, in camera. - Avvertii il suo movimento, ma non mi voltai. Mi sedetti a terra e lasciai dondolare le gambe oltre il bordo di roccia. - Dai, Mar...! -

 

- Non ce l'ho con te, Chià. Però no. Non torno indietro, ora... Con che coraggio? - Strappai una manciata d'erba secca e la gettai verso l'acqua, molti metri più in basso. Poi alzai lo sguardo e la fissai. - Non ha nemmeno voluto finire di discuterne: mi ha sbattuto una porta in faccia...! -

 

- Quale coraggio...! Questa cosa e' un po' indigesta a tutti, ma se dobbiamo stare così, allora io faccio i bagagli e torno a casa. - Tipico di lei non contemplare nemmeno per un attimo le mezze misure.

 

- Non scherzare. Ci manca solo questo: Nicholas ci resterebbe malissimo. - Asciugai una lacrima ribelle. - Non c'entra niente e nemmeno se lo merita. -

 

- Lui n'è un altro. - Mormorò, torturandosi una ciocca scomposta con le dita. - Ma non c'entra, appunto. Per piacere..! Torna e parliamone tutti insieme con calma. E' solo una settimana. -

 

Parlare. Ci avevo provato e ne avevo ben visti i risultati scadenti: perciò ero del tutto convinta a restarmene appollaiata in cima a quel promontorio fino a che non si fosse fatto buio. Non volevo incontrare Joe, non volevo parlargli e soprattutto non volevo essere costretta a guardarlo di nuovo negli occhi... Sarei rientrata molto, molto tardi, una volta sicura di trovarlo già profondamente addormentato. Io, al contrario, non avrei dormito affatto: sarei stata girata su un fianco tutta la notte, facendomi violenza per non cercare il suo profilo familiare sotto le coperte. Ne avevo la certezza. Quello che non avrei mai potuto prevedere era ciò che stava passando per la testa della mia amica, in quel momento.

 

- Forza...! - Si chinò appena nella mia direzione e tese la mano verso di me. - Ne parliamo. - Guardai il palmo leggermente arrossato e poi lei, totalmente presa alla sprovvista.

 

Non avrei mai pensato di vederle compiere istintivamente un gesto del genere. Non per cattiveria o superficialità, orgoglio... insicurezza. No. Solo, Chiara era Chiara: io porgevo la mano, lei opponeva una delle sue strane scuse e poi l'afferrava. Era il nostro equilibrio in quel forte, complicato, unico - a suo modo - legame. Eppure questa volta, per qualche strano gioco dei contrari, stava accadendo l'opposto. Forse per questo cedetti senza nemmeno provare a ribattere e la seguii - con il cuore che mi batteva ferocemente - mentre si allontanava a passi decisi dalla scogliera.

 

- Io ho già detto tutto quello che dovevo. Mi limiterò ad ascoltare. - Le strinsi la mano e non la lasciai, nemmeno per un solo secondo.

 

 

°°°

 

 

L'interno del ristorante era illuminato e troppo rumoroso. Gran parte dei clienti si affaccendava già dietro i menù rilegati, un paio di bambini - che schivammo prontamente - si rincorrevano ridendo fra i tavoli e la mia voglia di fare marcia indietro e rituffarmi, letteralmente, nella quiete ipnotica della scogliera cresceva ad ogni passo. Avevo l'orribile impressione che fosse tutto sbagliato: ero scappata in fretta e non avevo nemmeno pensato di tornare indietro a cambiarmi o a sistemarmi, probabilmente ero impresentabile ed era un motivo in più per cui non avrei dovuto stare lì.

 

- Eccoci. - Il cuore mi schizzò in gola, appena realizzai che Chiara si era fermata accanto a qualcuno.

 

- Finalmente...! -

 

Non guardai lei, Nicholas che saltò in piedi e le posò un piccolo bacio a fior di labbra, prima di invitarla a sedersi. Occupai la sedia che mi spettava, accanto al piccolo e di fronte a lui che, al pari di me, non aveva ancora aperto bocca. Sapevo benissimo che mi stava fissando, sentivo i suoi occhi indugiare su ogni centimetro di pelle... eppure continuai a concentrarmi ostinatamente sul piatto vuoto che avevo davanti.

 

- Allora, siamo qui, parliamone. - Tentò Chià, abbozzando un sorriso. Evidentemente nessuno di noi voleva assumersi la responsabilità di aprir bocca in proposito: calò un silenzio imbarazzante e con mia enorme sorpresa, poi, fu Joe il primo a parlare.

 

- Volete che diminuiamo le attività? Bene. Lo faremo. - Decretò, in tono piuttosto asciutto. Mi agitai leggermente sulla sedia, ma non risposi. - Scegliamo di rinunciare, se serve a risolvere il problema. -

 

- Non siete obbligati. - Nicholas agitò appena il capo e inumidì appena le labbra.

 

- Ma lo facciamo, se vi fa star meglio...! - Replicò Joe, già evidentemente esasperato. Sbuffò, strizzando il tovagliolo di stoffa ricamata.

 

- No, d'accordo. Continuate pure a seguire tutte le cose che vi piacciono. - Per la prima volta da quando mi ero seduta, alzai lo sguardo su di lui. - Per quanto mi riguarda, sapere che ti imponi di rinunciarci per me... Se me lo dici con quel tono, come faccio a non sentirmi in colpa? -

 

- Ci ho già rinunciato, basta. -

 

- Non mi guardare così, Joe. - Sentivo le lacrime di nuovo in agguato e non era affatto un bene. - Come se fossi la cattiva della situazione. Perchè mi ci sento...! - Mi alzai e lasciai cadere bruscamente la forchetta sul piatto. - Ok, scusate, non ho fame. Magari voi potete mangiare più tranquilli, senza di me. -

 

Lo vidi - con la coda dell'occhio - sbattere i pugni sul tavolo e il rumore delle stoviglie che vibravano le une contro le altre fu l'ultima cosa che sentii, prima che la porta a vetri del ristorante si richiudesse con un leggero sibilo. Poi, finalmente, fu solo silenzio. E in lontananza il rumore del mare.

 

 

 

°°°

 

 

 

I feel a kind of fear when I don't have you near.
Unsatisfied, I skip my pride.
I beg you dear...!

 

 

Sfilai i sandali e li lasciai in cima alla passerella di legno. Nonostante il freddo della sera, l'umidità, mi piaceva sentire la sabbia sotto ai piedi, morbida e sfuggente come una carezza. Camminai veloce tra gli ombrelloni chiusi ed arrivai quasi fino alla riva. Non aspettai di essermi abituata al buio punteggiato di luci, schivai i profili scuri delle sdraio e mi tuffai letteralmente nella notte. C'era la luna e il profumo di salsedine sollevato dal vento, ma gli ampi coni gialli dei lampioni non arrivavano a fendere il terreno fin lì... Si fermavano qualche metro prima, lungo la strada.

 

- Mar... - Mi inchiodai sul posto, rendendomi conto solo in quel momento che una lacrima era rotolata fin all'angolo delle mie labbra.

 

- Perchè non sei a cena? - Continuai a fissare il mare, fino al punto in cui si fondeva col cielo nero. - Mi sono solo fermata un attimo, prima di tornare in camera. Non ho fame... -

 

- Perchè non posso mangiare, dormire... qualunque altra cazzo di cosa, se non ti vedo sorridere. - Sentii le sue mani sui fianchi, come un brivido caldo contro la pelle. E presi a tremare appena, mentre cercavo di prendere aria e sciogliere il nodo che avevo in gola.

 

- L'ultima cosa che volevo era farti stare così, Joe. - Mormorai.

 

- Smettila di dire quello che vuoi e poi contraddirti, di blaterare e di pensare agli altri prima che a te...! - Poggiò il mento nell'incavo della mia spalla e, in un attimo, fui prigioniera del suo abbraccio.

 

- Dovrei pestare i piedi e fare i capricci? Non è da me. - Rilassai la schiena contro di lui, ma continuai a tenere lo sguardo fermo sull'orizzonte.

 

- Già stai piangendo...! - Le sue labbra si mossero impercettibilmente, bollenti a contatto con la mia guancia umida.

 

- Non riesco a non pensare a te, prima che a me. Non sono capace di impormi. - C'erano già nuove lacrime pronte a scappare, ma le bloccai, risoluta. Scacciai il bruciore, scuotendo appena il capo e concentrandomi sulla brezza che calava.

 

Lo sentii sospirare profondamente e sciogliere rapidamente la stretta sul mio corpo. Un attimo dopo era di fronte a me. Mi ritrovai i suoi occhi d'ambra puntati addosso e il filo logico dei miei pensieri si spezzò di netto, come se qualcosa o qualcuno avesse cancellato tutto quello che c'era stato prima di quel momento: della rabbia ostinata di quel pomeriggio non c'era più traccia. Era il solito Joe... Un sorrisino si allargò sulle sue labbra disegnate, mentre mi prendeva delicatamente il viso fra le mani e si assicurava che non potessi scappare.

 

- Tutto questo non ha senso. Perchè se davvero pensassi a me prima che a te, allora saresti un'egoista, ok? Io voglio che tu sia felice, Mar. Tu, prima di tutto. - Si avvicinò, fino a far toccare le punte dei nostri nasi. - Se ho rinunciato a quelle stupide attività non è perchè voglio fare il martire... Ma perche voglio che tu stia bene, razza di testona. -

 

- E io sto bene se tu stai bene, Joe. - Balbettai, certa di essere arrossita violentemente. - Sto bene. E'... non so. Forse ero solo infastidita per tutto il tempo che passi in giro, da quando siamo qui. -

 

- E' perchè non riesco a stare fermo. - Le sue dita scivolarono verso il basso e si fermarono saldamente dietro il mio orecchio. Seguii docile il suo invito a sollevare leggermente il capo.

 

- Lo so. - La voce mi uscì tanto a fatica, che non ero sicura se mi avesse sentita.

 

- Mi dispiace... - Rabbrividii e sentii le sue labbra sulle mie, ancor prima che si toccassero.

 

Le schiusi appena, sotto la sua morbida insistenza e ci soffocai un sospiro che lo spinse a lasciar scivolare la mano libera lungo la mia schiena leggermente inarcata... prima di attirarmi in avanti ed azzerare con decisione la distanza già minima che ci separava. I nostri fianchi si scontrarono delicatamente ed io avvertii un brivido incastrarsi fra due respiri. Mi aggrappai letteralmente alle sue spalle, mentre raggiungeva la tasca posteriore dei miei shorts e ci lasciava scivolare dentro le dita. Sussultai, arrossendo - se possibile - ancor di più e lo sentii sorridere malizioso sulla mia bocca. Trovai la forza di fermarlo poco prima che scendesse a baciarmi sul collo.

 

- Non devi scusarti. Non è... - Mi bloccai e cercai di prendere fiato. - Insomma, c'è Nick, io starò con lui. Tu divertiti pure come vuoi. - Mi sentivo il viso in fiamme. Il respiro irregolare mi stava già tradendo completamente.

 

- Ma no. Credo che abbandonerò l'attività fisica per un po'. - Ridacchiò. Sentii il suo respiro contro la pelle e non realizzai, subito, che la sua bocca già mi lambiva l'incavo della spalla. Risalì lungo la linea del collo, lasciando una scia bollente di piccoli baci. - E credo anche che Nicky me ne sarà grato...! -

 

- Joe... c'è un'altra cosa. - Cercai di ritrarmi un po', ma lui non me lo permise. Si fermò, ma rimase fronte a fronte con me.

 

- E' una cosa brutta? - Si accigliò.

 

- Penso... Probabilmente sono stata anche gelosa, molto gelosa. - Esalai. Sentivo le guancie roventi. - Ti si strusciavano tutte addosso. Alla lezione di ballo...! - Aggiunsi, in risposta al suo sguardo confuso. Scoppiò in una risata fragorosa.

 

- Io di più. Tu e Nick... Mi è andato il sangue alla testa. - Tese la bocca in una piccola smorfia, prima di baciarmi ancora.

 

Lo sentii muoversi e fui costretta ad indietreggiare, fino a sentire il bordo liscio di un lettino contro le gambe. Staccai per un momento le mani da lui e le appoggiai all'indietro, spingendo sulla tela ruvida per accompagnarmi mentre mi ci sdraiavo. Joe scivolò veloce sopra di me e si incastrò alla perfezione nel poco spazio rimasto libero. Non mi sarei mai abituata a vederlo sorridermi a quel modo: arrossii, di nuovo e cercai di mantenere il respiro regolare.

 

- Non devi. - Tentai di riprendere le fila del discorso.

 

- E tu non devi andare troppo in giro con queste... così. - Le sue dita scivolarono oltre l'orlo degli shorts e rimasero poco più in basso. Avevo già la pelle d'oca.

 

- Cos'hanno le mie gambe che non va? - Mormorai, piegandole leggermente. Si chinò appena su di me e prese a parlare praticamente sulle mie labbra.

 

- Sono irresistibilmente abbronzate. Sono lunghe, affusolate... Soprattutto sono una mia esclusiva. - Sentii la sua stretta farsi più possessiva e accompagnare il mio leggero movimento.

 

- Lo sai che è così. - Annuii. Ero sua. Quella era una cosa su cui non potevano esserci dubbi.

 

- Mmmh... Mia. - Soffocò il suono di quell'ultima parola sulla mia bocca, poi fu soltanto un groviglio di sospiri.

 

Mi scoprì i fianchi, rapido, spingendo la canottiera di cotone ad arricciarsi ben oltre l'ombelico e fece correre le mani bollenti su ogni centimetro di me che riusciva a raggiungere: sentivo i granelli di sabbia - che la brezza sollevava e ci soffiava addosso - scivolare fra i suoi palmi e la mia pelle tesa. Il rumore delle onde inghiottiva i nostri respiri affannosi, ed impediva che scoppiassero nel silenzio circostante, lasciava che restassero prigionieri nell'ombra di quell'abbraccio.

 

Sollevai leggermente i fianchi per assecondarlo: mi aggrappai alle sue spalle per lasciargli le mani libere di arrampicarmisi lungo la schiena e gli sfiorai il collo con la punta del naso. Nonostante il caldo, tremavo impercettibilmente contro di lui. Sembrava che la spiaggia deserta ed il buio punteggiato di stelle avessero aspettato noi, sino a quel momento.

 

Insinuò delicatamente una gamba fra le mie e - come per un tacito accordo - finimmo col fare l'amore lì.

 

 

 

°°°

 

 

 

La brezza si era arrampicata velocemente fino alla strada sabbiosa e più indietro, dove - davanti all'ingresso del ristorante - una fila di grossi vasi in pietra calcarea delimitavano uno spiazzo di ghiaia bianca. Mi strinsi addosso la sua camicia a quadri e seguii Joe lungo il sentiero... Arrossii, immaginando che avremmo dovuto dare delle spiegazioni per essere spariti due ore e aver praticamente saltato la cena.

 

- Non restare indietro...! - Me lo ritrovai accanto, il suo braccio attorno alle spalle.

 

- No. Tu non hai freddo? - Sorrisi e indicai la sua t-shirt blu. Agitò impercettibilmente il capo in segno di diniego e si chinò a premere per l'ennesima volta le labbra sulle mie.

 

- Eccovi! -

 

Mi allontanai e lo spinsi leggermente all'indietro, le guancie già in fiamme. Chiara e Nicholas erano in piedi davanti a un grosso cespuglio di fiori viola. Ci vennero incontro, mano nella mano. Vidi le sopracciglia di lei inarcarsi e le sue labbra tendersi in una smorfietta compiaciuta, appena fu abbastanza vicina da poter osservare. Sospirai e cercai di nascondermi nell'abbraccio di Joe.

 

- Deduco che avete fatto pace. - Ridacchiò. - Non voglio chiedervi come. Che vi siate fatti attendere così è... illuminante. -

 

- Mmmsì. - Mugugnai.

 

- Siete senza vergogna..! - La sua risata rimbombò nel silenzio profumato di lavanda.

 

Perfino Nicholas si lasciò travolgere e soffocò un piccolo ghigno. Chià gli si fece vicina, sfiorandogli il profilo della mandibola con un bacio leggero. Arrossì leggermente, mentre le cingeva i fianchi e l'attirava nella sua stretta. Si scambiarono uno sguardo imbarazzato, ma non si allontanarono di un millimetro.   

 

- Badate a voi, piuttosto...! - Era piuttosto difficile arrabbiarsi con loro, in fondo. Anche per finta. - Però grazie. Sul serio, a tutti e due. Per essermi stati accanto... E per avermi trascinata indietro, nonostante la mia testa dura. - 

 

- Ah, miele...! - Borbottò lei.

 

- Sì, miele. - Le strinsi appena le mani, senza sottrarla all'abbraccio di Nick. - Perchè ti voglio molto, molto bene. Perchè, se non fosse stato per te, sarei ancora in cima a quella scogliera e-

 

- E parlando di cose serie, ho fame...! - Borbottò Joseph, in un perfetto esercizio della sua capacità infallibile di individuare e distruggere l'attimo.

 

- Joe...! - Ringhiai.

 

- Ci credo, tutto quel movimento all'aperto mette appetito. - La mia amica esibì tutta la sua malizia, per l'ennesima volta.

 

- Chiara...! - Cercai di non pensare a quanto potevo essere arrossita.

 

- E Nicholas. - Si indicò lui, mentre l'atmosfera si spezzava irrimediabilmente e noi tre scoppiavamo a ridere. - Che si è anche procurato la cena, più o meno. - Si guardò alle spalle: c'era un sacchetto color carta da zucchero, appoggiato poco più indietro. - Erano rimaste soltanto fragole, in cucina, quando sono entrato a chiedere. Però possiamo portarcele comodamente in camera e... non so. Concludere questa serata. - Sorrise.

 

- Ci sto! E propongo una sfida a carte, due contro due...! - Esclamò Joe, gli occhi che già brillavano.

 

- Ovviamente chi perde fa penitenza. - Gli diede dietro Chiara, appena prima che si perdessero a stabilire una serie infinita di assurde regole per quel loro gioco.

 

- Allora...? - Nick era rimasto indietro con me e aveva recuperato la busta.

 

- Allora... E' esattamente così che mi immaginavo tutto. E' perfetto. -

 

Ci avviammo verso il gruppo di costruzioni bianche più vicine. Joe e Chià  davanti: avrei giurato che sarebbero inciampati da un momento all'altro, per quanto erano infervorati nella loro assurda conversazione. Nemmeno avevano tempo di badare alla strada. Nicholas molto più tranquillo, in fondo alla fila e io che camminavo goffamente all'indietro per guardarlo, mentre parlavo con lui. Ridevamo, per chissà quale delle nostre strane sciocchezze.

 

E lo eravamo davvero, perfetti. Noi quattro, insieme. Così.

 

 

Don't go wasting your emotion,

lay all your love on me.

(Lay All Your Love on Me - Abba)

  
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