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Autore: MrEvilside    16/09/2010    4 recensioni
Ricordo che, qualche volta, lessi sui giornali o sentii le dicerie che solitamente serpeggiano tra gli ospiti ai parties, in particolare durante la Stagione, a proposito di alcuni fortunati che sembravano essere sfuggiti alla morte. Al loro risveglio, raccontavano ai familiari d’aver udito le loro voci che li piangevano e li richiamavano nel mondo dei vivi.
Ma perché proprio io, tra tanti, dovevo essere resuscitato da un risolino tanto disturbante?

[I classificata al contest Yaoi's Garden indetto da Akira Haru Potter]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Undertaker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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(colonna sonora: All Fall Down)

Batto ripetutamente le palpebre, vedo nebbia attorno a me. Ne sfioro i filamenti biancheggianti ed incorporei con le dita, li avverto solleticarmi le narici, inodori. Credo di avere nebbia ovunque, persino all’interno del mio corpo, che mi intorpidisce le membra e mi costringe a restare disteso, ovunque mi trovi.
Eppure non mi infastidisce: questa nebbia innaturale mi infonde una strana sensazione di pace, come non ne provo da molto tempo. Immerso in questa inconsueta culla, posso concentrarmi e riflettere per tentare di dare delle risposte alle mie domande.
Mi chiedo dove io sia: il Paradiso, il Purgatorio, l’Inferno? Oppure potrebbe essere semplicemente l’oblio con il quale termina un Contratto?
È un luogo così sereno: non posso credere che gli spiriti possano venire condannati a trascorrervi l’eternità. Esistono persone, me compreso, che non meritano una simile pace dopo le efferatezze compiute in vita: preti e suore lodano la misericordia del Signore, tuttavia v’è molta differenza tra “misericordioso” e “giusto”.
Ad essere sinceri, non ho mai pregato Dio.
Non ho mai invocato il suo aiuto, non ho mai avvertito il desiderio di sentirlo vicino: mi sono sempre affidato a divinità oscure, nella convinzione che un’entità tanto pura avrebbe degnato soltanto d’occhiate disgustate un essere sporco ed infimo qual sono io. Forse, in fondo, ho sempre temuto il giudizio del Padre, ammetto tra me.
Non avevo mai avuto occasione di riflettervi: dacché ho stipulato l’accordo con Sebastian, la mia mente, il mio cuore, la mia esistenza stessa sono stati tanto confusi che credo di non aver mai meditato su me stesso, nei trascorsi tre anni, come sto facendo ora, qui nella dimora del silenzio, dove non vi sono demoni che sorridono, sardonici, non vi sono promesse spose che trillano il mio nome, gettandosi fra le mie braccia, non vi sono servitori incapaci che distruggono la mia magione, non regine che pretendono il mio aiuto né angeli che costruiscono ponti sulle anime degli uomini.
Non v’è nemmeno un Contratto che reclama il mio sangue.
Finalmente. Avverto le palpebre appesantite dagli anni che ho vissuto in più, quando forse anch’io avrei dovuto morire quella notte. Chiudo gli occhi. Io, al contrario, ho avuto il bruciante marchio di schiavo a sporcarmi la pelle, un patto al quale sottostare ed una vendetta da portare a termine.
“Povero caro, ha solo tredici anni”, dicevano di me.
Solo tredici anni: mi sarebbe piaciuto. Ma ero vecchio, molto più vecchio – sono invecchiato di cinquant’anni la notte dell’incendio che distrusse la mia casa e la mia famiglia.
Tuttavia non sono pentito.
Quella notte, io non ho voluto morire. È questo il motivo per il quale ho stipulato quell’accordo, per il quale sino ad oggi mi sono trascinato avanti nella vita terrena. Io. Non. Volevo. Morire.
Adesso è diverso. Adesso va bene così.
Ho fatto quel che avevo giurato a me stesso ed ho pagato il compenso di questo mio capriccio: ora, per la prima volta dacché ho memoria, desidero soltanto poter stare da solo. Totalmente solo, come non è mai avvenuto; non più legato ad alcuno, nel corpo, nel sangue o nell’anima che sia.
Non voglio più sentir pronunciare il nome “Ciel Phantomhive”.
« Perdonatemi l’intrusione, ma perché mai tanta fretta di morire, mio caro conte? Eppure speravo che prima mi avreste concesso il the insieme che mi avevate promesso ».
Esiste un’unica persona al mondo – mortale e non – capace di venire contro le mie volontà con una così precisa tempistica ed altrettanto sorprendente disinvoltura. E, com’è ovvio, costui non può esentarmi dall’udire la sua fastidiosa risata persino nella morte – o, forse, dovrei piuttosto chiedermi perché non l’ha fatto quand’ero in vita.
In fondo, è pur sempre un becchino. Irritante, irriverente, grottesco – ma pur sempre un becchino.
E come tale, nonché in qualità di Shinigami Leggendario, può fendere il velo del sonno eterno, afferrarmi per un braccio e sottrarmi ad esso.
Dannato Undertaker.
 
 
Come Un Freddo Giglio D’Acqua
 
« Oh, ben svegliato, conte: avete dormito bene? »
Ricordo che, qualche volta, lessi sui giornali o sentii le dicerie che solitamente serpeggiano tra gli ospiti ai parties, in particolare durante la Stagione, a proposito di alcuni fortunati che sembravano essere sfuggiti alla morte. Al loro risveglio, raccontavano ai familiari d’aver udito le loro voci che li piangevano e li richiamavano nel mondo dei vivi.
Ma perché proprio io, tra tanti, dovevo essere resuscitato da un risolino tanto disturbante?
« Non capisco » ammetto, sfregandomi gli occhi, annebbiati come se mi fossi semplicemente svegliato dopo un comune riposo. « Che cosa è accaduto? »
Nel ritrarre la mano che ho condotto al volto, l’osservo per un istante: è pallida, più fredda del consueto, e la muovo quasi a fatica, come se i muscoli si stessero sforzando di rimettersi in funzione dopo essere stati costretti all’eterna rigidità. Ciò mi riporta alla mente il corpo della Regina, in parte costituito dal cadavere putrescente del defunto marito, e mi affretto a distendere il braccio lungo il fianco, disgustato.
Sono un cadavere che cammina, adesso.
« Siete morto » risponde allegramente Undertaker, increspando le labbra secche in uno di quei suoi inquietanti sogghigni beffardi – ho sempre avuto l’impressione che volesse prendermi in giro, per quanto i suoi modi siano sempre stati cortesi, malgrado la loro stravaganza. « Io vi ho concesso un ultimo breve periodo nell’universo dei mortali ».
« Questo me lo ricordo » ribatto, fulminando i suoi occhi – o qualsiasi cosa vi sia oltre la frangia che sto esaminando alla loro ricerca – con uno sguardo irritato. « Mi riferisco al perché. Per quale motivo mi hai riportato indietro? E perché il mio corpo è… così? »
« L’ho sempre detto, che voi nobili non sapete apprezzare la bellezza, al di fuori della mera materialità » sospira teatralmente il becchino. « Il vostro corpo è uno splendido cadavere, ora: si può risvegliare l’anima, non ridurre la salma alla condizione originale ».
Ridurre.
Per un istante, il suo volto si è contratto in un’espressione ripugnata, come se il corpo d’un vivo non potesse essere minimamente paragonato a quello d’un defunto.
Decido d’ignorare i suoi gusti grotteschi – non vorrei mai venire a sapere quanto mi trova affascinante adesso. « Non hai risposto a tutte le mie domande » gli faccio notare, inarcando un sopracciglio.
« Perché vi ho risvegliato? » replica, facendo eco al mio primo quesito. « Oh, in realtà vi sono molti motivi… Anzitutto, credo abbiate ancora qualcosa da fare prima di morire, e non soltanto per me. Per questa ragione ho infranto quella noiosa regola secondo la quale non si può protrarre un poco in più la vita d’un uomo già morto » sbuffò, agitando una mano con noncuranza. « Suppongo che, se quel petulante William T. Spears venisse a saperlo, mi seccherebbe per i prossimi tre secoli ».
Aggrotto la fronte. Come se possa minimamente sfiorarmi sapere che Mr. Spears lo infastidirà per i trecento anni a venire, considerato che a breve morirò di nuovo – al contrario, tale consapevolezza non può che rendere il sonno eterno anche più dolce.
« A che cosa ti riferisci? » replico. « Per chi dovrei fare che cosa? »
« Dovete un the a me, » elenca Undertaker, apparentemente pensoso, sfiorando un dito dopo l’altro con l’indice della mano gemella « un addio a miss Lizzy, un grazie ai vostri servitori… »
Miss Lizzy.
« Elizabeth sta bene? » l’interrompo. « E i miei domestici sono ancora vivi? »
« Oh, sì » annuisce il becchino, quasi fosse quanto di più ovvio a questo mondo. « Miss Lizzy viene a trovarvi ogni giorno ed i vostri servitori ogniqualvolta ne hanno occasione – sapete, sono stati assunti dalla nuova Regina. Ormai è abitudine di miss Lizzy prendere un the con me dopo il suo consueto saluto alla vostra lapide: è una ragazzina molto carina davvero, mi piacerebbe costruire una bara anche per lei, prima o dopo ».
« Undertaker… » Esito, incapace di formulare il mio interrogativo – non che un uomo abbia mai avuto occasione di porne uno simile. « … hai organizzato il mio funerale? E mi hai dissotterrato? »
« Ma certo » sentenzia con lugubre entusiasmo. « Soltanto il migliore dei funerali per il mio conte preferito! E, sì, ho dovuto dissotterrare il vostro feretro per recuperare il vostro cadavere ». Poi mi volta le spalle e si accosta ad un ripiano da dove s’innalza una nuvola di vapore, aggiungendo: « Il the è pronto, conte: datemi un istante e ve lo porterò ». È una fortuna che abbia impedito una mia replica, a dir la verità, poiché non credo d’essere in grado d’esternare il mio attuale sgomento.
L’osservo versare il the caldo dalla teiera in due ampolle di vetro ed accetto quella che mi porge, lasciando vagare il mio sguardo assorto sulla superficie scura della bevanda, spezzata soltanto da piccoli cerchi concentrici che infine svaniscono.
Soltanto adesso che ho innanzi il mio riflesso mi rendo conto di non avere la benda che mi ha accompagnato per questi tre anni e porto due dita a ricalcare il profilo dell’occhio, laddove un tempo si trovava la stoffa nera – sono così abituato a indossarla costantemente che non mi avvedo di quando non la porto.
« Un biscotto, conte? »
Mi allunga il contenitore di quei suoi dolci a forma d’osso. Gli scocco un’occhiata sospettosa, ricordando sin troppo bene quando, la notte in cui ha preannunciato la mia morte, me li ha negati malgrado non mangiassi da ore.
Questa volta si limita a quel suo sorriso sornione e mi permette di prenderne uno.
Ne addento un’estremità, scoprendone il gusto di cenere e zolfo. Se avessi effettivamente bisogno di respirare, potrei affermare che “mi ci sono quasi strangolato”; sollevo alle labbra la tazza per dissimulare un’espressione di profonda nausea e scacciare quel sapore con l’aroma del the.
Che sa di petrolio.
Innanzi a me, ho la vaga impressione che Undertaker si stia trattenendo a stento dallo scoppiare a ridere fragorosamente. « Temo d’aver dimenticato di dirvi che, malgrado il risveglio, gli organi non riprendono il loro funzionamento e i cibi umani non sono più commestibili » spiega, sfilandomi dalle dita il biscotto morso per strappare un altro pezzo di pastafrolla.
Non credevo esistessero creature in grado di suscitare in me un commento simile, ma in alcune occasioni Sebastian mi manca. Come adesso, per esempio, quando sarebbe sufficiente un mio ordine perché il mio maggiordomo mi liberi di questo – questo…? –, questo coso dall’umorismo improbabile.
« Quanto potrò rimanere qui? » chiedo, nel tentativo d’instaurare una conversazione pacifica.
« Sino a quando l’Ade non vi reclamerà, suppongo » scrolla le spalle il becchino, inghiottendo l’ultimo frammento di biscotto. « Non è che tutti gli esseri umani siano tanto esilaranti da convincermi a risvegliarli, caro conte: soltanto voi ».
Dovrei ritenermi lusingato?
« Sapete, miss Lizzy deve conoscervi meglio di quanto voi stesso crediate, » prosegue, stranamente assorto in qualcosa che soltanto lui sembra sapere « perché ogni giorno vi porta delle ninfee. Mi ha rivelato che le coglie dallo stagno che ha a casa ». Sogghigna. « Lo ribadisco, la vostra promessa è invero molto, molto carina ».
« Che cosa c’entrano le ninfee? » ribatto, ignorando i suoi commenti fuori luogo – se non lo conoscessi a sufficienza, potrei sospettare un qualche bieco interesse nei confronti della mia fidanzata.
« La ninfea è, secondo le modeste opinioni mia e di miss Lizzy, il fiore che più vi assomiglia ». Allunga lentamente un braccio in direzione del mio volto, teso in un’espressione scettica, tanto che quasi mi sfiora una guancia. « Candido e puro, » annulla l’effimera distanza che ci separa, lasciando scivolare l’affilata unghia nera dell’indice lungo i miei zigomi, « eppure tanto freddo » e poi, levando anche il medio, prende il mio mento fra le due dita. « È un fiore così bello e gentile, tuttavia nasconde simili qualità – le considera forse debolezze? – dietro una profonda freddezza ed uno stagno d’acqua gelida ».
Infine permette che io sfugga all’inaspettato contatto e gli angoli della sua bocca si tendono nel consueto sogghigno. « Oh, sì, la ninfea vi assomiglia davvero tanto ».
Batto ripetutamente le palpebre, il tempo di riassumere un contegno degno di tal nome: sono costretto ad ammettere che talvolta quest’uomo – o qualsiasi cosa sia – mi trasmette un fascino sovrannaturale che mi attrae inesorabilmente, quando per qualche misero istante la sua maschera di risa cade e dimostra d’improvviso tutti i millenni che porta sulle spalle.
« Credevo che, quanto a fiori, ti occupassi soltanto dei crisantemi » osservo con una nota di scherno nella voce.
« Miss Lizzy mi ha regalato un libro sul giardinaggio » ghigna. « Mi ha detto che spesso va a trovare il vostro giardiniere – Finian, se non erro – e che lui le insegna i principi della coltivazione delle piante – quando non è impegnato a distruggere il giardino, credo ».
Potrebbe essere nostalgia, la fitta che avverto debole in un cuore che non batte più.
Per quanto la morte possa essere serena, mi rendo conto che dire addio alla vita e a tutti coloro che la compongono fa male. Anche se ho trascorso l’ultimo periodo della mia esistenza nel nome della vendetta, anche se la mia anima è macchiata di sangue e peccato, anche se non merito l’affetto delle persone che non ho esitato a lasciarmi alle spalle, laggiù all’Isola dei Morti.
E fa male anche accorgermi che non prestavo loro attenzione nemmeno quando le avevo accanto.
Come a qualsiasi ragazzina della sua età, supponevo che ad Elizabeth piacesse cogliere i fiori, ma non avevo idea che stesse imparando a coltivarli – né, tantomeno, credevo che Finian fosse buono per qualcosa che non fosse sradicare alberi.
È come se il mio cuore fosse già avvizzito all’epoca della stesura del Contratto e proprio adesso che, ironia, non è più necessario che funzioni, sembra quasi sbocciare nuovamente, tanto che percepisco quel che ho perso in questi anni come un divorante vuoto all’altezza del petto.
« Undertaker… voglio vedere la mia lapide ».
« Come desiderate, my Lord » ridacchia, canzonando i modi di fare di Sebastian; e poi, inaspettatamente, fa scivolare un braccio sotto le mie ginocchia ed uno dietro la mia schiena e mi solleva dal feretro sul quale sono seduto, come un tempo faceva il mio maggiordomo – ma le mani di Undertaker sono congelate, il gelo che emanano penetra nei vestiti e mi accarezza la pelle; le sue dita mi stringono languidamente, quasi, tanto che avverto un tremito lungo la spina dorsale.
« Ma che diavolo fai?! » voglio sapere, indignato, e la stizza diviene ancora più marcata nell’udire la mia voce più acuta, quasi stridula per lo stupore, e nel sentire le mie guance imporporarsi d’imbarazzo – è imperdonabile che un Phantomhive manifesti simili debolezze, tanto più dinanzi a quest’individuo.
« Non sono del tutto certo che le vostre gambe possano sostenervi, caro conte, » spiega il becchino, varcando l’uscio della sua dimora « dunque ho pensato di portarvi io ».
Quello stretto loculo è così poco illuminato che credevo fosse notte, fuori; al contrario, è pieno giorno ed il sole quasi mi acceca, tanto che devo schermarmi gli occhi con una mano per qualche momento, di modo da far l’abitudine a tanta luce.
Un’ennesima volta, Undertaker mi disorienta totalmente: leva un braccio, spostando il mio peso sul gemello, alla tesa del suo cappello, che mi calca sulla testa e sistema affinché riesca a vedere al di sotto della falda spropositatamente larga.
« Così va meglio, conte? »
Malgrado l’assenza dello stravagante copricapo, non vedo altro che i suoi lunghi capelli argentati scintillare alla luce solare ed un lampo di dorato divertimento sotto la frangia, laddove dovrebbero trovarsi i suoi occhi.
Mi concentro sulla sua domanda: al contrario di quanto mi aspettassi, il cappello mi trasmette una piacevole sensazione di freschezza e l’ombra sul viso, generata dalla sua tesa, mi permette di tollerare molto meglio i raggi solari, che non sento sulla pelle da quelli che mi appaiono secoli.
Non che abbia intenzione di dargli la soddisfazione di saperlo.
« Non credo ti capirò mai, becchino » mi limito ad affermare, atono.
« Siete molto carino, sapete? » ride nuovamente, interrompendo il proprio cammino innanzi una pietra tombale candida che riporta il mio nome, la data della mia nascita e quella della mia morte, e lascia che io sfugga a quella sorta d’abbraccio e mi chini ad esaminare il frammento di cimitero che è stato consacrato al mio eterno riposo.
In cima al cumulo di terra smossa, sotto al quale dev’esserci – doveva esserci, mi correggo – la mia bara, è stata deposta una ninfea.
Sta già appassendo a causa della mancanza d’acqua: i petali – bianchi, dagli orli rosati – si protendono penosamente verso l’alto e le foglie, una volta larghe e d’una vivida tinta verde chiaro, sembrano accartocciate, striminzite, e si tendono quanto più possibile sul terreno in cerca d’acqua.
Ogni giorno Elizabeth uccide uno di questi fiori per rendermi omaggio.
È quasi paradossale, che persino nella morte io mi sporchi le mani del sangue d’un essere vivente.
« Becchino, dimmi una cosa, » sfioro gentilmente uno dei petali ingialliti e lo avverto raggrinzito contro il polpastrello, non vellutato come doveva essere prima – così delicato, più che me stesso mi ricorda Lizzy « come hai fatto? Credevo che, quando un demone divora un’anima, essa non sia più recuperabile: non è forse questo il principale motivo del conflitto tra voi e loro? »
« In realtà esiste un modo per salvare almeno un brandello d’uno spirito, anche se per breve tempo prima che esso ritorni nell’Ade » risponde Undertaker. « Non serve a molto, ma per il nostro piccolo rendez-vous è sufficiente ».
« Dunque ora, nel mio corpo, v’è soltanto un pezzo della mia anima? E che cosa accadrà quando l’Ade mi reclamerà? » Conosco già la risposta, ad essere sinceri, tuttavia, quando il becchino la pronuncia, è ugualmente come se avessi incassato un pugno doloroso.
« Andrete all’Inferno ».
L’ho sempre proferito io per primo, dopotutto.
Il mio spirito è impuro, finirò tra le fiamme dell’Inferno.
Eppure sapere che è effettivamente questo il mio destino mi scava nel petto, nelle viscere, e se avessi uno stomaco vivo vomiterei.
Voglio essere umano anch’io, di tanto in tanto.
D’improvviso, ho molto sonno. Le membra mi pesano più di prima, le palpebre si chiudono, per quanto mi sforzi di tenerle sollevate. Le gambe cedono e, se Undertaker non mi avesse afferrato per un polso e non mi avesse preso nuovamente fra le braccia, sarei caduto in ginocchio.
« Temo che il tempo sia scaduto » lo sento commentare come se fosse molto lontano mentre uno scalpiccio indistinto mi avverte che si è incamminato lungo il sentiero che conduce fuori dal camposanto. « È ora che vi riporti al vostro feretro ».
Allungo debolmente una mano e gli afferro la manica della veste. « Becchino, » voglio sapere flebilmente, pur consapevole che probabilmente la sua replica non mi piacerà affatto « che cosa hai inciso come mio epitaffio? »
Non vi ho prestato molta attenzione, attratto com’ero dalla ninfea; eppure adesso me lo chiedo, poiché, conoscendolo, avrebbe potuto scolpire qualcosa di simile a “il conte più gentile del mondo, mortale e non”.
L’odo scoppiare in una fragorosa risata, tanto che quasi mi lascia rovinare a terra per tenersi il ventre e quietare le risa.
« Non potevate dirmi addio senza regalarmi una bella risata da funerale di stato – quale il vostro, peraltro –, mio caro conte! » esclama e quell’isterico uhahahahahaha sembra ancora stillare dalle labbra. Immagino che abbia persino della saliva che cola sul mento. « È proprio da voi, voler sapere se posso aver lodato in qualche modo la vostra persona che, a vostro parere, non merita alcun elogio. Ebbene, ho scritto… »
Sento la mia coscienza scivolare via dalle mie dita: sebbene tenti di trattenerla, si infila nei più piccoli interstizi come sabbia. Vorrei resistere soltanto qualche altro istante, solo il tempo d’udire la sua risposta e lamentarmene.
Io non sono affatto gentile e non merito che mi si ricordi per questo.
Soltanto… il tempo di… ascoltare…
« … dietro consiglio di miss Lizzy, “una ninfea che non sapeva d’essere sbocciata”. Anche se, ad essere sinceri, non mi sarebbe dispiaciuto “il conte più cortese che questo tempo ha spezzato” ».
So che… sta sogghignando… Ne sono sicuro.
E non è affatto divertente.

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Inizierò queste note dal significato del titolo e del fiore.
Ebbene, “ninfea” in inglese è “water-lily” e, poiché “lily” significa “giglio”, ho appreso che il significato di “ninfea” è, appunto, “giglio d’acqua”. Il significato della ninfea in termini di linguaggio dei fiori è castità, purezza, freddezza ( l'incarnazione di Ciel, diciamo così XD ).Quanto al rispetto del linguaggio della ninfea, la freddezza traspare chiaramente, mentre castità e purezza ho voluto vederle nel concetto della gentilezza di cui Undertaker “accusa” costantemente Ciel e che lui nega di possedere.Rendez-vous viene dal francese e significa “appuntamento, incontro, riunione”; la Stagione è il periodo dell’anno più “attivo” di Londra nell’Ottocento, periodo che solitamente i nobili trascorrevano nelle loro dimore in città e durante il quale si organizzavano i parties più importanti.
Continuerò queste note dicendo quanto sono contento di essere arrivato primo. Ah, quale soddisfazione - amo troppo questi due, insieme.
Non avevo mai scritto dal punto di vista di Ciel in una circostanza che comprendesse il becchino e devo ammettere che mi sono divertito moltissimo, quindi potrei supporre che vedrete altri episodi simili. Un giorno, forse, dopo aver tenuto fede all'aggiornamento di tutte le long-fiction che ho sospeso ( Fra le Piume del Corvo è work in progress, vi giuro che ho l'ispirazione, devo soltanto trovare il tempo! ).
Intanto vi ringrazio per essere arrivati fin qui e, spero, se recensirete<3.
'til next time, chu.
  
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