It doesn’t hurt
Watashi
no koi wo
higeki
no Jurietto ni shi nai de.
Non lasciate che la mia storia d’amore
diventi come la tragedia di Giulietta.
[Romeo and Cinderella - Hatsune Miku]
Entrai in camera sbattendo
violentemente la porta.
Non era giusto, non era
giusto! Era successo di nuovo!!
Di nuovo secondo, per
l’ennesima volta! Quante volte avevo tentato? Erano anni che cercavo di battere
quel maledetto nano, e dopo tutti i miei sforzi ero comunque dopo di lui!
Con rabbia buttai per terra con uno spintone i libri sulla mia scrivania.
Tanto era tutto inutile!!
Mi sedetti per terra con un
tonfo, la testa fra le mani.
Maledizione... perché fallivo
ogni volta? Studiavo come un matto tutti i giorni, ma non era abbastanza. Lui,
Near, era sempre un passo davanti a me.
Ero inutile.
Inutile...
Per terra c’erano le mie
forbici. Anche loro erano state sbalzate via dalla scrivania, come tutto il
resto. Le raccolsi con mano tremante.
Era questa la soluzione? Ma
certo... Near sarebbe sempre stato il primo, quindi perché sforzarsi?
Ma sarei stato primo, almeno
in qualcosa.
Sarei stato il primo ad
andarmene da qui. Da questo posto maledetto.
Feci aprire le forbici con
uno scatto, e avvicinai la lama al mio polso.
Un taglio deciso. Sarebbe
bastato un attimo...
*Toc, toc*
C’era qualcuno alla porta.
Non risposi, se ne sarebbe andato.
Ma la porta si aprì,
cigolando. Una piccola figura entrò nella stanza.
Lui qui?!
- Mello, volevo parlarti..-
Iniziò, ma si bloccò.
- Mello, cosa vuoi fare con
quelle forbici?-
Near mi guardò con gli occhi sgranati, mentre stringevo la lama delle forbici
tra le mie dita.
La rabbia si dipinse sul mio
volto. Perché era qui?!
- Vattene.-
Gli ringhiai contro.
- Vattene subito dalla mia
stanza!-
Lui si avvicinò di qualche
passo e si inginocchiò davanti a me. Con una mano scansò le forbici dal mio
polso.
- Fermo.-
Il suo tono atono mi ferì le
orecchie.
- Cosa vuoi?! Sei primo,
cos’altro vuoi?!-
La mia mano scattò prima che
me ne accorgessi, fermandosi a pochi millimetri dalla sua gola.
- Vuoi uccidermi?-
La sua voce cambiò
leggermente tonalità, ma non riuscii a capire cosa significasse. La sua voce
era monocorde, non poteva esprimere emozioni.
- Vuoi uccidermi, vero?-
Chiese di nuovo.
- Si! Voglio ucciderti!
Vorrei vederti morto! Tu, tu sei la causa di tutto quanto! Se non fosse per te,
io sarei il migliore!-
I suoi occhi diventarono più
profondi. Per un istante la barriera che li ricopriva si era dissipata.
- Allora fallo.-
I miei occhi si sgranarono.
Cos’aveva detto?
- Fallo.-
Non avevo capito male.
- Credi che non lo farei? Ti
ucciderei in un attimo, anche senza un tuo ordine!-
- Il mio non è un ordine. Ti
sto chiedendo
di uccidermi.-
Mi stava chiedendo di
ucciderlo? Allora era davvero pazzo!
- Oh, farà molto male,
piccolo Near. Sicuro di volerlo davvero?-
Le mie parole suonavano
ironiche, ma non lo erano in realtà. Near avrebbe sofferto moltissimo, in
qualunque modo lo avessi ucciso.
La mia mano tremò, quasi
poggiata sul suo collo.
- Non sentirò nulla.-
Piccolo stupido... la mia
mano si allontanò e si preparò a colpire. Scattò, ma come prima si fermò prima
di colpirlo. Con un piccolo sussulto lasciai cadere le forbici.
Perché non ci riuscivo?
- Mello, perché non lo fai?-
Mi chiese raccogliendo le
forbici.
- Volevi uccidermi, non sei
felice se io esisto, no?-
Non riuscivo a guardarlo, e
fissai il pavimento. Perché voleva morire?
- Sentirai un dolore
terribile.-
Che stupida scusa.
- Non sentirò nulla, te l’ho
già detto. Te lo dimostrerò.-
- Cosa? Aspet...-
Si mosse troppo in fretta
perché potessi fermarlo.
Le forbici si conficcarono
nel suo cuore, e li rimasero.
Il sangue iniziò a scorrere
copioso dalla ferita, e sporcò la sua camicia immacolata con una macchia color
rubino che si espandeva velocemente.
- Non fa male...-
Fu poco più di un sussurro.
Le sue mani tremarono, gli
occhi si offuscarono.
Lo afferrai prima che la sua
testa sbattesse sul pavimento.
- Near, cosa diavolo hai
fatto?!-
Respirava pesantemente tra le
mie braccia, il petto si alzava e abbassava convulsamente. Gli occhi stavano
diventando opachi.
- Lo..avevi detto anche...tu.
Se io..e..esisto...tu non puoi..essere...felice. V..ve..vero?-
- Non mi sembra un motivo
per... dio santo, ma perché?!-
Le sue mani si artigliarono
ai miei avambracci, iniziò a tremare.
Se ne stava andando...
- N..non dovresti
c..chieder..mi perché... ma pe...per chi...-
- Per chi?! Lo hai fatto per
me?!-
Non capivo più nulla. Near
stava morendo tra le mie braccia...per colpa mia.
Ormai non riusciva quasi più
a parlare.
- S...si... perché,
i...in....infondo, io...io.. t..ti...-
Chiuse gli occhi. Abbandonò
la testa sul mio braccio, e non si mosse.
La sua presa si annullò.
- N..Near...Near
rispondimi...-
Se ne era andato.
Una lacrima mi solcò il viso
e si infranse sulla sua guancia.
Era diventato di ghiaccio.
Altre lacrime seguirono la
prima.
Cosa diavolo aveva fatto...
Neanche hai finito la frase,
Near.
“Infondo, io ti-” cosa? Cosa
volevi dirmi?
Alla fine sei sempre un passo
davanti a me.
Anche ora.
Gli scostai i capelli da
sopra il volto, con la vista offuscata.
Non seppi per quanto tempo
rimasi a piangere sul corpo esanime del mio rivale.
-In fondo, io ti amo.-
-Angolo di Kimiko-
Non chiedetemi perché ho
scritto questa storia, è una delle più tristi che abbia scritto. Tutto è
cominciato quando sul libro di epica trovai una parte, subito dopo la morte di Didone dell’Eneide, che parlava di “suicide illustri a
Roma”, e tra di loro mi stupì quello di una donna di nome Arria
che incoraggiò il marito condannato a morte a prevenire l’esecuzione capitale
con il suicidio, di cui volle dare esempio lei stessa colpendosi con un pugnale
e rassicurandolo con un “non fa male”.
Quindi credo che It doesn’t hurt sia nata per
cercare di capire cosa l’ha spinta ad un’azione del genere, ma soprattutto
perché appena letto la descrizione del libro il pensiero è subito corso a Mello
e Near.
Grazie a chi ha letto, a
chi recensirà, a chi la metterà tra le ricordate o le preferite, ma grazie
anche a chi manderà questa ff a quel paese e la lascerà perdere.
*MewKimiko*