Ore piccole

Richard sbadigliò e si stiracchiò cercando di non colpire involontariamente Kate in pieno viso con un pugno.

«Dobbiamo proprio lavorare sempre così tanto?» chiese dopo qualche istante, notando come le lancette dell’orologio segnassero beffarde le cinque e trenta di mattina.

«Io sì», rispose lei senza staccare gli occhi dal monitor del computer. «Tu, se vuoi, puoi anche andartene a casa. Nessuno ti costringe a stare qui puntandoti una pistola alla tempia».

«Ti ricordo che per contratto devo seguire ogni tuo caso», disse con fare professionale.

«Come dimenticarlo», asserì sarcastica la detective.

«Ma non pensavo di dover fare l’alba anche quando stiamo semplicemente compilando un rapporto», concluse Richard alzandosi.

«Proprio per questo ti avevo consigliato di andare a casa», disse Kate spostando finalmente lo sguardo sullo scrittore. «Se vuoi proprio renderti utile, perché non vai a prendermi un caffè?»

Richard la guardò per qualche istante, valutando mentalmente le ipotesi che aveva a sua disposizione: andare a casa a dormire e rivederla probabilmente solo nel pomeriggio o restare lì a farle compagnia e magari guardare sorgere il sole? Nonostante l’ora quanto mai assurda, optò per la seconda, così si alzò e si trascinò fino alla macchina del caffè.