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Autore: rospina    17/09/2010    5 recensioni
una storia intensa ed acre, come può esserlo il profumo delle zagare, le vite di quattro giovani, che vivono in un piccolo paese sul mare si intrecceranno per cambiare... forse per sempre
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Profumo di zagara

 

 

 

                

 

 

      

 

                  

 

 

 

 

 

                   come sempre e per sempre a chi amo…

                                              

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie a tutti quelli che, anche senza saperlo, hanno collaborato alla riuscita di questo nuovo libro, grazie a chi lo leggerà con pazienza e amore, e grazie a mamma e papà che sempre e per sempre mi sostengono nel mio sogno infinito…

Ed infine grazie a chi mi vuole bene da sempre per sempre…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Camminava avanti e indietro davanti al portone. Il freddo pungente lo costrinse a mettersi le mani nelle tasche del giubbotto blu. I suoi capelli erano neri e corti a spazzola, era alto e slanciato, Angelo Demarti  stava aspettando che Giulio Parenti uscisse dal portone. Dovevano recarsi al piccolo stadio del paese per affrontare l’allenamento pomeridiano. Finalmente il suo amico apparse sulla soglia col borsone sulle spalle:

“Parenti sei sempre in ritardo!”

“lascia stare è colpa di mia madre, abbiamo avuto una discussione per colpa dell’università. Ha trovato il mio libretto degli esami”.

“E lei che ti ha detto?”

“Detto? Lei non ha detto niente, ha solo gridato come una pazza, penso che abbiano sentito anche i vicini!”in quel momento si spalancò la finestra

“Stasera quando torni fai i conti con tuo padre!se non ti metti in testa di studiare io ti faccio scordare che forma abbia il pallone”

“Visto amico? Che ti avevo detto grida come una pazza e basta”

“Dai non dire così, lo sai che ci tiene al fatto che studi”

“parli così solo perché, tu non hai problemi!riesci a studiare e giocare a pallone senza fatica!”percorsero a passo svelto la ripida discesa di quelle strade ciottolate e antiche.

Giulio Parenti stava ancora parlando a ruota libera di sua madre, quando incontrarono una ragazza stretta nel suo corto giubbotto marrone e camminava a passo veloce nella direzione opposta, fece un rapido cenno di saluto con la testa e Giulio rispose:

“Ciao Sole”

Invece Angelo rimase in silenzio e la guardò con sguardo freddo e distaccato mentre si allontanava:

“Guarda che se la saluti non ti morde!” disse Giulio

“Ti piace?” fu invece la risposta

“Ma che dici… non è il mio tipo lo sai”

“Giulio, per te ogni ragazza è il tuo tipo… Ti piacciono tutte e lo ammetti, se per lei dici il contrario, ti piace più delle altre”

“Bah è molto carina, ma è solo la mia vicina di casa”

Angelo lo guardò con sguardo divertito ma senza sorridere e il suo amico vuotò il sacco.

“D’accordo mi piace! Cosa c’è di male?”

“Niente hai fatto tutto da solo”

“a te invece non piace…

“Giulio non deve piacere a me, comunque è vero non mi piace, ora dimmi chi è dove l’hai conosciuta”

“Si chiama Sole, veniva a scuola con noi, la classe a fianco la nostra non l’hai mai vista?”

Angelo scosse la testa in segno negativo

“sei pazzo amico, e comunque il guaio è che è anche la mia vicina di casa…la finestra della sua camera è proprio di fronte alla finestra della mia camera!”

“E quindi?”

“Non capisci proprio? Non posso mica farmi vedere che rimango come un imbecille a fissarla, e poi per fortuna non sono ancora a quei livelli!”.

Cominciarono a correre per arrivare al campo di calcio in orario per gli allenamenti, che si svolgevano un giorno sì e uno no, giocavano per divertirsi ma s’impegnavano al massimo. Il campionato dilettantistico era già iniziato da un pezzo e loro erano primi in  classifica, cosa della quale andavano molto orgogliosi.

Arrivarono al campo, l’allenatore non era ancora arrivato, ma erano già presenti i loro compagni di squadra si salutarono velocemente, posarono i loro borsoni sulle panchine e iniziarono il riscaldamento muscolare.

Il cielo si era imbrunito la sera stava per arrivare, l’umidità del mare si faceva sentire.

L’arrivo dell’allenatore si sentì perché iniziò a urlare a uno a uno il nome dei suoi giocatori e subito se li trovò in fila di fronte  a lui.

L’allenatore si chiamava Claudio Mareste quarantasette anni, un bel fisico atletico, il suo volto era quadrato, un lungo naso aquilino si poggiava sul suo ovale, faceva l’allenatore nel tempo libero, il giorno lavorava in un ingrosso di edilizia e la sera si dedicava al calcio, sua grande passione, ma non era mai stato un asso del pallone, quindi non aveva rimpianti o ricordi di gloria sfumati.

Sole Benelli, stava ascoltando un po’ di musica nella stanza che condivideva con la sorella Celeste.

“Sai domani ho un incontro con l’associazione di volontariato, dovremmo riuscire ad avere anche possibilità di seguire la squadra di calcio e le trasferte a spese del comune” Sole lanciò un’occhiata a sua sorella che era sdraiata sul letto, la vide fare una smorfia, se ne dispiacque. Rimase in silenzio, la musica aleggiava nel vuoto totale, Sole continuò a fissare sua sorella con occhi dolci, e le sembrò che anche il suo viso fosse cambiato, non era più la stessa dopo quella tragica sera. Chiuse gli occhi e la rivide sull’asfalto bagnato che gridava di dolore. Erano passati due anni.

E oltre alle ferite del corpo Celeste si portava dentro le ferite dell’anima.

Celeste Benelli era stata investita da un’auto pirata mentre stava attraversando una strada secondaria del suo piccolo paese di provincia; era stata investita e lasciata a terra senza soccorso. Quando Sole la sentì urlare corse verso di lei velocemente, i suoi talloni le sfioravano il sedere tanto che cercava di correre veloce. Appena le fu di fronte,  trovò una scena raccapricciante, Celeste sporca di sangue ovunque che si contorceva per il troppo dolore, si accostò a lei e per farsi sentire, aveva dovuto gridare più forte di lei, dalla tasca della sua borsa estrasse il cellulare e compose il numero di pronto intervento. In poco tempo arrivò lì un’ambulanza, scesero i paramedici, Sole cercò di ricordarsi com’erano vestiti, ma le fu impossibile la sola cosa che ricordava, era che quando sollevarono sua sorella una gamba era penzoloni e l’altra non c’era.

Si risvegliò da quei tristi ricordi che per lei erano atroci, aveva una lacrima sulle ciglia ma la trattenne, non voleva farsi vedere piangere da sua sorella che soffriva molto più di lei. Da quel giorno per loro tutto era diverso, mentre Sole cercava di nascondere la sua malinconia dietro un sorriso, Celeste mostrava la sua rabbia a chiunque perché lei si reputava due volte una vittima, perché i suoi sogni erano stati spazzati via come le sue gambe. Aveva dovuto ricominciare a vivere senza più poter camminare e per giunta colui che l’aveva ridotta in quelle condizioni era ancora in libertà.

Il cielo era coperto di nuvole e il vento soffiava portando lì vicino, forte e intenso il profumo del mare. Sole spingeva la sedia a rotelle di Celeste, stavano passeggiando per le vie del corso, molte persone salutavano con un veloce cenno di saluto che Sole ricambiava con un sorriso. Mentre Celeste stava con la testa china sulle sue ginocchia immobili.

“puoi sorridere ogni tanto o perlomeno rispondere al saluto”.

“lasciami stare!quella gente saluta solo perché gli facciamo pena!”

“ che dici… e poi perché dovremmo fare pietà?”

“ ti guardi- rispose Celeste con voce stizzita- io, sono in una carrozzella perché uno stronzo mi ha messo sotto senza fermarsi, mentre tu…-tacque un istante per poi riprendere ancora più arrabbiata- sei una bella ragazza, sana, intelligente e allegra e sei costretta a spingere me.  Una handicappata!”riabbassò la testa sulle sue gambe, Sole si fermò, fece il giro e si chinò sulla sorella, le mise una mano sulle sue mani che rimasero rigide e ferme:

“io non penso che facciamo pena alla gente, e poi non è un nostro problema, io sono felice di aiutarti nelle piccole cose di ogni giorno non m’importa di quello che pensano gli altri”la sua voce era immensamente dolce e poi tornando a sospingere la sorella terminò:

“E poi questa storia di portarti a vedere gli allenamenti dell’Amantea è tutta una scusa, sono io che voglio andare”.

“bella idea!vedere tanti bei giovani che fanno sport mentre tu sei relegata su una sedia e loro non si degnano di guardarti perché gli fa schifo vedere una donna seduta che non si può muovere!”

A Sole le si gelò il sangue nelle vene, ma stette zitta. Ormai era abituata alla durezza di sua sorella, le venne in mente quella volta che per puro caso disse di doversi depilare le gambe, e la sorella le rispose candidamente e con estrema semplicità almeno tu hai le gambe.

 Quella notte pianse in silenzio, si sentì in colpa verso la sorella, e ciò che la rendeva triste era il fatto di non poter fare niente per Celeste, il loro rapporto dopo l’incidente era peggiorato, anzi fra loro si era creata una frattura abissale, era come se Celeste avesse perso anche l’amore per la vita e le persone che l’amavano insieme all’uso delle gambe, ma Sole nonostante tutto non aveva mai smesso di starle accanto. Anzi il suo attaccamento era diventato quasi morboso, aveva dovuto lasciare l’università, aveva iniziato a studiare scienze della comunicazione all’università di arca vacata, a Rende, ma dopo tutto quello che era successo, i genitori avevano dovuto affrontare troppe spese mediche e così, Sole senza aspettare che qualcuno le chiedesse di rinunciare al suo futuro lasciò gli studi e iniziò a fare qualche piccolo lavoro. Alle volte faceva la cameriera in varie pizzerie e quando capitava, faceva qualche  ora di pulizia a casa di gente benestante.

Sole era cresciuta in fretta nell’ultimo anno, era cambiata senza mai perdere la sua gioia e allegria nell’affrontare la vita, alcune sue amiche se la vedevano servire ai tavoli di qualche pizzeria facevano finta di non conoscerla, per loro era vergognoso essere amica di una serva della plebe, loro erano giovani e promettenti universitarie, dove papà pagava tutto, dall’affitto della casa, alla retta universitaria e persino il loro divertimento.  Lei non se ne crucciava se le vedeva per strada il giorno era lei a far finta di non conoscerle.

Arrivarono alla sede dell’unitalsi, ma erano in ritardo. La decisione era stata presa

“Celeste, Sole! L’abbiamo spuntata! Avremo anche lo stadio gratis!” era Domitilla una giovane volontaria, era bassa con larghi fianchi e un faccione a forma di luna, ma i suoi occhi erano dolci e la sua voce era in piena fibrillazione quando diede l’annuncio alle due sorelle. Sole si staccò da Celeste e abbracciò Domitilla facendo dei piccoli gridolini per la gioia, poi si voltò verso Celeste, i corti capelli castano dorati le avvolgevano l’ovale del viso e con voce ferma e dura disse:

“Che cosa avete da agitarvi tanto io non lo so!”

Sole scosse il capo e si zittì, guardò Domitilla e lentamente si allontanarono.

“Come devo comportarmi con lei proprio non riesco a capirlo, qualunque cosa io faccia per lei non va mai bene”si sfogò Sole.

“è normale è arrabbiata, dalle il tempo di sfogare la sua rabbia, d’altronde non è facile affrontare quello che sta passando lei, era sempre attiva faceva un miliardo di cose e ora si ritrova a stare su una sedia a rotelle a chiedere aiuto per tutto!”

“Lo so ma è difficile, devo essere sempre sorridente con tutti, mio padre e mia madre ormai non esistono più, hanno perso gran parte della loro felicità…per carità sono sempre presenti ma mia madre non ha più fatto un sorriso e mio padre lo becco spesso a fissare il vuoto, e allora gli dico DIAMINE è viva, questo non vi basta? È ancora bella e intelligente ma loro niente”.

“ormai sei il loro perno…”disse Domitilla accarezzandole i lunghi capelli dorati.

“Sono stufa di essere il perno, io voglio essere solo una ragazzina”.

“Non puoi diventeresti stupida come tante altre”.

Sole sorrise amaramente e si passò la mano sul suo naso alla francese e mormorò un lieve “grazie”.

“alla fine un giovane principe azzurro busserà alla tua porta”.

“E scapperà”

“No, si accorgerà di aver trovato la sua principessa”.

 

   
 
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