Ebbene
sì, l’ennesima shot per voi povere sciagurate J
Questa
storia è strettamente collegata alla mia altra “Don’t Look Back In Anger”, ma se
non l’avete letta non è importante, poiché la storia di questo episodio si
capisce benissimo da sé.
Ma se volete leggere anche l’altra, non può che
farmi piacere!
I protagonisti sono Sally e Nick, e il tutto, mi è stato
ispirato da una canzone degli Oasis, che da il titolo alla storia, appunto “Half
The World Away”.
Mi piacerebbe che mi faceste sentire la vostra opinione, che
sia positiva o negativa.
In ogni caso, vi ringrazio in anticipo per le
letture e gli eventuali commenti. E poi, vi invito a leggere anche la long che ho postato,scritta a sei mani. Mi farebbe davvero tanto piacere se leggeste e in caso commentaste!
Grazie
a tutti!
Bacioni,
Letizia.
Dedico
questa storia a Francesca, perchè questa è la nostra canzone.
A
Dafne, perché il suo sorriso mi ha ispirata.
E sì, anche alla cara Giulia, perché..
Così,
credo che lei lo sappia.
E poi a chiunque si ritrovi un pò in Sally e
Nicholas!
Half
The World Away
I would like
to leave this city
this old town don’t smell to pretty and
I can see
the warnin signs running around my mind
Sally aveva sempre amato gli aeroporti,
sempre pieni di persone che andavano di corsa da una parte all’altra,
freneticamente, senza neanche guardare dove mettessero i piedi.
Forse per
l’impazienza di partire, oppure per quella di tornare.
Intorno a lei si
muovevano altre milioni di vite, piene delle loro storie pronte da raccontare,
con i volti carichi di sentimenti tutti differenti, a dimostrare qualcosa di
diverso.
Nessuno sembrava somigliare a qualcun altro in aeroporto, lì erano
tutti diversi, tutti in corsa verso qualcosa.
Per Sally gli aeroporti
rappresentavano speranza: speranza di tornare e trovare una situazione migliore,
speranza di lasciare e cominciare una nuova avventura.
Per lei, adesso erano
solo speranza di cominciare una nuova vita nel migliore dei modi, come lei aveva
sempre sognato, previsto fin da bambina.
Il viaggio d’andata era stato
alquanto traumatico, e non per l’arrivederci di sua madre “Abbi cura di te, Sullivan”, neanche per
le continue raccomandazioni di sua nonna o gli abbracci stentati di suo
padre.
No, non era per questo.
Aveva vissuto lì a Yorkville fin dalla
nascita, e non si era mai allontanata da quel posto, se non una volta, quella volta, per andare a Parigi in
occasione del suo quinto compleanno.
Fuori da quella occasione, Sally aveva
sempre vissuto in quella villetta di quella cittadina dell’Ontario, vicina a
Toronto.
Sally odiava Toronto perché la riteneva troppo caotica e piena di
niente.
Invece lei amava Yorkville perché lì era tutto più tranquillo, a
misura d’uomo.
Sally era pronta a dire addio alla sua famiglia e alla sua
cittadina, ma non era assolutamente pronta a pensare di dover abbandonare la sua
vecchia strada per intraprenderne una nuova.
Ormai ogni cosa iniziava a
starle stretta lì, ed andarsene era il minimo.
Ma non aveva mai pensato a
come ricominciare una volta lì.
Che cosa avrebbe fatto una volta arrivata a
Parigi?
Magari si sarebbe trovata così male da voler tornare subito,
rimpiangendo in ogni istante d’aver abbandonato casa per aver seguito un sogno
così stupido.
Già.
Il suo
sogno.
L’arte, poter lavorare in qualche museo e dimostrare al mondo
quanto l’arte fosse il motore dell’universo, con creatività e permissione di
esprimersi in ogni modo.
E Sally ci credeva fino in fondo, con tutta sé
stessa.
Seppure non avesse neppure un minimo di esperienza, se non due anni
di università che le erano serviti a poco a niente.
Lei riteneva che l’arte
andasse sì studiata, ma studiata con occhi propri.
Vissuta, amata,
accarezzata.
Magari un giorno si sarebbe ritrovata a camminare per il Louvre
a dare informazioni ai turisti sulle tele che avevano incantato ormai già tutto
il mondo.
Non le importavano i soldi, non le interessava quanto il suo sogno
potesse durare, ma voleva provarci, perché altrimenti, se non avesse mai
provato, non avrebbe mai saputo come sarebbe andata.
E Sally non voleva avere
nessun tipo di dubbio, preferiva mille volte sbagliare, farsi del male per poi
rialzarsi, ma almeno sapere quali erano i suoi limiti, fermarsi lì piuttosto che
non averci provato proprio.
La vita lo sapeva, era una sfida continua,
qualcosa che va avanti senza neanche di darti il tempo di riprenderti, di
renderti conto.
Perché nella vita non si può sapere come vanno certe cose,
tutto gira, niente si ferma mai, e nessuno ha mai la stessa fortuna, prima o
poi, le cose cambiano.
Ma di certo, non ti aspetta nessuno.
E Sullivan
questo lo sapeva.
<< Posso farti
una domanda, mamma? >> domandò Sally, dondolandosi sui piedi.
I capelli
erano raccolti in una treccia perfetta, mentre i grandi occhi castani,
brillavano d’innocenza.
Sua madre la guardò stranita, ma poi la sua
espressione si addolcì << Dimmi, tesoro >>
La bambina lasciò la
sua bambola di pezza sulle gambe della donna, e le chiese << Perché mi
avete chiamato come un maschio? >>
Ora lo aveva capito perché aveva
quel nome che aveva sempre odiato.
<< Quando ti aspettavamo, prima che
nascessi, ci avevano detto che eri un maschietto, così avevamo scelto di
chiamarti Sullivan.. Quando vedemmo una bellissima bambina rimanemmo così
impreparati che non sapevamo cosa fare.. Ma sai, tuo padre, quando ti guardò
negli occhi, decise di lasciarti quel nome.
Sai, crede che tu sia forte
quanto lui >>.
Gli occhi di Sullivan brillavano ancora di quella
luce, ricolma di speranza e impazienza.
Era consapevole anche del fatto che
ci sarebbero stati momenti duri, che niente le sarebbe andato liscio fin da
subito, anzi, sapeva che avrebbe dovuto lavorare sodo per realizzare in maniera
dignitosa quello che lei sognava.
Non si aspettava che tutto le andasse rose
e fiori, ma sapeva che poteva farcela.
Sapeva che poteva andare comunque
avanti, anche quando le sarebbe sembrato assurdo continuare.
Ma non le
importava, lei voleva rincorrere quel sogno, poco importava se le sarebbero
costati un sacco di dolori, delusioni, tristezze.
Perché prima o poi,
sarebbero anche arrivate le gioie, le soddisfazioni.
L’aeroporto di Orly
pullulava di persone che scappavano come fossero impazzite, e anche lei iniziò a
camminare, veloce, facendosi spazio tra tutte quelle corse contro il
tempo.
Sapeva che una volta uscita di lì, non ci sarebbe stato nessuno ad
aspettarla, ma chi se ne importava!
Era mezzo mondo lontano, libera,
indipendente, con i sogni nelle mani, con la giovinezza dipinta in volto, la
forza di farsi spazio nel mondo.
Non era più a Yorkville, era a Parigi, il
suo più grande amore, la sua fedele amica.
Parigi era rimasta lì, nel suo
cuore, fin da subito, e neanche per un momento aveva pensato di andarsene. Forse
Sally lo sapeva che quella città l’avrebbe aspettata.
Forse aveva letto in
anticipo un po’ del suo destino.
Oppure, più semplicemente, aveva da sempre
scolpito quel sogno dentro sé, in una maniera così forte ed incredibile, che non
era pensabile che potesse abbandonarlo.
Ed ogni giorno Sally, rincorreva quel
sogno.
Metteva da parte tutti i suoi risparmi per andarci anche solo qualche
giorno.
Rinunciava alla sua estate per andare a lavorare in un negozio in
montagna dai suoi parenti per guadagnare qualcosa e metterla da parte.
Non
aveva mai ricevuto nessun tipo di regalo materiale da parte dei suoi, solo soldi
che poteva racimolare e tenere lì chiusi, nel cassetto delle speranze.
Per
prenderli solo quando sarebbe stata pronta.
Ed ora lei lo era, lo aveva
sentito fin da subito che quello era il suo momento.
Ormai a Yorkville, si
sentiva più vecchia di quanto fosse, le andava stretta.
Sentiva di dover sorreggere un peso più
forte di lei. Dopotutto, aveva passato la vita a trovare un’altra via.
Una
via che l’avrebbe resa migliore, più soddisfatta di sé stessa.
Una via per
costruirsi un giorno migliore.
Aveva capito che se non l’avesse fatto in quel
momento non l’avrebbe fatto più.
Allora perché aspettare?
Aveva iniziato a
raccogliere tutte le sue cose in grossi valigioni di pelle, e poi aveva parlato
con i suoi genitori per elaborare al meglio ogni dettaglio.
E Sally sapeva
che era tutto merito loro.
Di Frank e Elinor.
Sapeva che sarebbe stata
dura, perché i suoi ricordi sarebbero arrivati, avrebbero suonato alla sua porta
e forse, per qualche attimo l’avrebbero fatta pentire della sua scelta.
Ma
ora, non poteva permettersi di ripensarci.
Ora loro erano mezzo mondo
lontani, e lei lì, che aspettava un taxi disponibile a condurla fino Rue Tivoli,
dove una vecchia conoscenza di sua madre, era riuscita a farle prendere un
monolocale.
Lì, dove ogni cosa era in sua attesa.
Lì dove l’attendeva la
sua nuova vita.
Mezzo mondo
lontana.
So what do you
say?
You can give me the dream if it’s mine anyway
You’re half the world
away
Half the world away
I’ve
been lost, I’ve been found
But I don’t feel down
Now I don’t feel down
<< Sullivan.. Che nome curioso
>> commentò Nicholas, chiudendo il libro che stava leggiucchiando.
La
ragazza rise, spegnendo la piccola televisione che le era costata due settimane
di lavoro più tre giorni <<
Hai qualcosa contro? >>
Lui alzò le spalle come a discolparsi <<
No, no, è solo che è .. Strano >>
<< Quand’ero piccola, e portavo
i capelli corti, faticavo a far capire agli altri che ero una femmina! >>
iniziò a ricordare la giovane, con tono nostalgico.
<< E quand’è che
hanno iniziato a chiamarti Sally? >> domandò lui, andando a sedersi di
fianco a lei.
Non seppe perché le fece quella domanda, ma amava quel nome, e
amava ripeterglielo, finchè non aveva il voltastomaco.
Amava sussurrarglielo
la notte, mentre lei dormiva, avvolta nella sua coperta pesante, oppure urlarlo
ad alta voce, quando andavano sulla grande terrazza del palazzo di
lei.
<< A dire il vero non lo so, credo che non ci sia mai stato un
inizio, semplicemente mia madre, da sempre, mi ci chiamava per non usare il nome
completo. E’ come quando tutti ti chiamano Nick o Nicky per non dire Nicholas
ogni volta >> rispose poi, dopo un’attenta riflessione su cosa
dirgli.
La verità era che, contro ogni dire o pensare, lei amava il nome
Sallivan, non solo perché mai nessuna ragazza si sarebbe chiamata in quel modo,
e tantomeno aveva mai sentito che qualche ragazzo si chiamasse così. Le era
sempre piaciuto pensare che lei fosse come Lady Oscar, con quel nome che tanto
le stava stretto ma che sempre, la faceva stare al centro
dell’attenzione.
Ogni volta che guardava quel cartone, si ripeteva che anche
lei fosse così, e che tutti le portassero rispetto non solo per l’onore che
aveva dietro, ma anche per il nome, che nessuno mai avrebbe dato ad una
bellissima bambina come era lei.
Nick rise, scostandole una ciocca di capelli
dal viso, poi, le cinse le spalle con un braccio, e la lasciò adagiare sul suo
petto, mentre lui si distendeva sul trapuntone che lei aveva messo per
terra.
In giornate fredde e uggiose come quelle, Sally e Nicholas, amavano
stare nel monolocale della giovane, con il camino acceso e una coperta distesa
per terra, e poi passare le ore così.
Come venivano.
E seppure fosse
Aprile, fuori dalle loro finestre, aveva ripreso a piovere in maniera
torrenziale.
<< Credo sia così >> convenne lui con un
sospiro.
Gli occhi di Nicholas si fecero d’un tratto bui,
inespressivi.
Non seppe neanche lui perché, ma gli venne in mente un’immagine
della sua infanzia, lì, in quella grande villa a Wyckoff, con tutta la sua
famiglia.
Quando ancora Parigi era mezzo mondo lontana, quando ancora
Nicholas non poteva sapere cosa prospettava per lui il futuro, quando ancora
Nicholas, poteva vedere il mondo con uno sguardo diverso, ancora pieno di voglia di
scoprire e imparare.
Ma adesso, era tutto completamente diverso.
Non solo
perché si trovava in una città che conosceva da poco, ma perché non aveva la
minima idea di quello che volesse fare della sua vita.
Certo, amava il suo
lavoro, ed era orgoglioso di poterlo continuare anche lì con i suoi fratelli, ma
c’era qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo che lo faceva diventare
inquieto.
Adesso, voleva semplicemente tornare ai suoi cinque anni, quando
ancora mangiava colla e plastilina, quando i suoi sogni, erano disegnati su
pezzi di carta colorati.
Quando sua madre lo
rincorreva per tutta la casa chiamandolo
Nicky.
Ma queste cose
erano lontane ormai.
<< C’è qualcosa che non va? >> domandò
Sally, incrociando il suo sguardo.
Lui scosse il capo << Stavo solo
pensando a delle cose >>
<< Ah >> rispose lei
semplicemente, poi il suo sorriso si addolcì, e si sporse verso il ragazzo, per
accarezzarlo lentamente .
Il ragazzo, di rimando, posò la sua mano su quella
della giovane, per poi chiudere gli occhi.
Giusto per svuotare la mente per
qualche attimo, giusto per sentirsi amato.
Perché era così che si sentiva da
quando conosceva Sally.
Amato, incondizionatamente e sinceramente.
Si
conoscevano da solo sei mesi, eppure lui non si era mai sentito così appagato,
completamente libero d’amare ed essere amato.
Non aveva mai provato una
sensazione migliore prima d’ora, anzi, se possibile non si era mai sentito più
felice di così.
E non c’entrava niente il fatto che fossero già stati a letto
insieme, né tantomeno il fatto che avessero già fatto un viaggio senza neanche
avvisare qualcuno.
Ma i castelli della Loria non avrebbero di certo aspettato
oltre.
Semplicemente Nicholas e Sullivan amavano vivere la vita così , in
maniera inaspettata, senza alcun programma. Tutto veniva così, naturalmente, nel
modo meno scontato possibile.
Ma se è vero che l’amore e imprevedibile e
irrefrenabile, allora, loro non avevano niente da temere.
Non sentivano più
il peso del mondo sulle loro spalle, il peso delle loro sconfitte,
delusioni.
Perché adesso, che erano insieme, potevano dirsi pronti a
sollevare il mondo e salvarlo con la forza di un amore forte e
semplice.
Adesso, potevano guardare il sole che splendeva si tutti lasciando
che i raggi li accecassero.
Perché provavano amore.
Qualcosa in più.
Facciamo bagagli! Si va via
insieme!
<< Miseriaccia >> disse poi Nick, rompendo il
silenzio che lui steso aveva imposto.
La ragazza rise, scuotendo il capo
<< Che cosa hai adesso? >>
Il giovane avvicinò i loro visi,
sorridendo beffardo << Miseriaccia quanto ti amo Sally, e sono davvero
spiacente di dovertelo ripetere sempre, ma è così >>
<< E’ un
peso che mi abituerò a sopportare >> affermò lei, annullando la distanza
tra le loro labbra.
Nicholas cinse la vita di Sally, sollevando leggermente
il maglione che l’avvolgeva.
Passò una mano sulla sua schiena, notando che
lei rabbrividiva ogni volta che lo faceva.
Rise.
Sally interruppe per un
attimo il bacio, solo per affondare le mani nei ricci del giovane e sussurrargli
all’orecchio << Mezzo mondo lontano
>>
I loro occhi brillarono di un’emozione talmente forte che
sentirono di non appartenere a quel mondo.
Come sarebbe andata a finire
quella storia, non gli importava.
Perché farsi tutti questi
problemi?
C’era una vita tutta da scoprire intorno a loro!
Perché perdere
tempo?
Nicholas la baciò ancora << Con te >>
Mezzo mondo lontani, ma
insieme!