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Autore: Shizue Asahi    20/09/2010    9 recensioni
Un giorno chiesi a mia madre cosa significasse amare e lei ne rimase sorpresa. Ci mise un po’ a trovare le parole giuste per spiegare a una bambina di appena sei anni un sentimento così complesso.
Mi disse che l’amore era quello che legava in modo speciale due persone e, per rendermi le cose più chiare, mi fece l’esempio di lei e papà. Allora credetti di aver capito.
[...]Con il passare del tempo però papà passava sempre meno tempo a casa e non baciava più la mamma, non le carezzava le mani ed evitava di parlarle.
E mentre vedevo la mamma ingrigire e appassire mi chiedevo se anche quello fosse amore.

La frase apartiene a Maria Teresa di Calcutto e, in origine, questa cosa era un compito di filosofia.
Spero vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate **
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Siamo figli di Dio. Siamo stati creati con uno scopo, il più grande che ci sia: amare ed essere amati.-

Lo avevo sentito ripetere più volte nel corso della mia vita, fin dalla più tenera età. All’inizio ci credevo. Sorridevo orgogliosa, stretta nel mio cappottino nero, raggomitolata insieme ai miei fratelli, durante l’ora della messa, ascoltando quelle parole ripetute con enfasi dal prete che presiedeva la cerimonia. A quel tempo ero piccola e ingenua, credevo facilmente a tutto quello che mi veniva detto. In modo particolare credevo in Dio. Spesso mi sentivo in soggezione pensando che lui mi stesse guardando e non mi abbandonavo quasi mai a quei giochi infantili e sciocchi tipici dell’infanzia.

Mi piaceva pensare di avere uno scopo, anche se allora non lo capivo era anche logico. “Amare ed essere amati” può apparire un concetto decisamente semplice, ma neanche ora che sono adulta sono sicura di comprenderlo a pieno. Un giorno chiesi a mia madre cosa significasse amare e lei ne rimase sorpresa. Ci mise un po’ a trovare le parole giuste per spiegare a una bambina di appena sei anni un sentimento così complesso. Borbottò qualcosa che non ricordo e mi pose una mano sulla testa, annodandosi una ciocca dei miei capelli bruni alle dita affusolate. Mi disse che l’amore era quello che legava in modo speciale due persone e, per rendermi le cose più chiare, mi fece l’esempio di lei e papà. Allora credetti di aver capito.

Spesso mi ritrovavo a osservarli mentre si baciavano o si sfioravano le mani o semplicemente parlavano. E la mamma sorrideva. La mamma sorrideva sempre.

Con il passare del tempo però papà passava sempre meno tempo a casa e non baciava più la mamma, non le carezzava le mani ed evitava di parlarle.

E la mamma non sorrideva più. E mentre la vedevo ingrigire e appassire mi chiedevo se anche quello fosse amore.

Quando raggiunsi i quindici anni credetti di aver finalmente trovato l’amore, di aver davvero raggiunto il mio scopo. Mi sentivo leggera mentre stringevo la mano del mio primo ragazzo e le farfalle mi si agitavano nello stomaco quando lo vedevo.  Avvertivo la terra mancarmi sotto i piedi quando le nostre labbra si sfioravano.

Ero una ragazzina innamorata. Una ragazzina stupida e innamorata che credeva ancora nelle favole e nel principe azzurro. A ripensarci mi sento ancora in imbarazzo.

Quando lui mi lasciò la favola finì e allora credetti di aver compreso definitivamente cosa fosse l’amore.  Quel vuoto opprimente che sentivo dentro, quella rabbia e quel sentimento di nostalgia, quello era amore. Niente, solo un miscuglio di sensazioni spiacevoli e poco coerenti, a mio dire.

Crescendo la mia visione dell’amore mutò ulteriormente divenendo sempre più cinica, fino a convincermi che esso non esistesse. Più volte maledii Dio per avermi destinata a rincorrere qualcosa di fasullo.

Ora che non sono più una bambina né una ragazzina mi chiedo se quello che provo ora non sia amore, mentre mi passo la mano sul ventre rigonfio in una lasciva carezza e avverto un piccolo piede calciare; se finalmente ho raggiunto il mio scopo...

 

 

Angolo Autore:

la frase iniziale appartiene a Maria Teresa di Calcutta. In origine era un compito di filosofia, ma, visto che mi piace, ho deciso di pubblicarlo **

Credo che sia abbastanza chiara. Perdonate la visione un po’ pessimistica dell’amore, ma ero particolarmente ispirata ** La storia è abbastanza autobiografica e chi mi conosce bene se ne accorgerà – indi lo posso fare solo io ù.ù

Mi hanno chiesto se il personaggio alla fine riesce a capire che cosa è l’amore. Potrei dire di sì, ma non ne sono certa. Io vedo l’amore come una continua ricerca, forse anche perché è un sentimento troppo astratta...

Spero vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate >.<

   
 
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