Anime & Manga > Bleach
Segui la storia  |       
Autore: braver than nana    21/09/2010    3 recensioni
Partecipante al 'The One Hundred Promt Challenge'
#010. ByakuyaRenji: Naked. [Prompt Libero 96]
#011. POV Byakuya: Un rosso problema. [Prompt Rosso 23]
#012. NnoitraTesla: Poi un giorno verrò colpito. [Prompt Vita 64]
#013. GrimmIchi: Fuckin' the Future. [Prompt 58 Futuro]
#014. IkkakuYumichika. [Prompt 37 Inverno]
Aveva imparato ad amare anche l’inverno, freddo e doloroso.
Aveva indossato guanti e maglioni di lana per affrontarlo e aveva spalato la neve profumata dai suoi occhi ogni mattina.
« Cosa vuoi fare prima di morire? »
« Voglio aspettare l’arrivo della primavera senza avere paura del prossimo inverno. Voglio fare questo e morire nel sole. »
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Seiretei&Co.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fuckin’ the Future.

 La peste bubbonica, insegnavano i libri di medicina e di storia, era una malattia che era nata in Asia, dall’altra parte del Mar del Giappone e che nel corso del tempo aveva mietuto milioni di vittime. Era contagiosa e quindi tutte le persone che erano entrate a contatto con il paziente di cui parlava tutto l’ospedale dovevano sottoporsi a diversi controlli. Anche a Las Noches erano stati mandati dei dottori ed era stata imposta un’urgente derattizzazione.
Si erano trovati almeno altri cinque casi di detenuti malati e tutti erano stati trasferiti al Seiretei nel reparto di malattie infettive. L’ospedale era pieno di poliziotti e questo innervosiva la maggior parte dei restanti pazienti ricoverati. Anche molte infermiere si erano iniziate a lamentare ma dopo un paio di settimane, il tempo massimo per curare la Peste uno alla volta, tutti i carcerati con annesse guardie erano andate via facendo tornare il tutto alla normalità. Più o meno.

 Even when the thunder and storm begins
I'll be standing stong like a tree in the wind
Nothing is gonna move this mountain or change my direction

 Ichigo Kurosaki si sentiva cambiato da quello che era successo. Essendo entrato in contatto con l’ammalato numero uno aveva dovuto sospendere il lavoro per qualche giorno scoprendo di aver contratto una forma leggera di peste. Era rimasto a letto con febbre e strane allucinazioni per tutto il tempo e si era sentito quasi ridicolo nel ruolo di ammalato e non in quello di medico. Quasi non si ricordava dell’ultima volta in cui era stato qualcun altro a prendersi cura di lui.
Forse doveva sul serio tornare a dieci anni prima quando la vita con Grimmjow era un continuo supportarsi a vicenda.
Quando si sentì meglio Urahara non gli impedì di alzarsi dal letto non ritendolo più contagioso. Gli consegnò una mascherina anche se ormai avrebbe dovuto essere immune al tipo di malattia del paziente che sapeva stava andando a trovare. 

« È raro che stia sveglio per più di una manciata di minuti. Bisogna far riposare il signor Jaegerjaques. » 

Lui aveva annuito ormai abituato alle stranezze di quel dottore e si era incamminato con ancora il pigiama indosso verso la stanza che ospitava da ormai due settimane il detenuto più famoso del Seiretei. Si parlava molto di loro due in giro per l’ospedale ma ringraziava il cielo di non aver mai detto nulla a nessuno per non accertare le voci.
Camminando piano arrivò fino alla stanza e non si premurò di bussare o annunciarsi una volta varcata la soglia trasparente, chiuse le tende che mostravano il contenuto della camera al corridoio e aprì quelle che davano sulla strada cercando di illuminare l’ambiente. 

Sul letto c’era Grimmjow e anche se ne era consapevole, era andato in quel luogo per incontrarlo e magari parlargli, il vederlo steso sulle lenzuola candide dell’ospedale con indosso un semplice pigiama azzurro lo aveva sorpreso più di quanto si aspettasse. Lo aveva visto dormire tante volte eppure quello che aveva davanti non era più il ragazzo di una volta.
I capelli stavano tornando del colore naturale e quasi se ne dispiaceva. Erano belli azzurri, pensò mentre passava la mano tra quei fili scuri e morbidi. Non aveva paura che si svegliasse e che lo trovasse a coccolarlo un po’. Era grande per vergognarsi di certe cose e sapeva che infondo anche lui aveva bisogno di piccoli gesti d’affetto. La sua fronte era ancora calda segno che la febbre non era ancora scesa del tutto ma sapendo quello che aveva passato quel lieve calore era quasi rassicurante.
Passò leggermente le dita sulle palpebre chiuse che tremarono leggermente nel sonno. Doveva star sognando qualcosa ma era contento che finalmente riuscisse a dormire tranquillamente. Aveva passato brutti momenti. Una malattia del genere vissuta poi in luogo angusto come una prigione doveva essere stata una tortura. Ogni volta che ripensava alle parole del poliziotto con cui aveva parlato il primo giorno quasi arrossiva e ne gioiva internamente.
Dopo tutto quel tempo se stava male pensava ancora a lui. Anche se gli aveva detto mille volte che non voleva essere chiamato Fragolino. 

Buttò la mascherina nel cestino all’angolo della stanza e si appoggiò pesantemente alla poltrona a pochi passi dal letto.
Era comoda ma fredda. Nessuno si era seduto su quella sedia per tutto quel tempo, glielo aveva confermato Tatsuki, che durante il suo periodo di isolamento gli passava informazioni attraverso un vetro spesso.
Grimmjow non aveva mai parlato molto della sua famiglia e lui, egoisticamente, non aveva mai fatto troppe domante alle quali in determinati momenti era anche stato propenso a rispondere. Erano stati insieme dopotutto! Si sentiva frustrato da quella totale ignoranza. Sentiva spesso crescere a dismisura il suo battito cardiaco ogni volta che ci pensava e per tranquillizzarsi cercò di sintonizzare la sua frequenza cardiaca a quella del ragazzo davanti a lui ancora attaccato alle grosse macchine che lo monitoravano.
Mandavano leggeri suoni intermittenti. Erano regolari e tranquilli, due aggettivi che stranamente potevano essere accumunati a un elemento come il paziente sul letto della stanza numero sei.
Chiuse gli occhi e riuscì a respirare con i suoi stessi respiri, a far battere il suo cuore delle stesse pulsazioni che pompava il suo. Era una bella sensazione, era come quando tanti anni prima facevano l’amore e divenivano una persona sola.
Molto spesso riuscivano a essere uno. 

I loro cuori persero un battito quasi in contemporanea quando Grimmjow aprì gli occhi. 

« Cazzo ci fai tu qui? » 

La voce gli usciva dalla gola a stento, appesantita dalla malattia, ma riusciva a fendere la carne anche in quello stato. In un attimo perse tutta la connessione che aveva cercato per tutto quel tempo. 

« Ti faccio una visita di cortesia, deficiente. »
« Ma vaffanculo. Chi la vuole la tua cortesia. »
« Certo che riesci a essere stronzo anche dopo un’esperienza di merda come questa, tu. »
« Anche più di prima, caro Fragolino. »
« Quante volte t… » 

Che la frase fosse la solita lo sapevano entrambi, l’avrebbe finita più per il gusto di pronunciarla che per cercare di convincerlo realmente a smettere con quel soprannome, eppure quando i loro sguardi si incrociarono nel mezzo del piccolo rituale era tornati ragazzi.
Il sorriso spensierato di chi non ha troppi problemi o che li nasconde troppo bene, il ghigno beffardo di un ventenne con una fedina penale non così sporca e che si diverte a fare il cattivo – riuscendogli anche abbastanza bene –, due amici, due amanti. La conversazione era trascorsa così facilmente che li aveva portati indietro proiettandoli nel futuro.
Perché quell’incontro non poteva essere un caso, Ichigo lo sapeva. E non se fregava nulla di quello che Grimmjow aveva fatto per meritarsi una cella a Las Noches, lui era sempre stato quello che lo accettava comunque, che lo avrebbe accolto in qualsiasi circostanza, dopo litigi e scazzottate, con un calcio nel sedere magari, ma l’avrebbe voluto al suo fianco lo stesso.
Era questo che si era sempre ripromesso, dal momento in cui si era accorto di essere innamorato di quel deficiente dagli occhi di ghiaccio. 

« Dannazione! » 

Con un pugno fin troppo forte il medico ancora in pigiama si era alzato e aveva rovesciato il bicchiere per fortuna vuoto rimasto appoggiato sul comodino. 

« Che cazzo ti prende? »
« Non posso, dopo dieci anni, essere ancora così maledettamente innamorato di te. Vaffanculo Grimmjow, vaffanculo. » 

Il silenzio calò improvvisamente nella stanza nel momento esatto in cui il ragazzo dai capelli arancioni si sedette nascondendo il volto tra le mani. Non voleva dirglielo così, forse non voleva dirlo affatto.
Aveva passato quelle settimane a pensare a lui e a proiettarlo negli anni. Aveva immaginato una vita relativamente normale, un futuro con lui, un futuro litigioso e pieno di momenti tragici come quelli che aveva vissuto nel periodo in cui si erano conosciuti ma saporito e vitale.
Aveva trascurato la prigione, l’ospedale e il fatto che negli anni Grimmjow poteva aver amato altri. Aveva solo considerato loro due e quello che era nato nella sua testa era così esaltante che si era quasi convinto di poterlo mettere in atto.
Era stato uno sciocco a esporsi in quella maniera ma lui era fatto così. Agiva e le conseguenze delle sue azioni erano pensieri che raramente lo sfiorava. Lui combatteva, correva e difendeva chiunque ne avesse bisogno. Adesso quello che aveva bisogno di essere portato in salvo era la vita che aveva sognato insieme a Grimmjow. 

« Sei proprio un bambino del cazzo. »
« Ah sì? Sono rimasto un bambino del cazzo, secondo te? »
« Certo. Fai due calcoli, Kurosaki. Sono passati dieci anni e a quel tempo forse potevi parlare a vanvera o sognare l’amore e altre cazzate come questa ma ormai è cambiato tutto. Io sono cambiato e non sono più il ragazzo di una volta. »
« Questo lo so. Allora voglio innamorarmi anche di questo Grimmjow, cazzo. » 

Ed era così raro fare una discussione seria con quel ragazzo che la situazione sembrava quasi irreale. Il silenzio teso, così diverso da quello scandito dai loro battiti, gravava sulla testa ancora convalescente di entrambi provocando un senso di nausea continuo. 

« Vattene. »
« Stai scappando eh? Di nuovo… »
« No, ti sto fottutamente cacciando via da questa stanza. Prendi quel culo e portalo via di qua. Ora. » 

Da quando quel giorno aveva messo il piede destro fuori da quella stanza, con ancora un mezzo sguardo rivolto verso il malato, non l’aveva più visto. Sapeva che dopo dieci giorni Urahara lo aveva dichiarato del tutto guarito e lo aveva rimandato a Las Noches facendo partire anche l’ultimo di quel pazienti scomodi.
Dentro di se era cambiato qualcosa, lo sentiva.
Aveva ancora una voglia matta di rincorrerlo, di lottare, eppure le sue parole lo avevano colpito ancora e forse più a fondo di quanto non avessero mai fatto. Solo lui poteva ferirlo in quel modo così come solo lui poteva guarirlo del tutto.
Cosa sarebbe successo se si fosse presentato alla prigione con l’intenzione di fargli visita? Lo avrebbe mandato via esattamente come aveva fatto dalla stanza? Quelle parole parlavano solo della camera dell’ospedale o una volta per tutte lo aveva cacciato dalla sua vita intimandogli a fare lo stesso? 

« Kurosaki o riporti la testa tra di noi o è la volta buona che rimani ricoverato per più di due settimane. » 

La dottoressa Yoruichi era quella di sempre, violenta e materna nello stesso istante, brava come pochi altri nel riportarlo alla realtà. La guardò negli occhi nocciolati e seri per qualche istante lasciandosi infondere la sensazione di tranquillità che emanava. 

« Visto che sei tornato, porta queste carte a Kisuke. Veloce. » 

Sventolò delle carte davanti al suo naso che lui afferrò prontamente per poi gettarsi nel primo ascensore libero che arrivò nel piano. La musichetta noiosa della cabina claustrofobica gli riempiva la testa ma quando abbassò gli occhi suoi fogli stampati che aveva stretto tra le mani si rese conto del contenuto.
Il rapporto finale degli avvenimenti dell’ultimo tumultuoso mese riportava diverse volte il nome del ragazzo tinto. Era ancora a metà strada quando iniziò a leggere i vari fascicoli. E se quelli sulla malattia del detenuto e degli altri pazienti tra cui lui stesso li sapeva a memoria alcuni erano così interessanti che si dimenticò di scendere al suo piano.
Non seppe mai perché anche il verbale della polizia, con tanto di data di scarcerazione del recluso, fosse necessario in verbali come quello ma fu più che felice di scorgere una data e un orario da appuntare.

 I'm falling off the sky and I'm all alone
The courage that's inside is gonna break my fall
Nothing is gonna dim my light within

 

Non aveva mai visto la prigione di Las Noches da così vicino e mai aveva sperato di avere tale onore ma doveva ammettere che era davvero imponente e così bianca da far male agli occhi.
Non si era azzardato ad entrare ma sapeva che l’unica porta dalla quale Grimmjow avrebbe potuto uscire era quella davanti a lui. Sarebbe dovuto essere scarcerato un quarto d’ora fa ma non aveva idea dei tempi che qualcuno poteva prendersi per uscire di prigione.
Non si aspettava di certo un ricongiungimento idilliaco ma non aveva paura di essere lì. Non aveva paura di lui, non ne aveva mai avuta affrontandolo sempre a testa alta ponendosi come suo pari. 

Quando si aprì la porta che una volta doveva essere stata dipinta di un bianco candido la figura imponente di Grimmjow apparve più grande di quanto la ricordasse. Aveva uno zaino sulle spalle e i capelli di nuovo tinti di quel colore sgargiante almeno quanto il suo. Alzò gli occhi solo dopo aver fatto qualche passo e lo scorse appoggiato a una vecchia macchina verde bottiglia ma non sembrò sorpreso della sua presenza. 

« Sei fottutamente prevedibile, Kurosaki. » 

Ghignava consapevole del suo comportamento assurdamente contraddittorio. Non sarebbe stato facile, gli stava dicendo.
Appena fu a pochi passi da lui giocò con il magnetismo dei suoi occhi che da sempre riuscivano a confonderlo e sorrise. Senza alcun preavviso lo baciò ferocemente, artigliandosi al suo volto e mordendogli le labbra. 

« Prova un’altra volta a parlare di amore, futuro o cazzate simili e ti uccido, Fragolino. »
« Non chiamarmi Fragolino, stronzo. » 

Fine. 

E ce l’ho fatta. Yatta! Ho finito la trilogia sul GrimmIchi che mi ero prefissa con questo capitolo che ha come prompt Futuro, esattamente come avevo promesso. L’avrei postato anche ieri se il tempo mi fosse rimasto amico ma almeno m me lo sono stampato e riletto a scuola. Diciamo che ci sono alcune scene che mi piacciono particolarmente nonostante l’OOC di questi –Ichigo che passa le mani tra i capelli di Grimmjow?!- e altre che trovo abbastanza inconcludenti ma tutto sommato sono soddisfatta. Volevo l'happy ending, va bene?!
Non ho ancora deciso su cosa andare a parare prossimamente. Sì è arrivato quel momento in cui anche io rimango senza idee ma qualcosa mi inventerò. Forse scriverò di nuovo su questi due nei prompt che seguono questo giusto per concludere ancora di più xD ricordo che ho postato due capitoli di una long su questa coppia. Non il GrimmIchi in generale, ma proprio questi due Ichigo e Grimmjow nel periodo in cui si sono conosciuti U.U 

Adoro questa coppia e adoro tutte voi che leggete e commentate! Un ringraziamento specialissimo a Mocchi che -Buonddio- ha commentato tutti i miei recenti aggiornamenti in una giornata *w*
Un altro saluto e ringraziamento alla mia Sacchan e a Yoko-kun. Io vi adoro <3 

Nacchan. 

P.S. la canzone che spezza i momenti della storia si chiama Believe me di Dima Bilan. Ve la consiglio vivamente soprattutto nella versione con il violinista Edvin Marton *lovelove*

The One Hundred Prompt Project

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: braver than nana