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Autore: Per_Aspera_Ad_Astra    21/09/2010    3 recensioni
Diversi i personaggi. Diversi gli avvenimenti. Diversi gli addii.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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PLIC

 

Plic.

Plic.

Plic.

 

Sono 38… no 39 le gocce che ormai bagnano i miei folti capelli neri; 19 erano intrappolati nella mia lunga barba, mentre già un milione avevano bagnato il mio impermeabile cadendo sulle scarpe o sull’asfalto.

La città si muove imperterrita nonostante più si cammini più l’acqua arrivi alle caviglie, tutto vive nel mondo.. tutto cammina e non si ferma mai. Non riesco a crederci che solo io sia quello che pensa a queste cose durante una pioggia devastante.

Siamo sotto la pioggia battente, sento le urla di Jared al telefono che lo tiene ben stretto per far capire quanto è arrabbiato…le urla si fermano al passaggio di ogni goccia che cade su ogni piccola pozzanghera creando un grosso cerchio.

Alzo lo sguardo…il cielo è nero…tante gocce cadono su i miei occhiali da sole, che non servono a nulla, ma li metto lo stesso, i grattacieli di N.Y. sembrano tanti piccoli aghi infilzati in un pezzo di terra…mi sento tirare l’impermeabile.

- Che devo fare ora?-  Lo guardo in faccia, mi scappa un mezzo sorriso..non è davvero capace con l’elettronica, aveva ragione Jared.

-Hai comprato l’APPLE senza saperlo usare…tu sei un mito Shan. – Presi il telefono che era completamente bagnato..presi un fazzoletto dalla tasca lo pulì e me lo misi sotto il cappotto per non farlo bagnare di nuovo. – Guarda qui, devi mettere “Accetto” e poi “Invia”…non è complicato o no?

- Non guardarmi con questa faccia perplessa.. sa che odio non sapere manovrare questi aggeggi, sarebbe stato meglio un bel Motorola – Risi di nuovo a quella battuta, la mia risata fragorosa rimbombo per un po’ di tempo in quella città tempestata di gente. Amavo stare con Shannon, era una persona nettamente diversa dal fratello, mi piaceva stare molto anche con lui..ma su molte cose era preciso quindi c’erano momento per scherzare e altri no…Shannon invece prendeva tutto alla leggera, non gliene fregava molto di ciò che accadeva all’infuori, bastava che ci fosse la sua batteria per essere felice.

Svoltai lo sguardo e non vidi più Jared vicino a me, era scappato forse infuriato dalla conversazione, era più di due ore che parlava, cioè urlava con Emma.. in effetti aveva ragione avevamo un concerto tra nemmeno due ore dall’altra parte della città, e nessuna macchina era venuta a prenderci. Siamo stati fortunati che Jared non abbia chiamato passati cinque minuti. Nessuno voleva saltare in concerto, soprattutto lui che aveva pregato la Virgin di fare un benedetto concerto a New York..ed ecco come viene ripagato, pioggia a bizzeffe e concerto saltato. Presi la manica di Shannon e lo trascinai tra la gente, cercando di intravedere una folta capigliatura bionda, proprio adesso che serviva la cresta l’aveva tagliata.

- Ma che fai Tomo!- mi urlo Shannon mentre manovrava ancora quel benedetto cellulare

- Se fossi un po’ più attento anche tu non avremmo perso tuo fratello adesso se non lo rincorriamo si ucciderà come farà con Emma - sbraitai la risposta in cerca di trovare una soluzione il prima possibile. Questa stupida pioggia non mi fa vedere nulla, scende sempre più veloce diventando sempre più bianca comprendo quello che stava davanti a me. Lascio la manica di Shannon obbligandolo a seguirmi..pensando che quel grugnito fosse un si. C’è troppa gente in questa troppo grande città..forse avrà corso e sarà arrivato chissà dove, avrà preso un’altra strada imprecando adesso di non trovarci più.

Mi alzai sulle punte per cercare di vedere un uomo con la testa color “pulcino”…fin quando un grosso colpo alla spallami fece sussultare quasi facendomi cadere.

- Mi scusi- disse un uomo vestito completamente di bianco portando un grosso zaino rosso, mi girai per osservarlo meglio, quando mi accorsi di una cosa più grave…avevo perso anche Shannon.

- DIO!- fu l’unica cosa che riuscì a dire.

 

**

La donna davanti a me portava una coda che racchiudeva i suoi capelli rossi scintillanti, l’uomo vicino a lei poteva avere qualche anno in più e ci provava spudoratamente, quasi tutti mi guardavano stupiti, capivo che ero tutto bagnato e sembravo l’uomo nero ma mi mettevano a disagio.

- Si sente meglio signore?- una vocina bassa e cauta ronza nel mio orecchio, cosi fastidiosa che devo per forza rispondere. Una ragazza abbastanza alta con del capelli neri corvino e degli occhi spendenti mi porge una coperta. Guardo fuori dalla finestra del locale, la pioggia non finisce di cadere, la cornice di legno fa sembrare tutto un dipinto vivente, mi scappa un sorriso.  Finisco di contemplare “il quadro vivente”, quando sposto lo sguardo sul locale. E dipinto di un rosso caldo, un piccolo camino e piantato alla fine della stanza, tante donne camminano con un'unica divisa che le copre fino al ginocchio mostrando timide le loro gambe bianche e candide come quelle di un bambino. Un grosso bancone si estendeva per tutto il locale era fatto di legno scuro e dietro quel grande ammasso di “alberi” uomini e donne che con dei fogli perdevano le ordinazioni e li mandavano dietro una porta nera.

- Le serve qualcosa di particolare?- mi ripeté di nuovo quella voce che era rimasta li dall’ultima domanda fatta.

- No, grazie..davvero- Mi affrettai a pagare e a lasciare qualche dollaro di mancia, e corsi verso l’uscita. Avevo perso troppo tempo e loro due erano scomparsi, dovevo trovarli perché di tempo rimasto ne era rimasto solo troppo poco.

Accelerai il passo gridando i nomi dei due dispersi, nonostante il tempo e l’ora la gente sembrava sempre di più; se non fossi stato un uomo mi sarei messo in un angolino a piangere disperatamente e gridando di voler ritornare a casa. Non conoscevo per niente questa città, ci eravamo stati insieme si e no tre volte e tutte e tre volte avevamo visitato sempre gli stessi posti perché non c’era mai tempo materiale.. tutti questi pensieri mi volarono via quando sentì vibrare il mio cellulare. Mi infilai dentro un negozio e risposi.

- Pronto?-

- Cristo Tomo! Dove cazzo sei? Sai che ora sono vero? E’ dannatamente tardi e tu sei scomparso nel nulla con mio fratello…passamelo!- Sentivo le mia mano vibrare ad ogni sua parola urlata dall’altro capo del telefono. Ero nei guai più assurdi e sapevo che quando lo avrebbe scoperto mi avrebbe menato di brutto. – L’ho perso.. cioè io ero avanti perché tu eri scappato quando..beh cioè…- balbettai una risposta che non presentasse una sfilza di “cioè, però, perché” ma il risultato fu pessimo.

-Che diamine hai detto Tomo? Ripetimelo perché SPERO di aver capito male- evidenzio quel verbo “spero” perché sapeva già quale fosse la mia sorte-

- Ti giuro che non l’ho fatto apposta, stava giocando li con quell’aggeggio li che si è comprato da poco e poi l’ho perso di vista per cercare te, davvero non volevo- che diamine! Stavo chiedendo scusa, cioè una plausibile scusa miagolando come un gatto frustrato. La donna alla cassa mi guardò perplessa perché vedeva che non compravo niente e che stavo li imbambolato nel reparto degli intimi per donna.

- Allora ascoltami bene, visto che già ho perso metà voce per sta sera tu fatti trovare da “Juleps” quello dove hai mangiato quella grossa fetta di torta quella volta, se tra cinque minuti esatti no ti trovo li sei morto- chiuse la telefonata, un brivido di paura mi salì dietro la schiena perché quel maledetto Juleps si trovava a mille miglia da qui.

Corsi, per le vie di Manhattan mentre calpestavo rifiuti e foglie secche che al mio passaggio diventavano inutile polvere, anche se non avevo la velocità di superman riuscivo a non stancarmi subito. Diedi una veloce sbirciata all’orologio, cavolo! Mi sarebbero serviti ancora 10 minuti per arrivare li. Senti di nuovo il telefono vibrare, senza perdere velocità risposi al telefono.

- Ehi Tomo, sono qui al Burger, che dici te la fai una scappata qui mentre Jared finisce la sfuriata?- optò intelligentemente quanto una capra Shannon

- Ma sei un… imbecille- dissi prendendo fiato ad ogni parola che dicevo, la saliva mi sprecava energie- mi ha chiamato il tuo dolce fratellino e mi ha preparato praticamente la ghigliottina se non arrivavo al Juleps tra…adesso!- guardai il display del telefono avrei dovuto essere già li..e invece mi mancavano ancora due traverse. – Shannon è tardi per tutti e due, ora corri velocemente al Juleps, prima che si incazzi di nuovo con tutti e due- dissi quasi chiudendo la chiamata.

- Ma ci vogliono quindici minuti per arrivare li!- mi canzonò Shannon.

- Lo so gran pezzo di un’idiota! Tu sbrigati altrimenti siamo fottuti. –Chiusi per davvero il telefono quando vidi finalmente la grande scritta arancione del Juleps.. Il mio sorriso si spense quando vivi una cosa, anzi una persona gialla che spirava istinto omicida da tutti i pori.

- Scusami…io..non..sapevo…- cercai di elencare più verbi e soggetti insieme mentre il suo sguardo truce si abbatteva su di me.

- Scusa!?- urlò – Ma tu sei impazzito! Sono tre ore che giro per questa dannata città non trovando ne te e nel quel gran pezzo di mio fratello! Non smette di piovere, Emma mi aveva promesso una macchina alle tre e mezza invece..sono rimasto per due ore sotto la pioggia ad aspettare che una fottuta macchina ci venisse a prendere per andare dall’altra parte della città, invece mi ritrovo alle sette ancora sotto una meravigliosa pioggia con una macchina ma senza voi due. Sto sudando, sono nervoso, bagnato e mi serve una doccia…ma abbiamo solo un’ora e mazza o forse meno per preparare un benedetto palco con dei benedetti strumenti..e tu mi chiedi scusa?- la sua vena dell’occhio destro pulsava per il nervosismo, il rossore in faccia non scompariva e il suo petto non smetteva di muoversi convulsamente.. non lo avevo mai visto in vita mia cosi arrabbiato. – Perdonami, Tomo…tu non c’entri nulla- abbasso lo sguardo fisso mentre la vena piano piano cominciava di nuovo a nascondersi tra la pelle bianca. – Ho una rabbia che non riesco a contenermi, e mi spiace davvero… ma lo vedi siamo nella merda sul serio.- Salì in macchina anche lui dicendo all’autista di portarci al Burger King per andare a recuperare Shannon. Rimasi immobile per tutto il viaggio pensando alle parole che mi aveva detto..mi sentivo responsabile di tutto quello che gli era successo, e questo mi faceva stare ancora più male. Cazzo!

- Ehi gente! Volete patatine?- chiuse la porta producendo un rumoroso botto – Che faccia da funerale, e tu Tomo mio fratello ti ha plasmato?- sogghignò qualcosa e poi si girò parlando con Edward, l’autista. Io mi girai ad osservare Jared, era perso praticamente nei suoi pensieri, la testa era appoggiata pesantemente al vetro mentre le mani li cadevano giù dal corpo come pesi morti, lo sguardo piantato a vedere tutte quelle goccioline che cadevano sul finestrino. Non lo avevo mai visto cosi, forse davvero avevamo fatto una cazzata.

- Edward!- disse bloccando l’autista

- Mi dica Signor. Leto – fermò la macchina ad uno spiazzale

- Porti questi due al palazzetto io la faccio a piedi-

- Ma signore è tanta strada e poi fuori piove e fa freddo-

- Ti prego Edward, non ti mettere anche tu- scese dall’auto senza neanche guardare ne me e ne suo fratello, che si girò perplesso in cerca di spiegazioni

 

**

Oramai mancavano solo pochi minuti alla nostra entrata sul palco, ero più carico che mai nonostante la brutta giornata e l’assenza di Jared di metà viaggio, ma forse gli serviva per non accanirsi su i FANS, anche se per lui sono l’unica cosa che gli fa respirare aria pura e che lo fa sentire bene. Lo vidi passare velocemente con piccoli passi sorridendo a Jonathan, il telecameramen che ci avrebbe aiutato a girare il prossimo video con pezzi di live. Non guardò  minimamente ne me e ne tanto meno il fratello che intanto stava giocando con le bacchette per fare si che le dita si sciogliessero . Guardavo intensamente la mia chitarra color carbone…sembrava che mi guardasse come se mi dasse una carica generale per sconfiggere la paura che ogni volta mi si presentava ad ogni live.

Sbagliare.

Dimenticare il pezzo.

Entrare in anticipo o in ritardo ad ogni canzone.

Tutti questi pensieri mi prendevano ogni santo giorno facendomi cosi male da darmi un forte dolore allo stomaco, che a piano a piano svaniva grazie alle urla dei fan e del mio nome ricordato solo la pochi. Ma a me non era mai importato più di tanto essere al centro dell’attenzione, era meglio che fossi stato più in disparte. Faceva parte del mio carattere. Ovvio sentire gridare il tuo nome è sempre un’emozione stupenda.

Sentì la musica salire sempre di più, “Escape” stava per terminare con l’urlo di tutti gli echelons, tra poco sarebbe toccato a me. Anche io tra poco avrei sentito le urla.

- Fai del tuo meglio, Tomo..lo so che tu sei il migliore. Ti voglio davvero bene!- Jared mi travolse con un caldo e forte abbraccio, non so se davvero quel piccolo singhiozzo fosse una sua lacrima, ma mi sorrise e scappò dietro il sipario. Sentivo ancora il suo profumo sulle mie spalle…ero pronto davvero adesso. Avrei suonato per me, per la band per gli echelons per Shannon e anche per Jared per la sua grande carica..avrei suonato anche perché fu la prima volta che lo sentì piangere sulla mia spalla. Tutti potevamo farcela. Anche solo per oggi.

 

**

Guardavo le piccole casine di un piccolo paesino della Bosnia, tutto qui era dimensionato.. la piccola chiesa, le piccole casette e tante piccole feste in cui tutti gli abitanti si riunivano per parlare di questo paese che stava adendo a pezzi. Nessun grattacielo, nessuna pioggia devastane. Poche persone in giro, vento caldo e uno spicchio di sole che si faceva vedere timido tra le nuvole..tutto piano e tutto estremamente come prima.

- A cosa pensi Tomislav?- chiese mia sorella incuriosita, tenendomi la mano che non avevo in tasca.

- Niente, Ivana, niente- Le accarezzai la testa che copriva con un grosso fazzoletto celeste e giallo, per la sagra del paese. Mi dimenticavo come sempre che eravamo in Bosnia, e dovevo parare lo slavo. Mi era diventata un’abitudine.

- Pensi ancora all’America? Papà e mamma sono ancora li che ti aspettano, sai Victoria penso, ti voleva molto bene, ti avrebbe seguito fino qui.- mi guardò in faccia e strinse ancora di più la mano. – non puoi rovinarti la vita adesso, è andata cosi..ci tenevi è vero anche loro ci tenevano a te…ma non tutti dura per sempre o no caro fratello?- sottolineò il “caro fratello” per farmi capire che non era colpa mia se la band si era sciolta, ma che c’era stato un disguido molto forte tra i due. Io non ero riuscito a calmarmi ed era tutto saltato all’aria.

- Ma non riesco a pensare ogni giorno di non essere più li, ho un grosso peso dentro..cosi forte che mi risucchierebbe- guardai di nuovo verso la finestra.

Era sporca di polvere, tutto era appannato  infatti il sole che trapassava dalla finestra era cosi fioco da sembrare una candela. Mi guardai intorno, quell’angolino era dove scrivevo tutti i giorni della settimana mentre li fu il primo girono in cui con i Ivana  fumai la prima sigaretta. C’era un sedia a dondolo praticamente grigia con dei paletti smontati.. una grossa cassapanca e tanti teli che ricoprivano il parquet scadente.

- Ricordi tutto di questo posto vero?- mi chiese ad un tratto – questa era il nostro piccolo nascondiglio, qui la mamma e il papà non ci avrebbero mai trovato….è rimasto tale a quale a 20 anni fa.

- Già…mi sembra di rivivere ogni momento… -mi accasciai per annusare alcuni teli che aveva cucito mia madre poco prima di andare in America. Profumavano ancora di casa, di nuovo e di scoperta. Era l’unico telo rimasto intatto dopo tutti questi anni, era ancora candido come la prima volta. Tutto mi sembrava magico adesso.

- Ora vado, devo andarmi ad infilare quelle fastosissime scarpe. Se vuoi venire sai dov’è- mi schiocco un sonoro bacio sulla guancia e andò via da questa “villa incantata”.

Mi mancavano troppo, tutto mi mancava di loro, dell’America e delle sensazioni forti che provavo ogni giorno. Forse lui già da quel giorno lo sapeva che ci saremmo sciolti..sapeva che non si sarebbe più fatto nulla di quella band.

Adesso capì il perché pianse, pianse sulla mia spalla.

Annusai la maglia..una strana sensazione mi rifece di nuovo risentire il suo odore e il profumo delle sue lacrime. Sorrisi come un ebete…non li avrei mai più visti ma sarebbero stati con me per sempre.

Aprì velocemente la cassapanca e tirai un bastoncino appuntito…andai nel mio angolo preferito e lo feci.

“7/12/11  Kljub vsem skupaj še enkrat. Nazaj na Marsu ...”*

 

 

Nonostante tutto siamo di nuovo insieme. Di nuovo su Marte…  

 

 Ringrazio tutti quelli che leggeranno questa storia e che lascieranno un piccolo commento..ne sarei molto contenta per sapere cosa ne pensate di questa FF, scritta un un momento di pura immagginazione. Farò posterò al più presto il penultimo capitolo che tratterà invece Shannon. Grazie comunque. Enjoy it!

  
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