Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: NeverThink    22/09/2010    8 recensioni
Le nuvole, sopra la sua testa, piano cominciavano ad allontanarsi, mentre l’odore della terra, dell’erba, delle foglie bagnate le inondava i polmoni, solleticandole quasi il naso.
Il vento spirava fra gli alberi, facendone oscillare i rami, increspava l’acqua grigia del lago davanti a quella piccola casetta in legno chiaro. Quella che era casa loro, che era il loro rifugio, il posto in cui potevano essere se stessi, in cui potevano amarsi senza condizioni, senza perché, o ma. Era il luogo dove potevano bruciare d’amore, lentamente come un grosso ciocco di legno.
Lui sorride, le prende una mano e se la poggia sul cuore. «Anche se resto in silenzio, puoi capirlo.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Per te, Kate.


Quanto t’ho amato

 
 

 

Se tu mi avessi chiesto: "Che si fa?" 
se tu mi avessi chiesto dove andiamo 
t'avrei risposto dove il vento va, 
le nuvole fanno un ricamo,
mi piove sulla testa un temporale, 
il cielo nascosto sei tu ma poi svanisce in mezzo alle parole, 
per questo io non parlo e poi sto male.
Quanto t'ho amato e quanto t'amo non lo sai
… anche se resto in silenzio, tu lo capisci da te.

 

 

 

Il fresco vento di settembre le scompigliava i capelli scuri, le carezzava il viso, sfiorandole la pelle dolcemente.
Le nuvole, sopra la sua testa, piano cominciavano ad allontanarsi, mentre l’odore della terra, dell’erba, delle foglie bagnate le inondava i polmoni, solleticandole quasi il naso.
Il vento spirava fra gli alberi, facendone oscillare i rami, increspava l’acqua grigia del lago davanti a quella piccola casetta in legno chiaro. Quella che era casa loro, che era il loro rifugio, il posto in cui potevano essere se stessi, in cui potevano amarsi senza condizioni, senza perché, o ma. Era il luogo dove potevano bruciare d’amore, lentamente come un grosso ciocco di legno.
Era il 1941 e dell’inglese Beth non era più la stessa.
La ragazza si strinse nel golfino di lana che aveva fatto l’inverno precedente, cercando calore, un calore perso mesi prima, quando lui era uscito dalla porta di casa imboccando il viale sterrato, allontanandosi. Non aveva avuto il coraggio di vederlo andare via, col berretto ed il fucile in spalla. Era rimasta in cucina, il viso fra le mani, il cuore sanguinante ed agognate, stretto in una dolorosa morsa, lo stomaco nauseato dalla sofferenza, dalla paura della guerra, dalla paura di non poterlo mai più riabbracciare, dal terrore di vivere senza lui. Non era riuscita a dirgli di amarlo, di amarlo più della sua stessa vita, bloccata da una forza oscura che le mozzava il respiro.
Anche in quel momento poteva avvertire la morsa stringerle il cuore, che piangeva lacrime di sangue. Con sguardo vitreo, come fatto di cristallo color del caramello, osservava il piccolo lago, la radura silenziosa e solitaria. Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto farlo ogni girono della sua vita, ma aveva versato tutte le sue lacrime.
In quel momento Beth si sentì svuotata, priva di qualsiasi forza, consapevole di poter sopportare ogni giorno, alzarsi dal letto al mattino solo perché avvinghiada alla speranza di un futuro accanto a lui, alla speranza di un suo ritorno. Ma non aveva sue notizie da mesi. E così, cercava aggrappandosi con le unghie ed i denti a quel barlume di speranza che piano si affievoliva.
Il vento le si insinuò nel maglione, facendola rabbrividire.
Sospirò e si sedette sull’erba verde ed osservò gli alberi ballare col vento.
Il terreno era umido e freddo. Un raggio di sole filtrò attraverso le nuvole grigie, illuminando l’acqua increspata. Beth si passò una mano fra i capelli.
Cosa gli avrebbe detto se fosse lì?
Perdonami. Quanto t’ho amato e quanto t’amo non lo sai.
Chinò il capo e la nostalgia le provocò una fitta di dolore, lì, al centro del petto.
«Portami con te.» mormora al suo orecchio. «Portami con te, James.»
Le scioglie il groviglio delle braccia attorno al suo collo. «Non è sicuro per una signora.»
«Sarò il tuo porta fortuna.» soffia con dolcezza negli occhi ambrati.
«Oh, tesoro...» geme James poggiando la fronte su quella di Beth, poi la porta le braccia attorno alla vita. Lei lo stringe, affondando il viso nell’incavo del suo collo.
«Resta. Resta con me.» mormora lei prima di baciargli la pelle sotto l’orecchio.
«Tornerò, Beth. Tornerò. Ed ora baciami.»
Ogni attimo era ancora vivido nella mente della ragazza, come marchiato a fuoco nella sua giovane mente. Custodiva ogni attimo, ogni parola, ogni gesto nello scrigno della sua anima, quello scrigno che custodiva gelosamente.
Chiuse gli occhi e si lasciò cadere sull’erba.
«Sta’ attento, così mi pesti i piedi.» ridacchia Beth, guardando James negli occhi.
«Mi perdoni, madame.» risponde avvicinandola di più a sé.
Lei scuote il capo. E’ sera, il fuoco scoppietta nel camino e loro danzando al centro della piccola cucina.
«Ora sono tua, per sempre.» mormora guardandosi il piccolo anello all’anulare.
«Ora sono tuo, per sempre.» ripete lui baciandola a fior di labbra.
«Lo sono dal 1918.» sussurra lei premendogli il palmo della mano sulla guancia.
Lui sorride, le prende una mano e se la poggia sul cuore. «Anche se resto in silenzio, puoi capirlo.»
Beth fissa il cielo, mentre il vento le sposta i capelli sul viso. Non mangia da un giorno. L’ansia le stringe la bocca dello stomaco annodato.
Cosa ne sarà di lei? Cosa le succederà?
Viveva nel terrore di ricevere quella lettera che avrebbe scritto la parole “fine” nella sua vita.
Non poteva vivere in un mondo dove lui non esisteva.
La guerra le aveva succhiato tutta la linfa vitale, tutto ciò che c’era di allegro e felice in lei. Le aveva squarciato il petto e accoltellato il cuore. Poteva quasi sentire i margini di quella ferita, mai rimarginata, pulsare e bruciare.
«Ti prego, non farlo. Ti prego non varcare quella soglia.» geme lei, mentre le gambe cominciano a tremarle.
«Tornerò, Beth. Te lo prometto.» mormora lui con voce incrinata. Si avvicina a le e le prende il viso fra le mani. «Tonerò.» mormora ancora.
«Oh, James!» esclama lei disperata. Si aggrappa al suo collo, mentre le gambe le cedono, lasciandola inerme, fra le sue braccia, mentre le lacrime le solcano il viso.
Lui la stringe a sé, carezzandole e baciandola con estrema dolcezza, cercando d’infonderle tutto l’amore che nutre nei suoi confronti. La sua carezza è come se le penetrasse le carni e le sfiorasse le ossa.
«Torna da me. Ti prego, torna da me, amore mio.» geme guardando i suoi occhi di ghiaccio.
Vorrebbe dirgli che l’ama, ma le parole le muoiono in gola.
Lui annuisce, lottando contro il magone che gli stringe dolorosamente la gola. Le bacia le palpebre, poi si volta e varca la soglia di casa.
Ed, inesorabilmente, una lacrima spilla dai suoi occhi.
Avrebbe voluto sussurrare il suo nome, sussurrare quando lo amava, ma non ce la fece. Non ci riusciva.
Così si alzò; aveva bisogno di un thè caldo. Calpestò l’erbetta verde, diretta in casa, ma qualcosa attirò la sua attenzione.
Una figura, distante, in fondo al viale, la osservava inerme. Aveva le mani lungo i fianchi, uno zaino in spalla, un berretto in mano.
Il cuor le balzò in gola e sbatté più volte le palpebre credendo di sognare, ancora un volta, come mille altre.
La figura fece cadere lo zaino sul terreno fangoso, mentre Beth interdetta lo osservava correre verso lei.
Lacrime nuove presero a scorrerle sul viso, bagnandole completamente le guance, sfiorandole le labbra piene.
Le si presentò davanti, tanto simile ad un sogno evanescente, che poteva sfuggirle dalle mani, trasportato dal leggero vento che spirava fra i loro corpi, tra i loro arti all’improvviso intrecciati, legati fra loro, fusi.
L’uno si perse negli occhi dell’altra, incapace di muovere un solo muscolo e di proferire parola. Quel silenzio, fatto di mute lacrime, valeva più di mille parole, di mille dolci discorsi. Ogni fibra del loro essere era proiettata verso l’altro, ogni terminazione nervosa parve pendere fuoco quando lui chinò il capo, posando le sue labbra sottili di quelle di Beth. Un contatto tanto anelato, desiderato con tutto il cuore, un momento che sembrava essere appartenuto ad un’altra vita, una vita dolce e felice.
Lei portò le mani sul viso di lui, che invece la strinse per i fianchi sollevandola dal terreno.
Piano James allontanò il viso da quello di Beth e le carezzò le gote con il dorso della mano. Solo allora, vedendo le lacrime della ragazza arrossarle gli occhi e rigarle il viso, si rese conto di piangere a sua volta. Ma era un pianto diverso, differente da quello che lo aveva accompagnato in guerra. Erano lacrime di gioia, per quell’amore ritrovato e mai realmente perso.
«Beth…» mormorò con voce gonfia d’emozione.
«Sei tornato.» singhiozzò lei baciandogli le labbra, il naso, le guance, la fronte, il mento, impedendogli quasi di respirare.
«Te lo avevo promesso.» soffiò lui senza fiato.
«Non ci speravo più.» mormorò prendendogli il viso fra le mani.
«Non avrei mai potuto lasciarti sola al mondo, Beth. Ti amo e sono tuo. Io senza te… sono solo un soldato.»
Lei si morse il labbro inferiore e sorrise, con perle d’acqua intrappolate fra le langhe ciglia scure.
«Quanto t’amo non lo sai…»
Lui sorrise e si chinò ancora per baciare quelle labbra disegnate da Dio.



 


   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: NeverThink