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Autore: fiammah_grace    25/09/2010    0 recensioni
Ambientata durante i primi mesi dell'adozione di Rukia nella famiglia Kuchiki. Un mondo sfarzoso, immenso, troppo grande per una persona proveniente dal rukongai che aveva sempre lottato per ottenere tutto. Cosa sarebbe rimasto della sua vecchia vita? A cosa stava andando incontro?
Uno specchio frantumato, schegge di ricordi e sogni che non potevano più intersecarsi con questa nuova realtà che le era stata imposta. Ed in tutto questo, l'unica persona che non riusciva a comprendere era proprio lui, Byakuya Kuchiki. Nobile, autoritario e distaccato, sembrava non importarsi nulla di lei. Eppure aveva saputo che era stato proprio lui a volere questa adozione...a sconvolgere la sua vita.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Byakuya Kuchiki, Kuchiki Rukia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco il terzo capitolo della mia fanfiction ByaRuki. In verità all'inizio non sapevo se renderla una ByakuyaxRukia a tutti gli effetti. Alla fine, anche incoraggiata dai vostri commenti che non hanno guardato male a loro come coppia, ho deciso di lasciarmi andare.
A me come pairing piacciono, spero quindi che riuscirò a rendere un quadro credibile su di loro con questo lavoro, dato che è un pairing molto frainteso secondo me.
Questa fanfic comunque è anche per i non fan di questo pairing. Amo la storia di Byakuya e Rukia ed è principalmente quella la cosa che voglio presentare con questa storia.
Ringrazio coloro che hanno rencensito il capitolo precendente, Garconne e Crim_Noemi01, i cui commenti mi hanno incoraggiato tantissimo a continuare.
Sto infatti cercando di non perdere il ritmo ed impegnarmi nella stesura della storia. E' un lavoro faticoso che mi ruba molto tempo. Quindi sapere che qualcuno mi segue mi rende davvero felice. Grazie davvero!^^
Rispondendo a Noemi, sono felice che trovi la mia byaruki una fic che rispetti l'IC dei personaggi. E' difficile e due personaggi come loro vanno trattati con riguardo e attenzione, come notavi anche tu. Però sinceramente per me questo è il bello delle fanfiction. Analizzare i caratteri e il modo di fare dei personaggi di cui si vuole parlare e valutare se ciò che poi hai scritto è credibile o verosimile. Se no per me non ci sarebbe sfizio. Per me è importante "entrare nel personaggio", quindi il fatto che ci sia riuscita mi ha davvero resa contenta! Grazie!
Rispondendo invece a Garconne, sono lusingata dal tuo commento. Scrivere un libro sarebbe un sogno per me, e leggere le tue parole mi ha fatto emozionare, davvero. Ti ringrazio. Scrivere è un impegno e leggere che ti piaccia il mio stile, che sto cercando di rendere quanto più accurato possibile, mi gratifica pienamente!
Parlando invece del difficile rapporto di Byakuya e Rukia...prescindere da Hisana è pressoché impossibile. Cioè, Rukia ed Hisana sono quasi identiche esteticamente. Sarebbe inverosimile se la loro somiglianza non disorientasse almeno un po' Byakuya. Però questo sarebbe solo un momento iniziale secondo me. Cioè, per me Byakuya non rivede, in Rukia, Hisana. Sarebbe uno sbandamento iniziale, ma le ragazze limitano la loro somiglianza solo al livello estetico. Perchè poi sono quasi completamente diverse, almeno per come la vedo io. Trovo il rapporto di Byakuya e Rukia così intrigante!! E concordo con te col dire quanto Byakuya sia bello! Se immaginato più giovane poi...*_*
Io sono completamente affascinata da questo personaggio! *-*
Caso aggiungo? Un saluto anche a tutti coloro che leggono e che leggeranno la mia storia!

Fiammah_Grace





CAPITOLO 3. The truth that I didn’t want to know.




“Credo che questo colore le stia davvero bene.”

Una delle sarte della famiglia Kuchiki prese a camminare intorno alla giovane ragazza dai capelli neri continuando ad imbastirle il vestito addosso, in modo che le misure fossero perfette.
Di li a pochi giorni sarebbe tornato Ginrei Kuchiki ed avrebbero organizzato una discreta cena di famiglia proprio per l’occasione.
In verità “discreta” non era la parola più adatta. Da come i preparativi fossero partiti una settimana prima del suo ritorno, Rukia già comprendeva che non sarebbe stata una serata normale. Anche quello che i Kuchiki definivano un evento semplice aveva sembianze fastose. Non che la cosa la sorprendesse più di tanto, ma l’idea di partecipare ad un evento simile le faceva battere il cuore. Se già quotidianamente tutti si aspettavano così tanto da lei, chissà davanti buona parte della famiglia cosa sarebbe successo. Spesso non si sentiva all’altezza, e non era solo un’impressione.
Quel mondo non poteva già far parte di lei. Davanti ai suoi occhi scorrevano ancora le vie del rukongai. Si aspettava ancora di aprire gli occhi un giorno ed accorgersi  che in realtà quello che le stava accadendo fosse tutto un sogno. Era tutto così inverosimile, era stato tutto così affrettato.
Tutto era cambiato della sua vita.
Lentamente stese il braccio in orizzontale, in modo che la donna lavorasse meglio, e questa prese a cucire diversamente sulle maniche, adagiando la stoffa sul suo esile corpo, ingombrato dal lungo tessuto.

“Io farei scendere un po’ di più le maniche. Cosa ne dice? Lunghe le trovo molto eleganti.”

Come invece succedeva raramente, accanto a lei aveva finalmente una persona un po’ più loquace.
Era una giovane donna semplice e che sorrideva almeno. Purtroppo era lei che invece aveva la testa altrove.
Si girò appena per rivolgere uno sguardo alla grande specchiera, per dare almeno un po’ di soddisfazione alla donna che si stava applicando davvero molto per il kimono che avrebbe indossato quella cena. Era di un bel rosso, molto avvitato, il che rendeva la sua figura minuta insolitamente longilinea. Le decorazioni sfumavano su diverse tinte, e il piccolo strascico faceva in modo che si aprisse leggermente all’altezza delle ginocchia. Naturalmente in maniera molto contenuta. Era giusto che fosse così, incontrava i suoi parenti per la prima volta ed era meglio non dare nell’occhio, soprattutto se per una cosa come l’abbigliamento. Aveva già sperimentato sulla sua pelle come fosse facile dare nell’occhio nel mondo della nobiltà. Ancora non poteva dimenticare l’atteggiamento irriguardoso del suo insegnante, che l’aveva messa nelle condizioni di reagire, nonostante si stesse impegnando davvero molto a moderare il suo comportamento impetuoso e determinato. La donna intanto le scese il kimono sulle spalle e le si rivolse cordialmente.

“Secondo me dovrebbe indossarlo così.”

“La ringrazio. Mi piace molto come sta venendo, e questo colore è stupendo.” Disse cominciando a trovarsi in verità davvero bene con quel kimono.Non si era mai vista così.

“Mi permetta di dire che le dona. Sarà pronto in un paio di giorni. Ora le faccio vedere come legare i capelli.”

Le si mise alle spalle e Rukia osservò i suoi movimenti nello specchio. Le raccolse i capelli dietro la nuca in uno chignon non troppo stretto, lasciando che cadessero le ciocche più lunghe, che adaggiò sul dito e fece per arricciarle leggermente. Con un fermaglio poi fermò provvisoriamente l’acconciatura.

“Ecco. Giusto per dare l’idea. Va solo messa un po’ a punto.”

Rukia si guardò intensamente. Si trovava così diversa.
Non era mai stata così elegante, così ben curata. E bisognava contare che il vestito era ancora imbastito.
Si trovava…bella.
Rukia era una bella ragazza. La sua pelle era chiarissima e gli occhi di un blu profondo decisamente insolito da vedere su di una ragazza dai capelli così neri. Tuttavia per via del suo fisico immaturo e della sua altezza al di sotto della media, spesso si ritrovava a sottovalutarsi, dimenticando che i tratti facciali fosse importanti in una persona. Però vedersi con quel bel kimono, e quell’acconciatura,  non si sentì di sbagliare pensando che stesse bene. E che, almeno in quel momento, fosse bella. Anche se continuava a non riconoscersi in tutti i suoi aspetti in quel riflesso. Si guardava intensamente, perdendosi nella sua figura, ma non ritrovava ancora se stessa.
Mentre distrattamente continuava a fissarsi nello specchio, vide accanto a se nel riflesso la prestante figura di Byakuya, con il kenseikan fra i capelli, in un bel kimono candido.
Si girò di scatto verso di lui.

“Nobile Bya…!” si interruppe. “Nobile Fratello.” Abbassò il viso. Provava una strana morsa al cuore quando lo chiamava così.

Sentiva che da quell’episodio qualcosa era cambiato.

In verità, erano un paio di giorni che i due non si parlavano neanche, per dirla tutta.

Il mattino dopo la sua piccola avventura nel bosco, Rukia si era recata presto in camera di Byakuya. Si era sentita in dovere di chiarire con lui in qualche modo. Così, con la scusa di portargli la colazione, avrebbero potuto ristabilire un po’ di confidenza.
Aveva bussato al suo fusuma, dopodichè, senza aspettare la sua risposta, aveva fatto scorre la porta.

Fratello, buongiorno.”

Quella era la prima volta che lo aveva chiamato così. Si era imposta di farlo, per fargli capire che aveva ascoltato le sue parole la sera prima.
Byakuya era seduto sul suo futon ancora fra le coperte. Lo yukata era leggermente scomposto all’altezza del petto, tant’è che la ragazza provò in ogni modo a distogliere il suo sguardo da lui. Non era il caso che dopo averlo chiamato “fratello” si mettesse in imbarazzo così davanti a lui. Perciò, coraggiosamente, gli si era avvicinata porgendogli un vassoio con su sopra una tazza di the tiepido, assieme a qualche biscotto.

“Ti ho portato la colazione. E’ un the alla pesca. Spero ti piaccia.” Disse cercando di metterlo a suo agio.

Il ragazzo però non aveva proferito alcuna parola. Era rimasto a guardarla silenziosamente, senza darle alcuna attenzione.
Rukia dedusse che probabilmente non avesse capito le sue intenzioni, così fece un profondo respiro. Doveva parlargli.

“Mi dispiace per quanto è successo ieri. Probabilmente ti ho fatto preoccupare. Ti assicuro che non ero fuggita di casa. Avevo solo pensato di fare due passi da sola. Sono davvero dispiaciuta che invece le cose siano andate a quel modo.” Aveva parlato lentamente, sperando che il nobile Byakuya comprendesse ed accettasse le sue scuse. Non voleva che lui ce l’avesse con lei. Tuttavia Byakuya continuava a mantenere il suo silenzio. Lo vide alzare la tazza vicino alle sue labbra e sorseggiare appena.
Lo osservò attentamente, non perdendosi nessun suo movimento. Sperava di vedere nei suoi gesti almeno una qualche risposta, ma ciò non avvenne. Non aveva però nessuna intenzione di andar via senza aver capito cosa lui pensasse, così provò di nuovo a rimettere l’argomento.

“Quell’uomo che mi ha riportata qui è stato molto gentile con me. Ha detto che lavorava per voi, si prendeva cura del giardino.”

Byakuya annuì appena, ma sembrava comunque del tutto disinteressato a parlare con lei.
Rukia sospirò di nuovo. Quel ragazzo aveva un carattere difficile. Non riusciva a capire se fosse arrabbiato, se invece fosse stanco o semplicemente irritato dalla sua presenza in quel momento. Perché era questo che avvertiva e che l’angosciava. Il fatto di sentirsi rifiutata da lui. Non sapeva perché, ma era una sensazione forte, asfissiante, che cercava di contenere, ma che non riusciva più ad ignorare. Soprattutto dalla scorsa notte. Era stato tutto così evidente da non poter fraintendere. Sperava però che potesse almeno far qualcosa per migliorare la situazione, ma le parole non le venivano. Per di più non lo conosceva abbastanza per capirlo da uno sguardo. Il nobile Byakuya sembrava non avere alcuna intenzione di farsi conoscere, nonostante volesse essere chiamato ‘fratello’ da lei.
Per questo sarebbe toccato a lei scoprire il suo cuore.
E qualcosa le diceva che era ‘lei’ la causa di tutto.

“Nobile Byakuya, cioè, nobile fratello.” Si corresse velocemente e fu allora che Byakuya le rivolse finalmente il suo sguardo. “Posso… posso farti una domanda?”

Il giovane dai capelli neri annuì di nuovo, ma forse sarebbe stato più saggio da parte di Rukia se avesse deciso di deviare l’argomento al momento. Si era perfettamente accorta che ci fosse un che di proibito attorno a quella persona, ma la sua curiosità l’aveva portata ad essere imprudente, e a non cogliere dai gesti del fratellastro il disagio di parlare di quell’argomento.

“Chi è Hisana?”

Chiese tutto di getto, trafiggendo il nobile Byakuya che spalancò gli occhi e sembrò come essere stato colpito da un nemico invisibile. Non lo aveva mai visto cambiare in qualche modo la sua espressione, e quel primo impatto fu molto significativo per lei.  Lui rimase a fissare il vuoto per qualche attimo, poi le rivolse i suoi occhi freddi facendole gelare il sangue. Tutavia si mantenne distaccato e, al contrario della sua reazione iniziale, con calma spostò il vassoio dalle gambe e lentamente di mise in piedi, sotto gli occhi attoniti di Rukia che ancora non aveva ricevuto alcuna risposta. Lo vide sistemare lo yukata e fare per lasciare la stanza. A quel punto la ragazza subito balzò in piedi, decisa a voler parlare con lui. Era inutile serbare rancore. Se aveva sbagliato qualcosa voleva che lui glielo dicesse apertamente. Non sopportava più il suo silenzio.

“Byakuya! Non so cosa sia successo, però questa donna c’entra con me, non è vero?!” disse alzando il tono della voce.

Improvvisamente le vennero le lacrime agli occhi. Si morse le labbra. Non voleva scoppiare a piangere così. Forse inconsciamente aveva toccato un tasto dolente. Anche se non sapeva chi fosse questa persona, sentiva che stava finalmente giungendo a qualcosa che avrebbe cambiato le cose. Ed in verità non sbagliava.
Byakuya unì i piedi e non avanzò più. Rimase con la mano poggiata al fusuma come se incerto se girarsi verso di lei o proseguire.

“Perchè non possiamo parlarne?” disse lei tremando con la voce. Odiava quando le succedeva. Odiava che la sentisse parlare in quel modo ridicolo. Ma trattenersi le divenne sempre più difficile.

Il ragazzo girò appena gli occhi verso di lei e, dopo un silenzio che sembrò durare un’eternità, le disse frigido.

“Non parlarmi mai più in questa maniera.”

Così se n’era andato.

Così ancora una volta aveva deviato l’argomento.

Così, quel muro di cui lui si circondava, era diventato ancora più spesso. Ed il loro…forse ancora più invalicabile.

Il nobile Byakuya la detestava, e non le avrebbe consentito di chiarire.

La sua occasione di rimanere sola con lui ed approfittarne per conoscersi un po’, senza l’assidua presenza di suo nonno, l’aveva del tutto sprecata.

Ed il peggio era che non sapeva neanche come.

Riaprì gli occhi. Lo vide ancora riflesso nello specchio assieme a lei.
Lei, elegante con quell’abito prezioso col quale si sentiva bella. Eppure vicino a lui sembrava che niente potesse avere un significato.
Più che salutarlo, non le venne di fare altro. Così abbassò il viso e aspettò che fosse lui ad abbandonare la stanza.
Inaspettatamente però fu la sarta ad intervenire e a irrompere quel lungo silenzio.

“Buongiorno signor Kuchiki. Cosa ne dite? Non è graziosa la signorina?”

Rukia alzò lo sguardo di colpo, ed assieme a lei, Byakuya fece lo stesso. Sembrava essere stato stranamente attirato dalle parole della giovane sarta. Infatti lo vide scrutarla attentamente, quasi come se la stesse osservando soltanto adesso.
La ragazza dai capelli neri deglutì e si sentì lentamente il viso in fiamme. Vedere il ragazzo osservarla a quel modo la fece per un attimo andare in estasi. La sola idea che potesse trovarla carina le fece battere il cuore così forte che per poco non sentì di perdere l’equilibrio e cadere dallo sgabello sul quale era in piedi.  Lo vide muovere le labbra e schiuderle appena. Ogni suo gesto, ogni suo piccolo movimento, era un qualcosa di così attraente per la giovane Rukia che si pietrificava totalmente ogni volta.

“Sì, è molto bella.”

Detto questo, soavemente abbandonò la stanza. Rukia rimase a guardarlo ancora attraverso lo specchio, incapace di dire, fare o pensare qualsiasi cosa. Era un’emozione strana, a lei del tutto sconosciuta. Nella sua vita non si era mai sentita così.

“Si ritenga fortunata. Il signore non si sbilancia mai. Credo che lei gli sia veramente piaciuta.”

A quella constatazione, la ragazza andò definitivamente in escandescenza e goffamente prese a dimenarsi sperando invece di gesticolare disinvoltamente.

“Ah…sì? Bene…e infatti è un bel kimono. Davvero bello! Wow! Sei una sarta davvero dotata! Non c‘è che dire!”

La donna si mise a ridere.

“Ha detto che siete bella. Non che il vestito è bello.”

“Ah…”

Fu allora che Rukia non seppe che dire. Fortuna fu che la signora si rimise a lavoro e la loro conversazione si interruppe lì.
Non sapeva perché le importava.  
Non sapeva perché bastasse che la guardasse per sentirsi così. Emozioni forti le trapassavano tutto il corpo, e sentiva che ogni suo sguardo, ogni sua parola, erano segni importanti per lei. Come facesse lui a far sentirla così? Come era possibile ciò? In fin dei conti lo conosceva da così poco. Non sapeva nulla della famiglia Kuchiki, e ancor meno di lui, Byakuya. Inoltre era un ragazzo del tutto disinteressato a stabilire rapporti umani. Era molto serio, distaccato. Byakuya Kuchiki era cresciuto in un mondo che era completamente diverso dal suo.  Rukia avrebbe potuto abituarcisi, ma non sarebbe mai divenuta come loro.  Cosa quindi avrebbe mai potuto comprendere di una persona così?
La sua vicinanza le faceva provare piacere, e per qualche motivo la lacerava pensare che non avrebbe mai compreso il suo mondo.  In verità, infatti, tutto questo le portava più inquietudine che piacere a pensarci bene. Perché desiderava conoscerlo, e poi…quando poi erano l’uno di fronte all’altra, sentiva l’angoscia sfiancarla, dilaniarla, frammentare la sua anima. Byakuya era capace di far sussistere tutto ciò. Ed alla fine tremava. Tutto si faceva vorticoso, e sembrava non avere alcuno sbocco, alcuna via d’uscita.
Poi improvvisamente la guardava e le diceva cose che la sorprendevano e spesso la sviavano completamente. Eppure tutto ciò non faceva che far crescere il suo desiderio di conoscerlo. Nonostante adesso lui la evitasse.
Nonostante sembrasse che ogni piccola cosa sembrasse poter demolire tutto.
Ogni piccola cosa sembrava un passo in avanti, eppure c’era dietro un mondo e delle verità alle quali non poteva arrivare. Non così. Non se Byakuya continuava a chiudersi e a fuggire da tutto quello che poteva portare a scoprire il suo velo, a togliere quei tendoni di un passato che non poteva essere cambiato.
Intanto, poche stanze più avanti, il giovane e presto ereditario del casato Kuchiki, avanzava per i corridoi. La luce colpiva la sua figura longilinea ogni volta che passava davanti gli shouji di casa, lasciati aperti per far arieggiare, per poi tornare nell’ombra una volta superati. Il suo sguardo era dritto dinanzi a se. Non era perso in alcun particolare di quella enorme casa. I suoi occhi impescrutabili che raramente ricambiavano le persone e ciò che lo circondava.
Da un po’ di tempo tutto era diventato così arduo. La sua capacità di mantenere il sangue freddo di fronte ciò che gli aveva da sempre serbato la vita sembrava essere giunta al limite. Ma doveva continuare a combattere perché per nulla al mondo avrebbe infranto la sua promessa. Si fermò di colpo e puntò il viso dietro di se, verso la direzione dove, più avanti, era situata colei che era diventata da poco sua sorella. Era stato difficile tirare avanti da solo. In qualche modo, se c’era qualcuno in casa con lui, aveva modo di distrarsi e pensare ad altro. Adesso che invece erano stati da soli in questa lunghissima settimana, quasi tirava un sospiro di sollievo che presto il suo nobile nonno sarebbe rientrato. Nulla sarebbe cambiato in verità, tuttavia anche lui certe volte aveva bisogno di degli appigli ai quali afferrarsi. Eppure, nonostante questo, provava un forte senso di amarezza. Perché Rukia non c’entrava affatto. Si rendeva perfettamente conto che fosse una ragazza come le altre, non provava nulla di strano nei suoi riguardi. Anzi, poteva dire anche che fosse tutt’altro che spiacevole la sua presenza li. Nonostante il suo aspetto esile e minuto, era una ragazza con carattere, chiaramente al momento intimorita da loro. Quel poco tempo che passavano assieme non era abbastanza da potergli permettere di capire come fosse, però non erano affatto negativi i suoi sentimenti nei suoi riguardi, nonostante preferisse mostrarsi distaccato con lei. Il suo viso era vispo, vivace, diverso dalle donne che aveva conosciuto, poiché il più delle volte cresciute nella nobiltà, ed abituate a mostrarsi in un certo modo. Rukia aveva invece una spontaneità che aveva visto raramente e questo lo incuriosiva non poco dato che lui non aveva mai avuto la possibilità di essere così. Il suo carattere era stato plasmato sulla base di rigide e rigorose regole, che aveva abbracciato e fatto divenire parte di se. Così tanto che quello che un tempo sentiva ingabbiarlo, adesso era una solida base senza la quale per lui sarebbe stato impossibile andare avanti. Erano la sua trappola pirandelliana. Al di fuori delle sue barriere, dei cavilli che regolavano la famiglia Kuchiki da generazione, gli sarebbe mancato persino il respiro. Aveva imparato a nuotare nel suo mare e allo stesso tempo vivere nel mondo al di fuori di esso. La mente di Byakuya Kuchiki era una vera e propria trappola cinese, dove in verità bastava un piccolo pezzo fuori posto per cominciare a far vacillare tutto. Per questo doveva stare attento. Erano già tanti i frammenti che erano andati oltre la sua struttura. Non doveva permettere che riaccadesse. Lo aveva giurato…e lo aveva fatto soprattutto a se stesso.
Sarebbe stato un degno erede del suo casato. Era questa la sua maggiore ambizione. Lo scopo della sua esistenza.
Rukia non avrebbe rappresentato un ennesimo fallimento. Prima che cominciasse qualcosa, preferiva chiudere subito le porte ed andare avanti per la sua strada.
Non avrebbe potuto sostenere il peso di ulteriori umiliazioni.
Tutti si sarebbero accorti della sua incredibile somiglianza alla sua nobile e dolce Hisana, e sapeva che avrebbero pensato a lui. Invece lui si sarebbe mostrato composto e noncurante, perché della loro somiglianza non gli importava nulla. Non avrebbe permesso quindi che invece importasse a qualcun altro. Non voleva dare modo a nessuno di pensarci.
Era consapevole che doveva rimanere sulle sue per non sbottare.
Era consapevole che si sarebbe dovuto mantenere distaccato per non far giungere pettegolezzi.
Voleva recuperare la regolarità della sua vita. Una regolarità che invece stranamente non aveva mai fatto parte di lui, nonostante in apparenza Byakuya Kuchiki era l’uomo rigoroso e rispettoso delle regole per eccellenza. In verità, i fatti erano ben diversi. E lui ne era consapevole. Questo bastava.
Eppure…
Riportò il suo sguardo dinanzi a se. Si spostò di fronte al fusuma che fece scorrere delicatamente. Si inginocchiò di fronte a un tavolino basso e prese a smistare delle carte che aveva precedentemente esaminato.
Eppure…qualcosa di lei lo attraeva. E il motivo non era Hisana.
Ma nessuno lo avrebbe mai capito. Sarebbe stato un ennesimo fallimento, un’ennesima inflazione alle sue regole.
Era impuro. Una cosa del genere era indegna.
Era più appropriato annegare tutto nell’oblio. Pensieri del genere dovevano abbandonarlo, prima che per davvero qualcosa cominciasse.

[…]

La villa era perfettamente pulita ed in ordine. Già normalmente era curatissima, per questo vederla invece pronta per ricevere degli ospiti era uno spettacolo unico. Le luci illuminavano tutta la casa, e il giardino risplendeva ancora di più sotto le luminarie in stile antico che lo contornavano. Era stata liberata la stanza più grande della casa, che affacciava sul lato più bello del giardino, quello che affacciava sul viale degli alberi di ciliegio, che davano un che di romantico con lo sfondo della sera che pian piano scendeva. In questo modo lo spazio sembrava come essersi triplicato, e se già quella stanza sembrava enorme, adesso era come una sala.
Ginrei Kuchiki era rientrato in casa proprio qualche minuto prima. Byakuya era stato il solo a salutarlo, nonostante anche Rukia si fosse precipitata per accoglierlo. Era suo dovere, dopotutto. Ma le era stato negato, per permettergli di sistemarsi con calma per la festa. Così, nonostante fosse corsa li per salutarlo, era rimasta invece sola accanto a Byakuya.
La giovane con i capelli neri, ancora vestita per casa, con un delicato yukata color lilla, era rimasta incantata nel vedere il nobile Byakuya che invece era già pronto. I suoi capelli erano lisci come il solito, e si posavano appena sulle sue spalle. Il suo viso aveva qualcosa di ancora più regale e nobile. Fece scendere il suo sguardo che si posò sul bellissimo kimono nero di un tessuto che lo fasciava in tutto il corpo, stretto in un obi rosso sangue che su di lui figurava splendidamente, ed impreziosito dal lungo haori legato sul collo da un delicato gioiello di famiglia. Il nero era un colore che gli donava particolarmente, già quando lo vedeva vestito da shinigami lo pensava, ma adesso era completamente diverso. Se prima pensava fosse un ragazzo elegante per natura, averlo visto preparato invece era tutt’altra cosa. Il nobile Byakuya curava molto il suo aspetto, ed in occasione di un piccolo ricevimento era più che chiaro che avesse raffinato ancora di più il suo aspetto, cosa che Rukia in verità non credeva possibile. Non credeva che lui potesse rendersi ancora più bello e distinto. Almeno per quanto riguardava il suo aspetto, aveva forse una visione decisamente troppo idilliaca di lui, ma ciò non negava che fosse per davvero la nobiltà incarnata. Per questo si era sentita leggermente ridicola quando, dopo averlo visto così, abbassando gli occhi aveva notato invece che lei era scalza, con un semplice yukata addosso, i capelli pettinati appena e il viso pulito, per niente truccato.
Era stato imbarazzante e si era sentita di colpo così  inappropriata. Tanto che addirittura aveva pensato che lui avesse potuto guardarla con disapprovazione. In verità Rukia non sapeva che questo era un suo aspetto da cui Byakuya era attratto, essendo invece abituato alla nobiltà. La semplicità, per contrasto quindi, era qualcosa che lui non conosceva. Ma dal canto suo, Rukia voleva dare il massimo per non deludere le aspettative di nessuno, almeno quella sera. Doveva darsi da fare e cercare di costruire quella personalità che stava esercitando da alcune settimane. Doveva mostrarsi non una Rukia educata e ben vestita. No. Dove essere un Kuchiki.  Così era corsa in camera sua e aveva lasciato che l’acconciassero e la rendessero come doveva essere una degna donna di quella famiglia.
Il kimono era pronto. Ora che lo aveva addosso, con tutti gli ornamenti che si usano portarvi, emanava un’eleganza che persino lei fu sorpresa di vedere a se stessa. Ancora di più di quando era imbastito, e già rendeva molto all'ora. La manica scendeva fino all’imboccatura delle ginocchia, con un drappeggio elegante e molto delicato. Le decorazioni fatte a mano erano magnifiche.  Non aveva mai visto infatti un lavoro del genere, così accurato, o almeno mai da così vicino. Si estendeva sulle maniche, sul petto e sulla schiena. Erano vistose, con tinte molto splendenti, eppure non osavano troppo. Rukia era abbastanza interessata al disegno ornamentale, per questo fu letteralmente rapita dal livello di particolari a cui arrivavano quei disegni, che contrastavano con la bellissima tinta di rosso del kimono. Una volta strettole l’obi, le tirarono i capelli esattamente come la sarta le aveva consigliato di fare. Questa volta sistemandoli e fissandoli con prodotti specifici, ornandola con dei fermacapelli particolari che avevano l’aria di essere molto costosi. Provava una strana morsa al cuore quando le venivano dati quei gioielli. Erano un qualcosa di eccessivo per lei. Non si sentiva degna, non era abituata ad ostentare tanto, ed era normale dopotutto.
Una volta passata al trucco, oramai non era più se stessa. La ragazza che vedeva riflessa era una giovane donna dai capelli neri, gli occhi blu, elegante, che tutto sembrava se non una ragazzina raccolta dal rukongai. Si chiese dietro quei fronzoli se ci fosse lei per davvero.
Tuttavia non aveva tempo per pensarci. Era calata la sera, la sua recita stava per cominciare. Dove andare tutto bene, era essenziale per avere la definitiva approvazione della famiglia Kuchiki. Così si alzò lentamente, stando attenta a non rovinare già subito l’acconciatura, sotto gli occhi attoniti della servitù. Per la prima volta si accorse che questi la guardavano con disapprovazione.
Si perse nei loro sguardi per qualche attimo, decisamente disorientata. Non si era mai accorta che effettivamente quella era gente come lei. Solo che lei tutto ad un tratto aveva ottenuto quanto più non poteva auspicare nella sua vita. Chiaro che la odiassero. Tuttavia non indugiò e lasciò la sua stanza per raggiungere la sala che era stata preparata per gli ospiti che avrebbe conosciuto tra poco come i suoi parenti.
Si affacciò appena e rimase sorpresa di trovare già tutti lì. Deglutì. Quanto tempo ci aveva impiegato a prepararsi? Si guardò attorno, ma non vide nessuno di familiare. La prima cosa da farsi era trovare il nonno. Era lui a cui era dedicato questo rinfresco, quindi era giusto che al momento dedicasse le sue attenzioni a lui. Inoltre era anche curiosa di vedere la sua reazione nel vederla così. L’aveva sempre guardata con sospetto, sdegnando le sue origini, anche se non l’aveva mai detto apertamente, ma si vedeva. Era chiaro che non avesse grosse aspettative su di lei, che la ritenesse lontana dalla sua famiglia. Ora invece era preparata come una principessa. Era sicura che l’avrebbe guardata con occhi diversi. Così avanzò nella stanza, cacciando fuori la sua determinazione e sfrontatezza. Non si lasciò intimidire, ma camminò normalmente fra quelle persone, finché poi non lo vide.
E accanto a Ginrei…c’era  lui.
Lo guardò allargando gli occhi, ma da sola si ricompose e si rivolse al nobile Ginrei.

“Buonasera e bentornato dal suo viaggio, Nobile Kuchiki. Sono davvero felice di rivederla.” Disse con fare molto sicuro e naturale, contenendo il tono, accompagnando il tutto con un piccolo inchino, lasciando che i capelli le finissero leggermente sul viso.

Ginrei la osservò attentamente, quasi come preso alla sprovvista. La scrutò per qualche istante prima di rivolgerlesi.

“Rukia.” Disse con quel suo solito tono inespressivo, ma che lei sapeva fosse pieno di sorpresa.

Rukia rimase li ad osservarlo, non aggiungendo altro. Preferì lasciare che fossero altri a prendere parola. Intanto non si era accorta che chi era rimasto più folgorato dalla sua improvvisa entrata in scena era  proprio Byakuya. Il suo sguardo inespressivo era sempre lo stesso, ma chi lo conosceva poteva vedere il leggero sgomento che trapelava dai suoi occhi. Rimase a fissarla a lungo, senza che lei se ne accorgesse poiché troppo impegnata a rimanere composta agli occhi dei presenti che ben presto l’avrebbero giudicata.
Byakuya non riuscì a staccare il suo sguardo da lei, che ai suoi occhi si presentava così… diversa. Gli capitava raramente di non avere un perfetto controllo sulle sue emozioni. Generalmente anche nei momenti di stupore riprendeva immediatamente il controllo di sé, ma questa volta, se non avesse avuto di suo un viso dall’espressione seria ed irraggiungibile, avrebbe avuto la tipica faccia di chi ha visto qualcosa di sovrannaturale. E per lui, provare una sensazione simile anche se per giusto un minuto, era un’eccezione inconsueta ed assolutamente anomala. Per una volta le stava finalmente mostrando palesemente le sue attenzioni, alle quali sfuggiva visibilmente, e persino Ginrei Kuchiki ad un certo punto se ne accorse, guardando appena suo nipote con la coda dell’occhio.  A rimanere ignara di ciò, fu paradossalmente l’unica persona che avrebbe tanto desiderato ricevere le attenzioni del Nobile Byakuya per una volta: Rukia. Che intanto prese a salutare le persone che le si rivolgevano, curiose di sapere chi fosse.
Presero a guardarla con serio sospetto, quasi allarmati, e anche se non lo diedero a vedere, Rukia era sicura che tutti la stessero scrutando per lo stesso motivo. I loro occhi erano strani, e alcuni presero anche a bisbigliare fra di loro. Fu quando sentì appena le parole “…somiglia incredibilmente…” che sbandò, e tempestivamente Byakuya prese parola.

“Lei è Rukia. Kuchiki Rukia. La ragazza che, come avrete saputo, fa parte della mia famiglia adesso.” Disse con una punta di arroganza, rivolgendosi giusto ai pochi coi quali stava precedentemente parlando, prima che Rukia li interrompesse quando era arrivata.

Rukia non lo aveva mai visto così. Sembrava proprio aver voluto dare di proposito una sferzata ai presenti, per irrompere nei loro pensieri e toglier ogni dubbio ai loro pettegolezzi. In fin dei conti, se lei si sentiva a disagio, il problema doveva essere condiviso anche da lui che quelle persone le conosceva e sapeva perfettamente cosa avessero potuto pensare di una ragazzina povera adottata senza un perché in una delle famiglie più altolocate della Soul Society. Capì dunque perché Byakuya l’avesse fatto. Per mettere le carte in tavola e presentare quella che era la realtà che questi avrebbero dovuto accettare. Il solo pensiero, però, la faceva star male. Si sentiva comunque come in un covo di arpie, pronte a cogliere un suo passo falso per divorarla. I loro visi, alcuni inespressivi, altri fin troppo costruiti, la inquietavano. Ed il bello era che tutti lo facessero con una disinvoltura a dir poco spaventosa. Significava questo diventare nobili?

“Molto piacere, felici di averla qui, allora.” Rispose improvvisamente uno fra loro, ma c’era qualcosa di strano nelle sue parole.

Qualcosa che la lasciò inquieta, come se già non lo fosse. Perché d’improvviso nulla sembrava più al suo posto? Sapeva che l’atmosfera sarebbe stata questa, si era già preparata psicologicamente, e per dirla tutta, le cosa stavano andando meglio di come si aspettasse. Si sentì però di colpo tutti gli occhi addosso, il suo cuore prese a palpitare forte. Fu un’atmosfera strana, che andava crescendo e non riuscì a comprendere. Ma le parlava, e le diceva che qualcosa non quadrava. Tuttavia doveva rimanere composta, seria. Non avrebbe permesso che Byakuya o Ginrei si vergognassero di lei.
Eppure una parte di lei era pronta a scommettere sul reale motivo di tutto questo.
Un nome echeggiava nella sua mente, e il sospetto che si trattasse proprio di questo era forte. Il solo pensiero però la struggeva, nonostante non sapesse neanche chi fosse questa persona che sembrava rassomigliarle tanto. Per questo cercò di rasserenarsi, non avrebbe mandato tutto a monte in questo modo. Così cortesemente rispose al nobile che aveva ricambiato il suo saluto.

“Il piacere è mio.”

Detto questo dovette allontanarsi per qualche attimo. Lentamente, avanzando poco alla volta per non rendere palese il fatto che avesse bisogno di una boccata d’aria, raggiunse lo shoji, che era aperto, e solcò appena la sua soglia. Tirò un sospiro di sollievo e rimase per qualche istante ferma a guardare la luna. La notte era scesa davvero velocemente, in qualche modo questo la tranquillizzò. Voleva dire che la serata non doveva essere poi ancora così lunga. Rivolse il suo sguardo di nuovo dentro la sala. C’era molta gente, erano per davvero tutti dei parenti? Si ritrovò a guardare le altre donne come erano vestite. Se prima si era trovata eccessiva, ora notava come quelle persone erano come lei, se non ancora più eleganti. Per loro tutto questo doveva essere normale, esattamente come per il nobile Byakuya. Dopotutto, era lei la pecora nera di quella famiglia, ora. Non c’era quindi nulla di cui sorprendersi, in fin dei conti.
Avanzò qualche passo verso il giardino. Quella casa era assolutamente stupenda di notte. Avrebbe volentieri passeggiato lungo il viale costeggiato dagli alberi di ciliegio che risplendevano nel nero del cielo, ma non era il caso. Ciò però non le impedì di avvicinarsi al tronco di uno di questi e adagiarvisi vicino. Se non fosse stata così ingombrata da quel kimono, e soprattutto nel bel pieno di una festa di famiglia, si sarebbe arrampicata sui suoi rami per ammirare la casa dall’alto.
Improvvisamente qualcosa si accese nella sua testa. Si guardò in giro, ed effettivamente non c’era nessuno li ad osservarla in quel momento. Avrebbe almeno potuto raggiungere i rami più bassi. Ci era abituata, non avrebbe rovinato il kimono. Così sfilò i sandali, aprì la gonna facendo uscire completamente le gambe e si arrampicò velocemente sul primo ramò che riuscì a raggiungere. Mentre saliva facendo leva sulle braccia, un ramoscello le si incastrò fra i capelli, che infatti, mentre fece per tirarsi su, le sfilò l’acconciatura allentandola di poco. Questo improvviso piccolo incidente l’allarmò. Infatti subito portò una mano sulla testa cercando di capire le gravità del danno, staccando un braccio dal ramo sul quale si stava arrampicando. Questo le fece perdere un po’ l’equilibrio, e allo stesso tempo una voce alle sue spalle non l’aiutò a riprendere lucidità. Infatti sentì qualcuno chiamarla, e girandosi appena per costatare chi fosse, scivolò col piede e per poco non cadde giù dall’albero.
Byakuya Kuchiki le si avvicinò, osservandola dal basso con i suoi soliti occhi inespressivi.

“Rukia, cosa stai facendo li?”

“Oh? Bya…Byakuya!”

La ragazza cercò di ricomporsi. Portò immediatamente una mano sull’imboccatura delle gambe sperando con tutta se stessa che tutto fosse al suo posto. Si chiese cosa le fosse venuto in mente quando aveva deciso di arrampicarsi su quel maledetto albero. Byakuya però non sembrava così turbato nel vederla la sopra, infatti le si avvicinò di più ed allargò le braccia. Rukia rimase ad osservarlo per qualche istante senza capire. Vedendola ancora in piedi sul quel ramo, allacciata al tronco, il giovane dai capelli neri ondeggiò lievemente la testa, alzando le sopraciglia.

“Scendi.” Disse con fare disinvolto, non abbassando le braccia. Solo allora Rukia capì ed arrossì di colpo. Il nobile Byakuya voleva prenderla fra le braccia?! Sbatté le palpebre velocemente, dopodichè si inginocchio e cominciò a fare per scendere da sola. Byakuya la guardò con disapprovazione, non accettando che la ragazza non si facesse aiutare. Così, quando ella scese giusto un po’ di più, fu lui stesso a sfiorarle il polpaccio e a farla scivolare su di lui. Il suo modo di muoversi vincolò la giovane Rukia ai suoi gesti, che si lasciò trascinare fra le sue braccia con fare naturale, in un gioco che era lui a gestire completamente. La ragazza rabbrividì al suo contatto, e anche se la tenne vicino a se solo per pochi istanti, non poté in nessun modo trattenere il suo stato d’animo, che cominciò a sfuggirle del tutto.
Lui si piegò, permettendole di adagiare i piedi per terra, così la giovane lentamente si staccò la lui e recuperò gli geta. Prese a riposizionare nella maniera giusta la gonna del kimono, per fortuna almeno quello era stato legato talmente stretto che le fu facile farlo tornare come prima. Mentre era piegata per risistemarsi, Byakuya le arrivò dietro le spalle e le mise le mani sui capelli, al che la ragazza si voltò di scattò verso di lui presa alla sprovvista. Fu un movimento veloce e inaspettato persino per lui, che infatti se la ritrovò a pochi centimetri dal suo viso, ritrovando davanti a sé quei suoi enormi occhi che lo fissavano sgomentati. Vide la ragazza allargare leggermente le labbra, come per dire qualcosa, ma subito si tirò indietro, imbarazzata nel sentire il respiro del ragazzo. Premette le mani sulle spalle del fratello e si allontanò da lui, facendo di tutto poi per non incrociare più i suoi occhi.
Il moro si risollevò col busto, ma a differenza di lei, non traspariva alcuno sgomento sul suo viso. Anzi. Se non lo avesse conosciuto, avrebbe potuto dire che sembrava divertito addirittura. Imperterrita, poi, le si avvicinò di nuovo e prese a sfilarle alcuni fermagli che aveva in testa. Rukia vide danzare all’altezza dei suoi occhi le maniche del kimono del giovane Kuchiki, e di fronte a lei, il suo busto che si muoveva assecondando i movimenti delle sue braccia che maneggiavano i suoi capelli.
Byakuya le raccolse di nuovo i ciuffi nel fermaglio, e così la sua pettinatura fu finalmente in ordine come lo era prima. Quando si allontanò da lei, provò quasi un brivido di freddo. La sua vicinanza le provocava calore, quasi come se in quel momento le avesse dato un caldo abbraccio. Cosa che non era, le aveva solo sistemato l’acconciatura che si era sfatta mentre era salita sull’albero di ciliegio, ma era stato ugualmente stupendo. Sorrise leggermente in preda all’emozione, stando attenta a non darlo a vedere.  Byakuya continuò ad osservarla silenziosamente, incuriosito dai strani modi di quella ragazza. In breve tempo poi ritornò alla domanda che le aveva fatto precedentemente.

“Cosa stavi facendo lassù?”

Rukia alzò il viso e lo guardò dritto negli occhi, cosa che in verità trafisse il nobile Byakuya. Pochi osavano guardarlo con così tanta schiettezza ed intensità. Eppure lei lo fece con una spontaneità assolutamente naturale che neanche lui usava avere spesso con gli altri.

“ Volevo solo rimanere seduta lì qualche minuto. Ecco…” fece una piccola pausa. “…in verità è tutto così complicato per me. Forse volevo solo stare da sola per qualche momento.”

Non seppe perché, ma gli era stata sincera. Omettendo gran parte delle sue reali preoccupazioni, ma gli aveva detto la verità. Per un attimo si chiese se Byakuya avesse potuto comprendere ciò, ma furono le sue parole stesse a rispondere prima che lei potesse formulare qualsiasi ipotesi. Infatti inaspettatamente lui riprese a parlare, e forse per la prima volta si trovarono coinvolti in un discorso che avesse a che fare con loro personalmente.

“Non pensare che questi sentimenti siano inconsueti in una serata del genere. A lungo andare si ci abitua, ma è stato così per tutti.  Non devi preoccuparti. La cosa migliore è non finire nell’amo, non dar loro modo di capire.” Disse rivolgendo gli occhi altrove, non incrociandoli con la sua interlocutrice, che però attirò ugualmente la sua attenzione facendo qualche passo verso di lui e guardandolo con fare sorpreso.

“Quindi anche tu ti senti così, qualche volta, nobile fratello?”

Il ragazzo tirò su le spalle, poi la guardò appena prima di rispondere.

“Non si ci estranea mai completamente a queste cose. Ma non darci troppo peso, comunque.” Disse concludendo il discorso. Da parte di Rukia fu una novità assoluta vedere Byakuya parlare di sé, anche se in maniera velata. Per la prima volta la sua figura nobile ed altolocata, si sostituì con quella di un ragazzo che alla fine, come lei, provava dei sentimenti, impostava la sua personalità per essere all’altezza di quel mondo dove le apparenze erano fondamentali. Per la prima volta se ne accorse. Nonostante fosse una cosa assolutamente normale, fu una sorpresa vederlo improvvisamente in maniera diversa da come era sempre stato ai suoi occhi.
In quei pochi minuti, capì che voleva conoscerlo. Voleva sinceramente arrivare a comprendere quel ragazzo che stava cambiando la sua vita. Non importava che lui glielo impedisse. Tutto d’un tratto il fatto che lui l’avesse allontanata quando lei aveva cercato di capire chi fosse Hisana, la donna che quella notte aveva infranto quel po’ che stavano cominciando a costruire, si cancellò. Voleva ricominciare daccapo. Non voleva più rinunciare a lui così presto.
Lentamente Byakuya si girò dandole le spalle e fece per ritornare nella sala. Si voltò appena per invitare la ragazza a seguirlo, fu allora che lei si appigliò alla manica del suo kimono e la strinse fra le dita per trattenerlo. Lo guardò così intensamente che i suoi occhi determinati e forti riuscirono a farlo voltare, e a costringerlo a guardarla a sua volta. Non gli era mai capitato in verità che qualcuno riuscisse a fare una cosa del genere con lui. La cosa lo spiazzò li per li. Infatti rimase fermo, incantato a guardarla.

“Fratello, volevo dirti una cosa. Una cosa che avrei dovuto fare molto prima.” si interruppe per riprendere fiato. Nonostante la sua determinazione, non era mai facile per lei parlargli. “Volevo ringraziarti. Grazie per ciò che stai facendo per me.”

Detto questo chinò il capo, e lentamente fece scivolare via le sua sottili dita dal lembo del vestito.

“Nonostante io non possa sapere perché l’hai fatto, volevo che tu lo sapessi.”

Byakuya sgranò gli occhi in maniera appena percettibile, ma abbastanza per far si che Rukia se ne accorsesse.
Dopotutto non era importante che sapesse a tutti i costi la verità. Ciò che le stava accadendo, ciò che stava cambiando per sempre la sua vita, era tutto così grande. Ma sentiva che il modo giusto per affrontare le cose era non arrendersi. Ce la poteva fare, lo leggeva negli occhi del nobile Byakuya, che non la odiava. Adesso le era chiaro, finalmente.
Perché l’avesse voluta con sé nella sua casa, da cosa fosse stato scaturito tutto questo, sarebbe venuto dopo. Ora al primo posto c’era altro.
Ma tutto era destinato a cambiare. Niente sarebbe stato come prima. Se le cose fossero andate diversamente forse avrebbe potuto credere davvero in tutto questo. Tuttavia il destino gioca scherzi crudeli a volte, e non sempre è possibile tornare indietro una volta apprese certe consapevolezze.
Byakuya e Rukia entrarono dentro casa e si mischiarono tra la folla. Nonostante lo sdegno palese di molti dei conoscenti dei Kuchiki, la ragazza riuscì a rimanere a testa alta. La sua grinta non era andata perduta. Non la accettavano, non l’avrebbero mai accettata. Lo leggeva nei loro occhi. Ma non sperava certo in qualcosa di tanto diverso. Finché sarebbero stati solo i loro sguardi a ferirla, poteva farcela. Non poteva fare a meno di mettercela tutta. Per lui.
Si fecero lentamente le undici la sera. Gran parte degli ospiti aveva lasciato la casa. Rukia si era intrattenuta con loro finché era stato possibile, ma i loro discorsi le sfuggivano completamente. Era improponibile per lei comprenderli a pieno, così ad un certo punto, stufa e stanca, si inoltrò dentro casa, intenta ad andare in bagno per rinfrescarsi un po’.
Dopo avrebbe annunciato la sua intenzione di andare a dormire. Si sarebbe intrattenuta giusto fino alla mezzanotte magari. Mentre avanzava per i corridoi, la sua attenzione fu attirata dalle voci di alcune persone che in silenzio discutevano fra loro. La loro voce risuonava abbastanza nitidamente, e anche se non avesse voluto, fu impossibile non sentire le loro parole, che non facevano che accennare a lei. A quanto fosse ridicola l’adozione di una ragazza come lei nella loro famiglia. A come Ginrei Kuchiki avesse potuto permettere una cosa del genere a suo nipote Byakuya, nonostante quello che gli avesse già chiesto pochi anni addietro. Quelle parole la trafissero. Cosa aveva chiesto Byakuya a suo nonno? Perché stavano parlando male di lui? Il suo cuore prese a battere forte ed ogni cosa crollò quando sentì le loro ultime parole.

“E’ ridicolo da parte sua portarsi in casa una ragazzina del genere solo per consolazione.”

“Per consolazione?”

“Per quale motivo se no.  E’ pressoché identica a sua moglie. Ma così facendo non farà che portare disonore in questa casa.”

“Eppure è un giovane così posato, non lo avrei detto che avesse causato così tanti problemi…”

“Già, è sempre così, perché vedi…”

Le loro voci cominciarono a farsi come echi lontani. Non seppe se fu la sua mente a non voler più sentire niente, oppure loro che si fossero allontanati. La sua mente andò nel pallone. Si ritrovò apaticamente a girovagare per i corridoi, con lo sguardo perso nel vuoto, nel buio della notte. Non accese infatti nessuna luce. In qualche modo l’oscurità la stava aiutando a non ragionare, a non voler capire. Ma la sua mente pian piano stava arrivando ad una verità che avrebbe cambiato le cose. Per sempre.
Improvvisamente si fermò. Girò lentamente lo sguardo e si accorse di essere arrivata nella zona riservata alle stanze da letto. Si girò con tutto il corpo e riconobbe quella stanza. La stanza del nobile Byakuya.
Come se posseduta da una forza estranea a se stessa, posò le mani sul fusuma e lo fece scorrere. Nonostante il buio, la bianca luce della luna illuminava i contorni di quella stanza, vuota e perfettamente ordinata. Entrò dentro e il suo corpo prese a muoversi senza il suo controllo. Si ritrovò a guardare la stanza, e a cercare qualcosa. Ispezionò i mobili, ma pian piano si rese conto di essere pressoché ridicola a frugare così. Così si sedette sul letto di Byakuya e rimase lì, immobile, in silenzio.
Non c’era alcun rumore, sembrava essere entrata in una dimensione parallela. Si estraniò completamente da tutto e da tutti. Chiuse gli occhi. Anche se il suo cuore batteva inspiegabilmente forte, sentiva di stare bene li dentro. Perse ogni cognizione del tempo, e rimase lì senza sapere effettivamente quanto fosse passato o se magari la stessero cercando di la. Ma non le importava. In quel momento non esisteva nulla. Voleva che la lasciassero stare in pace tutti. Non voleva sapere più niente.
Alzò lo sguardo e si chiese come doveva essere Byakuya da solo in quella stanza. Era finalmente se stesso almeno li? Si sentiva come lei quando nella notte era tutto così buio ed oscuro? Girò il viso e distrattamente prese a guardare l’ambiente da quella prospettiva. Era una stanza così vuota. Si chiese come mai non ci fosse nulla di personale. Ne un souvenir, ne una foto personale, ne di famiglia…
Solo allora notò un mobile abbastanza schiacciato al muro, di un colore molto chiaro che quasi si mimetizzava alla parete. Si alzò e senza che lo volesse realmente lo aprì. Era vuoto, non c’era assolutamente niente dentro se non piccoli oggetti, conservati lì giusto per non tenerli in giro. Ma gli occhi non potevano sfuggire all’unica cosa realmente in evidenzia li dentro. L’unica cosa che splendeva fra quegli oggetti. Una cornice. Una cornice semplice, il cui riflesso era confuso da quello della luna proveniente dalle sue spalle, e che nascondeva il viso della persona ritratta. Rukia si avvicinò di più, facendo ombra su di essa e fu allora che la vide.

Hisana.

Il tempo sembrò fermarsi di nuovo. La donna il cui volto era stampato, indelebile, sulla carta fotografica conservata in quella cornice, era una donna poco più grande di lei, e che aveva straordinariamente quasi il suo stesso viso. Per un attimo ebbe un colpo. Si chiese cosa ci facesse una foto del genere in quell’armadio, nella stanza di Byakuya e…improvvisamente ricordò.


“N-nobile Hisana..?! E’…è impossibile. Siete proprio voi?”


“Hisana?”


“Nobile fratello, chi è Hisana?”


“Certo che le assomiglia incredibilmente.”


“Perché sono qui?”


“Nobile Byakuya?”


“E’ pressoché identica a sua moglie…!”


Sua moglie…


Sua moglie…


Hisana…


“E’ ridicolo da parte sua portarsi in casa una ragazzina del genere solo per consolazione.”
    

Quest’ultimo ricordo la fece scattare. Agitò il braccio, che buttò contro il mobile e per poco non fece cadere tutto a terra. Si accasciò a terra e prese a tremare. Non voleva che la sua mente traesse le conclusioni. Non voleva sapere! Perché stava accadendo?
Non voleva neanche entrare in quella stanza! Perché lo aveva fatto?!
Aveva appena ringraziato Byakuya per ciò che stava facendo per lei. Aveva deciso di voler impegnarsi, senza più voler sapere tutto ad ogni costo. Voleva solo conoscerlo! Voleva solo sapere…

“Rukia.”

La ragazza si voltò di scattò. Solo quando le lacrime le arrivarono sull’orlo della bocca si accorse di aver pianto.

Alzò lo sguardo e vide dinanzi a sé l’imponente figura di Ginrei Kuchiki.
Strinse gli occhi. Non era la persona giusta da avere li in quel momento. Era tutto sbagliato. Voleva stare sola, non era nelle condizioni di inventare una scusa credibile, ne poteva parlare sinceramente a quell’uomo che l’aveva disprezzata dal primo momento in cui era entrata in quella casa.
Stranamente però l’anziano rimase in silenzio e non proferì parola, ne le rivolse alcuno sguardo disgustato. Se ne sorprese, ma non ci fece troppo caso. La sua mente era completamente sconvolta. Completamente confusa, piena di dubbi e paure che in realtà non volevano risposte, ma le reclamavano a gran voce. Era tutto così assurdo.
Ginrei le si avvicinò e la invitò a ricomporsi e rimettersi in piedi. Rukia ubbidì, ma rimase con lo sguardo perso nel vuoto e non lo ricambiò per nessun motivo. Non ne aveva la voglia, ne la forza.

“Vuoi chiedermi qualcosa, Rukia?”

A quella domanda, la sua bocca parlò senza che le parole filtrassero prima per la ragione. Parlò, anche se fuggiva da quelle risposte. Parlò, consapevole che questa volta Ginrei Kuchiki le avrebbe risposto.

“Lei è Hisana vero, nobile Kuchiki?” disse apaticamente.

“Sì, Rukia.”

“Nobile Kuchiki…perché sono qui?”

Quella domanda…oramai era passato moltissimo tempo da quando gliel’aveva rivolta la prima volta. Quasi un mese forse. Non era nemmeno diventata un Kuchiki a tutti gli effetti allora, ed adesso invece era lì, a riproporgliela, e qualcosa era cambiato profondamente da quel tempo. Ginrei la guardò profondamente, dopodichè rivolse il suo sguardo verso quella foto, mantenendo la sua postura autorevole.

“La nobile Hisana Kuchiki è la defunta moglie di mio nipote, Byakuya.”

Rukia rimase immobile di fronte a lui, ferma a fissare il pavimento, incapace di far nulla.

“Tu, le somigli molto.” Concluse, dopodichè rimase in silenzio anche lui.

La ragazza allargò appena le labbra. Non sapeva se desiderava parlare per davvero. Ma le carte oramai erano scoperte, la partita doveva continuare. Le sue risposte stavano giungendo.

Eppure…

“E’ per questo che sono qui?”

Eppure…

“Sì.”

Eppure avrei voluto…non saperlo.

Cosa ci faceva li? Perchè era divenuta un membro di quella casa?
Tutto questo era accaduto per un motivo del tutto estraneo a lei. Qualcosa che la riguardava, ma solo lontanamente. Perché in verità lei non c’entrava niente con quella famiglia. Era un’estranea. Una completa estranea.

Per quale motivo i suoi sogni erano stati stroncati? Per quale motivo aveva dovuto abbandonare tutto? Quale era stata la causa che aveva cancellato il suo mondo?

Niente.


Lei era lì, c’era e basta.
Non c’era una spiegazione.
Non c’era un vero motivo che potesse far quadrare le cose.

Lei…le somigliava soltanto.

Somigliava soltanto ad una donna che non conosceva, e che non avrebbe mai conosciuto.
Eppure tutti non facevano che paragonarle.



E lei?

Nessuno si era mai domandato di lei?!
Anche lei era un essere umano!
Dannazione! Non era una copia, non era una visione.

Le sua vita, il suo cuore, il suo mondo…

Era tutto reale!

Ed invece…

Invece era stata trattata come un sogno.

Nessuno aveva pensato a lei. Nessuno lo aveva mai fatto. Nessuno aveva mai pensato ai suoi di sogni.
Era stata adottata…così! Questo SOLO perché somigliava a Hisana.




“Rukia?”

“V-va bene così. Mi scusi.” detto questo sgattaiolò via, raggiungendo il fusuma.

“Non devi dire niente di tutto questo a Byakuya. Tuttavia credevo fosse giusto che tu lo sapessi.” Irruppe Ginrei con un tono molto serio e pacato.

Rukia non lo rispose. Rimase ferma per qualche istante, poi riprese a correre.
Intanto Ginrei Kuchiki raggiunse di nuovo gli ultimi ospiti rimasti ancora in casa. Si rivolse a loro ringraziandoli per la calorosa serata, e li informò che Rukia si era ritirata nella sua stanza poiché stanca e bisognosa di riposo. Gli invitati annuirono e pian piano se ne andarono lasciando finalmente soli i membri di quella casa.
Byakuya guardò suo nonno, il quale però non lo ricambiò e si ritirò nella sua stanza. Il giovane dai capelli neri rimase a guardarlo con sospetto per qualche attimo, dopodichè scosse la testa e lo seguì, per andare a dormire anche lui.

[…]

Non so come trascorse quella notte.
Ricordo il buio, il riflesso della luna che tingeva la stanza di blu. Non so se ho pianto. Non so quali siano stati i miei ultimi pensieri prima di chiudere gli occhi. Ricordo solo che improvvisamente mi sono svegliata, e mi sono accorta di aver dormito. E tutto era così confuso. Era accaduto veramente? Sarebbero cambiate le cose? Inizialmente ho pensato che andasse bene così. Che ce l’avrei fatta a guardarlo in viso e non pensarci. Mi ero illusa che tutto fosse normale. Non avevo fatto i conti con tante cose. Perchè improvvisamente mi sono accorta che tutto ciò che mi circondava aveva cominciato a disgustarmi.
Ero arrabbiata. Non era giusto.
Ci avevo provato.
Solo il cielo sa quanto davvero mi stessi applicando per diventare parte di quella famiglia, quanto tenessi a piacergli in qualche modo. Ed invece era andato tutto in frantumi.
Non mi piaceva. Non andava bene. Non volevo che tutto continuasse così.
La mia recita avrebbe dovuto continuare comunque?
Ero alla resa dei conti...dovevo scegliere.
Il mio riflesso mi guarda. Mi domanda "perchè non scappi via?"
Mi diceva che da qualche parte c'ero ancora. Mi supplicava di non lasciarla morire, quella vecchia parte di me. Sapevo cosa fare, eppure non ho mai trovato la forza per farlo. Nonostante il mio istinto mi richiamasse a gran voce, una forza estranea mi diceva che oramai era questo il mio posto.
Che dovevo continuare.
Così la mai coscienza, seppur inquieta, mi ha portata a scegliere.
Ancora oggi non so se ho fatto la scelta giusta.

Le prime luci dell'alba picchiarono violentemente sugli occhi di Rukia Kuchiki. La ragazza alzò lentamente le palpebre, corrugando la fronte, dopodiché si decise finalmente ad alzarsi. Sollevò il busto e ancora assonnata cercò di sistemare i capelli, che erano completamente davanti alla sua faccia. Si aprì un varco scostando le ciocche che pendevano sulla fronte e prese a guardarsi intorno. La stanza era già illuminatissima. Il suo kimono rosso era buttato su una sedia, assieme agli altri pezzi che lo componevano, e i fermagli che l'avevano decorata come una principessa ora erano invece sparsi sulla sulla scrivania in posizioni del tutto casuali. Quando si era svestita la sera prima aveva buttato tutto via senza nemmeno curarsi di dove finissero. Il suo umore era a pezzi, proprio non ce la faceva neanche a rievocare le ultime ore. Portò una mano sulla spalla e sentendola nuda cercò il lembo dello yukata per tirarlo su e coprirsi. Poi si alzò. La giornata doveva cominciare. Si diresse verso lo shoji, lo aprì e lasciò che la leggera brezza del mattino la cullasse e sopratutto l'aiutasse a cacciare via ogni pensiero. Almeno per adesso, voleva rimanere rilassata, in uno spazio bianco dove ogni cosa restasse sospesa in una dimensione estranea alla sua. Questo non era possibile per sempre. Ma non credeva di chiedere troppo se le fosse stato concesso appena qualche minuto. Il fato però era del tutto contrario alle sue volontà. Infatti una collaboratrice domestica entrò nella sua stanza e chiese il permesso di aiutarla a vestirsi. Rukia la guardò estraniata e lasciò che la donna facesse ciò che le era stato ordinato. Oramai l'imbarazzo aveva cominciato ad abbandonarla. Non le sembrava più così strano che fosse vestita. Era incredibile quanto fosse cambiata in così poco tempo. La donna passò per ultimo ai capelli, che tornarono abbastanza lisci nonostante li avesse portati legati tutta la serata. Dopodiché spalanco tutte le finestre e cominciò con le ordinarie pulizie. La ragazza dai capelli neri a quel punto abbandonò la stanza e percorse il corridoio. Ultimamente le avevano portato sempre la colazione in camera, perchè proprio oggi invece non era stato così? Forse era destino che lo vedesse...
Infatti, pochi istanti, ed arrivò nella sala da pranzo e lo vide. Con lo yukata usato per la notte ancora addosso, i capelli lisci, liberi dal Keinseikan, e lo sguardo tipico di chi si era svegliato da poco. Lo guardò e qualcosa cominciò a muoversi dentro di lei. Inizialmente fu panico, poi tensione, poi lentamente tutto questo cominciò a cambiare, e sentì solo amaro in bocca, che la portò a provare rabbia.
Doveva però trattenersi. Non voleva mettersi nelle condizioni di dovergli qualche spiegazione. Così camminò verso di lui, cercando di rendere il suo sguardo quanto più vago possibile. Byakuya si accorse quasi subito di lei. Alzò il viso mostrandole i suoi occhi grigi, che a quell'ora del mattino sfumavano su tinte molto chiare per la grande quantità di luce, e posò le bacchette aspettando che lei prendesse posto.
Rukia si inginocchiò, mettendosi di fronte a lui. Mantenne il suo viso basso, non accorgendosi che in realtà il ragazzo si fosse già accorto del suo strano stato d'animo. Infatti arricciò le sopracciglia, ma non ottenendo così le sue attenzioni, si decise a rivolgerlesi.

"Non si saluta, stamattina?" disse serio, con fare provocatorio. Sapeva perfettamente che non fosse intenzione di Rukia mancargli di rispetto, ma era l'unico modo che conosceva per smuoverla al momento.

"Buongiorno, nobile fratello." disse in tutta risposta lei, alterandolo profondamente. Byakuya, però , pur cogliendo la provocazione, preferì evitare discussioni almeno di primo mattino. Ritornò quindi al suo riso, tuttavia quel viso serio e tutto quel silenzio cominciò a non piacergli. Così posò tutto e le si rivolse nuovamente.

"Rukia..."

"E' tutto a posto, fratello." ribadì la ragazza, marcando molto sulla parola 'fratello'. Dopotutto era quello che voleva. Erano fratelli adesso. Il caro nobile Byakuya non aveva niente su cui fantasticare.
Il ragazzo non gradì per niente quel tono, infatti tempestivamente le alzò il viso con la punta delle dita e la costrinse  a guardarlo negli occhi.


"Mi sembra di averti già detto di non parlarmi così."

"Sì, hai ragione." Rukia trovò terribilmente irritante che la toccasse in quel momento. Le sue sottili dita fecero rabbrividire la sua pelle, e l'adrenalina scorse dal suo mento giungendo in tutte le parti del suo corpo, facendone risentire la sua espressione, che mostrava in pieno tutto il suo disgusto. Si alzò così di scatto fuggendo a quel contatto e si allontanò immediatamente.

"Mangerò dopo." detto questo si allontanò dalla stanza, muovendosi con passo pesante. Non si accorse però che Byakuya l'aveva seguita tempestivamente, infatti la fermò per il polso e la voltò verso di sé, con un gesto veloce quanto improvviso che la lasciò senza parole. Rukia in verità era molto piccola ed esile di costituzione, quindi non era difficile muoverla verso di sé, anche usando il minimo della forza. Fatto sta che comunque ai suoi occhi quello apparì come un atteggiamento violento, infatti cercò di divincolarsi dalla sua presa. Il ragazzo però non si lasciò intimorire, ed anzi, l'avvicinò ancora di più a sé, facendola sentire atterrita.

"Dunque, vuoi spiegare perchè stai facendo così?" disse calmo, eppure le sue parole sembravano volerla trafiggerla da parte a parte. La ragazza si morse le labbra e lo guardò negli occhi con uno sguardo a metà arrabbiato, a metà impaurito.

"No."

Il suo cuore prese a battere forte. Per la prima volta ritrovarsi vicino al nobile Byakuya le fece davvero paura. Ma non volle soccombere. Non aveva voglia di dargliela vinta, ne comunque gli si sarebbe confidata. Sapeva già dal principio che chiedergli di Hisana o sulla sua adozione erano tutte mosse sbagliate con lui. Così come usare la violenza era una tattica sbagliata con lei, invece. Così mosse il braccio più bruscamente, ma Byakuya rimase immobile, quasi come se neanche avvertisse i tentativi di divincolarsi della ragazza.

"No?" ripeté lui sussurrando quasi.

Non lo sopportava quando parlava così, c'era qualcosa che la turbava. Eppure le sue labbra, il suo viso... era bello quando la guardava a quel modo. Intenso, sensuale, seppur devastante. Sembrava tutto così contraddittorio. Il suo corpo palpitava forte, non capiva cosa volesse farle comprendere. Dovette per forza allontanare gli occhi da lui per non cedere. Non riusciva a reggere il suo sguardo, non ora che era così provata. La sua espressione si fece più cupa, le sue labbra si serrarono.

"No." ribadì soltanto.

Byakuya rimase a guardarla per diverso tempo. I suoi occhi la scrutavano e sembravano poter raggiungere  ogni parte di lei. Sentiva il suo corpo irrigidito, eppure vibrare al suo sguardo. Erano tante le emozioni che percorrevano la ragazza dai capelli neri. Sentiva di scoppiare da un momento all'altro, senza sapere neanche quale sarebbe stata effettivamente la sua reazione in un'eventualità simile. Ma cercò in ogni modo di trattenersi. La ragione questo le diceva. Le imponeva di non mollare e rimanere sulle sue. Improvvisamnete però tutte le sue ansie assunsero sembianze diverse. La vicinanza del nobile Byakuya non le sembrò più ostile. Nonostante quegli occhi che la trafiggevano, e la sua mano che l'aveva bloccata, tutto ciò le sembrava insolitamente invitante. Il suo corpo cominciò a desiderare quello che la ragione le stava vietando, svelando pensieri profondi che andava nascondendo alla sua mente. Ma non ebbe il tempo di pensarci oltre, perchè proprio in quell'istante il nobile Byakuya la lasciò andare. Allentò le dita e la divincolò dalla sua presa. Si rimise dritto col busto e le diede le spalle. Rimase fermo per qualche attimo, e Rukia rimase ad osservare immobile la sua schiena, mentre la sua mente era ancora in preda al panico. Il ragazzo buttò il suo sguardo un'ultima volta verso di lei prima di scomparire dalla sua vista.
Rukia abbassò la testa, i capelli le inondarono completamente il viso. Passò una mano fra essi, dopodiché sospirò.
Era facile intuire per lei che, oramai, tra lei e Byakuya fosse finita definitivamente.

Passò tutto l'arco della giornata, e non si incontrarono neppure per i corridoi di casa.

Tutto era tornato come al solito.
Lei con la sua vita, lui con la sua. Ognuno distante, se non anche disinteressati, l'uno verso l'altra. Era tutto così strano...

La notte giunse velocemente.
Uscì dal bagno e il suo unico desiderio era concludere velocemente quella giornata, che era stata così noiosa e fredda. Il calore rimastole addosso dopo il bagno l'avrebbe aiutata a distendersi meglio, almeno sperava. Mentre passeggiava sulla passerella all'esterno della casa, balzò quando ad un tratto si ritrovò Byakuya davanti agli occhi. Non si erano incontrati per tutta la giornata, proprio ora doveva succedere?

Sembrava assopito, aveva infatti gli occhi chiusi e il suo corpo era abbandonato sullo shoji chiuso alle sue spalle. Si chiese se fosse meglio girare i tacchi ed andarsene, il suo istinto le diceva che approcciarsi proprio ora non era la cosa più giusta. Inoltre non era più neanche sicura dei suoi sentimenti. Qualcosa era cambiato, Byakuya non era più lo stesso ai suoi occhi. Ora come ora evitarlo era la soluzione che la faceva stare meglio. Tanto non avrebbero potuto affrontare l'argomento. Il signor Ginrei stesso le aveva fatto promettere di non dirgli nulla, ma lo aveva già capito da sola in realtà. Anche da una parte voleva che lui lo sapesse che lei era oramai a conoscenza della verità sulla sua adozione. Mentre fece per andare via, la voce bassa e profonda di Byakuya la richiamò nel silenzio. Si girò stentatamente.

"Dimmi, fratello."

Byakuya chiuse nuovamente gli occhi e le fece cenno di avvicinarsi.

"Vieni quì."

Rukia, seppur contrariata, lo assecondò. Non ne aveva per niente voglia, la sua mente era ancora così confusa e offuscata da mille pensieri da non permetterle di avere un completo controllo di se, ma lo fece. In fin dei conti però abitavano sotto lo stesso tetto, quindi forse era meglio così. Sarebbe rimasta giusto qualche istante, ma non riponeva grandi speranze sul chiarire in qualche modo. Oramai non ne aveva più voglia neanche lei. Mentre si sedette, provò una strana sensazione. Stare accanto al nobile Byakuya in quelle condizioni le fece provare un curioso rimescolio all'imboccatura dello stomaco.
Aveva il viso stanco, e i suoi capelli scendevano disordinatamente sul viso come raramente glieli vedeva. A confronto di lui, si sentiva così piccola. Seduta, le sue spalle a malapena gli arrivavano al petto. Chissà...probabilmente la vedeva addirittura come una bambina. Si voltò verso di lui, sperando che dicesse giusto qualche parola, in modo che dopo avrebbe potuto andarsene presto. Invece si ritrovò vicino il volto di un Byakuya dormiente, adagiato con la testa sul muro. Subito sgranò gli occhi. Si mise in ginocchio e si avvicinò a lui per costatare se dormisse.


"Fratello? Byakuya?"

Il ragazzo non rispose al suo richiamo, così lo toccò appena sulle spalle, ma non ebbe il coraggio di scuoterlo. Lasciò quindi perdere e si rimise seduta. Si sentì decisamnete strana. Non sapeva se andare, se provare a svegliarlo, oppure se rimanere lì. Perchè? Perchè dopotutto era bello poter stare li a guardarlo. Inconsciamente fece scivolare la testa verso di lui, e lentamente si poggiò sul suo caldo petto. Chiuse gli occhi. Se solo le circostanze fossero state diverse, ora non proverebbe così tanta rabbia e angoscia verso questo mondo che lui le aveva imposto. Però non lo odiava. Dentro di sé sentiva qualcosa che le diceva che non rivedeva Hisana in lei. Altrimenti non si sarebbe comportato così con lei. Nonostante le somigliasse, c'era dell'altro. Qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto capire. Qualcosa che si sentiva sulla pelle. Ma doveva rimanere celato. Perchè comunque lei rimaneva sua sorella adesso.
Si scostò leggermente da lui, rimanendo però poggiata con la mano sul suo busto. Sollevò la testa e lo guardò intensamente in viso. Gli si avvicinò di più, allungando il collo. Le sue labbra si inumidirono, si mossero, e schiudendosi, lentamente giunsero sulle sue. Sentì appena il suo labbro inferiore, e per un istante volle scappare via. Tuttavia desistì, e continuò ad avvicinarglisi, fino a premersi completamente contro la sua bocca. Lui era fermo, doveva dormire veramente. Le sue labbra rimasero immobili al suo contatto, ma andava bene così. Non era pronta ad affrontare una cosa simile, e anzi, non credeva fosse neanche possibile dato chi erano. Ma se fosse rimasta solo a guardarlo, d'ora in avanti, non c'era niente di male, infondo. Non sarebbe successo nulla fra loro, e questo sarebbe stato il loro solo piccolo segreto. Vero, nobile fratello ?

[...]

  
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