Fanfic su artisti musicali > McFly
Segui la storia  |       
Autore: Ciribiricoccola    29/09/2010    1 recensioni
Cinque racconti e cinque hit nostrane del passato per quattro ragazzi britannici, quattro componenti di una band.Quali disavventure li attendono al di là di queste note? Ascoltate il jukebox e lo saprete...
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
juke
Ciao a tutti per la penultima volta!
L'ultima "traccia" di questo jukebox è particolarmente lunga, è per questo che ho deciso di dividerla in due parti!
Tutti i pezzi che sono citati qui, come negli altri capitoli dell'intera storia, non mi appartengono e non le menziono a scopo di lucro!
Ci siamo quasi, ragazzi... ancora un capitolo e questa storia- CD sarà completa!
Buona lettura

Ciry




TRACK N°5: “ROSALINA”- FABIO CONCATO
O… McMystery…


PRIMA PARTE




Da almeno un paio di settimane, una nuova presenza si era stanziata nel vicinato dei McFly.
I ragazzi avevano già notato da due settimane i camion addetti ai trasferimenti, per non parlare dei mobili e degli scatoloni che viaggiavano avanti e indietro, trasportati da alcuni grossi operai perennemente affaticati e da una bizzarra ragazza che sembrava perennemente attiva, in movimento, mai stanca.
Tutti e quattro ipotizzarono che si trattasse della nuova vicina, e infatti così era.

Non molto alta, cicciottella, dai lunghi capelli castani, portava sempre vestiti molto colorati. Era operosa, sorrideva spesso, ma era anche discreta e silenziosa.
Finché non entrava in casa, dopo che i camion, gli operai e le fatiche di un’intera giornata l’avevano lasciata sola.




“La senti?” chiese Harry una di quelle sere, indicando la finestra a Tom, che domandò a sua volta con un sorrisetto divertito: “Cosa canta?”
“Non ne ho la minima idea…” rispose il batterista, ricambiando il sorriso prima di lasciare tornare il suo amico alla scrittura di un testo musicale.

Tom, tra i quattro, era quello che aveva la finestra della camera da letto con la visuale migliore: dava sulla finestra di fronte, quella della camera da letto della nuova vicina.

Andando al piano- terra, in soggiorno, un’altra grande finestra dava su quella della cucina della ragazza, e da lì di solito la fissavano Danny e Dougie, quando non erano occupati a giocare con i videogames davanti alla TV.

Harry si alzò dal pouf giallo di Tom e annunciò: “Sai cosa? Domani vado a chiederle un po’ di zucchero!”
Il ragazzo alzò lo sguardo e, fissandolo con perplessità, chiese: “Perché, scusa? Lo zucchero ce lo abbiamo!”
“Voglio provare a scoprire chi sia! Dài, Tom, non dire che non muori dalla curiosità anche tu!”
Tom scosse la testa, sbuffò in una risata poco convinta e rispose: “Bè, sì, m’interesserebbe saperne di più su di lei, è pur sempre la nuova vicina, ma magari lei non…”
“Non sappiamo come si chiama, da dove viene, cosa fa!” lo interruppe l’altro, enumerando i fatti con l’aiuto delle dita “Sappiamo solo che canta, tutti i giorni va chissà dove in bicicletta, saluta tutti e non parla con nessuno!”
“Ma dalle il tempo di ambientarsi!” lo sovrastò l’amico, mantenendo la calma, per poi aggiungere: “Cos’è poi tutta questa fretta di conoscerla?”
“Non lo so…” rispose Harry con un sospiro; ritornato alla finestra, sorrise vedendo la ragazza ballare nella sua stanza da letto, con la luce soffusa, ed affermò: “E’ più forte di me, non posso farci niente!”
Tom alzò un sopracciglio, fissandolo con aria dubbiosa, poi gettò un’occhiata nella sua stessa direzione e si morse il labbro inferiore nel tentativo di non ridere.



“Danny, sono finite le patatine…”
“Dougie, lo so… mio grande amico…”
“Danny, mio grandissimo amico, vai in cucina a prenderne un altro pacchetto…”
“Dougie, mio bellerrimo amico, non andrò”
“Danny?”
“Sì?”

Attese il “Vaffanculo…” con un sorrisetto divertito, mentre giocava alla XBoX…

“Guarda  là, la finestra…!”

Danny mise di colpo in pausa il videogioco che lo teneva occupato da più di mezz’ora e anticipò Dougie nel precipitarsi alla finestra del soggiorno.
L’amico lo raggiunse un secondo dopo per assistere al medesimo spettacolo. Aprirono con cautela una delle ante e Danny scostò leggermente la tendina decorativa…
Credevano che si fosse definitivamente chiusa in camera, per quella sera, e che non sarebbe più tornata in cucina fino alla mattina seguente…
E invece…
Vi era scesa in vestaglia, aveva aperto il frigo e ne aveva tirato fuori qualcosa, forse un dolce.
Ondeggiava e cantava, improvvisando una coreografia latino- americana con un sottofondo proveniente dal piano superiore, con tutta probabilità dalla sua camera da letto.

Dougie si mise a ridere e chiese, senza smettere di spiare la ragazza: “Secondo te cosa sta dicendo?”
“Non lo so! Ma credo sia roba portoghese, spagnola… o… qualcosa di simile!” rispose Danny, concentrato quanto lui su quella visione.

Lo show durò ancora pochi secondi, poi la ragazza premette con un colpo d’anca sull’interruttore della luce della stanza e sparì dietro il muro, verso le scale.

“Che palle, nooo…” mugolò il chitarrista prima di sbuffare con delusione.
“Stavo iniziando a divertirmi…” concordò l’amico bassista, che tornò davanti al televisore con aria contrariata.
“E’ troppo forte!” esclamò con un sorriso l’altro, imitandolo.




La mattina dopo, la solita storia tornò a ripetersi.

Solo Harry, il più mattiniero dei quattro, fece in tempo a vedere la misteriosa vicina fare colazione…
Canticchiava piano, con la musica che sovrastava la sua voce, e lui non riuscì a sentirla chiaramente, poteva solo scorgerla mentre apriva e chiudeva la bocca per scandire le parole, ma si divertì a lanciarle ogni tanto qualche occhiata mentre ancheggiava ai fornelli.
Fece una ricca colazione, poi distolse la propria attenzione dalla vicina per andare a lavarsi e vestirsi al piano superiore.
Una volta tornato in soggiorno, non la vide più in casa.
Una veloce occhiata al recinto di legno, sprovvisto della solita bicicletta gialla legata con un catenaccio, gli fece capire che era uscita, alle otto, come sempre.

Forse, era andata a lavorare.
Forse, era semplicemente uscita a fare la spesa.
Ma perché andare tutti i giorni a fare la spesa, soprattutto quando si vive da soli in casa?
Bè, con un trasloco in corso… la cosa non sarebbe risultata improbabile…
Magari era stato un nuovo lavoro a Watford a farla trasferire lì!
O la madre malata…
Un fidanzato lontano…

Harry si grattò lievemente il naso, sospirando.

Non era poi così importante che lui scoprisse chi era quella benedetta ragazza.
Sarebbe bastato stringerle la mano e presentarsi in una qualsiasi occasione, magari al momento di buttare via la spazzatura nel bidone in fondo alla strada.
Ma lei salutava tutti e sgusciava via peggio di un’anguilla, in bicicletta o a piedi.
Una volta l’aveva sorpresa a parlare con uno dei vicini più anziani del quartiere.
O meglio, lui aveva parlato, lei si era limitata a dirgli “Buongiorno” e “Arrivederci”; per il resto, aveva solo sorriso e aveva fatto cenni affermativi con la testa; con una conversazione così, il signor Levins, solitamente un chiacchierone accanito, non si era trattenuto più di trenta secondi e l’aveva lasciata andare.
Lui non aveva avuto modo di sentire distintamente la sua voce: era in cucina e la televisione era accesa.
Però sembrava aver detto quelle due parole con sicurezza e scioltezza.
Quasi come se l’inglese fosse il suo pane quotidiano.
Come lo erano lo spagnolo, il russo, l’italiano, il francese, il portoghese e altre lingue di cui lui non era assolutamente a conoscenza. Lui come i suoi coinquilini.
Stava proprio lì il mistero!
Da dove mai veniva quella ragazza?
Di quale gruppo etnico faceva parte?
Che origini aveva?
Insomma, chi era?
“Ma sì… Io stasera vado a chiederle lo zucchero!” bisbigliò il batterista tra sé e sé pochi attimi prima che Tom facesse capolino in soggiorno, mezzo addormentato.



La loro giornata fu rilassata, ma produttiva.

Avevano passato la tarda mattinata a terminare alcune bozze di canzoni nel loro piccolo studio, poi, dopo pranzo, erano andati a chiudersi in sala di registrazione per trasformare due o tre delle loro opere in eventuali futuri singoli.

Quando rientrarono, era già sera inoltrata e loro avevano già le pizze prese dal take away in mano, pronte da divorare in casa.

Harry notò la bicicletta gialla appoggiata al recinto che circondava il piccolo giardino della casa della vicina.
Gettò un’occhiata alla finestra della cucina, ma notò che l’unica luce accesa, per il momento, era quella del bagno.
Doveva essere tornata da poco.
“Harry, le pizze si raffreddano!” lo richiamò Dougie, impaziente ed affamato.
Entrarono in casa e mangiarono con grande appetito, come di consueto.


“Secondo me, non serve a niente!” sentenziò Danny, scettico.
“Lo zucchero a quest’ora?” domandò perplesso Dougie.
“Se sei così convinto… vai!” esclamò Tom, scrollando le spalle.
Harry li guardò tutti, uno dopo l’altro, sperando di trovare un po’ più d’appoggio, ma nessuno dei suoi tre amici si mosse dalla propria posizione scettica.
Decise di fregarsene e si congedò con un: “Vado” poco convinto ma volenteroso.
Aprì la porta della loro casa e si ritrovò a rabbrividire per la brezza fredda tipica delle sere d’autunno; gli bastò fare una ventina di passi per essere dall’altra parte della strada, davanti al piccolo cancello in legno che, una volta aperto, lo avrebbe fatto accedere alla proprietà della sua vicina.
Si voltò, sentendosi osservato, e scorse le tre teste dei suoi amici incollate alla finestra del soggiorno, rotonde e guardinghe come quelle di tre civette.
Lanciò loro un’occhiataccia per il disagio, poi aprì il cancello e percorse il vialetto che conduceva alla porta.

Niente campanello, non ancora.
C’era solo una maniglia di ottone pronta ad essere picchiata sul legno.
Harry sospirò, scosse la testa per scacciare i troppi pensieri e utilizzò la maniglia per bussare con discrezione.

Pochi secondi e la ragazza gli aveva già aperto.
Si guardarono per un istante, interdetti, poi lei gli sorrise cordialmente ed esclamò: “Salve!”
Il ragazzo ricambiò il sorriso con una smorfia che voleva essere un’espressione amichevole, poi ribatté: “Buonasera! Io…”
“Ha bisogno di qualcosa?” lo sovrastò lei, mantenendo intatto il suo sorriso.

Parlava un inglese perfetto.
Non una punta di dialetto, non un’ inflessione particolare.
Inglese degno della BBC.

“Sì!” le rispose lui, grattandosi la testa con fare nervoso “Io non vorrei… disturbare, ma… mi sono accorto adesso di aver finito lo zucchero e quindi mi chiedevo se… magari, non so…”

Non sapeva neanche se darle del lei o del tu.
Era piccola e rotonda, non aveva neanche una ruga, ma quella treccia tenuta alta dietro i capelli le conferiva un’aria austera.

“Arrivo subito! Un momento!”

Non fece neanche in tempo a finire la frase che lei se n’era già andata, lasciando la porta aperta.
Il batterista rimase con un palmo di naso.
Non ci aveva capito niente!
“Adesso mi presento…” pensò furtivamente, un attimo prima che la ragazza tornasse con un pacco di zucchero in mano.
“Ecco fatto!” cinguettò sorridente, porgendolo a Harry, che spalancò gli occhi ed esclamò stupito: “Ma… grazie! È anche troppo, cioè, io…”
“E’ stato un piacere!” lo interruppe lei, scuotendo la testa.
“Bè, ancora grazie!” ripeté il batterista, acquistando un po’ di sicurezza “Io son…”
“Buona serata, arrivederci!”

La porta si chiuse a pochi centimetri dal suo naso.
Harry riuscì a sentire distintamente le risate sguaiate di Danny, che aveva assistito all’intera scena con Tom e Dougie.
Qualche istante dopo, partì anche la musica dalla camera della vicina.

“Ma tu guarda che…” pensò il batterista, assolutamente spiazzato, mentre tornava a casa con un pacco di zucchero e le aspettative crollate come un castello di carte.



“Che ti ha detto?”
“Ma perché ti ha chiuso la porta in faccia?”
“Che ci facciamo con mezzo chilo di zucchero?!”
“Io non… non sono riuscito a dirle nulla!” si giustificò Harry, alzando le mani in segno di resa.
“Ma avrai sentito come parla!” lo incalzò Dougie.
“Già, di dov’è?” insistette Danny.
“Non lo so!! Non lo so!!!” sbottò l’altro, mettendosi le mani nei capelli.
“Non lo sai?!” lo riprese Tom, attonito.
“Parla la nostra lingua alla perfezione, sembra una giornalista, è come sentir parlare la Regina!” spiegò il ragazzo, seccato.
“Ma se fino all’altro ieri cantava in russo!” esclamò Dougie, esasperato.

Manco a farlo apposta, in quel breve momento di silenzio tra i quattro, una base musicale accompagnata da una cantante in erba con una gran voglia di farsi sentire echeggiò nell’aria.
Harry si precipitò alla finestra e drizzò le orecchie.
In quattro, riuscirono a captare solo due parole.

Brava, brava!


Ma poi le parole divennero veloci, incomprensibili, e le note si fecero così alte e freneticamente veloci una dietro l’altra che i ragazzi non resistettero a lungo.
Si allontanarono dalla finestra e Tom sentenziò: “Brava è una parola italiana!”
“Non era francese?” chiese Danny.
“Già, è vero! È francese!” intervenne Harry.
“No, in francese si dice Bravo e basta!” protestò il chitarrista biondo.
“Ah, non cambia?” domandò Dougie perplesso.
“Può essere sia francese che italiana, dunque!” concluse Danny.
“Oppure nessuna delle due…” gemette Harry, memore di tutte le canzoni in tutte le lingue che aveva sentito dalla ragazza.

Sbuffarono tutti e quattro, rassegnati.
Ancora non sapevano come si chiamasse, da dove veniva e cosa faceva nella vita.
Chiedere a chiunque nel vicinato sarebbe stato inutile, vista la sua estrema riservatezza.
Di certo circa quella ragazza rimaneva solo il fatto che era una poliglotta DOC.


Mentre Tom si esercitava con la chitarra e Dougie giocava a carte insieme a Harry, Danny, seduto sul divano con le braccia incrociate in atteggiamento meditabondo, annunciò dal nulla: “Domani sera vado io!”

Una corda della LesPauls di Tom si spezzò.
Harry puntò gli occhi addosso all’amico, meravigliato, e Dougie ne approfittò per esclamare “Scacco matto!”, prendendosi tutte le carte sul tavolo, senza che il batterista reagisse.





Era sabato pomeriggio.
C’era il sole, anche se faceva freddino.
La maggior parte degli abitanti del quartiere era andata fuori per il weekend.
Ma lei, ovviamente, no.

Dedicatasi alla pulizia del suo salotto con zelante precisione, la vicina di casa dei McFly trotterellava da un punto all’altro della stanza armata di Swiffer.
Come ogni giorno, cantava.
Aveva lasciato le finestre aperte per far entrare un po’ d’aria in casa, dunque i ragazzi riuscivano chiaramente a sentire cosa stesse cantando.

Kaaaaaaaaaaaaaaaaaalinka, kalinka, kalinka moya!

E avanti così per tutto il tempo, destreggiandosi in suoni impronunciabili e in note folkloristiche che sembravano essere russe, secondo il parere di Tom.
Saltava su e giù dalle sedie a tempo di musica per arrivare agli scaffali più alti dei suoi mobili, e ogni volta che finiva di spolverarne uno, puntava lo Swiffer in alto e gridava “EH!” insieme al coro, la cui voce usciva dallo stereo.


“Roba dell’Est oggi?” domandò Dougie, prima di andare a saccheggiare il frigorifero per uno spuntino.
Harry, che stava guardando la TV senza troppo interesse, rispose: “Credo di sì… Dov’è Danny?”
“Non lo so, l’ho lasciato che si stava vestendo…”

Pochi minuti dopo, Danny scese le scale e, con fare disinvolto, si spettinò i ricci leggermente intrisi di gel, suscitando un’occhiata perplessa di Tom…
“Dan… Dove vai?” gli chiese.
“Dalla vicina!” rispose l’altro, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Puzzi come una puttana…” gli fece notare Dougie, sentendo il profumo del suo dopobarba.
“Non capisci niente!” lo ammonì il chitarrista “Devo presentarmi bene, così le infonderò fiducia e lei mi dirà come si chiama, che lavoro fa, da dove viene, mi darà anche il suo numero!”
“Sì, e poi? Te la mette su un piatto d’argento?” lo canzonò Harry.
Danny bofonchiò qualcos’altro su quanto fossero ignoranti e rozzi i suoi amici, poi uscì di casa e camminò con atteggiamento sicuro verso la casa della vicina.

Una volta davanti alla porta, diede due colpetti alla celebre maniglia in ottone e attese con le mani in tasca e un sorriso socievole pronto a essere sfoderato.

La ragazza gli aprì, lo guardò vagamente sorpresa, poi chiese con un sorriso: “Sì?”
“Ehm… ciao!” le disse lui, alzando una mano in segno di saluto “Ti… disturbo?”
La ragazza scosse la testa e chiese gentilmente: “Hai bisogno di qualcosa?”
“Oh, bè, veramente io… sì!” le rispose il ragazzo, iniziando a improvvisare “Sai, sto cucinando un piatto messicano e… mi sono accorto che non è abbastanza piccante, sai com’è, il Messico, il piccante, la… roba che scotta, insomma…”
Lei annuì, continuando a sorridergli in quel modo neutrale.
“Non sei messicana, eh?” pensò Danny, preoccupandosi.
“Se vuoi, posso darti un po’ di spezie!” gli propose.
“Sarebbe grandioso, sai?” ribadì subito il ragazzo, che aggiunse: “Magari un po’ di… non saprei, peperoncino o roba simile, sicuramente te ne intendi più di me!”
La ragazza annuì con una risatina e gli disse di aspettare, sarebbe ritornata in un attimo.

Danny rimase sulla soglia della porta, pensieroso e con i piedi che tamburellavano il pavimento alternandosi…
Non era messicana, altrimenti avrebbe subito detto qualcosa del tipo “Ooohh, Messico, io sono messicana, so io come cucinare quello che hai in mente!”
Forse era spagnola?
In Spagna, che lui sapesse, c’erano le tortillas, la paella, i tori…
I tori erano commestibili?

La ragazza tornò davanti a lui con il solito sorriso e una piantina di peperoncini tra le mani.
Danny la fissò ad occhi spalancati.

“Prendine pure quanti te ne servono! Li ho piantati io!” lo incitò lei, allungandogli la pianticella.
Il chitarrista indugiò, ma poi, per non fare la figura dell’idiota, ubbidì e prese cinque o sei piccoli peperoncini rossi, affermando con finta spavalderia: “D sicuro sai come trattarli, sono belli rossi!”
“Grazie, mi piacciono molto le piante!” ribatté lei, facendo spallucce.
Dopo averla ringraziata, Danny si ritrovò a subire la stessa sorta di Harry.
La signorina, cortese ma sbrigativa, gli chiuse con galanteria la porta in faccia, e lui fu costretto ad andarsene con sei peperoncini tra le mani.


“Com’è andata, gigolò? Non molto diversamente da come è andata a me, ho visto!” lo riprese subito Harry, quando lo video rientrare in casa.
“Cosa sono quelli?” domandò Dougie, notando i peperoncini.
“Non so come si cucinano, possiamo anche ficcarceli su per il culo…” borbottò Danny, contrariato, prima di appoggiare il suo bottino sul tavolo.
“Non sei riuscito a farti dire niente da lei?” chiese Tom.
“No, niente! Solo che le piacciono le piante!” affermò l’altro, allargando le braccia con aria rassegnata.
“Te l’avevo detto che puzzavi troppo!” esclamò Dougie.
“Zitto, Poynter…” borbottò l’amico, passandosi due dita sugli occhi con fare nervoso “Sei veramente un… merda!! Ahia, brucia!!! Ahi! Cazzo, l’acqua, l’acqua!!!”

E dopo che Danny fu riuscito a conciarsi due occhi rossi come ciliegie dopo esserseli toccati con le dita che avevano tastato i peperoncini… i quattro fieri prodi continuarono a pensare a uno stratagemma per conoscere meglio al nuova vicina.
La colonna sonora dei loro pensieri fu Think di Aretha Franklin, rivista da una misteriosa vicina di casa che, di sabato sera, si dilettava a usare la propria spazzola come il microfono davanti allo specchio della sua stanza.

 


La domenica era sacra per tutti loro.
Approfittavano di quel giorno per alzarsi quando il sole era alto ed era già ora di pranzo, anziché di colazione.

Dougie, il cui stomaco aveva iniziato a lamentarsi intorno alle undici, si alzò dal letto per scendere in cucina: voleva un bel pacco di biscotti da sgranocchiare sul divano, magari avvolto da una coperta, visto che era ancora vagamente infreddolito per aver lasciato così improvvisamente il suo giaciglio.
Una volta arrivato a destinazione, si strusciò gli occhi con le mani per attivare il senso intorpidito della vista, poi si mise ad aprire e chiudere sportelli e cassetti per trovare gli agognati biscotti ripieni di cioccolato.
Le orecchie gli ricordarono l’esistenza della misteriosa vicina di casa attraverso un insieme di suoni che sembravano spagnoleggianti.
Il bassista distolse perciò lo sguardo da uno degli scaffali della stanza per puntarlo verso la finestra del soggiorno: anche lei era in cucina.
Stava preparando qualcosa da mangiare in una padella, forse.
Non riconobbe né la canzone né la lingua che stava cantando, ma non poté prendersi la briga di risolvere i propri dubbi, perché ci pensò Tom con la sua vocetta nasale a distrarlo.

Fat bottomed girls,
You make the rockin' world go round…


Il bassista iniziò a ridacchiare, riconoscendo la canzone dei Queen, e diede il buongiorno all’amico, che replica con un sorriso e un: “Non potevo non cantarla…”
“L’hai vista? Mi sa che sta cucinando…”
Tom adocchiò la finestra, aguzzò l’udito e disse, dopo qualche secondo: “Ma… sta cantando in spagnolo… Credo sia Jarabe de Palo…”
“Può darsi, non me ne intendo granché di questo genere…” commentò Dougie, che intanto continuava a cercare i biscotti.
Quasi come se avesse letto loro nel pensiero, la ragazza si allontanò per un attimo dai fornelli ed alzò il volume dello stereo che aveva impiantato in salotto; dopodiché, iniziò ad ancheggiare ed accennare passi di danza con un mestolo in mano, mentre ritornava in cucina.
Dougie scoppiò a ridere e Tom, che stava per andargli dietro a ruota, lo ammonì: “Quanto sei stronzo, non ridere!”, cercando di trattenersi.
“Non rido perché è ridicola!”si giustificò il ragazzo “Rido perché… perché è troppo divertente!”
“Cos’è divertente?”

La voce di Harry li sorprese alle spalle: si era svegliato anche lui in quel momento.

“La vicina che balla e canta roba spagnola!” gli rispose Dougie, indicandogli la finestra del salotto.
“La sentivo anche dal bagno, prima!” affermò il batterista con un sorriso.
“Perché non ci vai tu oggi, Tom?” domandò l’altro prima di cominciare a picchiettare la spalla del chitarrista con una mano.
L’altro replicò meravigliato: “Che?!”
“Harry c’è già andato, Danny pure, io devo preparare il pranzo!” lo incalzò lui.
“E poi di te le ragazze si fidano!” aggiunse Harry.
“Ma non devo mica corteggiarla!” protestò Tom.
“Eddài, Tom, ti prego, vai a vedere se almeno a te dice qualcosa!” insistette il batterista.
“Valle a chiedere un po’ di farina, che ne so!” gli consigliò Dougie.
“Non esiste proprio!” esclamò l’altro, quasi scandalizzato.




A suon di pizzicotti e calci nel sedere, l’avevano costretto ad uscire di casa.
Tom sbuffò, scettico, e batté la maniglia d’ottone sulla porta della vicina di casa, sentendosi un perfetto idiota.
Non sapeva nemmeno perché si trovava lì.
Lui non era certo il tipo da fare certe cose.
Ma, dal momento che era in ballo, doveva ballare.

Sentì la musica fermarsi, poi la ragazza andò ad aprirgli.
Fece caso al suo grembiule da cucina, colorato e decorato con tante pentole e padelle danzanti.

“Buongiorno!” gli disse, distogliendolo dalla sua figura corpulenta.
“Buongiorno a te!” si ritrovò a dire, sfoderando un sorriso amichevole “Scusa, disturbo?”
“No!” rispose lei, conciliante.
“Io… io… bè, intanto… piacere, mi chiamo Tom!” si presentò il ragazzo, allungando con sveltezza la mano destra, che la ragazza strinse con la propria, piccola, cicciottella e calda.
“Piacere mio! Rosie!” gli disse.

Rosie.

“Rosie?” domandò lui, stupito.
“Rosie!” confermò lei, accentuando il proprio sorriso.
“Rosie!” le fece eco lui, contento.
Lei si mise a ridacchiare con una mano davanti alla bocca, poi chiese: “Hai bisogno di qualcosa, Tom?”
Il ragazzo annuì quasi senza rendersene conto, poi rispose: “Posso chiederti… della… del… ecco, io…”

Cosa avevano chiesto gli altri?
E se avesse chiesto anche lui quello che avevano chiesto loro?

“E’ che… sono un caso patologico, mi dimentico sempre di andare a fare spese e…” farfugliò, cercando di prendere tempo “Mi chiedevo se, per caso, avessi un po’ di… per fare un… dolce… un po’ di…”
“Ti serve della farina? Dello zucchero?” gli chiese lei, ignara.

“Lo zucchero lo ha chiesto Harry!” pensò istantaneamente, prima di rispondere: “Della farina! Mezzo chilo, grazie, se puoi!”
“Certo!” ribatté lei “Torno subito!”

Mezzo chilo?
Ma dove pensava di essere, al supermercato?
Si passò una mano sulla fronte, scuotendo la testa, poi al vide tornare con un sacchetto trasparente che conteneva la quantità di farina richiesta.
“Ecco qua!” gli disse, allungandoglielo.
Lui lo prese e farfugliò dei ringraziamenti che la fecero sorridere ancora per qualche secondo.
Poi, proprio un attimo prima che Tom potesse di nuovo tenerle la mano per congedarsi, lei lo salutò frettolosamente e chiuse l’uscio.

Lo lasciò con un palmo di naso.

“Ma…” balbettò a bassa voce, interdetto.
La sua confusione fu sbaragliata dalle note di Jarabe de Palo, che riprese a cantare in casa della ragazza.
Scrollando le spalle, Tom si girò e se e tornò a casa con il suo mezzo chilo di farina.
E intanto, Rosie… Rosie la canterina… stornellava, riprendendo a sculettare con più convinzione…

Por un beso de la flaca
darììììa lo que fuera…



Harry, vedendolo tornare dalla finestra, corse ad aprirgli la porta e gli chiese: “Allora?”
“Sbaglio o si è messa a ridere?” chiese Dougie, curiosissimo.
“Chi si è messo a ridere?” domandò a voce alta Danny dalla cucina.
Tom scosse la testa, meravigliato, e rispose: “Io non capisco… è stata gentile, carina e tutto il resto… mi ha detto come si chiama e…”
“TI HA DETTO COME SI CHIAMA?!” tuonarono tutti e tre, puntandogli gli occhi addosso, compreso Danny, che accorse nel salotto in mutande.
Tom si fece piccolo piccolo e annuì.
“E come si chiama?!” chiese con insistenza Dougie, smanaccando nervosamente.
“Si chiama… Rosie!” rispose il chitarrista, rigirandosi tra le mani il sacchetto di farina.
“Rosie…” ripeté pensieroso Danny, socchiudendo gli occhi.
“Rosie…” disse anche Harry, grattandosi la testa.
“Rosie… Rosie…” fece eco il bassista, battendo un dito sul mento.
“Sì, Rosie!” confermò Tom con ovvietà.
“Ma Rosie è un nome come tanti! Voglio dire…” provò a spiegarsi il batterista, spiazzato.
“Magari è un diminutivo!” propose Danny.
“Sì, di Rosalie o Rosaline… Magari perfino Rosalinda…” azzardò il bassista.
“Magari è solo Rosie!” lo contraddisse Tom.
“Sì, ma ti ha detto di dov’è?” continuò a chiedere Harry.
Il chitarrista biondo scosse la testa e alzò le spalle.
“Merda! Siamo punto e a capo!” esclamò Danny, contrariato.
“Bè, non del tutto!” ribatté Dougie, alzando l’indice destro “Adesso sappiamo come si chiama, se non altro!”
“Non sei riuscito a capire di dove fosse?” insistette Danny.
Tom scosse la testa, desolato, e spiegò: “Aveva ragione Harry… Parla un inglese talmente perfetto che non cogli neanche l’ombra di una cadenza…”
“Ma è così anche con altre lingue!” protestò il batterista “Avete sentito come canta, no? Non sbaglia una parola!”
Tutti si strinsero nelle spalle, senza parole, e misero a parte il mezzo chilo di farina, in un piccolo scaffale della cucina, insieme ai peperoncini e allo zucchero, come in un reliquiario.



Nel primo pomeriggio, dopo aver pranzato, i ragazzi si prepararono per raggiungere lo studio televisivo in cui avrebbero tenuto un’intervista in diretta.
Rosie aveva finito da poco di lavare i piatti e in quel momento stava svuotando alcuni scatoloni al primo piano, nella sua stanza; Danny ipotizzò che fossero dei mobili; nel bel mezzo delle sue faccende, una nota canzone le faceva compagnia e la faceva cantare e ballare dei passi ben precisi di una coreografia forse bislacca, ma di sicuro eseguita con scrupolosità.

“I Take That, non ci credo!” esclamò il chitarrista dal bagno prima di scoppiare a ridere.
Dougie lo zittì con un prepotente “Sssshhh” e corse in camera di Tom, dove l’acustica era migliore.
Il suo collega biondo era già alla finestra, seminascosto dalle tendine, e guardava Rosie fare delle piroette.
“Questa è Relight my fire!” esclamò a bassa voce, sentendo la presenza di Dougie accanto a sé.
“Azzecca ogni singola lettera… O la sa a memoria, o non so che pensare…” sibilò il bassista, agitato.
Tom fece spallucce e disse: “Si chiama Rosie, le piacciono le piante, sa tutte le lingue del mondo, canta, balla… In fondo non è che non sappiamo niente di lei!”
“Domani ne sapremo di più, fidati…” gli mormorò l’altro con aria maliziosa, lasciandolo perplesso.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > McFly / Vai alla pagina dell'autore: Ciribiricoccola