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Autore: GurenSuzuki    29/09/2010    3 recensioni
"Lui che, fino a poco tempo prima, si vantava delle proprie abitudini dongiovannesche e dell'essere il ragazzo più quotato nell'istituto superiore che presentava il maggior numero di esponenti del gentil sesso di tutta Tokyo.
Lui.
Sì sempre lui ora stava impalato come un beduino derubato davanti ad una porta. Una misera porta. Una lastra di legno. Che poi, oltre questa, ci fosse il miracolo di Madre Natura era tutto un altro discorso."

Dedicata ad Alessandro.
Genere: Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Equations and Stockings

Dedicata ad Alessandro.
Buoni 31 anni.
Anche se non la leggerai mai per ovvi motivi xD.
Non te l'ho mai detto, ma ti voglio un bene assurdo.

 
Come aveva fatto a convincerlo, ancora risultava un mistero.
Tale possibilità non sarebbe neppure dovuta essere contemplata nel proprio vocabolario.
Era tutta colpa di quell'avvenente biondino che si ritrovava per ragazzo se ora sostava in un vicoletto sperduto, i capelli che si annodavano in mille nodi e la cravatta sciolta che giaceva esangue sulla spalla destra.
La targa dorata recante il nominativo famigliare in svolazzanti lettere eleganti gli rimestava lo stomaco.
Ripetizioni.
Lui.
Lui che, fino a poco tempo prima, si vantava delle proprie abitudini dongiovannesche e dell'essere il ragazzo più quotato nell'istituto superiore che presentava maggior numero di esponenti del gentil sesso di tutta Tokyo.
Lui.
Sì sempre lui ora stava impalato come un beduino derubato davanti ad una porta. Una misera porta. Una lastra di legno. Che poi, oltre questa, ci fosse il miracolo di Madre Natura era tutto un'altro discorso. Scosse la testa. Doveva ricordarsi, come gli aveva amorevolmente urlato un centinaio di volte quella mattina per telefono il suo ragazzo, che non era lì per fare sesso. Dunque... serietà!
Alla fine vinse sul proprio orgoglio e premette il campanello. Subito un acutissimo trillo gli perforò il cervello e strizzò un occhio quasi inconsciamente.
"Ecco l'espressione di massima intelligenza per cui mi sono innamorato di te..." una voce ironica e pungente, ma sempre terribilmente sensuale lo investì.
Uruha stava sulla soglia, languidamente poggiato allo stipite bianco, un'affusolata mano stretta attorno al legno della porta, i capelli d'inchiostro* che gli ricadevano in ordinate ciocche innanzi agli occhi sardonicamente dischiusi, e le labbra -ah, quelle labbra- erano morbidamente piegate in un'espressione annoiata.
Aoi avrebbe venduto sua madre per quella bocca, tutto fuorchè umana.
Si ricompose un minimo ed entrò, sfregando i piedi sullo zerbino consunto.
"Buon pomeriggio anche a te honey." ribattè sarcasticamente.
Il moretto gli si avvicinò per donargli un fugace bacio a fior di labbra. Appena fece per staccarsi però, l'altro gli chiuse ogni via d'uscita, passandogli un braccio attorno alla vita sottile e attirandolo verso di sè, incollando i loro ventri come pagine di un libro. Lo strinse al proprio petto per interminabili secondi, manipolandolo come burro sciolto. Amava il lato remissimo di Uruha: questo trapelava solo durante gli intensi e armoniosi contatti fisici che si arrogavano per diritto di poter consumare ogni secondo.
"Aaah, staccati che ti conosco. Poi non concludiamo nulla per fare i piccioni in amore."
"Non era i colombi?"
"Sì ma tu sei più piccione che colombo!" asserì puntando per aria un lungo dito dalla curatissima unghia laccata di nero, con fare professionale.
Aoi rise di gusto prima di chiudersi la porta alle spalle e portare una mano ad allentare il già debole nodo della cravatta rossa dell'uniforme.

"Dove ci sistemiamo, dolcezza?" domandò passando le dita scarne a scarmigliare i corti e disordinati fili color cioccolato che formavano la propria capigliatura.

"Vieni, ci mettiamo in soggiorno."

"Uff... io preferivo la camera da letto..." cinguettò roteando gli occhi e sbattendo le lunghe ciglia scure il maggiore, congiungendo gli arti poco sotto il torace in una scadente quanto esilarante imitazione di una bambina.

"Aoi..." lo rabbonì con calma, cucendosi perle d'ammonimento nelle iridi sottili.

"Okay okay!" alzò le mani in segno di resa e si fece scortare per quella comoda casa che ormai conosceva a menadito.

"Hai portato i libri voglio sperare!" commentò sarcasticamente Uruha, sedendosi su di un morbido tappeto marrone, piantandosi il cappuccio di una penna in bocca.

L'altro aprì la cerniera dello zaino nero e ne tirò fuori un paio di libri -di cui uno era persino incelofanato- e s'accomodò sul divano di pelle esattamente di fronte al ragazzo.

"Dov'é che siete arrivati?"

Gli mise il primo tomo tra le mani.

"Bhe?" gli domandò il corvino.

"Ti pare che io mi sia mai abbassato a studiare matematica?!"

"Mi stai dicendo... che io dovrò insegnarti tutto ciò che c'é da sapere in una scuola superiore di matematica, Aoi-chan?" esalò querulamente Uruha, roteando la penna con scatti secchi e nervosi delle dita curate.

"..."

"Lo prendo per un sì." estrasse da un cassetto un'agendina di un delicato color crema, la aprì e scribacchiò qualcosa con calma estenuante "Vorrà dire che, invece della due ore previste a settimana, ci vedremo quattro ore."

"Eeeeh?!" proruppe incredulo l'altro. Già avere sotto gli occhi quel mostro di bellezza senza poterlo toccare era un'inaudita sofferenza, anche se lo strazio durava soltando due ore. Come avrebbe fatto a contenersi in quattro?

Il corino chiuse di botto l'agenda, facendo proprio uno sguardo affilato. "Ringrazia che non siano al giorno."

Spacchettò il tomo precedentemente affidatogli -non senza mascherare un'espressione di disappunto- e lo sfogliò con pigrizia, arcuando lievemente la schiena in avanti e corrucciando le sopracciglia cesellate nel chiaro intento di concentrarsi.

Dopo pochi minuti di un silenzio rotto soltanto dal rumore delle pagine voltate Uruha gli mise un quaderno sotto il naso, aprì una pagina a casaccio degli esercizi e comandò "Scrivi questo esercizio e risolvilo, avanti."

Aoi avvicinò la biro al foglio e ricopiò con la propria incerta calligrafia l'equazione, tentando di raccapezzarcisi. Ma nella mente aveva soltanto un blocco di pensieri convulsi. Non riusciva a mandar giù anzitutto il fatto che il proprio fidanzato, di ben due anni minore, riuscisse a capire molto meglio di lui la maggior parte delle materie scientifiche che studiava. Era un'enorme falla per la propria autostima, e non fosse mai che Shiroyama Yuu si sentisse ferito nell'orgoglio. Era una questione di principio. 

"Ecco fatto." premette l'estremità della penna che si richiuse con uno scatto e porse il foglio al corvino che saggiò ogni riga con gli occhi, corrucciando sempre di più lo sguardo.

"No no no no e no. Non c'é un solo maledetto passaggio giusto!" gli ributtò tra le mani il foglio sotto a un perentorio "Rifalla. Attento ai segni, ti fottono tutto. E allo scambio dei termini. A sinistra dell'uguale quelli con la 'x', a destra senza."

Aoi riaprì la bic e rimuginò diversi minuti su quel dannato esercizio. Arricciava distrattamente la ciocca che quotidianamente era la vittima preferita di Uruha, che la utilizzava al pari di un'anti-stress: in una perfetta chioma liscissima che avrebbe fatto scalpore alla Pantene quella spuntava vittoriosamente sopra le altre, con la sua dolce curva artificiale.

 

Diversi minuti e tentativi dopo, avendo ormai risolto quell'equazione ma essendo daccapo con una nuova incognita, Uruha, sul filo dell'esasperazione -quel ragazzo era un insulto al suo metodo d'insegnamento, Amaterasu- aveva deciso che Aoi andava stimolato.

"Aoi-chan torno subito." s'alzò velocemente, con un abile scatto felino delle belle gambe toniche e si diresse celermente in camera, senza dare tempo al compagno per ribattere alcunchè.

Poco tempo dopo il maggiore sentì una porta aprirsi lentamente, una maniglia cigolare leggermente e dei cardini che scorrevano sulle viti. Ciò che non si sarebbe mai aspettato gli comparì innanzi: Uruha era avvolto in un impermeabile scuro, che lo copriva sino a poco sopra le ginocchia, le gambe -fin dove Aoi riusciva a scorgere- erano infilate in un paio di calze nere e i piedi sottili calzavano decolletté nere di vernice dal tacco spropositato. Camminò con passo ancheggiante, senza assolutamente perdere un briciolo della propria eleganza e si risedette, con una postura leggermente inclinata e le gambe ben in vista, stese con malizia.

"Finisci l'esercizio."

Ancora scombussolato -si chiedeva perchè diamine si fosse conciato così, per la miseria- riabbassò gli occhi sul foglio -con non pochi ripensamenti- e terminò l'esercizio.

Uruha prese il foglio dalle sue mani e lo controllò, inarcando stupefatto le sopracciglia sottili "Uao, una corretta. Mi stupisci, bimbo."

Si alzò in piedi, su quei folli tacchi e portò una mano alla chiusura dell'impermeabile. Ma mentre scioglieva la cintura che teneva uniti i lembi di questo si voltò e lo fece cadere a terra, lasciando scivolare il tessuto oltre le spalle. Subito gli occhi del maggiore si puntarono sul retro delle gambe del ragazzo: una cucitura più spessa, che formava una lunga linea, si arrampicava lungo il polpaccio e spariva sotto le pieghe di un babydoll color cipria, semplicissimo e per nulla volgare.

Aoi si ritrovò a pensare che qualunque donna in circolazione sarebbe apparsa malevola e stonata infilata in tali vesti, ma Uruha no. Uruha pareva esser nato in tutto ciò che indossava, portava ogni capo con raffinata eleganza. Sulle sue forme asciutte ma altrettanto sensuali persino la divisa sformata assumeva fascino.

"Facciamo un patto Aoi-chan?"

Si ritrovò ad annuire meccanicamente, come un perfetto idiota.

"Per ogni equazione che azzecchi io mi tolgo un vestito." gli occhi gli si assottigliarono maliziosamente.

"Ci stò, bambolina..."

"Ah, ma mica ho finito." soggiunse con ilarità il corvino. "Se invece ne sbagli una invece... " fece per riprendere in mano l'impermeabile "... mi rivesto. Completamente."

Aoi sogghignò. "Iniziamo."

 

Prima espressione.

Uruha prese il foglio e lo esaminò. Poi scosse il capo e si reinfilò l'impermeabile, chiudendolo stabilmente.

"Ritenta. Sarai più fortunato." ghignò assottigliando gli occhi nocciola.

 

Seconda espressione.

"Esatta..." si sfilò l'indumento, scoprendo porzioni di invitante pelle lattea con virgineo candore.

 

"Avanti, un'altra."

Gli porse il foglio.

E Uruha si sfilò entrambe le scarpe, scalciandole in un angolo.

"Esatto." scandì con languore.

 

"Forza, fa vedere."

Sospirò fintamente abbattuto il corvino, prima di sfilarsi -assieme a un lampo di ingegno nelle iridi allungate- gli orecchini che portava ai lobi.

"Tu bari!" esplose indignato Aoi.

"E perché mai? Non ho mai specificato quali tipi di indumenti erano compresi." ghignò per l'ennesima volta.

Lo cassò con uno sbuffo ben poco convinto.

Fosse per me te li strapperei quei vestiti...

 

"Un altra avanti..."

"Non mi fido di chi bara!" sorrise Aoi.

"Se fai questa avrai una sopresina, ma attento. Se sbagli..." indicò con un ampio gesto della mano i vestiti sparpagliati per la stanza.

"Sì sì mi precludi la visuale." lo occhieggiò senza alcun pudore dalle palme dei piedi fino all'attaccatura delle chiome d'inchiostro, rigirando leziosamente con la lingua il piercing circolare che gli avvolgeva il carnoso labbro inferiore.

Gli porse il foglio scritto.

"Uao Aoi-chan." disse con malizia Uruha infilando una mano sotto il babydoll e tirandone fuori i boxer in microfibra.

"Sai vero che sotto tutto quell'ammasso di roba femminile, tirarmi fuori un paio di boxer potrebbe farmi miseramente cadere la terza torre gemella?" ne rise Aoi, con un'espressione un poco sconcertata.

"Oh senti, io non mi me lo metto un tanga!"

Ne risero assieme.

 

"La prossima, su." gli porse il libro, additando con l'indice laccato un problema.

Aoi lo trascrisse e con un mezzo ghigno gli porse il foglio, sicuro della propria riuscita.

Uruha scorse gli occhi riga per riga.

"Hai sbagliato."

Il maggiore si appropriò di un'espressione incredula.

"Di un segno. Qui -gli indicò un punto al di fuori di una parentesi- c'é un meno."

Cioè ora si riveste?!

"Ma dato che é soltato un errore di battituta... te lo abbuono." accavallò le gambe comportamente.

"Un'altra su."

Aoi esalò mentalmente un sospiro gioioso e si riappropriò della penna precedentemente abbandonata lungo la costina del libro.

 

"Giusta."

Si alzò in piedi, ergendosi dall'alto del suo metro e settantacinque, e con mano ferma fece scivolare le spalline del babydoll lungo le clavicole, e poi giù lungo il niveo braccio. Il tessuto s'accasciò a terra languido e Uruha esponè le proprie grazie agli occhi indiscreti dell'amante che l'accarezzarono con desiderio adolescenziale represso. Seguì con le iridi sciolte come tazze di caffè nero la linea glabra delle cosce aperte, il ventre piatto, il petto solcato dai due piccoli boccioli dorati e il reticolo di vene celesti che pulsavano sotto la gola pallida.

 

"Ti mancano solo le calze, Aoi-chan." disse il corvino con espressione tranquilla, incastrando una ciocca scura dietro il pallido orecchio, e innalzando con orgoglio un tondo zigomo rosato.

"Oh, ma quelle le puoi anche tenere." e così dicendo sollevò senza fatica il moro tra le braccia, chiudendo la porta dietro di loro lasciando l'eco di una risata cristallina a volteggiare per il soggiorno oramai deserto.

 

The End.

Notes.

Non chiedetemi da dove salta fuori questa... cosa, per l'amor di Aoi! Però insomma, fantasticare a proposito di Uruha che si spoglia per Aoi non é male.

Spero apprezzerete ;D lasciatemi un segno del vostro passaggio dolci pulzelle *cuor* 

Saluti, alla prossima,

guren.

29 settembre 2010

   
 
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