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Autore: Andry Black    01/10/2010    6 recensioni
Chris Thorpe è da sempre la migliore amica di Paul McCartney ed è innamorata di John Lennon... dopo diversi anni dal giorno in cui lo vide per la prima volta, i suoi sogni d'amore insieme a lui sembrano sul punto di realizzarsi, quindi vedendo un vecchio album fotografico si lascia sprofondare nei ricordi di come tutto è iniziato....

(cap 19)
"Non pensando alle cose brutte e tristi si evita solo di soffrire nell’immediato, ma non le si supera del tutto; è come pretendere di far sparire un oggetto chiudendo gli occhi e fingendo che non esista: è impossibile, prima o poi gli occhi vanno aperti e va affrontata la realtà.
Ciò di cui avevo bisogno era un rimedio al dolore, una cura portentosa che mi evitasse di pensare a John.
Mi voltai a guardare gli occhi profondi di Stu e senza accorgermene le mie labbra si piegarono in un sorriso: forse avevo trovato la mia cura al dolore."
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Stuart Sutcliffe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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For No One

 

Iniziai a pensare che seguire i miei migliori amici ad Amburgo fosse stata una pessima idea. Pensavo che stare con Stuart mi avrebbe resa felice, ma adesso lui neppure mi parlava ed io non sapevo cosa fare. Sfogai  tutta la mia frustrazione su Paul, che conoscendomi da sempre poteva capirmi meglio di chiunque altro, e su Ringo che essendo un nuovo amico riusciva a vedere la situazione abbastanza obbiettivamente per darmi un consiglio utile.

 

Alle due passate di notte tutti i bar erano chiusi, così Rory ci invitò nel posto in cui lui e il suo gruppo alloggiavano (che era leggermente meglio di Bambi) e iniziammo a bere e divertrci.

Tutti si stavano strafogando i birra ad altri alcolici a basso costo ed io mi unii a loro nel tentativo di sfogarmi un po’.

«Ma di che ti preoccupi?!», mi chiese Paul, «Ormai vi conosco e so che Stu non può starti lontano per molto»

Annuii per tagliare il discorso, ma non ne ero molto convinta.

Sapevo che era assurdo prendersela così tanto per così poco, ma la verità era che dopo quattordici mesi trascorsi con Stuart, io ne ero diventata dipendente e non sopportavo quel suo nuovo atteggiamento indifferente.

Ero più sensibile di chiunque altro agli sbalzi d’umore di Stu e intuire che ce l’avesse con me per qualcosa che non sapevo definire con precisione mi faceva impazzire.

L’unica cosa per cui potevo ringraziare il cielo era che John pareva aver compreso la situazione, quindi aveva iniziato a tenersi alla larga da me.

Bere per svagarsi nelle condizioni in cui ero non parve funzionare, perché mi depressi ancora di più, ma in compenso l’alcool mi diede la forza di seguire il consiglio di chiunque e affrontare direttamente Stuart.

Con una scusa lo convinsi ad uscire in strada insieme a me, così che potessimo parlare con un po’ di tranquillità:

«Ho fatto qualcosa che non va?», gli chiesi ansiosa

«No, non hai fatto niente, Chris», rispose Stuart con un sospiro e devo dire che me lo aspettavo: era nello stile di Stuart.

«Perché allora ti comporti così?»

«Così come?!»

«Andiamo, Stuart!!!», gridai esasperata, «Mi stai evitando: è evidente!»

«Non è vero!», protestò, ma poi vedendo la mia espressione parve ripensarci: «Beh, forse un pochino…»

«Ma perché lo fai?!», chiesi di nuovo, troppo disperata per urlare, «Ho fatto qualcosa che ti ha infastidito?»

Stu mi guardò negli occhi ed aprì la bocca come per rispondere, ma a metà strada ci ripensò: distolse lo sguardo da me con fare seccato e disse:

«E’ proprio il tuo “non fare niente” che mi fa impazzire, Chris!!», disse istericamente, «Tu non fai mai niente!»

«In che senso?», mormorai cercando di dare un senso alle sue parole che mi erano del tutto incomprensibili

«Perché mentre suoniamo tu non guardi mai John?!», disse ed io mi ritrovai a strabuzzare gli occhi (“questa a casa mia si chiama paranoia”, pensai), «Mentre ci guardi da sotto al palco, i tuoi occhi saltellano da me, a Paul, a George, a Pete, ma non si soffermano mai su John!»

Ma Stuart era del tutto impazzito?!

Il mondo stava andando alla rovescia?!

Non riuscivo a capire come Stu potesse lamentarsi del fatto che io prestavo più attenzioni a lui che al suo peggior rivale a John…

«Mi vuoi dire che sei geloso di John», ricapitolai con un tono di voce che tradiva il fatto che trovavo veramente assurda tutta quella situazione, «Perché io guardo TE invece che LUI?!?»

«Sì…in un certo senso è così», rispose, «Perché non lo guardi mai? Di cosa hai paura?!»

Da come l’aveva posta sembrava una domanda retorica, ma io non sapevo proprio cosa rispondere, così mi limitai a rimanere a guardare Stuart con gli occhi spalancati, mentre scuotevo leggermente la testa a destra e a sinistra.

Non riuscivo a credere che Stuart potesse davvero essersela presa per una cosa del genere…

«Te lo dico io di cosa hai paura», continuò Stu in tono acido, «Temi di renderti conto che ti piace di più guardare John, anziché me; hai paura di essere ancora innamorata di lui nonostante tutto…anche se sai benissimo che saresti più felice insieme a me!»

Il mio cuore, a questo punto, iniziò a battere come impazzito e la mia voce si fece acuta, mentre tentavo di difendermi

«Non è vero, Stuart!», gridai, «Io amo te e solo te, lo giuro! Ti amo tantissimo, sei tutta la mia vita!!!»

Stuart distolse lo sguardo da me poco convinto ed io mi sentii morire.

Non poteva finire così tra noi, dall’oggi al domani e per un motivo così…così…così…stupido! non avrei saputo come altro definirlo…

«Stu, dimmi solo come posso dimostrarti che ti amo più di chiunque altro al mondo!», dissi e mi avvicinai dolcemente a lui come per abbracciarlo, ma non ne avevo il coraggio così gli accarezzai un braccio e lui si spostò impercettibilmente, gesto che mi diede il coraggio di avvicinarmi ancora un po’ e ci baciammo.

Con una scusa banale salutammo tutti gli altri (che ci lanciavano occhiatine maliziose, vedendo che ci eravamo appena riappacificati) e tornammo al Bambi, dove approfittammo dell’insolita solitudine per fare l’amore.

A causa della convivenza forzata con tutti gli altri era un po’ che non facevamo sesso in tutta calma e tranquillità e forse anche questo aveva contribuito a creare il clima di tensione tra di noi, ma comunque non riuscivo ad ignorare il fatto che quella era stata la prima volta in cui avevo davvero avuto paura di perdere Stu.

Quando gli altri tornarono era quasi mattina ed io e Stuart eravamo mezzi addormentati, abbracciati l’uno all’altra; nessuno commentò, ma sono sicura che se avessi potuto vedere l’espressione di Paul nonostante il buio, lo avrei visto rivolgermi un occhiolino malizioso.

 

Il giorno dopo, come erano soliti fare, i ragazzi dormirono fino a pomeriggio inoltrato svegliandosi giusto in tempo per lavarsi alla bell’e meglio e presentarsi al Keiserkeller alle sei di sera, ma io, ancora scombussolata per la litigata della sera prima con Stuart, non riuscivo a dormire bene: alle dieci e mezza di mattina iniziai a trovare intollerabile l’idea di restare un secondo di più sotto quelle coperte sporche, così mi alzai e come uno zombie trascinai i piedi fino al bagno, dove incontrai John che si stava facendo la barba canticchiando l’inno nazionale cambiando le parole con altre molto più sconce.

«BUONGIORNO!!», esclamò tutto allegro non appena mi vide ed io borbottai qualcosa in risposta.

Dove lo trovasse tutto quell’entusiasmo di prima mattina è sempre rimasto un mistero per me…

«Notte di fuoco, eh?», mi domandò ed io arrossii.

Accidenti a John e alle sue domande da porre di prima mattina, quando non ho ancora bevuto una bella tazza di tè e non ho ancora i neuroni connessi!

Non mi degnai di rispondergli, quindi John continuò a parlare come se a me fosse importato.

«Anche noi abbiamo avuto una nottata di fuoco, sai?», si gongolò, «Rory e gli altri ci hanno fatto conoscere delle loro amiche…delle pollastrelle davvero niente male. Alcune di loro erano davvero “woooow!!”, ma la più carina se l’è presa George: lui doveva ancora perdere la verginità – lo sapevi? – quindi abbiamo deciso di dargli la precedenza e poi gli abbiamo fatto anche l’applauso!»

«Woow…», commentai sarcastica.

Povero George, corrotto così da John e Paul e costretto a fare sesso per la prima volta con una troia qualunque  “ragazza di facili costumi”!

«Che cos’è quel tono?», chiese John che sembrava un babbo natale [punk…d’oh!non esistevano ancora i punk, mentre Chris racconta: che cosa triste!ç____ç n.d.A.] fuggito da un manicomio criminale, con quella faccia per metà rasata e per metà ricoperta di schiuma da barba.

«Niente, pensavo solo che non deve essere il massimo farlo per la prima volta con una poco di buono!»,  risposi e John stava per ribattere, ma io lo battei sul tempo aggiungendo, «Oh, ma a me non è andata molto meglio, dato che io ho avuto te…»

Non lo dissi con cattiveria, in realtà: volevo solo scherzare e John parve capirlo perché si impettì tutto e disse:

«Cosa vorrebbe insinuare, signorina?!?»

«Oh niente, niente!», risposi ridendo, «Ma ora sbrigati a sciacquarti la faccia che devo lavarmi e non voglio “ragazzi di facili costumi” nei paraggi!»

Mentre dicevo così tolsi il rasoio di mano a John e lo spinsi verso la porta, per costringerlo ad uscire.

«Oh ma che modi di fare sono?!», protestava lui, facendosi però trascinare, «Questo è un oltraggio alla corona! GUARDIE! QUI C’E’ UN CRUCCO CHE VUOLE OLTRAGGIARE LA REGINA!!! AIUTOOOOooooo!!!!»

Ridendo come una pazza lo cacciai fuori dal bagno con mezza barba ancora non rasata e chiusi la porta a chiave.

Adesso mi aspettava il lavoro più complicato: lavarmi.

Quando uscii di lì finalmente pulita e profumata (anche se con qualche ammaccatura in più dato il modo da contorsionista in cui ero costretta a lavarmi), decisi di farmi un tè con i residui di quello che mia madre ci aveva spedito l’ultima volta (perché niente è come il vero tè inglese), ma a parte quello non avevo altro da mangiare, così uscii a comprare qualcosa.

Quando tornai erano circa le tre di pomeriggio e nella stanza in cui tutti(tranne me e John) dormivano ancora beatamente iniziammo a sentire le musiche del film di seconda o terza visione che stavano trasmettendo al cinema. Per quello che mi era parso di leggere nella locandina del cinema, stavano trasmettendo “John Paul Jones” (o un titolo simile), quindi decisi di passare il tempo sgattaiolando di soppiatto nella sala dove proiettavano il film, rigorosamente senza pagare, grazie alla pessima sistemazione che Koschmider ci aveva assegnato.

 

File:Posterlg.jpeg

[La locandina del film che "vedemmo" io e John quel giorno]

 

Il film era già cominciato quando andai a sedermi in una delle ultime poltrone infondo alla sala e John mi raggiunse poco dopo con un barattolo di pop-corn gigante e si sedette accanto a me, mentre io sospiravo seccata.

«Stu dorme ancora?», domandò, porgendomi i pop-corn

«Già…»

«E’ bello? Di che parla?», chiese ancora, indicando lo schermo del cinema con la testa.

«Se me lo fai sentire forse alla fine posso farti un riassunto»

John si ammutolì per un po’, fino a quando non iniziai a temere di essere stata troppo brusca con lui e dissi:

«Te la sei fatta la barba, Lennon?»

«Sì!», esultò, «Non sono bellissimo?!»

«Certo!  “Bellissimo” come un dito in un occhio!», risposi ironica, poi temendo di averlo offeso aggiunsi, «Daaai, lo sai che scherzo!»

John mi fece una delle sue buffissime smorfie e ci mettemmo a guardare il film.

«John Jones…», disse pensieroso, dopo un po’, «…sembra un gioco di parole: capisco perché si faccia chiamare anche Paul!»

«Beh, però potrebbe farsi chiamare solo “Paul”», riflettei io, osservando il bel protagonista che con una gomitata stendeva uno dei tanti “cattivi” che lo stavano assalendo, «Sarebbe più semplice!»

«Scherzi?!?», replicò subito Lennon, «Il nome John è molto più bello del banale Paul!»

«Paul non è banale!», protestai ridendo

«…ma “John” è più bello.», concluse lui, «Uffa però! Non smettono mai di fare a botte?! Sta diventando palloso!»

Io alzai le spalle. In effetti i film con troppi combattimenti non piacevano neppure a me.

John si mise con i piedi sulla poltrona e, accovacciato, iniziò a dondolarsi per passare il tempo: era quasi più divertente stare a guardare John, che un vecchio film noioso.

«Uuun elefaaanteee siii dondolavaaaa», iniziai a canticchiare e John subito riprese questa vecchia filastrocca per bambini cambiando le parole:

«Sopra la poltronaaaaa di un vecchio cinemaaaa!»

«Trovando la cosa molto, molto scema», continuai, iniziando pure io a cambiare le parole.

«Corse a chiamare un altro elefante!», concluse John, prendendomi una mano perché mi mettessi con i piedi sulla poltrona nella sua stessa posizione.

«Però noi non siamo elefanti!», ribattei, iniziando a dondolarmi come faceva John.

«Giusto: noi siamo…», disse John pensieroso, «BULZUBLUNTI!!!!»

Ripensandoci, sono felice che quel giorno il cinema fosse quasi deserto, perché passammo la restante mezz’ora (o quasi) canticchiando la filastrocca dell’elefante che si dondola sul filo di ragnatela dicendo, invece:

 

«Due Bulzublunti

Si dondolavano

Sopra le poltrone

Di un vecchio cinema,

trovando la cosa

molto, molto scema

corsero a chiamare

un altro Bulzublunte

 

Uscimmo dalla sala prima che il film finisse, ancora canticchiando la filastrocca e chiamandoci “bulzublunte” e “bulzubluntessa”, quindi non mi sorprende che gli altri, vedendoci arrivare così, ci lanciarono degli sguardi perplessi.

«Direi che io e John abbiamo definitivamente fatto pace!», dissi a Stuart, lanciando uno sguardo a John per chiedere la sua approvazione

«E meno male! non ne potevo più di “Chris, la regina dei ghiacci”!!», esclamò John, «Sai, all’inizio era divertente, ma a lungo andare stanca…e poi è una parte che ti riesce fin troppo bene!»

«Ah, sono contento per voi!», disse Stuart abbracciandomi e John si levò di torno borbottando qualcosa che assomigliava vagamente a un “lasciamo soli i due piccioncini”.

«Ti sei decisa a perdonarlo,eh?», disse Stuart, baciandomi dolcemente le labbra ed io annuii

«L’ho fatto anche per te», mentii, «Non devi pensare mai più che io ami te, anziché lui!»

In realtà credo che sapessimo entrambi che la storia tra noi due aveva le ore contate.

Amburgo si era dimostrata decisiva per il nostro allontanamento e non era colpa solo di John Lennon: voglio dire, a me era piaciuto tantissimo andare al cinema con John e non potevo nasconderlo, ma anche da parte di Stuart c’era più freddezza di prima; le ragazze al locale avevano preso a chiamarlo “Il James Dean di Amburgo” e lui ne era fin troppo lusingato, mentre io per niente gelosa… ormai ci stavamo allontanando inesorabilmente, anche se nessuno di noi due avrebbe voluto, e non sapevamo come impedirlo.

Ci amavamo sempre, ma la domanda che ricorreva con più frequenza nella mia testa era “per quanto ancora sarà così? Quanti giorni (o forse ore) restano all’inevitabile implosione della nostra relazione?”

 

Solo pochi giorni dopo l’inizio delle esibizioni dei ragazzi al Keiserkeller, il pubblico era più che raddoppiato.

Pur essendo anch’esso un locale a luci rosse, si respirava un’aria molto migliore rispetto all’Indra; io non potei che rallegrarmene e mi azzardai pure a fare un giro per esplorare meglio il keiserkeller.

Quasi all’ingresso del locale, la mia attenzione fu attirata da una strana coppia: stavano litigando perché – stando a quanto mi pareva di aver capito – lei non era troppo entusiasta di stare lì.

«Ma senti il gruppo che c’è adesso, prima di giudicare!», stava dicendo il ragazzo a quella che probabilmente era la sua fidanzata.

Lei era molto carina, ma devo dire che il suo aspetto mi metteva un po’ in soggezione: era molto elegante e a giudicare da come si comportava sembrava uno di quegli atristi avanguardisti con la puzza sotto al naso, inoltre aveva i capelli corti come un ragazzo, con un taglio buffo che non avevo mai visto a nessuno.

«Falla finita, tanto lo so che mi hai portata qui solo perché volevi vedere le donnine nude!», replicò lei e con questo si guadagnò improvvisamente tutta la stima e la mia simpatia, «Te le stai scopando con gli occhi!»

«Ma non è vero!», disse lui, ridacchiando, «Vieni, Astrid, andiamo sotto al palco!»

 

[Astrid]

La ragazza chiamata Astrid, però, si divincolò dal suo ragazzo e, dato che lui non pareva intenzionato a volerla lasciare andare e continuava ad insistere, lei gli lasciò impresso sul viso il segno ben visibile di cinque ditate rosse e gli riversò contro un fiume di parole tedesche di cui non colsi il significato, ma che sembravano non essere molto carine e gentili, dopodiché lui borbottando qualcosa si diresse verso il bancone del bar e lei si appoggiò al muro, vicino a me.

«Che palle!», esclamò guardando il soffitto, rivolta a nessuno in particolare.

«Però loro sono bravi!», le dissi indicandole i beatles che stavano suonando, «…davvero!»

«Li conosci?», chiese sospettosa ed io dovetti annuire

«Sì», ammisi, «Sono arrivata qui con loro!»

«Ah, siete inglesi», disse e non era una domanda, tanto che, ripensando all’accento di Michelle, mi ritrovai a chiedermi quanto dovesse apparire buffa la mia pronuncia del tedesco, «Sei la ragazza di uno di loro?»

«Sì, del bassista!», dissi, indicandole Stu con un gesto vago e lei annuì.

Astrid, poi, estrasse dalla borsetta che portava con sé un astuccio bianco molto sofisticato, dal quale prese una sigaretta dal tubino più fino del normale e ne porse un’altra a me

«Vuoi?»

«No, grazie!», risposi e con un’alzata di spalle Astrid rimise la sigaretta nell’astuccino.

«Come si chiamano?», mi chiese

«The Beatles», risposi, con un certo orgoglio immotivato.

Paul aveva appena finito di salutare il pubblico e di presentare i “Rory Storm & The Hurracanes” che avrebbero dato loro il cambio, quindi Astrid mi prese un braccio.

 «Puoi farmeli conoscere?», mi chiese, «Io sono Astrid!»

«Chris», risposi sorridendo e conducendola fin dietro il palco, dove Stu, John, Paul, George e Pete si erano gettati a sedere, chi su una sedia, chi direttamente per terra.

 

Tutti, come me prima di loro, rimasero affascinati da questa eccentrica artista avanguardista, tanto che alla chiusura del Keiserkeller la invitarono a bere una birra da noi, al Bambi.

Io e Stuart avevamo ricominciato comportarci da fidanzatini che si tengono per mano, quindi io all’inizio non mi resi conto dell’attrazione che probabilmente Astrid suscitò fin dall’inizio in Stuart: in fin dei conti, anche a me Astrid piaceva, quindi non ci trovavo niente di strano nel fatto che lui ne parlasse di continuo (anche gli altri quattro beatle lo facevano!), riempiendola di complimenti; inoltre, se io mi fossi ingelosita di Astrid avrei dovuto cominciare ad odiarla e questa era l’ultima cosa che avevo intenzione di fare. Dopo aver visto la nostra sistemazione al Bambi, infatti, Astrid si meravigliò di come una ragazza come me potesse vivere in certe pessime condizioni igieniche e mi invitò a trasferirmi a casa sua, cosa che le procurò tutta la mia adorazione: credo che se Astrid fosse stata un uomo, in quel momento io me la sarei pure sposata!

Così, con nessun rimpianto, lasciai il Bambi per andare a vivere a casa di Astrid e questo – devo ammetterlo – fu l’inizio della fine.

 

Era la metà di settembre quando mi trasferii e subito rimasi affascinata dalla casa di Astrid come lo ero stata anche della sua proprietaria: quella casa era così moderna e minimalista! Ogni arredamento sembrava trovarsi proprio nel punto che gli era più adatto e funzionale e i giochi di colore di bianco e nero (Astrid sembrava non conoscere nessun altro colore)  contribuivano a dare l’impressione di entrare in un mondo parallelo decisamente assurdo, in cui tutto è al contrario di come dovrebbe essere; in giro non c’era un tocco di colore neppure a pagarlo oro, se escludiamo un paio di tele mezze dipinte che teneva in una stanza separata della casa. Sicuramente ero felice di essermi trasferita e mi piaceva trovarmi lì, ma dato che sono sempre stata piuttosto disordinata, convivevo con la paura di combinare qualche disastro, magari spostando un oggetto che, secondo la logica in cui erano disposti gli arredamenti (logica che a me sfuggiva), non doveva proprio essere spostato.

Tra me e Stuart, intanto, le cose procedevano serenamente: non avevamo più litigato, ma nel profondo della mia anima io sapevo che quella era solo la calma prima della tempesta e che presto o tardi io o Stuart (o, più probabilmente, entrambi) saremmo esplosi, ma mi sforzavo di non pensarci, quindi quando tutto venne a galla, ne rimasi comunque sconvolta.

 

Era un pomeriggio qualunque, una o due settimane dopo il mio trasferimento a casa di Astrid, ed io avevo invitato Stuart a fare un salto da me prima che iniziasse la loro serata al Keiserkeller. Astrid non era in casa, quindi  non appena Stu arrivò, iniziammo a baciarci e toccarci, cosicché, prima ancora di esserci salutati a parole, ci ritrovammo sopra al mio letto.

Stuart, come faceva quasi sempre, spense la luce ed io automaticamente chiusi gli occhi; in genere mi piaceva farlo al buio, perché avevo l’impressione che senza l’uso della vista, la mia sensibilità aumentasse, ma quella volta mi accadde una cosa che non mi era mai successa: mentre ero supina sul letto e sentivo il peso di Stuart che si muoveva sopra di me, iniziai ad immaginarmi che al posto di Stuart ci fosse John.

Erano le sue mani quelle che mi toccavano il seno, era il suo corpo che si muoveva regolare verso l’alto e verso il basso, dolce ma deciso ed io potevo vedere anche il viso di John,contratto in una smorfia di piacere, mentre i suoi capelli castani leggermente sudati ondulavano spinti dal corpo. Era John che si agitava dentro di me ed io non potevo che figurarmi nella mente la sua espressione lussuriosa.

In quel momento,  senza neppure rendermene conto e con la mente annebbiata dal piacere, mi lasciai andare , sospirando:

«Oh, John…!»

Tutto era finito ed io, aprendo gli occhi, ritornai alla realtà: era Stuart il ragazzo con cui avevo fatto sesso, ma non capivo perché mi guardasse con quell’espressione sconcertata dipinta sul viso…

 

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Ta-daaaaan!!!!!

Sono tornata!!(non ci speravate,vero?)

Beh, l’estate mi ha un po’ sfasata e non ho più scritto né recensito….PERDONOOOO!!!T_T

Questo capitolo,però,avevo in mente di scriverlo da un sacco di tempo, ma non trovavo mai l’ispirazione per finirlo…

Per chi non conoscesse la filastrocca degli elefanti di cui parlo è:


 “un elefante

si dondolava

sopra a un filo

di ragnatela,

trovando la cosa

molto interessante

corse a chiamare

un altro elefante.

 

Due elefanti

Si dondolavano

Sopra a un filo

Di ragnatela,

trovando la cosa

molto interessante

corsero a chiamare

un altro elefante.

Tre elefanti…

Etc,etc…”

 

Il film che John e Chris guardano, invece, è “John Paul Jones”, il film da cui il bassista dei Led Zeppelin ha preso ispirazione per il suo nome d’arte, ma non sono riuscita a trovarlo da nessuna parte, quindi non l’ho mai visto…ho solo dedotto che a un certo punto  ci fossero scene di combattimento :P

 

Non ho tempo di rispondere a ogni singola recensione,ma vi assicuro che mi hanno fatto moltissimo piacere! (infondo sono le recensioni che mi spronano ad andare avanti con la storia xD)

Grazie anche a chi legge soltanto, comunque!

 

Vi voglio bene =)

   
 
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