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Autore: fedenow    02/10/2010    3 recensioni
Il Clown sorrise a metà. – Non va sempre tutto via.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia di una bambina

STORIA DI UNA BAMBINA




C’era una volta una bella bambina. Il viso grazioso, aveva fitti boccoli bruni a incorniciarle il volto. Le piacevano molto, i suoi capelli. Li adornava con nastri colorati e fiocchi d’ogni sorta. Amava i vestiti dai toni variopinti e dalle ampie gonne, magari con una larga fascia in vita.
Un giorno si guardò allo specchio e, soddisfatta, pensò di assomigliare ad una bambola. Si infilò ginocchiere, gomitiere e casco – come le aveva insegnato la mamma -, e uscì di casa. Attraversò il prato antistante la sua villetta, e si accorse delle mille margherite che timidamente spuntavano. Estasiata, si chinò per coglierne alcune (ne avrebbe fatto un mazzolino e lo avrebbe riposto in un piccolo vaso in camera sua), ma le gomitiere le impedivano di stendere agevolmente le braccia. Tentò allora di correre per i campi, come facevano, felici, molti altri bambini. Ma le ingombranti ginocchiere sfregarono fra loro, lei perse l’equilibrio e cadde. Non si fece niente, protetta com’era, ma non fu felice quando si accorse che i pesanti guanti di gomma che rivestivano le sue mani le impedivano di toccare il suolo con le dita. Si mise a sedere, e invidiò i suoi coetanei che facevano la ruota e si tiravano la sabbia in pantaloncini corti.

Con il volto imbronciato, tornò a casa più velocemente che poté e, attenta a non farsi scoprire dai suoi genitori, si tolse tutte le protezioni che aveva indosso. Le accatastò con cura e le chiuse nell’armadio. Poi, a piedi scalzi, tornò nel prato. Prese a saltare e a danzare ridendo, all’apice della contentezza: finalmente nulla impediva i suoi movimenti. Fu bellissimo essere libera, ecco ciò che pensava la Bambina.
D’improvviso una scheggia le penetrò nel piede, costringendola a fermarsi. “Questo non sarebbe successo, se avessi tenuto le scarpe.”, pensò mestamente. Alzò gli occhi per ammirare l’azzurro profondo del cielo, ma rimase accecata dalla luminosità del Sole. “Non mi sarei fatta così male, se avessi messo gli occhiali da sole.”
Si guardò attorno impaurita: era seduta su una panchina, attorniata da persone che non conosceva e che non avevano la faccia. Scoppiò a piangere, mentre correva disperatamente per la strada affollata. Nessuno la notava, e lei incassava colpi da ogni parte. Si fermò in una zona appartata per contare i lividi sulle sue braccia, singhiozzando sonoramente.

- Oh! Chi piange così rumorosamente?

La Bambina si guardò intorno, cercando di capire a chi appartenesse la voce che aveva appena sentito. Vide un clown con la faccia bianca e una lacrima nera sotto l’occhio destro. Schivava le persone con ritmo e armonia, non ricevendone alcun danno.
Il clown si fermò di fronte a lei con le mani sui fianchi e lo sguardo corrucciato.
- Perché questi lacrimoni sul volto di una così bella bambina?
- Perché tutti mi fanno male, anche se io non gli faccio niente! - rispose la Bambina, cercando di asciugarsi il viso.
- Ti fanno male? - chiese stupito il clown.
La piccola annuì con convinzione. – Sì! Mi vengono tutti addosso e mi fanno i lividi!…Ma io ho disubbidito e non ho messo il casco e gli occhiali e i guanti!
Il clown cercò di reprimere il riso. – Capisco. La questione è seria. – Si grattò il mento con una mano, apparendo estremamente pensieroso. – Quindi ti sono successe solo cose brutte da quando hai tolto le protezioni?
- Solo cose brutte, sì.
- E le persone sono tutte cattive, vero?
- Cattivissime!
- E non c’è niente che io possa fare per farti cambiare idea?
- Niente.
Il clown le regalò un sorriso meraviglioso. Si inchinò in modo buffo davanti a lei e le tese una mano. – Oh, beh, non importa. Mi presento: io sono un clown!
La Bambina sorrise perché quell’essere sembrava il folletto buono delle favole. – E io sono una bambina! – annunciò, stringendogli la mano. Il Clown aveva la pelle morbida.
- Ciao, Bambina! Mi ha fatto molto piacere conoscerti e, ti dirò, sono contento che tu non abbia messo i guantoni, altrimenti non avrei potuto stringerti la mano!
La Bambina corrugò la fronte. – Non ci avevo pensato. – ammise.
Il Clown sorrise di nuovo. La Bambina pensò che aveva un sorriso bellissimo. Glielo disse e il Clown rise di una risata cristallina.
- Non dovresti rivolgere tanti complimenti alle persone cattive!
La Bambina si fissò i piedi imbarazzata. Forse le persone non erano così così cattive. Non tutte, almeno. Lo pensò e lo disse. Il Clown continuò a sorridere.
- Visto che sei una bambina saggia, ti farò un regalo! – disse, ed estrasse dal suo grande cappello rosso una margherita gigantesca. Fece un altro inchino profondo e la porse alla Bambina. Ella rise per i modi d’altri tempi del Clown ed accettò il fiore.
- Sei buffo, lo sai?
- Grazie.
- E mi stai simpatico.
Il Clown abbozzò un sorriso.
- Ti va di diventare il mio migliore amico? – chiese la Bambina con occhi brillanti di gioia.
Il suo interlocutore spalancò gli occhi. Erano bellissimi anche quelli, pensò la Bambina, ed ancora una volta non si trattenne dall’esprimere ad alta voce la sua riflessione. Il Clown non si scompose più. – Non ti sembra di correre un po’ troppo?
La Bambina lo guardò con aria interrogativa. - …No. – ammise, gettando un rapido sguardo alle sue gambe, per assicurarsi che non si fossero messe in movimento senza il suo consenso. Al Clown non sfuggì il dettaglio, e suo malgrado tornò a sorridere.
– Guarda che essere amici è una cosa impegnativa, difficile. Bisogna incontrare le persone giuste, e per capire che sono quelle giuste ci vuole tempo, almeno un po’.
La Bambina ascoltò attentamente. – Quindi io sono sbagliata? – chiese, facendo una smorfia alquanto bislacca in corrispondenza dell’ultima parola.
- No, tu no! – disse il Clown, ridendo sonoramente. – Ma sei sicura che io sia quello giusto?
- Sì.
- E come fai a saperlo?
- Lo so e basta!
Il Clown fece del suo meglio per mantenersi serio alla vista del grazioso viso imbronciato della bimba. – Non è una risposta. – rispose pratico, saltando da un piede all’altro.
- Ma io voglio essere tua amica…
- Non mi conosci abbastanza.
Alla Bambina si illuminarono gli occhi. – Vengo a trovarti anche domani! – rivelò, contenta dell’improvvisa idea.
- Non intendevo questo.
- E facciamo un giro nel prato!
- Hai ancora i lividi di prima!
La Bambina si guardò distrattamente le braccia violacee. – E chi se ne frega! Vanno via! – La sua gioia era ormai incontenibile.
Il Clown sorrise a metà. – Non va sempre tutto via.
- Dai! Va bene, allora?
- Magari domani non ci sono. E comunque non sarò uguale ad oggi.
- Cosa vuol dire? – chiese la Bambina, interrompendo la sua danza festosa.
- Che forse domani parto.
- E dove vai?
- A far sorridere altre persone.
La Bambina lo fissò a lungo, poi il sorriso ricomparve sul suo volto. – Va beh, “forse”! Mica è sicuro! Io domani torno!
Il Clown sorrise e guardò da un’altra parte. La Bambina lo abbracciò velocemente. – Adesso vado, che è tardi! Guarda, ti lascio il mio cuore, così sei sicuro che domani torno a riprenderlo! – e con un gesto aggraziato si tolse il cuore dal petto e lo porse al suo Clown. Questi si coprì le mani con un lembo della veste e lo sostenne delicatamente.
- Allora vado, ciao!

L’indomani la Bambina uscì di casa di buon’ora e, saltellando gaia, si diresse vicino al giardino dove il giorno precedente aveva incontrato il suo Clown. Non lo vide. Cercò fra i cespugli e sotto le panchine, ma non trovò nulla. Chiese informazioni agli uomini, i quali, però, non avendo la faccia, non vedevano, non sentivano e non parlavano. Vide infine un giardiniere con il volto completo, e gli chiese del suo Clown.
- Ah, quello! Simpatico, ma non è mai rimasto qui molto tempo.

La piccola Bambina si voltò per tornare a casa. Su un muretto che costeggiava la strada c’era un sacchetto marrone, come quello del pane, e accanto un biglietto:

L’ho fatto per gli altri,

recitava.

La Bambina aprì il pacchetto, e dentro trovò il suo cuore. Livido e sporco, ma certamente il suo cuore. Lo estrasse e lo ripulì meglio che poté, anche se rimase parecchio malandato. Se lo riconficcò nel petto a fatica, perché il suo cuore si era tanto dilatato che proprio non voleva saperne di rientrare in quell’angusto angolino.
Tornò a casa barcollando, e pensò che fosse perché non aveva fatto colazione.
Si guardò la cicatrice sul petto, e le dispiacque che la sua pelle liscia fosse rovinata. Guardò poi i lividi color piombo che ricoprivano il suo corpo, e rimpianse la bianca maschera del Clown. Infine, quando osservò la pila ordinata di protezioni nel suo armadio, si chiese se ne fosse valsa la pena.

Uscì di casa scalza e camminò fino al prato. Sentì l’erba umida e la terra sotto i piedi, che andavano sporcandosi. Pensò che magari il Clown era andato via perché era triste e non voleva farsi vedere così da nessuno. Si chiese se sarebbe mai tornato. Calde lacrime le rigavano il viso, ma in quel momento fu felice.









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La genesi di questa storia è piuttosto complicata, in quanto tutto è nato dalle lacrime conclusive della Bambina, che non sentono ragioni. Il resto è stato un ricostruire a ritroso.
Tutti i personaggi sono veri: il Clown e la bimba potete trovarli ogni giorno fuori dalla porta di casa, anche se loro difficilmente ammetteranno d'esistere.  

È
a loro che dedico questa storia: alla Bambina, perché riesca finalmente a capire che non capirà mai. E al Clown, perchè, tirando le somme, di sorrisi ne ha regalati parecchi.


   
 
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