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Autore: zoisite    03/10/2010    16 recensioni
Fluff. Mancanza di plot. Fluff. Bromance implied. Ho già detto fluff?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non possiedo niente! E' tutto di Sir Arthur Conan Doyle e della BBC. Alla quale, come sempre, m'inchino.
Ringraziamenti: all'Inghilterra, tutt'intera (?). A Kiki May, per avermi indotta alla visione di Sherlock (mi hai sulla coscienza! ♥), per il supporto e l'incoraggiamento.



6 Dicembre.

Sherlock, allungato su una sedia della cucina, i lunghi piedi scalzi che si tendono e flettono ritmicamente come la coda di un gatto irrequieto, le mani intrecciate dietro la nuca, contempla il risultato di otto ore di lavoro.
Provette, becher ed altra vetreria per gli esperimenti invadono interamente il tavolo, assieme a reagenti di ogni colore, un microscopio e, precariamente confinato ad un piccolo spazio di angolo, il laptop di John, sul cui monitor campeggia la formula di una complessa reazione chimica.

Lana.
Per completare l'esperimento gli manca soltanto della fibra di lana.

Questa necessità lo ricatapulta in sé, nella stanza dell'appartamento al primo piano del 221B di Baker Street, nella realtà dalla quale si è completamente estraniato fin dalla mattina.
Si osserva, si guarda intorno, prende atto.
T-shirt, cotone. Pantaloni, cotone. Giacca da camera, seta. Strofinacci, spugna di cotone. Tende, acrilico.
Niente lana. Né su di sé, né immediatamente in vista.

Mrs. Hudson potrebbe senz'altro averne un gomitolo, auspicabilmente di lana chiara perché per il test è necessario che non sia troppo colorata, Sherlock è certo di aver visto l'anziana signora lavorare a maglia in qualche occasione e basterà chiamarla ad alta voce perché dal piano di sotto possa portagli... Oh, no.
Mrs. Hudson non può sentirlo là dove si trova.
L'informazione si ricompone nella mente di Sherlock, ripristinata dal Cestino nel quale il suo hard drive mentale scarta tutti i dati inutili: Mrs. Hudson è andata al Christmas Market di Bath e non rincaserà prima di altre tre o quattro ore.

E John.
John è con Sarah, è uscito senza una parola, di ottimo umore e con programmi dei quali non gli è parso, a quanto pare, opportuno mettere al corrente anche lui: presumibilmente uno sciocco pranzo, un'insulsa passeggiata nel centro gremito, fra vetrine ingombre di luci e addobbi, un noioso film al cinema, un tè a casa di lei, e poi. Poi un take-away e una conclusione fra le lenzuola, certamente. Prevedibile. Scontato. Scialbo.

John non rincaserà fino a domattina e nessuno andrebbe fatto aspettare tanto per un gomitolo.

Irritato, e a malincuore, Sherlock deve alzarsi dalla sedia.
Dopo ore d'immobilità, le gambe si allungano con un leggero ma udibile scatto.

Lana.
Dove trovarla?
Il tappeto del soggiorno è off-limits. A seguito del, francamente trascurabile, incidente del muro, Mrs. Hudson l'ha avvertito: "Another hooligan act and you're out, honey".
Non è consigliabile indisporla e la mancanza anche di un piccolo lembo del manufatto finto-persiano potrebbe attirare il suo occhio di padrona di casa, così straordinariamente attento a quel genere di dettagli.

Ah, ma, un momento. John.
John possiede davvero molti maglioni.
Ne indossa, serialmente sopra la camicia, di bianchi, beige, grigi... Nulla di male a sacrificarne uno per la conoscenza.
Il suo guardaroba non ne soffrirà di sicuro. Anzi, non si accorgerà nemmeno dell'ammanco.

Ritrovato l'entusiasmo, Sherlock inforca la scala e raggiunge il piano superiore in quattro balzi.
La prima cosa che lo investe, aprendo la porta, non è tanto il silenzio, simile dopotutto a quello del piano inferiore, rotto soltanto dal crepitio del caminetto del soggiorno.
Nella camera di John regna soprattutto l'Ordine.
Un ordine militaresco. Sconcertante.

Nessun oggetto in vista.
Nulla al di fuori dell'armadio, dei cassetti, della scarpiera.
Nemmeno un biglietto della Tube caduto accidentalmente da una tasca, o un fazzoletto dimenticato sul comodino.
Non un libro, o un giornale. Niente.
Ogni cosa è riposta meticolosamente là dove il suo proprietario ha deciso.

Sherlock apre l'armadio.
Come previsto, tutti gli indumenti sono disciplinatamente appesi o piegati, secondo una logica collocazione.
Sulla sinistra ci sono anche alcune cravatte, ordinate su un appendi-cravatte fissato all'anta interna.
Ricorda di averne raramente vista a John qualcuna.  E non ricorda di aver mai avuto cognizione dell'esistenza di un oggetto come un appendi-cravatte.

Sherlock apre i cassetti.
Calzini. Slip e fazzoletti stirati coscienziosamente.
Camicie.
E. Maglioni.
Tanti maglioni.
A maglia rasata, a trecce, di lana sottile, di lana spessa.
Bianchi. Color tortora. Grigio chiaro. Grigio antracite.
Beige. Soprattutto beige.

Quell'ordine certosino e quella disturbante acromia sono troppo.
Troppo persino per una soglia di tolleranza molto elevata, figuriamoci per la sua.
Sherlock ha l'impulso primario di scaraventare tutto sul pavimento, ma poi decide di essere più radicale.

Fa scorrere il cassetto fuori dalle guide fino ad estrarlo completamente dall'armadio e ne riversa l'intero contenuto sul letto.
Poi lascia cadere malamente il cassetto vuoto a terra.
I maglioni sparpagliati coprono una vasta superficie.
John ne ha così tanti, tutti preoccupantemente simili, che forse disfatti e ridotti ad un unico filo, potrebbero coprire la distanza Terra-Luna.
Quanto dista, però, la Terra dalla Luna?
Dannato Sistema Solare.

Sherlock è indispettito ma anche, in un certo qual modo, ammaliato dalla distesa inerte dei suoi nuovi trofei.
L'esperimento è un ricordo lontano.
Ora ha soltanto voglia di fare qualcosa con quegli indumenti, magari chissà, rotolarcisi nudo in mezzo... No, aspetta. Cosa-?
Ha appena pensato di rotolarsi nudo fra i maglioni di John Watson?
Il suo coinquilino, medico, amico?

Amico. E' insolito, per lui, abituarsi al concetto. Ma in John ha trovato davvero quanto di più al mondo, per lui, sia mai stato simile ad un vero amico.
Atti anomali sul suo vestiario non sarebbero visti come un... attestato di stima, ecco.
Sherlock sa che ci sono momenti nei quali è opportuno dominarsi.
Quanto meno lo sa da quando ha, recentemente, iniziato a guardare la televisione, scoprendo che un'azione non gradita può portare ad incrinare i rapporti fra le persone.
Rubare una moglie.
Non restituire denaro.
Rotolarsi nudo fra i maglioni.

Sono cose che non si fanno quando si tiene a qualcuno. E lui tiene a John.

Mestamente, comincia a ripiegare i capi d'abbigliamento per rimetterli nel cassetto.
Non è semplice, non essendoci minimamente abituato, e per aiutarsi nell'operazione tiene fermo il maglione fra il mento e il petto, mentre piega le maniche.
E' in quel momento che percepisce il profumo.

E' un odore lieve e molto gradevole, che ha l'essenza di quel Fahrenheit di cui ha visto la boccetta nel bagno.
Ma c'è anche altro. Menta, forse. Tabacco, inspiegabilmente, perché John non fuma.
Un lontanissimo sentore di disinfettante, di quelli che si usano negli ambulatori medici.
Poi talco o forse after shave. Non è chiaro.
Ma è un insieme così distintivo di John.

Così rassicurante. E maschile.

Non era male l'idea di stendersi su quel letto, fra quei maglioni, dopotutto.
Inalarne il profumo rilassante, in totale solitudine, mentre la penombra della sera londinese cala sulla stanza.
A occhi chiusi.
Senza nessuna riserva, oh sì.
Davvero niente male...
sdraiarsi...
lì.


[...]
Non ti si può lasciare a casa da solo, non è vero?

Sherlock ha bisogno di un istante in più per realizzare che il John al quale sta pensando è fisicamente sulla porta, il giubbotto ed i guanti di pelle ancora indosso, un cartoccio fumante nella mano sinistra.

Vuoi dirmi cosa diavolo stai facendo?” incalza John, ma non sembra, poi, particolarmente alterato.

"Esperimento."

"Oh, sì. Ho visto il casino di sotto. E che hai crackato di nuovo la password del mio computer. Ma questo... Cosa...?"

L'ecatombe di maglioni sul letto con Sherlock allungato interamente fra essi è l'ultima cosa che John si sarebbe aspettato di trovare.
E ci vorrà abbondante pazienza per rimettere tutto come prima.
Ma lo scenario, di per sé, è ... bello, ecco.
E' una visione domestica della quale, nella sua vita, John aveva dimenticato l'essenza.
Quand'era bambino, aveva un gatto. Howard.
I gatti amano la lana e spesso la succhiano non, come si crede, per un istinto legato alla caccia, ma per un altro egualmente atavico e ancora più antico: l'istinto di succhiare il latte.
Sherlock gli ricorda Howard per molti aspetti.
Asociale, lunatico, permaloso, ed ora anche quest'interesse evidentemente morboso nei confronti della lana va ad aggiungersi alla lista.
Ma non sarebbe clemente farglielo notare.
Non dopo averlo colto sul fatto in maniera così disarmante.

E così John si limita a scrollare il pacchetto fumante della friggitoria dietro l'angolo per propagarne l'aroma, scomparendo nel contempo giù per le scale.

Metto il fish and chips nei piatti.

Non eri con Sarah?’” azzarda Sherlock, girandosi su un fianco.

Con Sarah, sì, c'ero. Ma non avrai mangiato per tutto il giorno, se ti conosco abbastanza. Voglio che tu metta qualcosa sotto ai denti...’” spiega John dal piano di sotto, e poi la sua voce è coperta dal rumore di piatti, posate e bicchieri, sistemati sul tavolino del soggiorno, per la loro cena.
  
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