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Autore: Enio    05/10/2010    4 recensioni
Danzammo in te la nostra primavera,
Venezia, paradiso, allegra e altera.
Figlie d'amore, lussuria e bellezza,
schiave di un solo dovere, l'ebbrezza.
Fluttuammo tra cielo e terra leggere,
compiute di abbondanza e di piacere.
Eterne, inebriate di splendore,
fermate in gioventù da un dio pittore.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Ezio Auditore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Memories’ G.


Le catene bloccano il flusso del sangue nei polsi, così nelle caviglie. Buio pesto lì fuori, nella tetra notte che avvolge i tetti di Firenze e la luce della luna entra appena, giusto quel poco perché io possa osservare i miei vestiti. Luridi, talmente sudici da non potersi chiamar vestiti, ne tanto meno divisa. Si, la mia divisa. Era bella, bella davvero. Un contrasto tra purezza e peccato. Il candido bianco e il rosso scarlatto. Il becco d’aquila non cela, com’è solito fare, le mie iridi scure in un’ombra di sicurezza. Sento il sangue ribollirmi nelle vene dalla rabbia. Altro sangue, sgorgare copioso e lento dai profondi tagli che mi ritrovo un’po sparse in tutto il mio corpo.
Corpo. Lo strumento con il quale la mia anima usava macchiarsi del peccato, quello che ora si stava macchiando del proprio sangue. Lo strumento con il quale la mia anima condivideva notti d’amore ( così era solito chiamarle ) con i più della società, quelli corrotti, ripugnanti, spregevoli.
Delusione, ira, vendetta, giustizia. Sono le parole che principalmente vorticano nella mia mente. Sono quelle che mi spingono a fare ciò che faccio.
E sono quelle che m’hanno spinta qua, dentro questa lurida topaia, circondata all’inverosimile da numerose guardie. Una di loro ogni tanto mi rivolge un’occhiataccia, alla quale io sono ormai più che abituata a ricevere dato il mio inusuale modo di vestire, nonché ripudiato dalle nobil donne che di tanto in tanto s’accingono a sbuffare in mia presenza, o a fare qualche battutaccia sul mio conto.
Ma a malapena li guardo e m’interessa. Dove sarà? Arriverà mai?
Eppure, ci avevo sempre pensato, avevo sempre immaginato come fosse, avevo provato ad immedesimarmi in qualche giovinetta spensierata, una di quelle che riserba ancora il suo pudore, una di quelle che s’innamoran del bel giovane di turno.
All’inizio non capivo cosa fosse, e ne ero restia. Lo ripudiavo, ma nel contempo lo sfruttavo. Quanti uomini, col potere dell’amore ( o se volete, chiamatelo illusione ) ho potuto condurre alla loro sorte?
Tanti, ed è questa la verità. Mieto anime, in un modo apparentemente diverso. Molti non sanno, ma vaneggiano. Parlan come se conoscessero di me ogni attimo. Sono la migliore del sestiere, in molti accorrono da me con foga. Buffo no?! Non sanno a cosa vanno incontro. Credono che il mio viso possa svelar ciò che dimora in me. Ed è per questo che si sbagliano di grosso. Io sono il peccato. Ma poco importa il modo in cui si raggiunge uno scopo, ma questo stesso. Importa raggiungerlo. E secondo questo criterio, vendo il mio corpo, affinché sia preservato il bene superiore. Sono un’assassina, e come tale, agisco nell’ombra per servire la luce.


Era il nostro motto, dal quale tutti noi eravamo legati. Ma ora, in quella setta, mancherà un membro. Una parte di loro se ne andrà via per sempre e ritornerà alla terra che solo ventisette estati fa aveva generato.
Son passati anni da quando ci fu il primo allenamento. Duro, faticoso, ma soddisfacente. Il ventaglio macchiato, il sangue caldo colante. Le prime armi, sono quelle che poi ti rimangono a vita e ti ricordano chi sei, fan parte di te, e tu hai rilasciato in loro una parte di te. E poi, poi c’era lui, che t’aiutava, ti incoraggiava ad essere ciò che sei. Lui che ti cambiò la vita.
E dapprima di tutto ciò, quando una sera, ero lì, con il mio usuale da fare, che ormai era divenuto un vero e proprio lavoro, lo vidi. Incrociai le mie con le sue iridi. Un’occhiata bastò per avere costantemente nella mente la sua figura possente e sicura.
Venezia, si chiamava così la città che mi ospitava, la Serenissima, la città del romanticismo, del mistero, del così detto amore.
Ma di questa, vedevo ciò che veniva celato. Una Venezia oscura, piena di ingarbugli, di complotti, trame, congiure, e intrighi di medio interesse. Una Venezia bagnata nel sangue, governata da mani altrettanto insanguinate.
Era veramente la città dell’amore? Io che conoscevo la Venezia, nuda e senza il suo mascherarsi.
Non ho mai riflettuto sul vero significato di queste parole. Amore.. Cos’è l’amore?
Ma, tornando a quella sera, in cui la mia vita cambiò ulteriormente, ricordo che ero una semplice furfantella..
ora, non voglio raccontarvi ogni pel della mia vita, ma devo pure incominciare da qualche parte. Avevo ventidue anni, giovane e bella, già cosciente delle sventure che ti presenta la vita. Ma la fortuna a quei tempi si rivelò dalla mia parte per tutti quegli anni fino ad oggi, quando questa ha deciso così, di rivoltarsi contro. Ebbene, che si rivolti. L’affronterò e non avrò paura, così come vorrò affrontar il bacio freddo della morte, che presto giungerà anche per me. Una questione di minuti. E’ certo. Arriverà. Non lui, ma la morte.
Si, la morte, quella che ho donato a parecchie, numerose persone. Già prima dal momento in cui l’ho incontrato.

Il Carnevale illuminava le strade e i canali di una Venezia del 1486.
Usavo aggirarmi furtiva, per le vie poco frequentate, e gesto ancor più inusuale, mi aggiravo per i tetti di Venezia destreggiandomi tra camini e le sporgenze, tra i balconi e le finestre. Era più che normale per me, che avevo frequentato grandi uomini capaci dell’inverosimile, Antonio, un grande esempio da seguire. Uno di noi. Dapprima non mi svelò la verità sul loro conto, li conoscevo come semplici ladri di Venezia. E li stimavo solo per questo. Quando poi mi imbattei in Lui, fu allora che indagai e scoprii qualcosa che mi cambiò l’esistenza.
Quello che divenni fu un disastro, un qualcosa che sinceramente non mi sarei mai aspettata di diventare, un misto di perversione e finta innocenza, di peccato e sangue.
Talvolta rimpiango ciò che sono, alle volte no e ne vado fiera, perché ripenso che fu proprio lui a plasmarmi in ciò che oggi sono.

L’altezza sproporzionata del campanile della Basilica dei Friari che s’innalzava fiera su San Polo offrendo una particolare vista su tutti gli altri sestieri seppur lontani. Il caldo abbraccio della gente accerchiata intorno a te, ansiosa e spettatrice di un momento sacro per la confraternita. Il fuoco ardente e divampante, che prepotente conquistava l’aria intorno a se. Il vento che flebile soffiava, e il cielo vellutato di nero circoscritto da miriadi di stelle luminose, che s’avvolgevan intorno alla bella luna, che chiara s’affacciava sulla spensierata e noncurante Venezia, spettatrice di balli carnevaleschi tipici, musiche popolari, e infine, quei fuochi in cielo, che s’aprivan liberi d’ogni movenza, illuminando gli astri d’ogni gradazione e sfumatura. Erano la libertà, la gioia, ironicamente proporzionata all’inconsapevolezza di quello che stavo per fare.. o che avevo fatto.
Il segno rimase per tutta la vita. Lo guardo costantemente, e mi ricordo chi sono.
Adesso, sono una morente, sono caduta in un battaglia che ho perso, ora ne affronto le conseguenze.
Quando divenni a tutti gli effetti una di loro, esitai per un momento, nel fare qualcosa che già facevo. Combattere sotto il nome della giustizia.
Era qualcosa di puramente positivo, ma ero del pensiero, seppur ormai abituata sin dalla nascita, che noi non siamo nessuno per poter prenderci la libertà di far vivere o morire qualcuno. Eppure mi contraddico.
Ah, quante contraddizioni poteva avere la stessa setta del XII secolo, il raggiungimento della pace con lo stesso omicidio, il conseguimento ad una mentalità aperta pur dovendo seguire fedelmente il loro maestro e le loro regole, e lo svincolamento degli uomini dalla fede pur avendo fede nelle proprie azioni.
Altair aveva ragione su tutto.
Intrapresi la mia battaglia, che, per mia sfortuna, non potrò portare a ter… ter..




Il sangue pulsa nelle tempie vorticosamente, la testa si appesantisce, non riesco a vedere, sempre più appannato, opaco. Non riesco..
Il sangue esce, e s’espande veloce intorno a me. Il suo alone accresce sempre più nei miei vestiti. Le forze abbandonano le mie membra. Non riesco.. non.. respira.. re..

< Il Demonio volante! >

Sentivo urlare fuori, quelle voci che rimbombavano come tuoni durante una tempesta.
Urli, grida, il cozzare delle lame. Legamenti spezzati, fibre trapassate.
.. La testa.. non riesco..
Il respiro m’abbandona. La vista pure, così la lucidità.
Lui.. dov’è.. dov’è…

< Ginevra! Ginevra! GINEVRA! >
La sua voce. Si era la sua, inconfondibile.
Ma è troppo tardi. Tra poco di me resterà solo un corpo inutile, vuoto. La mia anima volerà altrove, sempre se ci sia un’anima. Avrò pazienza, sopporterò quest’ultimo strazio, non mi verrà difficile.

Sento il mio corpo mosso, gli occhi ch’eran rimasti socchiusi per lungo tempo, s’aprirono come se un lampo li avesse accecati.
Vedo i tuoi occhi, tu che cerchi di riportarmi alla lucidità..


“ < Ehi tu.. Scendi subito di lì o dovrò buttarti io giù. >
< Ma.. cosa?! >
< Non conoscete le buone maniere messere? >

Era un arciere, che spuntò di punto in bianco nella mia mente.
Mi ammonì di scendere puntandomi l’arco contro.
D’un tratto emerse una figura,
era Lui che ficcò da dietro, silenziosamente la lama celata nel ventre del povero malcapitato di turno.
M’illuminai in un dolce sorriso che fu prontamente ricambiato. “



< Ginevra, svegliati, ti prego. Non ora! Non così! Ti prego, Ginevra, io.. io.. io ti amo.. >
Dovevo sorridergli come la prima volta ma poi sentii un liquido bagnarmi il volto. Le percezioni erano deboli, anche se, in seguito, percepii un liquido maggiormente denso.
Parole soffocate mi sussurravano l’amore.
Poi sentii il suo corpo sul mio, pesante ma vuoto.


Non saremo mai destinati in quello che chiamano Paradiso.
Due anime vaganti.
Poco importa, poiché solo oggi ho compreso cosa significa l’amore.
Morire tra le braccia del proprio amato che t’accompagna in un viaggio senza meta chiamato oblio..




Angolo Autrice:

Sinceramente non ho molto da dire riguardo questa FF
che come un fulmine a ciel sereno, è venuta fuori in una di quelle notti in cui non puoi dormire :)
Spero vi possa piacere, in tal caso,
spero comunque che mi facciate notare gli errori e qualcosa che possa migliorare.
PS: Spero possiate distinguere che la parte in corsivo è un ricordo che si ha del primo incontro tra i due personaggi. Ora, non è specificato chi dei due ricorda, ma semplicemente ad Ezio rimane impresso il suo sorriso, un sorriso di sollievo per essere stata salvata. è pronunciato appunto da Ginevra se non lo aveste capito. Dopo questa parte si ritorna alla realtà con la morte di Ginny ma anche di Ezio. Ecco spiegato un po quest'ultima parte.. :) Enio.*
   
 
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