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Autore: Marge    04/11/2005    12 recensioni
La fanfic si inserisce circa sette anni dopo la fine della seconda serie. Hikari comincia a domandarsi dove sono finiti gli altri, ed è l'inizio di un viaggio materiale, spirituale, sentimentale che arriverà molto lontano...
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1


L'aria era frizzantina e l'odore della salsedine era così pungente che ne era sicura, le sarebbe rimasto sui vestiti per molto, molto tempo. Pensò all'odore che avevano i maglioni di Shinji, un odore di bosco penetrante; aveva sempre pensato che l'odore di una persona fosse una componente importantissima, per creare un rapporto, e c'erano certi profumi che subito la facevano tornare ai suoi dodici anni, alle mille avventure che con i suoi amici aveva compiuto a cuor leggero, convinta che l'amicizia non sarebbe finita mai e che il mondo fosse perfetto, finche loro dodici, insieme, potevano affrontarlo. Ma aveva imparato che non sempre è così, che i dodicenni innamorati della vita hanno mille fantasie in testa, che non corrispondono mai alla realtà.

"Perché oggi mi sento così giù? Quest'odore di mare mi ha intristita..."

Stava pensando all'odore di Shinji. Evocava distese di pini e funghi, ma era anche molto personale...non sapeva dire se le piaceva o no. Però Shinji le piaceva, questo era sicuro.

"Si, mi piace Shinji, mi piace da morire. Mi sento così bene con lui! Così al sicuro...devo andare, sono quasi le otto e starà impazzendo di fame, lui."

Con un gesto automatico si sistemò la sciarpa colorata intorno al collo, e sorrise. La aspettava una bella serata, cena a casa, come se fossero una famiglia, poi con calma si sarebbero preparati e verso le dieci sarebbero usciti, cinema, pub, e poi a casa...sorrise. Non vedeva l'ora di riassaporare quel profumo di bosco.

Si avviò sul sentierino di ghiaia, lanciando di tanto in tanto uno sguardo al mare, e al sole rosso che si stava immergendo in un bagno di luce d'oro. Arrivò fino alla casetta bassa, camminando a testa bassa e pensando, pensando...non riusciva mai a smettere di pensare e questo lato del suo carattere le piaceva enormemente. Non come Daisuke che...ecco che ricominciava a pensare a loro. Non doveva, sentiva sempre quella fitta tra stomaco e budella, che faceva male, e corrispondeva a una sensazione di vuoto al cuore...no, basta, si disse decisa. Ora basta sul serio.

"Hikari! Eccoti, dov'eri?"

"Facevo due passi, Shinji, stà tranquillo. Ti preoccupi sempre troppo!"

Il ragazzo, alto, robusto, scuro di capelli e di occhi, la strinse in un abbraccio. "Sono tornato da poco e non ti ho trovata. Non hai neanche lasciato un biglietto!"

Hikari sorrise: "Avevo visto un gatto, e ho cominciato a seguirlo. Mi sono ritrovata in una baietta davvero deliziosa, dovresti vederla!"

"Possiamo andarci domani"

"Si, possiamo. E' davvero deliziosa."

"E il gatto?"

"L'ho perso di vista. Era bianco, ma aveva due enormi orecchie e una coda lunga e folta...e due grandi occhi azzurri!"

Shinji la guardò preoccupata. Hikari era fantastica, dolce, premurosa, ma non era dotata di una personalità debole: anzi, nei momenti più intensi, sapeva risvegliarsi in lei una forza e una determinazione che stupivano. Era la perfezione, se non che a volte...era soprappensiero, rideva da sola, e alle sue domande, rispondeva solo "stavo ripensando..." sempre molto vaga, sempre così taciturna rispetto al suo passato, quel passato maledetto...a volte Hikari aveva dei brutti sogni: si svegliava tremando e lo stringeva forte; ma non glieli aveva mai raccontati. C'era qualcosa di non risolto in lei, e Shinji sapeva benissimo: prima o poi sarebbe tornato a galla del tutto e lui l'avrebbe persa, lo sentiva...

"Shinji! Mi ascolti?"

"Mm..."

"Come no...andiamo, o faremo tardi, lo sai che Asuke e Aya odiano aspettare!"

"Eccomi!"

Shinji si buttò dietro di lei, abbracciandola da dietro e baciandola dove capitava, mentre entravano in casa urtando tutto ciò che era possibile. La risata di Hikari risuonò argentina.



***

"Patamoooooon! Patamon rispondi!"

"Ga...Gatomon...non riesco a parlare...non riesco a muovermi...cos'è successo?"

"Non so, non so...c'è qualcosa che sta distruggendo Digiworld, qualcosa di così potente...ho paura, Patamon, ho paura..."

Il maialino arancione si riscosse e balzò in piedi.

"Patamon! Devi stare fermo!"

"Gatomon, dobbiamo farlo."

"Chiamare...avevamo promesso di no. Avevamo promesso che niente li avrebbe riportati qui."

"Ma perché? Tu lo sai perché?"

"No..." ammise a malincuore il felino.

"Non possiamo permettere che Digiworld scompaia così, nel nulla...dobbiamo cercare gli altri, dobbiamo..." parlando, Patamon si era affaticato e ricadde su un fianco, senza fiato.

"Va bene, Patamon, ma ora devi riposare"

Patamon annuì stancamente e chiuse gli occhi; Gatomon lo guardò ancora per qualche minuto, preoccupata, poi lo afferrò con i dentini aguzzi per la collottola e lo trascinò al sicuro, in una piccola grotta, dove certamente i digimon incattiviti dalla fame e dalla disperazione non sarebbero riusciti a entrare. Forse, sarebbero stati al sicuro per un po', ma Patamon era così debole...perché poi? Niente o nessuno l'aveva colpito, non c'erano stati scontri epici come le altre volte, e anche lei, cominciava a sentirsi così stanca...cos'era questo male che li divorava dentro tutti? E come potevano fare?

"Dobbiamo cercare gli altri. Domani, quando risorgerà il sole, ci metteremo in cammino, eviteremo le grandi radure, ci sposteremo nel bosco...raggiungeremo la punta del monte, così mi riuscirò a rendere conto, e troverò gli altri...Agumon, Gabumon, Biyomon, Gomamon, Tentomon, Palmon, dove siete? Hawkmon, Wormmon, Veemon, Armadillomon...dobbiamo tornare uniti..."



***

Hikari aveva avuto un altro incubo, quella notte. Si erano addormentati tardi, dopo le tre, ma la giornata seguente si prospettava serena e riposante, quindi…Hikari aveva riso e scherzato fino a un momento prima. D’improvviso, invece, verso le sei, aveva cacciato un urlo e Shinji l’aveva trovata seduta sul letto, con lo sguardo sbarrato fisso nel vuoto.

“Hikari, Hikari, che hai…?”

Lei non parlava.

“Hikari, non farmi preoccupare…”

S’era scossa di colpo, e l’aveva guardato con uno sguardo dolcissimo.

“Non preoccuparti, Shinji…sto bene…solo un brutto sogno. Vado un attimo in bagno e passa tutto.”

S’era alzata, ondeggiando nel buio, la luce del bagno, poi di nuovo buio, e Shinji s’era sentito distante da lei mille anni luce.

Appena Hikari era ricomparsa, stagliata nella colonna di luce che si proiettava a terra, Shinji l’aveva affrontata: “Cosa sogni, Hikari, cosa sogni che ti fa sempre svegliare d’improvviso? Perché non me ne parli mai?”

“Shinji, no…”

“No cosa? Non chiedermelo? Perché? Cos’è di tanto segreto che non puoi dirmi?”

“Non posso Shinji non posso cerca di capire!”

Shinji s’era seduto di nuovo a bordo del letto, con la testa fra le mani. E ora, non sapeva cosa dire, cosa ribattere…

“Io ti sto perdendo, Hikari, te ne stai andando” disse.

Lei corse davanti a lui, prendendogli le mani, costringendolo a guardarla: “Non è vero, questo non vuol dire che…”

“Non sono solo sogni, Hikari. C’è qualcosa, e tu lo sai benissimo, che ti sta portando via da me, che ti trascina via…”

“Shinji…”

“Scusami, non volevo essere aggressivo…”

“Shinji…” la voce di Hikari si stava incrinando sempre di più.

“Spero che tu non voglia interrompere questa vacanza…mancano solo due giorni, cerchiamo di passarli in modo sereno.” Detto questo, Shinji s’era ricoricato, voltandosi verso la stanza.

Hikari s’era risdraiata, soffocando le lacrime nel cuscino. Il suo corpo esile era rimasto a lungo scosso dai singhiozzi, ma né una parola, né una carezza erano arrivati a consolarla.



I due giorni seguenti erano stati un incubo: fingersi sorridenti e allegri, davanti alla coppia di amici Asuke e Aya, come se non fosse successo niente, ridere, scherzare, uscire e andarsene in giro. Ma Hikari sentiva sempre le lacrime pronte a scorrere, premerle negli occhi. E nei momenti in cui rimaneva da sola con Shinji, un silenzio teso riempiva l’ambiente, pesava nell’aria, si poteva toccare con mano. Fu contenta di tornare a casa, finalmente. Quella che doveva essere la vacanza più bella della sua vita, da sola per la prima volta con il suo Shinji, una settimana di relax in una casetta in riva al mare, gli amici, le feste, la musica…era tutto inutile.

“Il mare…il mare oscuro è tornato. E non c’è nessun TK a stringermi o una Miyako ad urlare più forte dell’oscurità…nessuno che sappia tirarmi fuori. Nessuno che possa salvarmi…Shinji…Shinji…”

Non l’aveva più sentito da quando erano tornati. Hikari a casa sua, e lui nella sua. Nessuno aveva fatto domande; s’era chiusa in camera senza una parola, usciva di rado e sempre da sola. Musica ad alto volume tutto il tempo. Aspettando una telefonata che non sarebbe arrivata.

Non c’era nemmeno Taichi, suo fratello. L’estate era finita, e lui sarebbe tornato solo a Natale dall’università lontana che aveva deciso di frequentare. Ma per fortuna, a Gennaio avrebbe discusso la tesi, e tutto sarebbe finito, sarebbe tornato. Taichi di nuovo a casa! Avrebbe dovuto riempirla di felicità, ma era un’ipotesi così lontana e inutile al momento…

Era sola, sola e abbandonata. Non riusciva a farci niente, pensava di essere uscita da quei sintomi d’adolescenza da molto tempo, e invece…quella sensazione di abbandono era fortissima. Non c’era nessuno che poteva capirla…

“Cavoli, ho ventidue anni, non sedici! Possibile che mi senta così?”

Ma se un momento si fermava a pensare, il buio l’assaliva di nuovo. Non c’era nessuno…

“L’amicizia è una grandissima cazzata, si cresce, si cambia, ci si perde di vista…perché poi? Perché nessuno di noi si è dato da fare per tenerci uniti? Io non ho voluto? Loro non hanno voluto? Possibile, noi che abbiamo cambiato un mondo, non siamo riusciti ad abbattere qualche kilometro di distanza? Com’è possibile?”

Non le era mai importato finché era stata con Shinji. Dopotutto, si era resa veramente conto che i fantastici dodici si erano abbandonati a vicenda, solo tre anni prima, quando Taichi aveva lasciato l’università intrapresa per andare a seguirne una lontana, e Ken aveva seguito i genitori all’estero. Yamato e TK erano già scomparsi da tempo, Hikari ancora ricordava…Sora abitava all’altro capo di Tokyo, ma dopo un po’, non si erano più cercate…e Daisuke, Izumi, Joe, Iori? Mimi era a New York già da quando aveva tredici anni…e lei? Hikari, che fine aveva fatto per gli altri?

Bhe, alle medie erano ancora piuttosto uniti. Anche se Yamato e TK già avevano cambiato scuola e quartiere, ma due fermate di metro che sono? Avevano continuato a vedersi. Ma quando lei aveva compiuto sedici anni, tutto era precipitato…Yamato e TK trasferiti, lontano, nel Giappone del Nord, Hikari per disperazione si era iscritta ad una scuola superiore lontana da tutti…ma a quei tempi aveva avuto dei problemi, i suoi e Taichi si erano seriamente preoccupati, ma l’avevano appoggiata…e nell’istituto K, Hikari aveva conosciuto tante nuove ragazze e ragazzi simpatici, così aperti, e con loro non c’era quel passato che pesava in ogni gesto, in ogni parola…s’era trovata così bene che ritrovarsi con gli altri era diventata quasi un’abitudine. Ma di questo se ne rendeva conto solo ora. Al momento sembrava tutto così regolare, normale…ma il concetto di normalità è del tutto inesistente, in questo mondo.

E Miyako? Miyako, le mancava la sua frizzantina voglia di vivere…chissà dov’era, in quel momento.

“Vorrei avere la forza di alzare quel maledetto telefono e chiamare, cercare, fare di tutto per sentirli, trovarli, sentire le loro voci e chiedere loro: ma dove diavolo sono finiti quei sentimenti che c’erano un tempo? Dove? Chi siamo diventati? Di chi è la colpa? Si possono cancellare anni così…?”

E invece i giorni trascorrevano lenti, Shinji non si faceva sentire e Hikari sentiva fortissima la sua mancanza, quel suo farla sentire sicura. E non trovava la forza di alzare quella cornetta.

Poi, era rimasta da sola, i suoi erano partiti per un weekend da soli (si permettevano queste gite da quando Taichi era diventato maggiorenne). Per sfuggire alla pesantezza della casa vuota, era scappata in strada, vagando qua e là, con la mezza idea di comprarsi un bel romanzetto di fantascienza che le facesse passare la serata, quando, senza volerlo, i suoi occhi s’erano incontrati con un paio neri che conosceva bene.

“Shinji!” urlò.

Shinji le corse incontro e l’abbracciò con foga. In quel momento sentì che era tutto passato, che tutto era tornato a posto.
  
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