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Autore: La Mutaforma    05/10/2010    3 recensioni
Gli Albhed e il deserto. I cactus e i fiori. un rapporto bellissimo. Loro, dividevano la vita. Flashfic sugli Albhed e sul Bikanel, sulla nostalgia di un tempo che non tornerà e di un'eterna prigionia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rikku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Una macchina bambina'
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Fiori di cactus

 

Silenziosi, piccoli, più che rari, i fiori del deserto spuntano come fiocchi, come ornamenti sulle teste verdi e spinose dei cactus.

Rikku li trovava speciali, bellissimi, con una sola peculiarità: durano un giorno solo. Una vita breve, ma intensa. Il colore dei loro petali era rosato, lo stelo lungo, incredibilmente fragile, ricoperto una sottile peluria grigia.

Da bambina, Rikku li aveva guardati con attenzione, aspettando il momento in cui li avrebbe visti chinare il capo, afflosciarsi, pungersi sulle spine dei loro compagni di vita.

–I cactus vivono bene nel deserto, perché non hanno bisogno di acqua. Nel periodo della fioritura, i fiori che sbocciano sono molto belli, ma durano un solo giorno per il clima arido del deserto. È una storia triste, ma è così…– le aveva spiegato pazientemente Cid, quando era piccola e poteva permettersi quelle spiegazioni elementari.

Varcata la soglia dell’adolescenza, Rikku pensò che dopotutto non era così triste come storia. Rifiutati dal mondo di Yevon, gli Albhed si era rifugiati nel deserto di Sanubia, in quel piccolo sputo di terra che era l’isola di Bikanel. Lì, condividevano il deserto con i cactus, probabilmente gli unici esseri viventi di forma vegetale nella zona. E loro, come fiori di cactus, spuntavano titubanti tra quelle dune di sabbia, con il viso al sole. Proprio come fiori di cactus, loro avevano vita breve. Una vita intensa, ma tagliati fuori dal mondo. Ci mancava solo che Sin dopo il Bonacciale venisse ad ucciderli tutti, poveri superstiti di una genia di persone con la mente aperta al futuro, mentre l’universo intorno a loro decretava la loro condanna a morte.

Fiori di cactus dai capelli biondi e gli occhi verdi. Fiori di cactus dai petali rosa e lo stelo grigiastro. Fiori come tanti, i primi reietti della società e i secondi respinti dal mondo floreale. Gli Albhed avevano trovato dimora nella sabbia del deserto, loro piccoli fiori senza casa si era rifugiati sulle teste verdognole dei cactus, mentre le belle rose rosse di Bevelle sbocciavano al sole tiepido di un mondo agiato.

Sabbia e Albhed. Cactus e fiori. Nessuno poteva dire di essere amico dell’altro o di averci mai almeno parlato. Alla sabbia o ai cactus non importava molto, forse: la vita di qualche piccolo insignificante essere umano nel deserto e un delicato fiore destinato a morire in un giorno non erano di grande importanza per i silenziosi abitanti perpetui del deserto.

Era questo il meraviglioso rapporto che avevano gli Albhed con la loro terra. Non erano amici, non erano amanti. Nessuno desiderava qualcosa dall’altro. Loro, dividevano la vita.

 

 

   
 
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