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Autore: sese87    10/10/2010    7 recensioni
ATTENZIONE: questa one-shot è collegata alla storia 1998.
I fatti erano quelli che erano: avevano dormito insieme. Certo, l’aveva anche vista nuda (quasi nuda, per l'esattezza), tuttavia era cosa di poco conto, dal suo punto di vista, rispetto all’aver passato la notte con lei. Stava tutto in quel “non essersene accorto”.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 18, Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '1998'
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one-shot

Nda: prima di iniziare la lettura vi informo che (l’ho già specificato nella presentazione, ma nel caso vi fosse sfuggito lo ripeto) questa one-shot è strettamente collegata agli avvenimenti narrati nell’AU 1998.

 

 

 

 

Verità nascoste

 

 

La neve aveva posato il suo manto candido sull’intera città, e soffice continuava a scendere giù, confondendosi nella chioma bionda di C18.
La ragazza aveva le guance arrossate e le mani fredde, che non riusciva a scaldare nemmeno alitandoci sopra, tuttavia continuava a farlo, per un seppur fugace, sollievo.
Mentre si malediceva per aver dimenticato i guanti, una donna impellicciata le sedette affianco, anche lei lì per quel tram ritardatario. La bionda rivolse uno sguardo apparentemente indifferente, poiché in realtà, le era balenata in mente l’idea di derubarla del pesante soprabito e accoccolarsi nel tepore di quel peloso abbraccio.
Per allontanare i cattivi pensieri, alzò la testa al lampione già accesso, sembrava la pallida luna del vespro. Bastò quel paragone a distrarla dal freddo, giacché le portò in mente il ricordo di un'ormai lontana sera d'estate, e successivamente, grazie al normale concatenarsi delle immagini, il fantasticare di ciò che sarebbe accaduto da lì a pochi minuti.
Infatti, il tram che stava aspettando, il numero sette per la precisione, l’avrebbe accompagnata in Via delle Isole per la coincidenza con il numero quattro, infine, sarebbe arrivata in Via dei Principi. Dove abitava Vegeta, il suo ragazzo.
Già, Vegeta… ultimamente era strano. Constatò che fosse perché si vedevano poco, ma c’era sempre quel piccolo tarlo in testa, le scavava buche in continuazione; grandi fosse scure sul fondo delle quali soltanto un nome: Bulma Brief.
C18 si umettò le labbra, che si seccarono subito a causa del clima polare.
Bulma Brief era quanto di più odioso potesse esistere. La cosa peggiore era che alla fin fine non era nemmeno la solita ragazzina scema che credeva.
La odiò sin dal principio: da quando le bagnò la maglia con la birra. Quel piccolo incidente creò in C18 un rancore che si sarebbe dissolto nel giro di mezz’ora, giusto il tempo di dimenticare l’accaduto. Tuttavia, il destino volle alimentare quella ormai fioca fiamma, facendo incontrare le due giovani allo stesso tavolo; intrecciando la loro esistenza intorno allo stesso palo: Vegeta.
Che male c’era se il suo ragazzo passava i pomeriggi a studiare con una compagna di classe? Dopotutto, sarebbe stato solo il tempo di finire il progetto di scienze, poi, lui sarebbe tornato da lei e Bulma… beh, Bulma sarebbe finalmente partita per quel cosiddetto paese.
Sbuffò, di nuovo, la bionda sulla panchina; una nube di vapore le appannò il viso per un istante prima di congelarsi come il resto del circondario.
Strofinò i palmi per l’ennesima volta, e li nascose nelle tasche foderate di raso.
Tirò su il naso; lo tirò su ancora. Chiese un fazzoletto alla signora, la quale rispose “mi dispiace ma non ne ho”.
Farfugliò tra sé un insulto alla donna in questione: poco prima l’aveva vista cacciarne uno dalla borsetta di pelle nera, adesso, invece, mentendo, glielo aveva negato. Che si fotta, allora!
Il tram arrivò alla fine di quel pensiero. C18 si alzò dalla panchina, e, imprimendo il suo passaggio sulla neve, entrò strafottente, spintonando la donna in pelliccia.
Timbrò il biglietto e lanciò una breve occhiata alla corsia, alla ricerca di un posto appropriato. Ne trovò uno vicino al finestrino; poggiò la fronte sul vetro nebuloso, si scompose un attimo per passarci sopra la mano. Mentre faceva luce, alla ricerca del panorama cittadino, sentiva in fronte una chiazza di gelo, dovuta al contatto con la superficie che stava pulendo.
Riprese la posizione e ci restò fino a Via delle Isole. Scese la scaletta metallica, strinse il bavero del cappottino rosso al collo e, letteralmente, si gettò sotto la pensilina della fermata: non voleva che qualcun altro riempisse lo spazio vuoto, lasciandola sotto la neve.
Fortunatamente il numero quattro non tardò ad arrivare, anzi, a causa del ritardo del sette, ci fu da aspettare solo alcuni minuti.
Arrivò in Via dei Principi alle otto in punto; nascose l’orologio sotto la manica e attraversò la strada, al di là della quale si trovava il pesante portone del palazzo di Vegeta.
-Chi è?-
-Io, apri-
Attese lo scatto di apertura e si addentrò nell’ingresso, che odorava di muffa più del solito.
Lanciò un’occhiata circospetta alla statua del dio Nettuno, che salutava ogni ospite puntando minaccioso il proprio arpione.
La ragazza si chiese se non sentisse freddo, nudo com’era. Scosse la testa per la sciocchezza del pensiero e salì le scale, aiutandosi con il passamano.
Il campanello trillò due volte, prima che il ragazzo si decidesse ad aprire.
-Era, ora! Che stavi facendo?-, gli chiese.
-Nulla, dammi il tempo di arrivare alla porta-, si giustificò, impassibile.
-Sei da solo?-
Sporse la testa oltre l’uscio.
-No, c’è una festa-
-Spiritoso- promulgò, varcando, definitivamente, la soglia.
Si spogliò distrattamente, lasciando il soprabito sul divano, come faceva di solito.
-Fuori fa un freddo cane-
Vegeta non le rispose, semplicemente la raggiunse, sedendo sul bracciolo. Accese la tivù, giusto per avere la scusa di non guardare la ragazza.
La sera prima aveva dormito da Bulma; aveva passato un’intera notte sulle coperte della “nemica” di C18. E adesso non sapeva come dirglielo. Meglio, non sapeva se dirlo o no, ma non poteva tacere un avvenimento di tale portata: essersi addormentato senza neanche accorgersene, nel letto di una quasi sconosciuta, con la mente sgombra da qualsiasi pensiero che l’avrebbe portato a desistere dal farlo.
I fatti erano quelli che erano: avevano dormito insieme. Certo, l’aveva anche vista nuda (quasi nuda, per l'esattezza), tuttavia era cosa di poco conto, dal suo punto di vista, rispetto all’aver passato la notte con lei. Stava tutto in quel “non essersene accorto”. Possibile che si fosse trovato così a suo agio da chiudere gli occhi in una stanza in cui aveva messo piede per la prima volta solo quella sera?
Solitamente detestava anche dividere il sonno con altri: c’erano voluti mesi per abituarsi alla presenza di C18 tra le sue lenzuola! Non che disprezzasse la sua compagnia, ma trovava sempre qualcosa che lo tormentasse, come il rumore del suo respiro, i suoi capelli sul viso. D’accordo, forse era un tipo esagerato, ma aveva sempre creduto che il sonno fosse qualcosa di intimo, la culla di sogni che avrebbero aleggiato sopra la sua testa, indisturbati. Gli stessi sogni cui nolente si sarebbe abbandonato, ignaro della realtà che avrebbe preso forma nella sua camera da letto: sarebbe potuto succedere di tutto, mentre dormiva!
Continuava a esagerare, supponendo strani avvenimenti che lo avrebbero colto nel sonno diviso con qualcun altro.
E se quel qualcun altro si fosse svegliato, e gli avesse fatto qualche torto, magari rovinando le proprie cose? Ecco, questa ipotesi non poteva assolutamente essere presa in considerazione, per due semplici motivi: primo, il “qualcun altro” in questione, altri non era che la sua ragazza (lanciò ad essa un’occhiata furtiva) e non avrebbe avuto nessun interesse a rovinare le sue cose, né era maniaca al punto da fargli alcun che approfittando del suo stato di incoscienza; secondo, la sera fatidica non aveva dormito a casa propria, ma da Bulma! Quindi, a rigor di logica, quest’ultima avrebbe dovuto essere in pensiero per i propri fumetti, non lui!
La verità era una soltanto, pura e semplice come la neve in strada: Vegeta aveva il sonno leggero e mai, prima di quella sera, aveva dormito tanto profondamente e tanto beatamente. C’era quindi, da capire perché.
Nemmeno dopo un’intera notte passata in intimità con C18, gli era accaduta una cosa simile; anzi, più volte, si era sorpreso in agitazione, proprio a causa della sua presenza.
Alla fine, cercando una giustificazione a una verità abissata nel suo petto, si disse che era perchè con C18 sentiva il bisogno di fare altro, anziché dormire!
Ghignò, spingendo la bionda tra i cuscini del divano; la baciò con passione, cercando il suo seno acerbo. Tuttavia, s'illudeva soltanto: quella verità poteva nasconderla, magari non riconoscerla ancora, ma era pur sempre lì, rintanata nel suo petto e presto o tardi sarebbe emersa da quegli abissi di vane giustificazioni.

 

 

 :) Ebbene eccomi di nuovo qui! Lo so che non aggiorno da tempo 1998, né le altre storie, ma stanotte non riuscivo a dormire così ho buttato giù questa breve one-shot. Spero sia stata di vostro gradimento: di solito non uso la terza persona, poiché mi sento più a mio agio con la prima, quindi spero di aver scritto qualcosa di piacevole, almeno.

 

 

 

 

 

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