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Autore: Sif    11/10/2010    10 recensioni
«Sto soffrendo» annunciò Stella scartandosi una gelée all’arancia. «Non si urla contro una persona che soffre.»
«Ah, ecco...» le rispose Daria. «E’ per questo che ti stai ingozzando di caramelle? Per la sofferenza?»
(Per tutti quelli che già conoscono Daria, ma anche per chi ancora non ne è stato travolto e vuole comunque correre il rischio)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Ehilaus Saga'
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«Tutti sopravvivono dopo la morte nei ricordi di chi resta, nelle cose che hanno fatto in vita e nel sangue dei loro discendenti. Solo grazie a questo essi diventano immortali... e non come immagini semitrasparenti che fluttuano a mezz’aria.»

(Cecilia Dart-Thornton - “L’albero di ferro”)

 

- DISPERATE CRONACHE DI UN GIORNO NON COMUNE -

 

«Ehilà!»

«Ehilà!»

«Com’è?»

«Bene, grazie. Ho le doglie.»

«Ah, okay.»

Pausa ad effetto.

«HAI LE DOGLIE?!»

«Calma, non agitarti. Lo sai che ti fa male alla salute.»

«Piantala di fare la spiritosa! Dov’è tuo marito?»

«E’ andato a comprarsi un kebab.»

«Che cosa?!»

«E’ andato a comprarsi un...»

«Ho capito! Ma perché cavolo ti ha lasciata sola?»

«Calmati. Ho le contrazioni a dodici minuti di distanza. Ci vorranno ancora delle ore!»

«Sì, ma... ma...»

«Se sei tanto preoccupata perché non vieni a tenermi compagnia?  Sto facendo la crostata di fragole!»

«Tu cosa?!»

«Hai finito di urlarmi nelle orecchie? Devo andare, sento che sta per arrivarmi una contrazione. Ti aspetto!»

Click.

_-_-_-_

«Tu sei pazza. Tuo marito è pazzo. Io pure sono pazza dato che ti sto dando retta!»

Venti minuti dopo, Daria era seduta nell’assolata cucina di Stella a tagliare fragole a spicchi.

«Non capisco tutta questa agitazione» le confessò Stella, incredula. «Non sono mica malata. Devo solo partorire.»

«Ah, beh... Se devi solo partorire...»

«Uffa, che apprensiva» replicò l’amica con affettata esasperazione «Stai per caso cercando di mettermi in ansia?»

«Lungi da me l’idea» le rispose prontamente Daria in tono strascicato.

«E allora rilassati. E’ tutto sotto controllo» la rassicurò Stella alzandosi di scatto dalla sedia e poggiando le mani sul tavolo.

«Che stai facendo?!» le chiese Daria con il panico nella voce.

«Mi metto in posizione» le rispose l’altra come se le stesse spiegando la ricetta del baccalà in umido «Ne sta arrivando una.»

«Una? Una cosa? Una...?»

«Una contrazione. Che altro potrebbe arrivarmi in un momento del genere? Una cartolina dal Polo Nord firmata “Babbo Natale”?»

«E io che faccio?!»

«Segna che ora è sul blocchetto e ricordami di non trattenere mai il respiro» le rispose Stella chinando il busto in avanti e iniziando a prendere lunghe boccate d’aria.

«Okay» disse Daria alzandosi a sua volta e cercando, invano, di assumere un’aria da “no problem, ho tutto sotto controllo”.

«Eccola che arriva» avvertì Stella strizzando gli occhi ed espirando forte dalla bocca.

Il dolore era dipinto a chiare lettere sul suo viso paonazzo ma, oltre a quello, c’era qualcosa che Daria riuscì ad identificare solo col nome di “soddisfazione”. Tutta la figura di Stella emanava dolore e soddisfazione. Un concetto che, dal suo punto di vista, aveva dell’incredibile e, soprattutto, dell’inconcepibile.

«Okay» ripeté Daria, intuendo che il dolore si stava attenuando «Come va?»

«Uff! Che fatica» sbuffò Stella rimettendosi lentamente a sedere. «Roba potente.»

«Vuoi un po’ d’acqua?»

«No, ho paura di rimettere. Ogni volta che ne arriva una, sento che mi si contrae tutto lo stomaco.»

Prima che Daria potesse chiederle che diavolo si fosse bevuta – o, più probabilmente, fumata – la sera prima di andare a letto con in testa l’idea di farsi ingravidare, il rumore di una chiave che girava nella toppa della porta la distrasse.

«Oh, buongiorno!» fece il suo ingresso un Daniel tutto allegro e pimpante avvicinandosi subito alla moglie. «Come stiamo andando?»

«Una meraviglia» gli rispose Daria in tono funebre.

«Me n’è arrivata una giusto un minuto fa» gli rispose Stella, euforica. «Sono sempre più forti!»

«Bene» disse lui con un sorrisone che mal celava un po’ di nervosismo.

«Raga, non sarebbe il caso di andare in ospedale?» chiese Daria in tono speranzoso.

«Bisogna aspettare che le contrazioni arrivino regolarmente ogni cinque minuti da almeno un’ora oppure che si rompano le acque» recitò Stella come le era stato insegnato al corso pre-parto. «Se no ti rimandano a casa.»

«Bene, allora» le rispose Daria guardando con dolorosa rassegnazione la speranza spiccare il volo dalla finestra della cucina. «Cosa ti va di fare adesso?»

«Usciamo? Ho voglia di fare una passeggiata.»

E così, fra un giro al parco ed un calippo al gusto cola, fra una doccia tiepida e un massaggino ai piedi, le ore passarono.

«Cinque minuti e sette secondi!» annunciò Daria trionfante, con lo swatch irony in una mano e la bic nell’altra.

Erano tutti e tre nel salotto di casa.

Daria, in poltrona, aveva l’aria di chi teneva un coccodrillo imbizzarrito infilato nelle mutande troppo strette.

Stella non faceva altro che marciare da una parte all’altra della stanza, senza mai fermarsi se non per correre in bagno o per aggrapparsi ad una sedia quando sentiva sopraggiungere il dolore.

Daniel era intento a mettere in ordine alfabetico tutti i barattoli e le scatole contenuti nella credenza, interrompendo l’arduo lavoro solo per buttarsi a massaggiare la schiena della moglie all’arrivo di ogni contrazione.

«Allora direi che è ora di caricare la valigia in auto» disse quest’ultimo avviandosi verso la cucina e prelevando un borsone blu, già pronto e chiuso dal mese prima, dal pavimento accanto alla porta.

«Beh, è già qualcosa!» brontolò Daria senza particolari ragioni. «Ero quasi certa che avresti portato tua moglie in ospedale con la moto!»

«Per chi mi hai preso?» replicò Daniel facendo finta di offendersi. «Lo so benissimo da me che sulla Ducati non c’è spazio per la valigia». E, così dicendo, uscì chiudendosi la porta alle spalle.

«Ho mal di testa» annunciò Daria massaggiandosi energicamente le tempie.

«Te l’avevo detto che agitarsi fa male alla salute» disse Stella con tono saputo.

«Tu pensa alla tua di salute!» le abbaiò l’amica in risposta.

«Sto soffrendo» annunciò Stella scartandosi una gelée all’arancia «Non si urla contro una persona che soffre.»

«Ah, ecco...» le rispose Daria. «E’ per questo che ti stai ingozzando di caramelle? Per la sofferenza?»

«Le mangio per mettermi in forze! Cosa credi?» le disse Stella artigliando la sedia più vicina.

«Ne sta arrivando una?» le chiese Daria balzando in piedi come se le avessero impiantato una molla nel sedere. «Ma sono passati solo quattro minuti e trentasette secondi!» blaterò guardando l’orologio con occhi spiritati.

«Quanto sei fiscale» le fece notare l’altra mettendosi nella consueta posizione.

«Respira» le ordinò l’amica, massaggiandole energicamente la zona lombare.

La contrazione non era ancora passata quando qualcuno suonò il campanello.

«Chi sarà?» riuscì ad articolare Stella in tono strozzato.

«Sta’ zitta e respira, ti ho detto!» la redarguì la sua assistente in tono (a suo dire) amorevole. «Sarà tuo marito che si è dimenticato le chiavi, no?»

Ma, una volta aperta la porta, Daria si ritrovò davanti ben altro soggetto.

«Oh, no» esalò debolmente.

«Cos’è? Un nuovo modo di salutare?» si informò il nuovo arrivato con aria vagamente risentita.

«Ciao Fabri! Hai visto? Ho le doglie!» gli rivelò briosamente Stella dall’altra parte della stanza, agitando un braccio in segno di saluto.

«Hai... le doglie?» le chiese lui allibito, sbiancando visibilmente.

«Che ci fai qui?» si informò Daria in tono tutt’altro che ospitale.

«Mio cugino mi ha invitato qui per cena, se lo vuoi sapere» le rispose Fabrizio fissandola negli occhi ed incrociando le braccia al petto. «Ma è successo ieri pomeriggio e mi sa che se n’è dimenticato.»

«Ma che peccato» osservò Daria, incrociando le braccia a sua volta.

«Simpatica come sempre, eh? Non mi dai neanche un bacino di saluto?» la beffeggiò lui, allungando le labbra in maniera inequivocabile.

«Io bacio solo gli uomini» gli disse lei rifilandogli un sorrisetto impertinente.

«Cosa vorresti dire?» le chiese Fabrizio con tono minaccioso.

«Voglio dire che stavo giusto pensando a quanto sia sorprendente la tua somiglianza con gli scimpanzé.»

«Ma guarda che coincidenza! Io, invece, stavo giusto pensando di consigliarti una bella ceretta integrale.»

«Ehm, scusate se vi interrompo, ma penso che mi si siano rotte le acque» si intromise Stella, guardando con stupore e curiosità l’inconfondibile gocciolio sotto di sé.

«Porca vacca!» esplose Daria, raggiungendola di corsa.

«Dov’è Daniel?» chiese Fabrizio in tono decisamente stridulo e guardando Stella come se fosse stata un boa constrictor affamato in giro per casa.

«Sta caricando la valigia in macchina! Vai a chiamarlo! Presto!» gli ordinò Daria senza mezzi termini, sorreggendo l’amica che stava per avere un’altra contrazione.

«Macchina?» chiese il ragazzo, più a sé stesso che a Daria. «Avrei giurato che l’avrebbe portata in ospedale in moto...»

_-_-_-_

«Calmati.»

«Come faccio a calmarmi?»

«Respira.»

«Non dire certe cose, per favore!»

Era ormai più di tre ore che Daria e Fabrizio occupavano la sala d’aspetto dell’antico ospedale ginecologico.

La vecchia finestra sbrecciata, spalancata per permettere il già misero passaggio di aria nella stanza, si affacciava sulla buia collina che, non molto tempo prima, era stata testimone di un sorprendente Capodanno.

La luce al neon della sala d’aspetto era l’unica fonte di luminosità di tutto il reparto, eccetto per qualche piccolo riverbero proveniente dal corridoio che portava alle stanze delle neo-mamme ricoverate.

Tutto era deserto e silenzioso. A quanto pare, pure i nuovi piccoli arrivati se ne stavano buoni e a nanna in attesa della nascita del loro imminente compare.

Daria, a furia di andare avanti e indietro per la stanza, stava seriamente rischiando di lasciare un solco sul pavimento.

Fabrizio, all’apparenza più calmo, sedeva a braccia conserte su una delle sedie di plastica blu allineate alla parete spoglia; solo il continuo movimento della gamba destra tradiva un certo nervosismo.

«Come mai non ci sono i futuri nonni e zii insieme a noi?» chiese quest’ultimo, giusto per fare un po’ di conversazione.

«Perché Daniel e Ste’ hanno deciso di non dire loro niente fino a che tutta... la faccenda non si sarà conclusa. Per non preoccuparli. Sai come sono apprensivi i parenti in certe occasioni, no?»

«Sì, certo. I parenti sono apprensivi» ripeté Fabrizio osservando il pallore del viso della sua interlocutrice. «E come mai noi due non stiamo litigando?»

«Perché ora non ne ho né il tempo né le facoltà mentali. Non riesco neanche a ricordare cos’ho mangiato oggi a pranzo! Anzi, non so neanche se ho mangiato qualcosa!» confessò Daria, con una leggera nota isterica nella voce.

«Allora ammetti che, quando litighiamo, è tutta colpa tua.»

«Se ti dico di sì la pianti con ‘sti discorsi inutili?»

Fabrizio non rispose. Complici le occhiate ossessive che Daria, nella speranza di ricevere notizie al più presto, lanciava in direzione della porta ogni due secondi, lui approfittò per osservarla con relativa calma. La ragazza appariva adorabilmente tenera e indifesa in quel momento. Cosa assolutamente incredibile per lei.

«Vieni a sederti, dai. Non serve a niente agit...»

Un urlo squarciò, improvviso, il silenzio. Un urlo di dolore, attutito da un paio di porte, ma comunque molto ben udibile. L’urlo di una madre.

«E’ lei» sibilò Daria fermandosi nel bel mezzo della stanza. «E’ Stella!»

La paura la gelò sul posto e, al contempo, sentì le gambe spiacevolmente molli; ma, giusto un secondo prima che le ginocchia le cedessero del tutto facendola cozzare contro le dure piastrelle del pavimento, due braccia robuste e decise la cinsero, stringendola contro un torace accogliente.

Il profumo dei vestiti di lui la calmò istantaneamente, come neanche una generosa dose di valium sarebbe stata in grado di fare. E lei, chiudendo gli occhi, se la inspirò tutta quella dolce fragranza, a pieni polmoni e senza il minimo cenno di imbarazzo.

Un altro suono, più forte e prolungato del precedente. Non un grido, ma un vero e proprio ruggito.

Daria pensò a come dovesse presentarsi Stella in quel momento: paonazza, sudata, sofferente, con a fianco Daniel che, stringendole la mano, la incitava a spingere e le diceva che era bravissima...

“Forza, sorella! Dai, che ce la fai!”

Un altro ruggito, sempre più forte.

Daria non aveva più paura adesso, ma, decisamente, non stava nella pelle. Si sentiva eccitata ed elettrica. Se non fosse stata più che certa che un intero squadrone di infermiere l’avrebbe placcata e sbattuta fuori dal reparto a calci nel didietro, si sarebbe subito fiondata nella sala parto per fare il tifo all’amica.

Si ritrovò a considerare, follemente, che l’abbraccio di Fabrizio l’avesse spogliata della paura per far riaffiorare nuovamente la sua fredda lucidità ed il suo spirito combattivo. Folle considerazione, appunto.

«Mi stai stritolando» la riportò bruscamente alla realtà la divertita – ma decisamente compiaciuta – voce di Fabrizio.

«Ooh... Shut up!» lo zittì lei, indolente, senza mollare minimamente la presa.

Ancora un altro ruggito, più prolungato e... diverso! E poi, una serie di indistinte voci concitate.

Daria e Fabrizio sciolsero lentamente l’abbraccio e volsero lo sguardo verso la porta, in attesa. L’atmosfera era cambiata. Ora non c’era più tensione nell’aria, ma solo aspettativa.

Passarono parecchi minuti prima di sentire rumore di porte spalancante e di passi spediti in avvicinamento.

«E’ maschio! E’ nato! E’ maschio!!» si spolmonò il neo papà apparendo improvvisamente sulla soglia della sala d’aspetto.

«Guarda che lo sapevamo già che è maschio!» precisò Daria in tutta la sua dolce e sensibile indole, direttamente dalla serie “io so tutto, tu non sai niente”.

«Congratulazioni!» quasi urlò Fabrizio rifilando una potentissima pacca tra le scapole del cugino.

«Stella?» si informò Daria, impaziente.

«E’ stanca, ma sta benissimo! E’ stata bravissima!» esclamò Daniel con voce emozionata, mentre tutti e tre uscivano dalla stanza.

«E il piccolo?»

«E’ perfetto! Bellissimo! Mamma mia, dovreste vederlo!» snocciolò sorridendo sempre di più.

La porta del reparto si spalancò nuovamente e Stella fece la sua trionfale entrata in scena a bordo di una carrozzina sospinta da un’infermiera. Aveva il viso pallido e segnato dallo sforzo e dalla stanchezza, i capelli più scarmigliati che mai ed una flebo attaccata al braccio. Ma, nonostante ciò, osservò Daria, i suoi occhi non erano mai stati più luminosi e felici.

Inconcepibile”.

«Tu!» sibilò Stella puntandole un dito contro. «Ti proibisco di fare figli prima dei quarant’anni!»

«Okay!» le rispose Daria sghignazzando ed alzando i pollici in segno di assenso.

_-_-_-_

«Ste’, assomiglia tutto a te.»

«Oh, grazie tante, Daria!»

«Daniel, non prendertela. Sai che le donne fanno sempre comunella, no?»

«Tu fatti i fatti tuoi, scimpanzé, che di donne ne sai ancora meno di ‘sto cosino qui appena nato.»

«Ti adoro quando sei così dolce, piccola stritolatrice di uomini.»

«Vuoi morire oggi?»

«Bambini non urlate, rischiate di farvi sculacciare dalle puericultrici.»

«Vedo che il parto non ti ha privata della tua inseparabile faretra piena di frecciatine, Stella» osservò Fabrizio in tono divertito. «Allora? Che nome avete dato all’erede?»

«Raga, vi prego. Ditemi che non l’avete chiamato come tuo fratello, Ste’!» implorò Daria, con la colonna sonora de “Il Padrino” che già iniziava a echeggiarle nelle orecchie.

Daniel e Stella si guardarono per un attimo negli occhi e, volgendo poi lo sguardo verso il roseo e paffuto pupo addormentato, diedero la loro unanime risposta: «Leonardo.»

°°°*°°°

 

Dedicato al fu Michele, detto Leonardo da Vinci.

Spirito nobile, anima  fanciullesca e genialità sopraffina,

sarai sempre con noi ed in noi.

 

   
 
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