INFLUENZE SALGARIANE
FANFIC EXCHANGE:
COMMITTENTE: Orchidea
Fantasma
FANDOM:
Supernatural
PAIRING:
Dean/Sam
§§§§§
“SAMMY!!”
L’urlo di Dean riecheggiò nella grotta illuminata dalla luce spettrale
delle fiaccole, fatte di fasciami resinosi che buttavano sulle pareti dipinte
con arcaici disegni di antichi demoni al colmo della loro potenza una luce
infernale mentre attorno a loro il suono del ramsinga rituale misto alle nenie
cantate dagli Strangolatori aumentava sempre più
d’intensità.
E
dire che non erano in India ma in una sperduta città nel centro
dell’Iowa!
Dean
Winchester era a terra, legato strettamente con corde vegetali e ferito
profondamente, sul corpo e nel cuore, un dolore lancinante che gli scivolava sin
nelle viscere; respirava affannosamente, cercando avidamente di immagazzinare
più aria possibile, si sentiva soffocare e il corpo intorpidito dall’effetto del
veleno che scorreva col sangue certo non
aiutava.
Gli
venne da vomitare.
“Sammy…” bisbigliò il cacciatore con gli occhi gonfi e cerchiati di
violetto, “Cosa ti hanno fatto…?” mormorò lui, furioso e
amareggiato.
Davanti a lui, il fratello minore maneggiava con inquietante abilità un
kriss dalla punta splendente per le fiamme, macchiato di rosso scarlatto; della
dolcezza quasi bambina di quel viso incorniciato di riccioli dorati non era
rimasto più nulla, gli occhi profondi e luminosi rintronati dalla droga che gli
avevano iniettato e spenti per l’ipnosi che lo teneva
soggiogato.
Non
lo riconosceva, lo avrebbe ucciso…
Senza
dubbio.
Con
la coda dell’occhio, Dean vide il capo di quella combriccola di pazzi svitati
che rideva istericamente, odiava quel suono più di quell odi quei maledetti
tamburi.
Oh,
se solo fosse stato libero…
Gli
avrebbe tagliato la lingua, oh se l’avrebbe
fatto.
Si
sarebbe vendicato e poi se ne sarebbe andato con il
fratello.
Già…
Sam.
Dean
spostò lo sguardo sulla sagoma incredibilmente magra del ragazzo più giovane e
percepiva una rabbia sorda strisciargli nel cuore e azzannarglielo,
avvelenandolo senza pietà con la furia cieca e animalesca, istintiva e
primordiale.
“BASTARDO!” urlò il maggiore dei Winchester, dibattendosi nelle corde che
lo tenevano legato, “PRENDITELA CON ME, MALEDETTO FIGLIO DI PUTTANA!” gridò il
giovane uomo, “MA LASCIA STARE MIO FRATELLO,
VIGLIACCO!”.
Il
sacerdote smise di ridere per un attimo, e anche il rumore del ramsinga si placò
mentre la misera marionetta che era ormai il corpo di Sam cadeva a terra, seduta
docilmente sul terreno polveroso.
La
mano adunca dell’officiante si allungò verso il viso magro ed emaciato del più
giovane, che spalancò di scatto gli
occhi.
Fu un
attimo.
Sammy
si slanciò su Dean con la violenza di una belva feroce, menando colpi di pugnale
al fratello inerme che urlava dal dolore, scosso dalle convulsioni che il suo
corpo ormai in balia del liquido venefico a stento riusciva a
sopportare.
Se
possibile, il clamore aumentò, a ogni fendente sembrava quasi che i corpi dei
presenti si protrassero per assaporare ogni frammento di sofferenza, se con Dean
moribondo loro stessero acquistando nuova forza e nuovo
vigore.
“Fratellino…” singhiozzò Dean, era esausto, tutto gli giungeva ovattato
alle orecchie, che veramente quella fosse la sua fine, morire in un puzzolente
sotterraneo per mano di un Sam ignaro e inconsapevole che era lui il suo
assassino, plagiato da un manipolo di puzzolenti imitatori di una antica setta
di strangolatori indù?
Una
lacrima, forse l’unica che per lui significava davvero qualcosa come adulto,
scivolò dai suoi occhi.
L’impeto dell’aggressione si placò e subito dopo, sovrastando il grido
dei tamburi, si sentì distintamente il suono delle sirene della
polizia.
I
sedicenti Thugs presero a scappare in tutte le direzioni, lasciando in breve la
sala.
Cadde
una quiete tombale.
“Dean…” la voce di Sam, del vero Sam Winchester, dolce e bassa seppur
stranamente arrochita in quel momento, ma ci si poteva giurare che fosse la sua,
risuonò incerta, squarciando il
silenzio.
Il
kriss cadde a terra nello stesso momento in cui sul viso del più giovane era
comparso un barlume di orrenda consapevolezza e dolore, accorgendosi troppo
tardi di ciò che quelle sue mani avevano fatto alla persona più cara per
lui.
“CAZZO DEAN!” urlò il biondino sconvolto, gettandosi su di lui per
soccorrerlo, “Non preoccuparti…” brontolò il fratello, “Sto benissimo… ora però,
se permetti, credo che… Dormirò qualche minuto…” sussurrò il bruno, prima di
scivolare nel buio del sonno innaturale della
morte.
§§§
L’alba livida del terzo giorno si alzò sulla cittadina addormentata e
ignara di tutto mentre per il giovanissimo Sam Winchester ne cominciava uno
nuovo di sofferenza.
Dopo
la fine di quell’incubo, aveva portato a fatica tra le sue braccia il corpo del
suo fratellone sino all’Impala, attingendo ad ogni singolo grammo di energia per
non cadere miseramente a
terra.
Quella lunghissima notte aveva perfino pregato, pregato chiunque ci fosse
lassù di non portargli via l’ultima famiglia che gli era
rimasta.
Con
cura infinita, lo aveva curato per giorni e notti lunghissime, senza mai
staccarsi da lui: gli aveva cambiato le bende sporche, asciugato lacrime e
sudore nel delirio della febbre, tenuto la mano quando, nell’incoscienza, lo
cercava, lo chiamava, lo implorava.
Senza
dire nulla.
Senza
pensare.
Senza
voler pensare.
Perché farlo voleva dire ricordare, ricordare di essere stato lui
l’artefice di quel massacro.
“Sammy…” mormorò Dean, aprendo finalmente gli occhi: “Acqua…” tossì il
bruno, rabbrividendo di freddo.
Il
biondo prese il bicchiere e, tenendogli la testa sollevata, lo aiutò a bere; al
contatto con il liquido fresco, il ferito inghiottì sorsate su sorsate, arso
dalla febbre e disidratato: “Ehi, fai piano, non scappa nulla!” lo rimproverò
l’infermiere improvvisato.
Il
fratello si lasciò poi ricadere sui cuscini, esausto, guardando con disappunto
la flebo di fortuna approntata da Sam: “Sicuro che questa roba funzioni?” chiese
sospettoso lui, “Si, Bobby ha detto che sei stato fortunato, MOLTO fortunato.”
disse solo l’altro in risposta, tenendo lo sguardo ostinatamente
basso.
Dean
gli prese la mano, stringendogliela con tale forza che sembrava volergliela
spezzare: “Guardami quando mi parli, non mi va di non vederti in faccia.”
borbottò lui, obbligandolo ad alzare la testa, “E non fare quella faccia, non
sono mica morto!” cercò di ridere il bruno, ma anche quel semplice movimento gli
era praticamente impossibile, non c’era muscolo che non gli
dolesse.
Un
peso considerevole gli atterrò sulle costole doloranti, una mezza imprecazione
gli salì alle labbra ma se la rimangiò seduta stante non appena riconosciuto il
calore che lo avvolgeva e la stretta attorno al suo
collo.
E poi
le labbra che gli sfioravano affettuosamente la pelle appena rimarginata,
seguendo un percorso di lacrime impercettibilmente
segnato.
“Mi
spiace…”
Due
parole così semplici e al tempo stesso così
laceranti…
Dean
quasi poteva vedere il cuore del ragazzo più giovane
spezzarsi.
“Non
dire cazzate, fratellino!” lo rimbrottò, allungandosi a dargli un coppino sulla
nuca incautamente scoperta, “Siamo fratelli, amici, amanti, siamo una famiglia.
Viviamo sul filo del rasoio, e se queste ferite mi hanno permesso di salvarti…
Beh, me le farei infliggere altre cento volte, sono stato chiaro a
sufficienza?”.
E per
sottolineare meglio la cosa, lo baciò.
Un
bacio che non restò isolato.
Perché anche Sam diede il suo contributo misto a coccole piene d’amore
che, almeno per quella volta, Dea non
rifiutò.
Dopotutto, a volte era bello farsi viziare.