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Autore: AvevoSolo14Anni    17/10/2010    0 recensioni
Quindici anni, tanta voglia di divertirsi con le amiche e una vacanza in una delle città più belle del mondo: la grande Londra. Ma per Giulia, questa non sarà una vacanza come tante altre...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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L’inizio della vita vera


   Che bello. Ero pronta. Stavo per partire per un viaggio fantastico.
   Ovviamente insieme alle mie best. Non tutte. Solo le migliori. Ci sarebbero state Giulia e Valentina.
   L’Inghilterra. Wow. Londra.
   Giulia c’era già stata,  io mai e neppure la Vale.
   Là avremmo fatto quattro ore di scuola tutte le mattine e poi si poteva fare qualsiasi cosa.
   Eravamo tutte bravissime in inglese, soprattutto la Vale. Avevamo quindici anni e stavamo andando in Inghilterra da sole. Mitico.
   Ci andavamo tutte per motivi diversi. La Giulia semplicemente per divertirsi con noi, la Valentina per divertirsi e per esplorare una nuova e bellissima città ed io… beh, ok. Io ci andavo per tentare di vedere Robert Pattinson. È scontato, ovvio. E sapevo bene che, se non ero riuscita a vederlo nel misero paesino di Montepulciano, che possibilità avevo di vederlo nell’immensa e popolosissima Londra?
   Zero possibilità, lo sapevo. Ma tentavo di essere ottimista.
   Non ero troppo contenta di prendere l’aereo, e dovettero tenermi occupata per tutto il volo.
   Arrivate là… eravamo a dir poco entusiaste.
   Il college dove alloggiammo era molto bello. Grande. Molto ordinato,  tutto con grandi tende e tappeti bordeaux.
   La prima settimana passò in fretta. Studiare e uscire, studiare e uscire. Quanto era bella Londra. Ma io tutti i giorni non potevo evitare di deprimermi un po’.
  
   Anche la seconda settimana stava per finire. Era giovedì 13 agosto, noi saremmo partite il sabato presto.
   Ormai dovevo arrendermi. Uffa.
   Il pomeriggio altri musei, ormai li avevamo visti tutti. All’uscita stavamo per andare a prendere un gelato in un posto dove avevamo scoperto che erano molto buoni.
   Ma appena uscite mi svetta vicino a passo lesto un ragazzo tutto bardato in un felpone, con cappellino di lana, molto alto… sembrava circa… un metro e novanta! Ed era pure seguito da un omaccione robusto! Era lui, il brivido che sentivo correre su e giù per la mia schiena ne era la prova.
   “Eccolo!!!” urlai alla Vale e alla Giu.
   Mi pietrificai sul posto anziché correre, reazione stupida.
   “Ecco chi?” la Valentina.
   “Ro-Robert Pattinson!” in un sussurro. Non sono normale.
   Ecco. In quel momento ebbi la prima reazione normale. Lo vedevo camminare velocemente verso la macchina, allora afferrai il braccio delle mie amiche – che non so che faccia avessero in quel momento – e corsi a razzo verso… una di quelle macchine coi vetri oscurati che odiavo tanto.
   Era a due passi dalla macchina quando urlai “Robert! Aspetta!” (ovviamente tutte le conversazioni in cui parlo con lui sono in perfetto inglese).
   Si girò. Dal cappellino di lana – odio anche quei cappelli – spuntavano i suoi capelli scompigliati. Aveva i suoi soliti Ray-Ban. W-o-w. Mamma mia. Ma quanto era alto? Giusto, un metro e novanta. Cavolo.
   Magnifico. Di sicuro non avevo mai visto qualcosa di così meravigliosamente perfetto dal vivo nella mia vita.
   Mi resi conto che ero a due metri da lui e che lo guardavo pietrificata. Tentai di chiedergli un autografo ma le mie labbra non volevano collaborare. Per fortuna la Valentina si rese conto del mio stato e mi tolse le parole di bocca.
   “Per favore, ci puoi fare un autografo?” anche a lei tremava la voce.
   “Certo” sorrise.
   Non caddi a terra per miracolo, mi limitai a traballare.
   Il suo bodyguard non sembrava d’accordo e lo voleva spingere dentro la macchina ma lui lo mise ‘a cuccia’.
    Tirai fuori dalla borsa la sua foto che portavo sempre con me aspettando questo momento. Sembravo un cyborg.
   Mi resi anche conto che lo stavo continuando a fissare negli occhi. Ma non riuscii a scostare lo sguardo. In quel momento il mio corpo non obbediva ai miei ordini, o forse sapeva cosa volevo fare in realtà e quindi non dava retta alle deboli richieste che facevo.
   Dopo averci fatto gli autografi ci mettemmo a parlare. Parlammo di tutto: perché mi piaceva, del suo ruolo in Edward e molto altro. Parlare con lui non era difficile come immaginavo.
   Non so bene come ma passò un’ora. A quel punto le mie amiche si stufarono e decisero di andare loro due a prendersi il gelato per poi ritornare a prendermi e andare al college. Ovviamente perché sapevano che non mi avrebbero mai smosso di li finché lui mi parlava.
   Allora loro se ne andarono e mi lasciarono sola con lui… e con il suo bodyguard ovviamente, ma era come se non ci fosse. In quel momento il mio cervello era diviso in due. Una parte seguiva il discorso, rispondeva e capiva cosa stava dicendo. L’altra parte invece si affannava nel tentativo di capire perché quella creatura parlava con me, perché non mi faceva cacciare dal suo bodyguard, perché mi continuasse a fare domande e perché rideva in quel modo delizioso a tutte le mie battute.
   Quella parte cercava di trovare qualcosa che Lui potesse trovare di interessante in me, senza risultato. Che avevo di interessante?
   Ad un certo punto venne l’argomento New Moon. E io gli dissi “Si, io c’ero a Montepulciano, ma purtroppo non sono riuscita a vedere nulla!” sguardo da cane bastonato.
   “Oh, mi dispiace. Da dove venivi?” mi chiese, anche lui sembrava stranamente rattristato.
   “No, abitavo vicino. A Genova” feci un mezzo sorriso.
   “Beh, non è poi così vicino” mi guardò serio.
   “C’è chi è venuto dalla Spagna e dall’Inghilterra” sorrisi.
   “Beh si, ma quelli sono pazzi” ridacchiò.
   “Lo avrei fatto pure io” non so bene come lo guardai. Di sicuro in un modo che mi avrebbe dovuto imbarazzare molto, ma non successe. Forse perché non vi vergognavo di dirgli apertamente che mi piaceva – e tanto.
   “Davvero?” mi guardò come se gli stessi dicendo chissà cosa.
   “Certo” seccamente.
   “Perché?” mi chiese con aria confusa.
   “Per vederti!” dissi.
   Mi guardò strano come se non capisse. Allora aggiunsi “Perché credi che io sia qui? Per studiare inglese? No di certo!” lo dissi con un’aria di disgusto. Studiare? D’estate? Io? Perché dovrei?
   Continuò a fissarmi.
   “Comunque stavamo parlando di Montepulciano” suggerii.
   “Ah sì, scusa. È che questa cosa mi ha un po’ scioccato. Vabbè. Qual è la tua parte preferita di New Moon?” chiese ad un tratto.
   Arrossii “Quella in cui sei in piazza e Bella ti salva” sorrisi.
   “Che vergogna quella scena. Era meglio se al mio posto ci fosse stato Cam” arrossì pure lui. Bellissimo.
   Lo fissai senza capire. “Perché?”.
   “Perché i miei muscoli lasciano al quanto a desiderare!” sbuffò.
   Per poco non gli urlavo di tutto “Ma scherzi?! In meno di un anno, anzi in sei mesi, ti sei fatto degli addominali da urlo!” appena mi resi conto di quello che avevo detto desiderai svanire.
   “Dici sul serio?” lo disse in tono sincero. Non come se mi stesse prendendo in giro o come se si stesse vantando, ma come se davvero non ne fosse sicuro.
   “Giuro” sorrisi.
   “Vuoi fare una foto?” mi chiese d’un tratto.
   “Come? Te ne ho già fatto due” dissi, senza capire.
   “No” disse, alzò le braccia e si tolse la maglia. Sorrise – probabilmente della mia faccia – e disse “intendo così”.
   “O-ok…”  dire che in quel momento ero stordita era dire poco.
   Gliela feci. A casa ne avrei fatto un poster enorme e appeso al soffitto. Che foto magnifica.
   Purtroppo si rimise la maglietta. Per il mio cervello era meglio così, balbettò e si rimise a funzionare. Sentivo il mio cuore battere fin nelle dita dei piedi.
   Dopo questo continuammo a chiacchierare del più e del meno.
   Non so bene come ma parlammo per un’altra ora, poi Valentina e Giulia tornarono a reclamarmi.
   “Arriveremo tardi a cena!” disse Valentina.
   “Sbrighiamoci perché sennò ci dicono di tutto! E poi io voglio mangiare, se facciamo tardi troviamo solo gli avanzi” aggiunse Giulia.
   I miei pensieri erano più o meno così: Cosa?! Io sto parlando con ROBERT PATTINSON  e loro si preoccupano per la cena? Ora gli stacco la testa a morsi… no, meglio di no. Spaventerei Rob.
   Di mala voglia biascicai un ‘ok’.
   Mi girai per salutarlo.
   “Ciao” dissi in tono scontento. Perché sapevo che quello era un addio.
   “Ciao” mi disse anche lui. Ma all’improvviso fece una cosa che mai e poi mai avrei immaginato. Si chinò rapidamente verso di me e mi diede un bacio sulla guancia, come farebbero due amici che si salutano. Quello fu troppo. Tutto divenne sfocato.
   Svenni.
 
   Mi risvegliai con un forte mal di testa. Avevo qualcosa di freddo sulla testa. Uh, ghiaccio.
   Li per li non mi ricordai nulla.
   La prima cosa di cui mi resi conto fu che ero in un posto a me sconosciuto. Poi arrivarono alcuni ricordi. Musei. Giulia, Valentina e… un ragazzo che mi passa davanti a passo veloce. Oddio. Robert Pattinson. Ma era stato solo un sogno?
   Tentai di ricordare le ultime cose che mi erano successe. Io che lo saluto. E poi sorpresa… il bacio! Oddio. Non ci credevo. Ero svenuta! Che figura di merda! E dovevo pure aver battuto la testa.
   Mi stiracchiai dal divano su cui ero distesa.
   “Giulia,” la voce della Giulia Erre mi tranquillizzò, “buon giorno. Sono solo le 19:30. Per colpa tua niente cena e una sgridata”.
   Ok, non mi rassicurò molto.
   “Ehi, riecco la Bella Addormentata!” Valentina. Mi tirò per un braccio, sembrava in ansia “Nico sbrigati che ci dicono di tutto quelle! Non sanno dove siamo…”.
   “Se è per questo neanche io so dove siamo, Ninì” la interruppi.
   “Sei a casa mia” una voce che ormai conoscevo parlò da dietro di me.
   Oddio. No, non è possibile. Pensai. Non potevo essere a casa Sua!
   Se questo era un sogno oppure una realtà alternativa nella mia testa, avrei voluto non svegliarmi mai più. Tutto sembrava vero, come per esempio il mio mal di testa.
   “Ma che è successo?” piagnucolai, facendo finta di non ricordare.
   Robert cercò di soffocare una risata. Arrossii. Ovviamente la Valentina disse ciò che pensava –non ho mai capito se questo è un pregio o un difetto.
   “Cara mia, è successo che per colpa tua le insegnanti del college avviseranno i nostri genitori, che andranno in ansia, perché siamo disperse. E tutto questo perché tu sei svenuta per un bacio sulla guancia” era proprio incazzata.
   “Uffa, niente cena. Io ho fame” Giulia più che altro si preoccupava della cena.
   “Tranquille. Avviseremo il vostro college. E per la cena vi porto fuori io” disse Rob.
   Oh, ma oggi quante volte mi voleva far svenire? Riuscii per miracolo a restare lucida. E dissi “Bene” forse con un po’ troppo entusiasmo.
   Non so perché ma volevo assolutamente che qualcuno mi raccontasse dettagliatamente cosa fosse successo, ma – sempre per motivi misteriosi – non lo chiesi a nessuno.
   La sua casa era molto grande. Moderna. Con un ampio giardino attorno. Sì, era una villetta.
   Uscimmo, sempre accompagnati dal suo bodyguard – che chissà perché ci guardava male –, e andammo alla macchina nera.
   Robert mi invitò a sedermi nel sedile più in fondo assieme a lui. Le mie amiche erano davanti a noi e ovviamente l’uomo-orso guidava.
   Nel tragitto Robert telefonò – col suo bellissimo cellulare – al nostro college e gli raccontò che eravamo con lui, che stavamo andando a mangiare e che saremmo tornate un po’ più tardi. Avrei voluto vedere la faccia di quella che ha risposto quando lui gli disse “Buon giorno, sono Robert Pattinson…”.
   Ci fermammo di fronte ad un ristorantino. Sembrava piccolo ma raffinato. Solo quando scesi dalla macchina vidi l’insegna “Da Mario e Famiglia” e capì che era un ristorante italiano. Wow, molto premuroso.
   Mangiammo lì. Era tutto buono. Questa volta parlammo tutti insieme. Pensai che anche le mie amiche fossero stupite da tutto questo, ma di sicuro lo davano meno a vedere di me.
   Alla fine ci alzammo, Robert pagò il conto e uscimmo.
   Non ero pronta a questo.
   C’erano quattro fotografi fuori ad aspettarci e appena usciti scattarono i flesh. Rob li salutò e si mise pure in posa per una foto assieme a noi tre. Ci mise le braccia sulle spalle, stringendoci.
   Forse voleva mettere alla prova la resistenza del mio cuore. Sapevo solo che quel giorno ero andata un po’ troppe volte in fase anaerobica.
   Sempre tra gli scatti e le domande dei fotografi risalimmo in macchina. Il bodyguard spinse via quegli uomini che stavano solo facendo il loro lavoro – e in effetti, lui faceva il suo – salì in macchina pure lui e partimmo.
   La strada verso casa fu più silenziosa. Io stavo cadendo in depressione. Quella giornata non poteva finire. Poi lui disse “Se vi va domani possiamo rivederci, avrò in visita un amico che voi sicuramente conoscete, forse volete incontrarlo”… e quella giornata non sarebbe finita.
   Senza neanche guardare le mie amiche feci un sorriso a trentadue denti e dissi “Sì”.
   Sorrise pure lui.
   Ma tutto ciò rendeva ancora più probabile l’ipotesi del sogno, e sapevo che quando e se mi fossi svegliata – magari ero in coma, no? – avrei sofferto per la delusione.
   Scesi e ci salutammo con un “A domani”, ma questa volta evitò baci o roba simile.
   Quando la macchina prese l’angolo mi ritrovai a saltellare. Saltellai fino alla camera e anche dentro.
   Poi mi ricordai delle mie amiche.
   “A voi non dispiace per domani, vero?” chiesi.
   “No, ma se fosse stato il contrario ti sarebbe importato qualcosa?” chiese la Vale.
   “Sarei andata da sola” dissi con leggerezza.
   “Ti rendi conto che non ci ha dato nessun appuntamento, a nessun’ora e in nessun posto, vero?” evvai, pessimista fino in fondo.
   “Sì, lo so. Ma tu proprio non puoi vivere senza rovinare il momento più bello della mia vita” misi il broncio.
   “Sono solo realista” disse.
   “E io voglio essere ottimista” sorrisi.
   Dato che c’era il coprifuoco, dovemmo andare a dormire.
  
   La mattina dopo mi svegliai presto. Sorrisi. Sorrisi perché avevo appena dormito e tutto quello non poteva essere un sogno, perché nei sogni non si sogna di dormire. Non è normale.
   Dopo poco svegliai le altre.
   Andammo a fare colazione.
   Uffa, ancora cinque lunghe ore prima di rivederlo. Perché l’avrei rivisto, ne ero certa.
   Per fortuna quelle ore passarono in fretta, ovviamente ero con la mente dall’altra parte della città, ma nessuno se ne accorse.
   Il mio cervello si riaccese quando, uscite dal portone del college, vidi davanti a noi l’adorata Mercedes nera – chissà perché prima odiavo quella macchina. Quasi corsi.
   Aprì la portiera dietro e subito mi spensi. A parte l’autista, la macchina era vuota.
   Mi sedetti sola al solito posto. Solito? Wow.
   Mi riaccesi appena da lontano scorsi la sua casa.
   Lui era li ad aspettarci.
   “Buon giorno ragazze, tutto bene?” sorrise.
   “Certo” in quei momenti facevo da portavoce.
   “Venite, vi voglio presentare un mio collega che di sicuro conoscete” noi ci guardammo perplesse. Allora lui disse “Kellan, vieni”.
   Vidi gli occhi della Giulia illuminarsi. Per poco non si metteva a piangere. Le toccai un braccio e lei senza guardarmi fece un gran sorriso.
   “Piacere di conoscervi” ed ecco spuntare Kellan Lutz. Strinse  la mano a tutte.
   Non so come ma la Giulia riuscì a dire “Piacere nostro” riuscivo quasi a sentir gridare i suoi pensieri. Di sicuro erano molto incoerenti in quel momento.
   Dopo poco ci dividemmo in due conversazioni ben separate ed io mi ritrovai da sola con Rob che mi faceva vedere la casa.
   “Gran bella casa” gli dissi.
   “Grazie” sorrise.
   “Hai anche la piscina?”.
   “Sì, la vuoi vedere?”.
   “Certo” e mi portò fuori.
   Anche la piscina era bella. Mai quanto lui, però. Infatti continuavo a fissarlo.
   “Allora, dimmi, quando riparti?” chiese lui ad un certo punto.
   Oh, no. Non ci avevo pensato! Il giorno dopo sarei partita! Non l’avrei mai più rivisto! Tristezza.
   “Domani” feci una smorfia.
   Anche lui si rattristò “Domani?!”.
   Annuii.
   “Ah…” si mise a pensare.
   Lo fissai perplessa finché lui se ne accorse.
   “Aspetta, sto cercando di architettare un piano” sembrava concentrato.
   “Un piano per cosa?” chiesi ancora più perplessa.
   Aravamo seduti sul bordo della piscina.
   “Per tenerci in contatto a distanza” disse tranquillo.
   Mi mancò veramente poco a fare un bel bagnetto.
   Si accorse della mia faccia strana.
   “Che c’è?” mi chiese.
   “Sto cercando di capire perché…” dissi tristemente.
   “Perché cosa?”.
   “Perché tu vuoi restare in contatto con me” proprio non capivo. 
   “A un attore inglese non può stare simpatica una ragazza italiana?” mi fissò negli occhi, come a volermi comunicare che tutto ciò era normale.
   “Non so, ma mi sembra strano…” dissi in fine.
   “Ovviamente se tu vuoi, perché sennò…” incominciò.
   Ma era pazzo?
   “Certo che voglio!” lo interruppi. Ma come pensava? Mistero.
   “Bene, perché ho un’idea. Non sei come Bella con i regali, vero?” fece un sorrisetto.
   “No” dissi. Regali?
   “Bene” ed ecco una cosa veramente perversa. Robert Pattinson fece il sorriso sghembo alla Edward. Eh sì, Bella aveva ragione. Quel sorriso da alla testa.
   “Per favore, spiegati” dissi ancora abbaiata.
   “Forse tu non lo sai, ma esiste una chat fatta apposta per gli attori famosi. È mondiale, così puoi restare in contatto con chi vuoi. Però ci vuole un computer adatto. Uno di quei mini portatili. Io già ne uso uno, ma ne ho un altro e se lo regalo a te potremmo stare in contatto senza difficoltà telefoniche, postali, eccetera eccetera” sorrise.
   Io invece sgranai gli occhi. Mi voleva regalare un PC? Con una chat segreta dentro? Oddio, chissà quanto costava quella chat! Non potevo.
   “Ma… ecco… da me internet non è gratis, e già ho un computer e…” stavo per finire ma mi interruppe.
   “Ovviamente tutto a mie spese. Sono io che ho avuto l’idea” sorrise.
   “Oh” ok, il bordo della piscina non era proprio il posto ideale.
   “Allora ci stai?” chiese dubbioso.
   Potevo dire di no? Se lo avessi fatto, come minimo dopo mi sarei presa a schiaffi per una settimana di seguito. “Ok” dissi.
   “Perfetto” sorrise pienamente.
   Gli altri ci raggiunsero e fu di nuovo tutta la sera una chiacchierata amichevole, a parte per l’ospite in più. La Giu stava ancora fissando Kellan con aria venerante. All’improvviso mi resi conto che anche io dovevo essere così con Rob. Amen.
   La sera arrivò troppo in fretta. Venne l’ora di salutarsi. Kellan diede la mano a tutte. Robert salutò semplicemente, ma, quando mi vide esitare a risalire sulla macchina nera che odiavo di nuovo, mi disse “Se ti do un bacio sulla guancia svieni?” ridacchiò.
   Oddio, bella domanda “Penso di no”, bugia, voglio solo che lo rifai, non m’importa se svengo.
   Ed eccomi di nuovo in fase anaerobica, mentre guardavo la sua faccia avvicinarsi alla mia.
   Il momento più bello di tutta la mia vita, e ora ero mentalmente pronta.
   Quel momento l’avrei ricordato per tutta la vita, anche se fu veloce e fu un semplice bacio sulla guancia.
   Quella sensazione… la sua pelle contro la mia, le sue labbra che sfiorano la mia guancia e le mie che sfiorano la sua. Il momento perfetto.
   Poi si allontanò. E mi restò a fissare. Dopo circa cinque secondi di immobilità mi ripresi.
   “Vedi, sono migliorata” sorrisi.
   “Già, strabiliante, non sei svenuta” sorriso sghembo da urlo.
   “L’altra volta sono svenuta solo perché mi hai preso alla sprovvista” mi giustificai.
   “Probabile, ma non penso che nessuno sia mai svenuto per così poco” ghignò.
   “Dettagli” arrossii.
   “Devi andare, ci sentiamo. Io ti ho già spiegato come funziona, ma semmai c’è la guida, ok?”.
   “Sì, ma penso di aver capito. Grazie ancora” dissi sincera.
   “Capirai, è solo un computer” disse.
   “Solo?”.
   “Lascia stare, ci sentiamo, buon viaggio” disse, quasi preoccupato.
   “Grazie, ci sentiamo” salii in macchina e lui mi chiuse la portiera.
   Quando alle nostre spalle lui non fu più visibile, per un po’ rimasi a fissare la scatola del computer che mi aveva regalato, senza vedere niente. Semplicemente stavo rivivendo la sensazione di quel bacio.
   Quando alzai lo sguardo le mie amiche mi stavano fissando.
   “Che c’è?” chiesi.
   “Non sei svenuta” ridacchiò Giulia.
   “Che è quella scatola?” chiese Valentina.
   “Un computer, con una chat speciale che usa sola la gente famosa. Robert ne ha due e uno me lo ha regalato per tenerci in contatto” lo dissi come se fosse una cosa normalissima, ma dentro di me ancora non ci credevo.
   Anche a loro ci volle un po’ per digerire questa notizia.
   “Wow” riuscì a dire la Vale.
   “Eh già” aggiunse la Giu.      
   “Lo so, neanche io ci posso credere” dissi. La mia voce era priva d’emozioni.
   Ne discutemmo per tutto il viaggio fino al college, poi iniziò a parlare la Giulia di quanto fosse bello Kellan e io mi distaccai di nuovo.
   Andammo a dormire presto perché l’indomani saremmo partite di buon’ora.
  
   L’aeroporto era affollato come sempre e mi misi a litigare con un poliziotto che non mi voleva far portare il computer nel bagaglio a mano, ma poi riuscì a convincerlo che non era pericoloso.
   Per tutto il viaggio non parlai e pensai a Rob, al bacio e alla storia del computer.
   Chissà se mia madre ci avrebbe mai creduto.        
 
 
  
  Grazie a chiunque abbia letto!!! Scusate so che questa storia non è scritta molto bene ma è la prima che abbia mai scritto (qualche anno fa) e per motivi affettivi non voglio modificarla.
Recensite e leggete anche i prossimi capitoli!!!

  
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