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Autore: Two Little Shapes    19/10/2010    3 recensioni
La ricca famiglia dei Montoia Fiore era sempre stata un modello per gli abitanti del paese. Quando la loro secondogenita scomparve i signori Montoia Fiore non mostrarono troppa preoccupazione per la ragazza. // Kate era una persona tranquilla. La sua vita era felice e sopprattutto normale. Ma tutto cambiò quando con i suoi amici scoprì qualcosa che non avrebbe mai dovuto sapere.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.ONE!

 

Il rumore dei passi strascicanti, sul terreno bagnato risuonava nel bosco silenzioso. I passi cessarono e la ragazza si raddrizzò, guardandosi intorno confusa. Il respiro affannato. Iniziò a tremare violentemente e si portò le mani al petto. Affondò le dita nella casacca beige, macchiata e rovinata. Le lacrime rigarono il suo volto disperato. Nel bosco risuonarono i suoi singhiozzi.
Diede una rapida occhiata intorno a se e il suo sguardo si posò su una casa che si scorgeva dal bosco. Le labbra della ragazza si stesero in un sorriso, i suoi occhi si accesero di una luce rabbiosa. Prese a correre più veloce che poteva in direzione della casa, mentre il vento le scompigliava i capelli sul viso sorridente.

 
 
 
Kate passeggiava tranquillamente per il vialetto, canticchiando quella canzone che le ronzava in testa da tutta la mattina. Giunse all’entrata del bosco e si fermò a osservare le piante, tra cui dei bellissimi fiori. Si inchinò per prenderne qualcuno.
Crick. Un rumore, come di un ramo che si spezzava, la distrasse. Kate alzò lo sguardo e perlustrò attentamente il bosco davanti a lei. Qualcosa, dietro a un albero, attirò la sua attenzione. Una sagoma in ombra.
- C’è qualcuno? – la sua voce risuonò leggermente stridula.
Passò  qualche minuto, poi la sagoma si mosse e mostrò il viso. Solo per un attimo. Kate rimase impietrita a fissare quella ragazza. Fece per alzarsi, ma posò il piede su una pietra scivolosa e cadde a terra. Sentì qualcosa di duro colpirle la testa.
- Ah! – istintivamente chiuse gli occhi e si portò le mani alla nuca. Rimase in terra per qualche minuto. Poi si rialzò con un gemito, massaggiandosi la testa.
Si voltò per guardare in direzione della sconosciuta, ma lei non c’era più. Era sparita nel nulla. Doveva essere scappata mentre lei cadeva a terra.
Kate non riuscì a togliersi dalla testa quel viso, neanche mentre tornava a casa. Il ricordo di quella visione continuava a tormentarla. Quel viso magro e pallido, gli occhi cerchiati da occhiaie profonde e violacee, i graffi sul volto, i capelli sporchi e disordinati. Le sue braccia nude erano sporche e graffiate. La casacca imbrattata e strappata le arrivava fino alle ginocchia sbucciate.
Una volta giunta a casa Kate si precipitò a prendere il telefono. Andò in camera sua e chiamò la sua migliore amica.
- Pronto, Julie? Sono io. Senti ho bisogno di parlarti. Non è che puoi passare a casa?
- Uhm… ok.
Passò circa un quarto d’ora prima che Julie arrivasse. Kate la guidò fino alla sua stanza. Poi le raccontò della strana ragazza nel bosco.
- Faceva paura! Era troppo inquietante! Poi sono caduta e quando mi sono rialzata lei non c’era più. È sparita! Puf! Mi ha spaventata.
Julie ridacchiava. – Ma stai scherzando?
- Macché! Davvero Julie. – disse leggermente irritata.
- Forse ti sei sbagliata.
- No! C’era davvero! Era vera! – si alzò e andò davanti alla finestra, guardando attraverso il vetro, preoccupata, ripensando alla ragazza in penombra.
- Magari c’era davvero… però forse era normale, cioè, non era malconcia come l’hai vista tu. Forse è stata come un’illusione ottica. Oppure l’ombra degli alberi te l’ha fatta sembrare così sporca e tutto il resto..
Si scambiarono uno sguardo in silenzio. Julie poteva pensare quello che voleva, ma Kate era assolutamente sicura di quello che aveva visto.
Dopo un’intera sera e una notte pensando a tutt’altro che al bosco, Kate quasi si dimenticò della ragazza. Iniziò a convincersi che forse aveva ragione Julie.
Ne era quasi certa, quando arrivò a scuola, il giorno dopo. Entrò in classe e si diresse verso il suo banco, che però era già stato occupato.
Appena vide chi era seduto al suo posto, Kate sgranò gli occhi, scioccata.
La ragazza del bosco si voltò e accennò un sorriso, verso lei. Nonostante la faccia graffiata e bianca, appariva molto diversa da come Kate la ricordava. I vestiti erano puliti e le coprivano sia braccia che gambe. Portava un paio di scarpe da ginnastica nuove di zecca. E i capelli sembravano più puliti e ordinati del giorno prima.
- Qualcosa non va? – chiese piano.
Kate prese fiato e poi trovò il coraggio di parlare.
- Questo è il mio posto.
- Oh! Oddio! Scusa. Ma quei ragazzi mi avevano detto che in questo banco non c’era nessuno. – mentre parlava si alzò e si mise uno zaino sulla spalle. Poi indicò un gruppo di ragazzi all’angolo della classe. Kate lanciò un’occhiataccia in direzione del gruppetto. Molti di loro erano suoi grandi amici.
- Scusa ancora. – disse la ragazza, porgendole la mano. – Io sono Mary Elizabeth.
- Kate. – strinse la mano di Mary Elizabeth.
- Per essere più precisi, Mary Elizabeth Montoia Fiore. – disse quasi con orgoglio.
Kate fece della fatica per non rimanere a bocca aperta.
Mary Elizabeth era comunque molto strana. Il suo sguardo passava dall’essere triste a brillare di rabbia. Apparentemente senza motivo.
Uscita da scuola, Kate tornò subito a casa. Dopo pranzo fece i compiti. Come li finì guardò un po’ di tv. Poi il campanello suonò.
Alla porta, Kate, trovò il suo amico Mark.
- Che ci fai tu qui?
- Ciao… - sorrise perfidamente – Hai fatto amicizia con quella tipa strana?
Per tutta risposta, lei lo fulminò con lo sguardo. Poi si fece da parte per farlo entrare.
- Comunque scusa per lo scherzo di stamattina. Io non ero neanche tanto d’accordo. – disse poi Mark, mentre seguiva l’amica in salotto. – Però strana quella tizia, eh? Solo il nome è assurdo. Come fa una a chiamarsi Mary Elizabeth? E poi era tutta graffiata e aveva uno sguardo troppo inquietante.
- Mh… si. Però… - Kate penso a ciò che stava per dire. Ne valeva veramente la pena?
- Però che?
- Io quella ragazzina l’avevo già vista. Nel bosco.
- Cioè?
- Ieri ero li vicino e mi sono messa a frugare tra i fiori… poi mi sono accorta che c’era lei dietro un albero. Però era un po’ diversa da oggi.
Mark era sempre più confuso. – Diversa in che senso?
- Era tutta messa male. E faceva anche più paura di oggi.
Mark la guardò perplesso. Kate pensò che forse la credeva pazza. Decise di cambiare discorso e distrarsi da quei pensieri.
- Vuoi qualcosa da bere… o da mangiare?
Dal salotto si spostarono in cucina a mangiare delle patatine con della Coca Cola. Chiacchierarono, spensieratamente, del più e del meno. Passò circa mezz’ora.
- Mark.
- Dimmi.
- Mi accompagni al bosco a cercare Mary Elizabeth?
- Che?!
Kate ridacchiò divertita. – Macché, scherzo! Devo prendere una cosa, però non mi va di andarci sola, dopo ieri.
Mark acconsentì e uscirono, subito dopo aver lasciato un post-it dove Kate avvisava di essere al bosco. Percorsero il vialetto e il confine degli alberi si avvicinava sempre di più. Arrivarono all’estremità.
Kate si inoltrò dentro il bosco, scrutando i cespugli in cerca dei fiori del giorno precedente, seguita da Mark. Poi qualcosa in terrà attirò la sua attenzione.
- Cos’è quella roba? – chiese all’amico.
Lui guardò curioso il terreno. Sembrava un indumento o uno straccio.
- Chi è che butta queste cose qui?
- Che schifo! Che cos’è? – Kate prese un bastone e rigirò la stoffa. - È una maglietta.
La girò completamente.
- Ah!
- Oddio!!
Era porca di rosso. Terribilmente simile a sangue. Forse era proprio quello.
- Questa… - Kate la fissò meglio – è di Mary Elizabeth.
Mark si porto la mani alla bocca. Poi guardò Kate leggermente impaurito. Anche lei era ansiosa. Aprì la busta che aveva preparato per i fiori e aiutandosi con il bastone ci infilò l’indumento sporco. Non voleva toccarlo con le mani.
- Poi lo butto nel cassonetto. – precisò chiudendo con un nodo la busta.
Appena finì di pronunciare quella frase, sentirono dei rumori di passi provenire da dietro di loro. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo.
Poi si voltarono e guardarono in faccia un ragazzo alto, più grande di loro, con i capelli castani. Kate sapeva perfettamente chi fosse.
- John! Che ci fai qui? – gli chiese confusa.
John li fissò perplesso. – Che sono quelle facce, mocciosi?
I ragazzi si ricomposero. – Non è niente.
- Se lo dite voi… - John tornò a guardare sua sorella, Kate. – Ho letto il biglietto che hai lasciato a casa ed ero venuto a farti compagnia. – Poi spostò lo sguardo su Mark – Ma vedo che ne hai già. Vabbè, non fare tardi.
Si voltò e sparì dietro a un albero.
Kate e Mark non fecero in tempo a fare qualche passo che si ritrovarono nuovamente davanti a John.
- Perché sei ancora qui? – chiese Kate confusa.
- Ehm… credo di essermi perso.
Mark ridacchiò, divertito e si girò da Kate, certo che lei sapesse la strada.
- Io in questo punto non sono mai venuta. – disse la ragazza in un filo di voce.
- Cioè… ci siamo persi? – chiese amaramente, Mark.
- Porca miseria, com’è possibile? – John si guardò intorno esterrefatto. – Non ci siamo allontanati poi così tanto dall’entrata del bosco!
- Infatti! Deve essere qui vicino!
Perlustrarono lo spazio intorno a loro. Poi, dopo aver preso una decisione, andarono in una direzione a caso.
- Quanto tempo è che camminiamo?! – chiese esausta Kate.
- Ehi! – Mark scrutava qualcosa tra gli alberi. – Mi sa che li c’è una casa.
- E che vuoi fare?
John andò a fianco al ragazzo. – Potremmo chiedere indicazioni. – propose.
Ripresero il cammino, scavalcando dei cespugli. Arrivarono infine davanti a una grande casa. Era vecchia e metteva un po’ di inquietudine. Le finestre del pianterreno erano tutte sbarrate.
- Ehm… Mark. Io dubito che ci abiti qualcuno. – Kate era diffidente.
- Si, penso anch’io. – concordò lui.
John fece qualche passo verso la porta. – Beh, noi proviamo. Magari… - fissò la vecchia porta in legno – magari…
- Magari, che? – disse Mark in tono aspro.
John si voltò a fulminarlo con uno sguardo. – Tentar non nuoce. – mormorò, seccato.
Tornò a fissare la porta.
- Qualcuno di voi mocciosi vuole avere l’onore di bussare?
- No, grazie. Fallo pure tu, grande uomo.
Kate alzò gli occhi al cielo e John si girò nuovamente a guardare storto Mark. Sospirò e diede tre colpi secchi alla porta. Poi indietreggiò di due passi.
Aspettarono.
I minuti passavano, ma non succedeva nulla. Nessuno rispose. La casa era avvolta da un silenzio di tomba.
- Penso che non ci sia veramente nessuno. – sussurrò Kate.
- Ma va!
John si voltò a guardare sua sorella e l’amico. – Aspettate. Magari abbiamo disturbato i padroni e ci mettono un po’ ad aprire. Non bisogna mai dare niente per scontato.
John notò che lo sguardo dei ragazzi era diventato strano. Sembravano terrorizzati.
- Che avete?
Si rese conto che fissavano qualcosa alle sue spalle. Gli tornò alla mente la classica scena da film horror, dove il mostro arriva alle spalle del povero malcapitato.
Potrebbe anche essere uno scherzo, pensò.
Sorrise arrogantemente e si voltò.
Ma ciò che vide non era esattamente quello che si aspettava.
Infatti, la porta era spalancata. La poca luce che filtrava dall’entrata illuminava un lungo corridoio. Il pavimento in legno era coperto da un vecchio tappeto, macchiato. In fondo al corridoio si scorgeva una sagoma, immobile come una statua. Forse lo era veramente.
I tre ragazzi rimasero fermi a guardare scioccati nell’oscurità di quel corridoio, cercando di decifrare quella sagoma indefinita.
Un urlo stridulo e raccapricciante riempì improvvisamente il bosco.
I ragazzi si tapparono le orecchie, strizzando gli occhi. Kate urlò.
Poi la sagoma sparì improvvisamente e la porta sbatte. In quello stesso istante il silenzio tornò a regnare, incontrastato.
  
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