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Autore: kyni    19/10/2010    3 recensioni
Serena, Marco e Andrew. Ci si può innamorare ancora dopo una brutta esperienza?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Kiss me Softly Salve a tutti! Sono anche qui! Strano vero?avevo detto che mai e poi mai avrei scritto qualcos'altro vero? e invece no, ho sognato questa storia e l'ho buttata giù nero su bianco!Spero vi piaccia, aspetto i vostri commenti eh! baci -niki-

Nessuno avrebbe mai potuto capire quanta tristezza c’era dentro una ragazza così piccola, sia in quanto piccola di statura, sia d’età.

Serena aveva venticinque anni, sposata da quattro, vedova da tre.

Lavorava in uno studio dentistico famosissimo in tutta Modena. Era la segretaria personale del dottor Micheletti. Il suo defunto marito era il figlio del suo datore di lavoro. L’unica cosa positiva in quello studio, era quel ragazzo biondo con gli occhi marroni che portava il sole con se ovunque andasse. Il sorriso sempre sulle labbra aveva fatto innamorare l’adolescente Serena prima, e la ragazza Serena poi. Lo conosceva fin da quando andava dal dentista da piccolina con la sua mamma. Lo aveva visto con l’apparecchio, lo aveva visto mentre chiedeva i soldi di nascosto alla vecchia segretaria che gli faceva anche da maestra del doposcuola. E lo aveva visto quando aveva portato lì la sua prima ragazza. E per tutto questo tempo Serena ne era stata innamorata. Finchè un bel giorno lui non si era seduto proprio accanto a lei borbottando sul fatto che il padre non voleva comprargli la macchina nuova. Era il nove novembre di otto anni prima, e lui le rivolse per la prima volta la parola. Si divertirono parecchio a parlare male dei loro genitori. Lui oltre ad essere bellissimo era anche molto spiritoso e simpatico. Ormai Serena era sempre più cotta di lui. Quello da allora fu per lei il miglior compleanno della sua vita. Era andata dal dentista per togliersi quella macchina infernale dai denti e in più parlava con l’uomo della sua vita, come amava definirlo lei.

L’anno dopo tornò in febbraio nello studio del dott. Micheletti per chiedergli lavoro. Sapeva, data la sua assidua frequenza dello studio medico, che la segretaria, la dolcissima signora Maria, sarebbe andata in pensione di li a poco, e lei era andata proprio per chiedere lavoro. Aveva sempre odiato chiedere i soldi a sua madre o a suo padre anche solo per comprarsi una maglietta tanto più che se non le ricordava la sua mamma di fare un po’ di shopping per rinnovare il guardaroba, lei non lo avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà. Odiava lo shopping, odiava i centri commerciali e ancor di più il mercato settimanale. Lei amava solo due cose, leggere e andare dal dentista per vedere il suo “angelo biondo”.

Il dottore fu molto contento di affidare il posto di segretaria a Serena, per lo meno non avrebbe dovuto assumere un ochetta di cui non si sarebbe mai e poi mai fidato. Invece Serena la conosceva dalla nascita, e i suoi genitori erano vecchie conoscenze, non solo legate allo studio, ma anche alle vacanze estive. Fino a prima della nascita di Serena, la famiglia Micheletti e la famiglia Rossi, per anni sono stati vicini di casa al mare. Non sono mai entrati in piena confidenza, per enorme dispiacere di Serena, ma il rispetto reciproco non era mai mancato. Fu così che una settimana dopo il posto di segretaria del dott. Micheletti era suo.

Sfortunatamente però il suo angelo biondo, non andava più molto spesso a trovare il padre in studio da quando aveva cominciato gli studi universitari. Voleva diventare un grande ingegnere, gioia e dolore del vecchio Ernesto, il quale avrebbe desiderato che il figlio seguisse le proprie orme e diventasse dentista.

Un giorno di marzo, il cinque con precisione, l’angelo biondo arrivò come una furia nello studio investendo la povera Serena che aveva le braccia piena di documenti da visionare e sistemare negli appositi archivi, che andarono a finire ai piedi dei due.

“Oddio mi dispiace tantissimo!”

“Ma guarda cosa hai combinato, non guardi dove metti i piedi?Qui siamo in uno studio medico, cosa ti corri?”

“Ehi ehi!Calma non è successo niente!ora tu ti siedi tranquilla e io sistemo tutto piccola!”

“Non chiamarmi piccola!Tra quattro mesi compio 18 anni io!”

“Davvero?allora voglio un invito ufficiale al tuo compleanno!Mi raccomando voglio l’invito a parte con su scritto, al bellissimo e simpaticissimo Marco Micheletti”

Durante tutto lo scambio di battute, Serena non aveva alzato la testa, intenta com’era a raccogliere i documenti caduti per terra!Ma non appena sentì il nome del suo angelo biondo si alzò di scatto andando quasi a sbattere contro la scrivania che era posizionata proprio dietro di lei.

Diventò immediatamente rossa, il suo battito cardiaco arrivò a mille all’ora e quasi pensò che potesse averlo sentito lui per quanto era forte.

“Attenta, non vorrai mica lasciarci le penne in questo ufficio!Chi lo sentirebbe mio padre!A proposito forse è meglio se vado da lui o mi darà per disperso se non ci facciamo la litigata settimanale”

“Ehm…ok…ciao”

Era ammutolita, lei l’avvocato della famiglia, era completamente ammutolita. Che strano effetto fa l’amore, pensò!

Da quel giorno lui aveva ripreso a passare ogni pomeriggio dallo studio anche solo per dire due chiacchiere con Serena che lo aspettava sempre più innamorata. Ad aprile finalmente lui le chiese di uscire, “solo per vederti con una luce che non sia ospedaliera” disse. Così la portò in un ristorante cinese, lui lo odiava, ma durante una delle loro chiacchierate ne era venuto fuori che invece lei ci sarebbe potuta anche andare tutti i giorni per quanto adorava la cucina etnica. Fu una serata magnifica, lui raccontò diversi aneddoti divertenti dell’università e lei pendeva totalmente dalle sue labbra. Erano arrivati a prendersi in giro per le storie passate, o meglio lei lo prendeva in giro, perché lo aveva sempre visto con ragazze bionde e rifatte che avevano più tette che cervello. Lui invece aveva ben poco di cui prenderla in giro. Serena aveva avuto solo due storielle. Una a quattordici anni con Luca, un ragazzo altro e bruno, tutto fumo e niente arrosto si divertì a definire Marco, che in tre settimane non l’aveva mai baciata a parte qualche piccolo sfiorarsi di labbra e che per giunta l’aveva tradita con una sua amica. L’altra storia invece l’aveva avuta con Giuseppe qualche mese prima. Anche questa era finita male, se prima era la tradita ora invece era stata l’altra. E anche qui Marco poté divertirsi con le sue battutine quando Serena gli raccontò il suo primo bacio.

“Per poco non mi facevi andare questa cosa di traverso!!Cosa vuol dire che ti chiese –mi dai la lingua?- ?ahahha”

“Quella cosa si chiama Shu Mai, e sono deliziosissimi!E poi si, eravamo li soli soletti sul divano, gli amici ci avevano lasciato soli e lui finalmente si era deciso a baciarmi, quando nel momento clou con molta nonchalance mi ha chiesto la lingua!Ma io  non ho potuto ridergli in faccia, si sa che il vostro ego è molto delicato!”

“Ahahah!Innanzi tutto bada a come parli bambina!Il mio Ego è bello forte!E poi chi è quello sfigato che chiede alla propria ragazza la lingua?” oramai non la finiva più di ridere, e Serena con lui rideva delle sue disavventure amorose anche solo per vedere brillare quella meraviglia di cioccolato che erano gli occhi di Marco.

Purtroppo arrivò fin troppo presto l’ora di tornare a casa. Avevano mangiato tanto, Marco non si poteva lamentare, lei sapeva proprio scegliere il cibo cinese, avevano anche bevuto, birra cinese per lui e acqua per lei perché “con me le ragazze minorenni non bevono” aveva detto lui, e avevano riso tanto. Però c’era qualcosa che la faceva pensare. In tutta la serata lui si era comportato come un vecchio amico o addirittura come un fratello. Anche quando arrivarono a casa di Serena lei ebbe la stessa impressione.

Lui accostò la macchina accanto al portone e scese per andare ad aprirle lo sportello come un uomo d’altri tempi e l’accompagnò vicino al portone sospingendola delicatamente dal polso. A Serena sembrava di vivere in un sogno. Nel momento dei saluti lui le disse che era stato molto bene con lei e che sicuramente avrebbero ripetuto l’esperienza, ma la prossima volta sarebbero andati a mangiare un’italianissima pizza! Detto questo si abbassò verso di lei, che si sporse maggiormente per quello che per lei sarebbe stato un agognato e meraviglioso bacio… in fronte.

“Avanti piccolina, è ora di andare a fare la nanna, domani c’è scuola e domani pomeriggio non potrai riposarti perché dovrai essere in studio con quell’orco di mio padre.”

Col viso un po’ imbronciato, per quel bacio mancato Serena salutò Marco augurandogli la buona notte ed entrò in casa.

Quella notte dormì poco e male. Dopo la cena pensava seriamente di piacergli, ed invece lui l’aveva salutata con un misero bacio in fronte. Un bacio da fratello maggiore. Eh si perché infondo lei doveva aspettarselo, dato che la chiamava piccolina!

Il giorno dopo, come al solito tornò a casa, pranzò con sua madre. Santa donna che a cinquant’ anni lavorava come una schiava per mandare avanti una famiglia e si prendeva cura della suocera ottantenne, dopo che questa in gioventù le aveva fatto tanto del male. Suo padre lo vedeva solo la sera, quando dopo una giornata di lavoro cenava e si addormentava con ancora la tavola imbandita. Finito di sistemare la cucina, prese i libri dalla sua stanza, quelli che le sarebbero serviti per i compiti e si diresse allo studio dentistico. Fortunatamente i suoi compiti di segretaria non erano molti, consistevano per lo più nel rispondere al telefono e prendere gli appuntamenti, così che poteva anche studiare le materie per il giorno dopo. Quello era l’anno della maturità e non poteva di certo perdersi dietro a delle sciocchezze come invece faceva la maggior parte delle sue compagne.

Quel giorno sperò per tutto il pomeriggio che arrivasse Marco, con il suo sorriso perenne a riempirle la giornata che era cominciata fiacca.

Invece Marco non arrivò quel pomeriggio, e neanche in quelli seguenti, così per tutta la settimana. Venne a sapere dal dott. Micheletti che suo figlio era partito in tutta fretta con il suo gruppo di amicizie per Valencia dove avrebbero incontrato Matilda, una ragazza spagnola che un tempo era stata la fidanzatina del mare di Marco.

Serena ci restò molto male. Anche se ormai aveva capito che l’interesse che Marco provava per lui era puramente amichevole, lei ci stette male. Erano stati a cena insieme e lui non le aveva detto niente di questo viaggio. Finì la scuola e il rapporto con Marco si era ormai raffreddato. Quando era tornato due settimane dopo il loro appuntamento aveva trovato una Serena diversa, molto cinica, una di quelle ragazze che i ragazzi evitano a priori. Passarono i mesi e il loro rapporto non migliorava, Serena aveva ormai chiuso con le vecchie amicizie, ne aveva subite tante da loro che aveva preferito troncare tutti i rapporti. Marco aveva ripreso a passare spesso dallo studio, ma ormai non si fermava più anche solo per dire due chiacchiere con lei, anzi ogni volta la salutava sempre più di mala voglia.

Il tredici luglio Serena trovò sulla sua postazione una busta da lettera molto fine, sembrava pergamena e scoprì che all’interno vi era un invito.

“Carissima Signorina Rossi, è con molto piacere che la invito al mio cinquantottesimo compleanno il quale verrà festeggiato presso il ristorante “Il garden” il 17 luglio alle ore 21.00. E’ gradito l’abito da sera. Dott. Micheletti Ernesto.”

Era stata invitata ad un evento importantissimo per tutta la gente “bene” di Modena e lei non aveva né l’abito adatto, né un accompagnatore. Peccato che se al primo avrebbe potuto far fronte in mille modi il secondo problema non sarebbe riuscita a risolverlo, a patto di essere anche lei la figlioccia della fata smemorina. Ma a lei non risultava.

Come infatti appena fece vedere l’invito a sua madre lei comincio a prenderle tutte le misure possibili e immaginabili. Era una sarta, ma a volte si comportava davvero come la fata di cenerentola. Sarebbe stata capace di crearle un abito in un ora se solo Serena glielo avesse chiesto. Ma si sa, quando si hanno certe possibilità, puntualmente non ci si veste mai eleganti.

Dopo due ore Chiara, sua mamma, le aveva già steso il cartamodello sul tavolo e le stava illustrando le varie modifiche che avrebbe fatto per rendere il vestito adatto alla sua scimmietta! Non sopportava quando sua madre la chiamava così, ma ormai si portava dietro quel vestito da troppo tempo.

L’ansia per la festa fece si che tre giorni passassero in un battibaleno. L’avrebbe accompagnata suo padre alla festa e sarebbe andato a riprenderla a mezzanotte, eh si la sua favola era indiscutibilmente cenerentola. Peccato che per lei non ci sarebbe stato nessun principe a cui lasciare la scarpetta.

Il suo vestito era bellissimo, in taffetà rosso che le aderiva al giovane corpo come una seconda pelle. Per l’occasione aveva comprato un paio di scarpe decolté anch’esse rosse con il tacco alto. Si era truccata perfettamente ed aveva alzato i capelli biondi in un chignon morbido. Il rosso del vestito le risaltava l’incarnato pallido e gli occhi verdi sapientemente definiti con una sottile linea di eye-liner nero.

Arrivata al ristorante, vide che era gremito di gente, tutta alto locata, tanto che Michele, suo padre scappò via a gambe levate, non si era mai trovato a sua agio fra tutta quella gente piena di soldi, come li definiva lui.

Si fece strada tra la gente fino a trovare il festeggiato a cui fece i suoi auguri e porse il regalo, che quasi le cadde quando notò che affianco a lui c’era il ragazzo che da anni ormai popolava i suoi sogni.

Marco era bellissimo quella sera, indossava uno smoking nero che fasciava il suo fisico asciutto, la camicia bianca e il cravattino risaltavano i pettorali ben scolpiti che si notavano persino con la giacca.

Anche lui la notò, e dallo sguardo che le porse, sembrava la stesse mangiando con gli occhi. E fu in quel momento che ripresero a parlare. Bastò un solo saluto di Serena, che arrossì come un peperone per sciogliere il ghiaccio che si era formato tra i due e tutto tornò come prima tra i due.

Lui le fece da cavaliere per tutta la serata, la presentò a buona parte degli ospiti come la fantastica segretaria dello studio Micheletti, il quale senza di lei non sarebbe andato molto avanti, anche essendo aperto da ormai trent’anni.

Ballò con lei dai lenti ai balli da discoteca, non le lasciava un passo e sfruttava ogni occasione buona per sfiorarle le braccia nude.

Alle undici e mezza Serena era stremata, aveva i piedi in fiamme e troppo caldo per continuare a stare ancora tra tutta quella gente, così chiese a Marco di accompagnarla fuori a prendere una boccata d’aria.

Lui non se lo fece ripetere due volte e recuperata la stola di Serena la portò nel giardino interno del ristorante. E fu lì tra il profumo inebriante dei fiori estivi e con lo stridere dei grilli che Marco le chiese di diventare la sua ragazza. Serena restò spiazzata dalla richiesta di Marco, ma rispose di sì. Fu solo un soffio tra le sue labbra, ma Marco lo percepì come un urlo. Era attratto da lei dal primo momento che l’aveva vista seduta dietro quella scrivania tra un libro e una telefonata, ma non era sicuro che quello che provava fosse più di una semplice attrazione. Era stato in Spagna che l’aveva capito, quando non riusciva a dormire perché lei gli mancava troppo. Poi quando era tornato lei era cambiata e lui non aveva avuto il coraggio di esporsi per paura di una risposta negativa.

Fu così che cominciò la loro storia d’amore.

A mezzanotte tornò a casa con il cuore che non voleva saperne di rallentare, era troppo contenta, e l’indomani si sarebbero rivisti non più come amici ma come ragazzo e ragazza, come fidanzati.

Era innamorata di Marco e mai nessuno sarebbe stato come lui, questo ormai era inciso a fuoco nel suo cuore.

La sera seguente lui la passò a prendere da sotto casa e la portò in pizzeria, come promesso, ma prima sarebbero passati da un posto speciale. La portò in un giardino a cui si accedeva soltanto scavalcando un cancelletto, ma l’incoscienza e l’amore spingevano i due giovani a fare qualsiasi cosa pur di sentirsi sempre appagati.

Serena non aveva mai visto niente di simile, era un roseto privato. C’erano tutte le tonalità di rose esistenti, da quelle gialle a quelle rosse, da quelle rosa a quelle arancioni. Marco le fece fare un giro di tutti il roseto, fino a fermarsi vicino alla pianta delle rose arancioni, quelle che sapeva essere le preferite di Serena e le disse:

“Sarà pur vero che queste rose sono bellissime, ma tu lo sei molto più di loro perché in te porti tutti i loro colori. I tuoi occhi sono verdi come il prato con la rugiada di primo mattino, le tue gote diventano rosa non appena le sfioro e risaltano la tua pelle bianca come questa rosa, fino alle tue labbra rosse come questa rosa. Ma io preferirò sempre lo sfiorare le tue labbra, allo sfiorare i petali di questa rosa. Il suo significato è la passione! Non ne hai idea di quanta ne provi io per te, ma la passione è solo una piccola parte di quello che io provo. Ti amo, dal primo momento ti amo. E la mia vita è per te” e tra le lacrime di commozione di Serena, la baciò. Fu un bacio dolcissimo. Aveva trovato il suo principe.

I primi mesi insieme passarono come in un sogno, i due erano sempre più innamorati. Serena era ormai completamente andata, i  suoi genitori la guardavano pensando che fosse impazzita, fino al giorno del suo diciottesimo compleanno. Non lo festeggiò perché non avrebbe avuto senso farlo solo con poche persone, ma preferì passarlo con Marco. Lui si presentò a casa sua con un enorme fascio di rose di tutti i colori, quello da quel giorno sarebbe stato il suo classico regalo, un modo per ricordarsi sempre della sera in cui si erano scambiati il primo bacio.

Quella sera tra di loro cambiò anche qualcos’altro. Serena e Marco fecero all’amore per la prima volta. Lei non era mai stata con qualcuno in quel senso, ma non aveva paura di Marco sapeva che lui non avrebbe mai potuto farle del male.

Serena non volle dire della loro storia ai genitori di Marco e questo fu motivo di scontro fra di loro, ma lei aveva paura che loro potessero pensare che voleva accalappiarselo per i soldi.

Passarono i giorni, e arrivò natale. Le rose diventarono ventiquattro e Marco andò a prenderla sotto casa dicendole che doveva farle una sorpresa. Serena e i suoi genitori ogni anno andavano alla messa di mezzanotte per questo era abituata a vestirsi con molta cura quella sera, ma quell’anno la mamma aveva tanto insistito che lei mettesse il vestito nuovo che le aveva cucito appositamente.

Fu così che scendendo di casa trovò Marco vicino la macchina che la aspettava con una benda nera tra le mani.

“Girati avanti piccoletta, c’è una sorpresa che ti aspetta”

“AHhaaha Marco, dai! La sorpresa dovrà aspettare che torno dalla chiesa! Altrimenti Babbo Natale non mi farà trovare il regalo sotto l’albero”

“Non preoccuparti amore mio, con Babbo Natale ci ho parlato prima, e non ti farà il regalo se tu rifiuti di venire con me! Per un anno Gesù bambino non si offenderà se non vai in chiesa”

“Ok d’accordo, però vedi di non correre con la macchina, altrimenti mi farai morire d’infarto!”

Marco la bendò e l’aiutò  a salire in macchina.

“Siamo arrivati? Siamo arrivati? Siamo arrivati?”

“Stai calma piccoletta, siamo quasi arrivati. Ecco ora aspetta che vengo ad aprirti lo sportello.”

Marco l’aiuto a scendere dalla macchina e l’accompagnò all’interno di un salone immenso dove troneggiava l’albero di natale più grande di quanto avesse mai visto Serena in vita sua nel momento in cui le tolse la benda. Ma quello che la stupì maggiormente fu il trovarsi i suoi genitori, suo fratello Matteo e i signori Micheletti affianco all’albero.

Marco aveva organizzato la più bella sorpresa. I suoi genitori la accolsero in famiglia come una nuova figlia rassicurandola che mai e poi mai avrebbero pensato a lei come ad una arrampicatrice sociale.

“Anzi ho sempre sperato che Marco si accorgesse di te” le disse, facendola arrossire, il sig. Ernesto.

“Signore e signori un attimo di attenzione prego” disse Marco facendo tintinnare un coltello contro il bicchiere, per attirare l’attenzione dei presenti “non vi ho chiamati qui solo per le presentazioni ufficiali, o per tranquillizzare Serena. Siamo qui perché stasera voglio far capire a voi quanto amo la mia piccoletta” e qui si girò verso di lei mettendosi in ginocchio e le disse “ Serena, so che stiamo insieme da pochissimo tempo, io sto per laurearmi e tu ti sei diplomata quest’anno, ma ti prometto che non appena potremo ti sposerò. Vuoi farmi l’onore di diventare mia moglie?”

Tra la commozione di tutti, Serena gli rispose di si.

Passarono tre anni molto velocemente, Serena non cominciò l’università e Marco invece si laureò  a pieni voti. Il cinque giugno Serena e Marco coronarono il loro sogno e si sposarono.

Lei era stupenda, aveva scelto un abito bianco panna che le fasciava il busto stretto risaltandone il seno con le decorazioni che lo abbellivano. La gonna era vaporosa quel tanto che non la faceva sembrare “una meringa poco lievitata”, come aveva descritto molti degli altri abiti che aveva provato. Ma il tocco finale lo dava il lungo velo di tulle contornato di pizzo. Era una visione eterea, sembrava una fata con i lunghi capelli biondi acconciati in boccoli e tirati su con una piccola tiara a mantenerle il velo.

Marco era invece il classico bellissimo sposo. Con un abito nero e la camicia bianca che risaltavano i suoi occhi scuri e profondi.

Durante la cerimonia anche parenti e amici si commossero.

Il ricevimento si svolse in un ristorante molto conosciuto della provincia di Modena, con l’arredamento classico e quei fastidiosi camerieri che ti riempiono i bicchieri quando non sono ancora vuoti.

Scelsero un viaggio di nozze molto breve, ma per loro una settimana lontani da tutto e da tutti sarebbe stato come andare in paradiso. E fu così che si sentirono quando si trovarono sulle spiagge bianche e continuamente assolate dell’America centrale. Il Messico, si ripromisero, sarebbe stata la loro casa quando sarebbero diventati vecchi e con tanti soldi da sperperare. Scherzavano spesso sulla loro vecchiaia insieme e puntualmente si immaginavano nonni disperati che rincorrevano delle pesti adorabili.

Sognavano di diventare presto genitori anche se Serena aveva solo ventuno anni. Marco avrebbe voluto una femminuccia da viziare, coccolare e vestire da bambolina perché sarebbe stata “bella come la sua mamma”, Serena, dal canto suo, voleva un maschietto ribelle da far diventare un calciatore famosissimo e richiestissimo.

Ma come disse qualcuno, la felicità è fatta di cose infinitesimali.

Era trascorso appena un mese dal loro matrimonio che Marco fu investito. Andava al lavoro in bici ogni mattina, l’ufficio distava dalla loro casa solo due isolati, quindi sarebbe stato inutile prendere la macchina. Nel momento in cui stava attraversando l’incrocio una macchina a tutta velocità lo investì. Serena era scesa con lui per andare in studio, anche lei al lavoro, e vide tutta la scena. Corse a perdifiato fino a raggiungere Marco. Aveva perso completamente conoscenza, ma ancora respirava. Dopo poco arrivarono i soccorsi che caricato Marco corsero in ospedale dove fu ricoverato in terapia intensiva. Marco non era grave, fortunatamente la macchina aveva colpito la bicicletta sbalzandolo dal sellino, ma durante la risonanza magnetica avevano riscontrato in lui qualcosa che non ci si sarebbe mai aspettato da un giovane uomo così forte. Marco aveva una forma incurabile di cancro alle ossa. Era un tumore degenerativo, non sarebbe mai guarito, ma sarebbe morto un po’ alla volta, giorno per giorno, come il cuore di Serena.

Quei mesi passarono lenti, a settembre i medici ritennero opportuno fare un'altra tac per stabilire una data approssimativa sulla morte di Marco. A Serena sembrava di vivere in un incubo, il suo sogno perfetto che durava da tre anni stava man mano trasformandosi in un incubo. Era, se fosse stato possibile, diventata ancora più magra, sembrava quasi scomparire. Cercava però, quando andava a trovare suo marito in ospedale, di farsi vedere sempre sorridente. Lui sapeva della sua malattia dal momento in cui era uscito dal leggero coma a cui era stato indotto farmacologicamente. Per questo ogni giorno si dimostrava sempre più cattivo nei confronti di Serena. Voleva che lei andasse avanti, invece sembrava che lei stesse morendo con lui.

A novembre, il giorno del suo compleanno, Serena ricevette il solito fascio di rose multicolore. Marco aveva fatto in modo che lei lo ricevesse comunque, anche se lui non poteva più portarglielo personalmente.

A natale, Marco peggiorava sempre più, i medici stabilirono l’ennesima data. Non sarebbe sopravvissuto oltre il maggio prossimo.

Il ventisette aprile, Marco morì.

 

Serena non riusciva più ad essere la ragazza spensierata di un tempo. Tornare sempre in quella casa che li aveva visti insieme e felici per pochissimo tempo era una sofferenza. Persino il lavoro nello studio dentistico non lo sentiva più per lei. Decise quindi di cambiare città e lavoro.

A giugno si trasferì a Roma. Aveva trovato un nuovo lavoro come barista. Cominciava alle cinque del mattino e smontava alle dodici, per poi riprendere il pomeriggio alle tre e smontare alle dieci e mezza la sera. Non le piaceva stare sola. Quando era sola i ricordi le tornavano alla mente e piangeva. Lei aveva sempre odiato piangere. Ogni sera per almeno due mesi, finito di lavorare non tornava mai a casa immediatamente. Preferiva fermarsi lì dove c’era sempre movimento. Dove i turisti con il loro chiacchiericcio, a volte incomprensibile perché stranieri, non la facevano mai fermare a pensare. Immaginava la loro vita, storie allegre e a volte anche tristi quando la sua malinconia prendeva il sopravvento. Anche la notte non voleva fermarsi a pensare. Quando non crollava immediatamente nel sonno prendeva un libro e cominciava a leggere. A volte capitava che non dormisse per niente durante la notte perché doveva capire che fine avrebbe fatto l’eroina del libro che stava leggendo. I romantici erano la sua passione, ma il libro che adorava di più su tutti era un libro di fantasia in cui un’umana si innamorava di un vampiro bellissimo e centenario. Pian piano stava ricominciando a sopravvivere. Non sarebbe mai più stata la stessa e innamorarsi di nuovo sarebbe stato impossibile. Quando si dona il cuore  e l’anima ad una persona, questi non ci vengono mai più restituiti.

Nei week end liberi aveva preso l’abitudine di andare in biblioteca. Il profumo della carta era diventata la sua migliore amica, e anche li tra la gente che leggeva per i fatti proprio, Serena si sentiva in pace con se stessa.

Un giorno stava cercando di prendere da uno scaffale di classici un libro che adorava e aveva riletto milioni di volte, era in assoluto uno dei suoi preferiti. Lo era diventato pian piano perché all’inizio lo aveva guardato con diffidenza, le sembrava uno di quei mattoncini con cui costruisci una bella cuccia per il cane, invece era stato proprio grazie alla profondità di quel testo che aveva riscoperto la sua passione per la lettura. Quel giorno non riusciva a prendere il tomo, il quale era posizionato troppo in alto. All’improvviso un braccio scuro si stese sulla sua testa e lo afferrò:

“Grazie” disse lei avvampando

“Di nulla, ero seduto li e vedevo che eri in difficoltà, quindi sono venuto ad aiutarti. Io sono Andrew”

“Grazie ancora allora, ciao.”

Serena andò via in tutta fretta, in quei mesi non aveva dato confidenza a nessuno, neanche alla padrona del monolocale che aveva in affitto

Per giorni ripensò  al ragazzo della biblioteca Andrew. Era un ragazzo dai lineamenti decisi, avrà avuto all’incirca una trentina d’anni. Lo aveva notato anche lei appena entrata in biblioteca. Ma lei notava sempre tutto. Appena entrava in qualsiasi luogo lo perlustrava con lo sguardo, quasi cercando qualcosa o qualcuno. Aveva sempre la sensazione che le mancasse qualcosa. E quel giorno per un minuto le era sembrato di averlo trovato.

Andrew”

Per tutta la settimana le tornò in mente quel ragazzo dalla pelle scura. Il giorno seguente si recò nuovamente in biblioteca, e Serena lo cercò con lo sguardo. Ripensando a lui e alla sua gentilezza, si era sentita una grandissima maleducata. Lui si era avvicinato per prenderle il libro e lei non aveva neanche risposto quando lui si era presentato.

Quel giorno non avrebbe lavorato, il bar era chiuso per inventario aveva detto la titolare, e Serena ne aveva approfittato per andare in biblioteca alla ricerca di qualche nuovo libro da leggere. Questa volta puntava sulla novità e sul leggero, aveva bisogno di un po’ di brio nella sua vita, e di certo un altro libro come Cime Tempestose non era l’ideale per svagarsi.

Si recò quindi verso la sezione dei libri fantasy, aveva sentito parlare di una saga sui vampiri simile a quella che aveva già letto. Si chiamava “I diari del vampiro”. Questa passione per i vampiri l’aveva sempre avuta. Sua madre l’aveva costretta a sette anni a vedersi “Dracula di Bram Stocker” e per anni aveva sognato di essere nei panni della bella Anna o addirittura di essere vampirizzata in piena notte.

Era tra gli scaffali da un po’ di tempo, era indecisa su quale dovesse leggere per primo tra il risveglio e il ritorno, entrambi potevano essere l’inizio con quei titoli, “va bè” pensò “vorrà dire che li prenderò tutti”. Erano otto libri che avrebbe sicuramente divorato in pochissimo tempo. Stava tornando nel salone centrale dove avrebbe potuto appoggiare i libri e cominciare a leggere che si andò a sbattere contro una roccia scura. Solo che nelle biblioteche non c’erano rocce, quindi non poteva che essere una persona. Serena alzò gli occhi “Andrew!” sussurrò.

“Oh!scusami! ma guarda un po’! La prima volta che ci vediamo ti spavento e scappi via, la seconda invece per poco non ti faccio cadere! Mi dispiace tantissimo!”

“No…scu…ehm…nessun problema, scusami tu! L’altra volta sono stata estremamente maleducata. Io sono Serena, molto piacere” e gli tese la mano che lui subito prese nella sua per inchinarsi e farle un bacia mano d’altri tempi.

Una strana sensazione si impossessò di Serena che diventò rossa in viso, uno sfarfallio all’altezza del cuore. Qualcosa che da qualche mese non sentiva più.

Cominciò così la loro conoscenza. Si incontravano tutti i sabati in biblioteca, leggevano un po’ insieme e poi andavano  a prendersi un caffè alla caffetteria dietro l’angolo. La loro stava diventando man mano un’amicizia sempre più forte, anche se a volte a Serena pareva di scorgere negli occhi di Andrew qualcosa di diverso. Uno sguardo di fuoco era quello che a volte lui le riservava, uno sguardo da cui era possibile decifrare tutta la passione di quel ragazzo di trent’anni che era diventata la sua unica compagnia.

Numerose volte rifiutò un suo invito a cena o a pranzo, ma lui continuava ogni sabato a proporglielo. Lui le aveva raccontato tutto della sua vita. Era italo-americano. Nato e cresciuto a Roma, era laureato in Economia e aveva uno studio commercialistico tutto suo. Le disse che gli dispiaceva di avere una segretaria altrimenti l’avrebbe assunta su due piedi.

Dopo tre mesi in cui si vedevano tutti sabati Serena sapeva tutto di Andrew, ma lui di lei sapeva solo le cose essenziali, non gli aveva mai raccontato di Marco, ma aveva paura. Paura di perdere la sua amicizia, perché ormai sapeva che Andrew provava per lei qualcosa di più forte, qualcosa che andava ben oltre la semplice attrazione fisica,ed invece lei non provava la stessa cosa. Andrew era un tassello molto importante nella sua vita, e a volte quando lo sorprendeva a fissarla mentre leggevano insieme come ogni sabato, sentiva ancora quello sfarfallio nello stomaco.

Arrivò ben presto il suo compleanno e quell’anno cadeva proprio di sabato. Anche quel giorno si recò in biblioteca, era ormai il loro luogo di incontro, non serviva neanche mettersi d’accordo tanto si sarebbero trovati li.

Andrew la aspettava al banco che occupavano insieme ogni volta con due caffè da asporto, questa volta lei non avrebbe potuto rifiutare il suo invito.

“Ciao Serena” la salutò baciandole la guancia “tanti auguri”

“Ciao Andrew grazie! Ma hai già preso i caffè? Non ti fermi oggi?”

“No bhè a dir la verità, dovresti dire: Non ci fermiamo oggi? E io ti risponderei : non madamigella oggi lei si recherà con questo schiavo alla fiera dell’artigianato etnico e non potrà rifiutare perché conoscerà anche una persona fantastica?”

“Ah! Davvero? Ok, questa volta mi sa che non ho scampo!”

“Andiamo allora”

Andrew la accompagnò alla sua macchina e con un sorriso mise in moto.

Arrivarono in poco tempo alla fiera dell’artigianato etnico di cui parlava il giovane. Era un insieme di bancarelle molto colorate, poste nel parcheggio di un grande centro commerciale.

Fecero un giro ridendo per ogni piccola battuta che Andrew diceva, fino a che non si fermarono vicino ad una bancarella che vendeva limoni caramellati. Fu lì vicino che lui le prese la mano, intrecciando le dita a quelle di lei che accortasi del gesto cercò di liberarsi in tutta fretta. Questo attirò l’attenzione della signora al di là del bancone che la chiamò:

“Ehi biondina!Cosa c’è non ti piace quel bel ragazzo?”

“Ohu..ehm…si! è un bravissimo ragazzo”

“Già, è bravissimo, ma è anche molto bello! Non vorrei che non ti piace perché … è nero?”

“Cosa ma…no! No, no, assolutamente!”

“E allora perché lo allontani? Io l’ho visto che lui ti piace, forse anche più di quanto tu pensi, ma hai paura?”

“Basma, dai smettila non mettere a disagio Serena” intervenne Andrew che stranamente conosceva questa donna che dai lineamenti era araba.

“Andrew mio caro, tu mi farai pure i conti in tasca ogni mese, ma le donne le capisco più io di te, facendo parte della categoria!” disse lei tutta impettita “ Quindi signorina se non credi alle mie parole, ti farò vedere che non sbaglio mai!”

L’araba prese dal banco un limone caramellato e lo porse ad Andrew dicendo “avanti grand’ uomo tu sai come funziona, tu e lei dovete mangiare contemporaneamente quel limone e se l’amore c’è il limone vi sembrerà il frutto più dolce che abbiate mai mangiato, al contrario vi sembrerà più aspro del veleno! Queste sono le antiche tradizioni arabe, quelle dei  berberi che dovevano vivere secondo le leggi del deserto”

Andrew avvicinò il limone alle sue labbra e avvicinò con il braccio libero il corpo di Serena che era come incantata dalle parole della donna. Cominciarono a mordere il limone che era dolce come una torta al sapor di limone, ma lei non lo avrebbe mai ammesso. Aveva capito di provare qualcosa di più per Andrew, ma non poteva ammetterlo, aveva paura di dimenticare Marco, per cui avrebbe dato anche la vita se al momento fosse servita.

Si staccò di colpo dal frutto e dal corpo caldo dell’uomo e con le lacrime agli occhi corse via. Andrew la rincorse chiamandola e quando la raggiunse le disse abbracciandola da dietro

“Io ti amo, se questo ti può bastare per farti fermare le lacrime. Il frutto era dolce, come lo era anche per te, io lo so. Ma perché sei scappata?”

“Oh, Andrew!” disse “Io non ti ho raccontato tutto della mia vita. Vedi io sono stata innamorata di un ragazzo incredibile, avrei fatto di tutto per lui. Ci siamo sposati. Lui era l’uomo più dolce che io avessi mai incontrato e avevo promesso che dopo di lui non ci sarebbe stato più nessun altro! Ma lui è morto, e poi sei arrivato tu e io mi sono innamorata di te, che sei divorziato e hai un figlio e dici che mi ami, ma io non voglio dimenticarmi di lui! Non ce la faccio! Lui è troppo importante per me!”

“Sh!Sh, calma piccolina io sono qui per te, e non voglio prendere il suo posto! Lui è stata una parte importantissima della tua vita questo lo so, ma insieme noi due potremmo costruire qualcosa di importante non credi? Io ti amo, e anche tu ami me! Non togliamoci la possibilità di vivere una vita insieme”

“Oddio mi hai chiamata piccolina, Marco mi chiamava sempre così” le lacrime scendevano sempre più copiose

“Si tu sei e sarai sempre la mia piccolina, ti amo, vuoi stare con me piccola Serena?”

“Si, voglio stare con te Andrew, hai ragione, la vita va avanti e non dobbiamo viverla a testa alta!”

“Ora si che mi piaci!”

“Già, ma tu non dovevi farmi conoscere una persona?”

“Si vieni, è mio figlio… ha sei anni te l’ho detto?”

“Si Andrew me l’hai detto…ora me lo fai conoscere?”

“Andiamo piccolina, la vita ci aspetta”

“Si ma prima baciami Andrew, baciami dolcemente”

 

                                                                             

                                                                                                              FINE

   
 
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