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Autore: Doll_    20/10/2010    7 recensioni
Mio padre ancora non sapeva nulla della storia. Un punto a sfavore.
Non avevo ancora trovato la chiave di quella porta comunicante. Altro punto a sfavore.
Il ragazzo che si sarebbe finto il mio fidanzato era, oltre che un gigolò professionista, anche un tipo fastidioso, cinico e maledettamente sensuale, che odiavo con tutta me stessa. Quindi Tre a Zero per la sfortuna.
Il suo lavoro, poi, non consisteva solo nel fingersi innamorato di me -cosa già difficile in sé per sé- ma avrebbe dovuto anche insegnarmi le tecniche della passione e, quindi, in un modo o nell'altro riuscire a fare eccitare entrambi. Cosa impossibile. Quattro a Zero.
Qualcos'altro? Ah, sì! Dovevo sorbirmelo per oltre un mese..!
Cinque a Zero. Avevo nettamente perso..
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Zac e Vic'
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UN GIGOLO' IN AFFITTO – LA SCELTA


 

“Non potrei mai. Sarebbe troppo umiliante.” Mi lamentai con Cristina mentre lei era troppo presa a controllare su internet un possibile ragazzodisponibile per quella farsa.
Io intanto gironzolavo per la sua stanza gigantesca che ormai conoscevo a memoria. Ogni volta non c'erano dubbi su dove andare quando non volevamo uscire. La casa di Cristina era gigantesca e fuori c'era un giardino a dir poco fantastico. Il padre era proprietario di una grossa azienda di automobili e la madre di quella di cosmetici, inutile quindi dire che Cristina aveva i soldi che le uscivano dalle orecchie...
“Oh.Mio.Dio!” Esclamò dopo un po', osservando lo schermo a bocca aperta.
“Cosa? Cosa?” Stavo per avvicinarmi al display quando, con una spinta travolgente, mi ritrovai spaparanzata sul letto di fronte alla scrivania.
“Ehi, ma che ti prende?” Chiesi massaggiandomi la pancia dove mi aveva spinta con tale potenza.
“Scusa, mi ero dimenticata di quanto fossi fragile..” Mi schernì “Comunque non ti ho fatta avvicinare perchè ho trovato la persona giusta. Ma è una sorpresa.” Fece lei tutta sorridente.
 
“Cosa!? Una sorpresa!? Cris, questa è prima di tutto una mia faccenda, quindi dovrei essere io a scegliere il perfetto candidato e non tu!” Sbottai, poche ore dopo, indignata per la mancanza di considerazione.
“Su, Victoria, adesso non farla così lunga! Ho già preso appuntamento, tramite posta elettronica, poco fa. Fra una settimana lo conosceremo e in base al colloquio, decideremo.” Spiegò con tranquillità, tralasciando un particolare.
Decideremo? Cris, io...” Ma non riuscii nemmeno a finire la mia lamentela che lei m'interruppe.
“Okay, come ti pare. Ma io ci sarò al colloquio e non voglio storie, anche perchè il tipo qui non chiede di certo una somma modesta, quindi pagherò io la spesa e tutto il resto, ma dovrà alloggiare da te.”
Cosa?! Oddio ma siamo pazzi? Non posso portarlo da me!” Ero confusa e la testa mi scoppiava. Non capivo più niente. Avrei tanto voluto ritornare indietro, ma non volevo fare la figura della codarda quale ero. Ormai ci ero dentro fino al collo.
“Non casa tua quella con tuo padre e i tuoi fratellini, ma quella che era dei tuoi nonni e che da quasi dieci anni non ci vive mai nessuno.” Cris invece sembrava tanto calma e pacata che quasi avrei avuto voglia di strozzarla. L'idea era stata sua ma io avevo accettato e adesso avrei dovuto subirmi le conseguenze della mia pazzia.
“O..kay.” Sbuffai sconfitta definitivamente mentre la mia amica saltellava e batteva le mani intorno a me come un animale da circo.
“Sarà fantastico, vedrai! Rimarranno tutte a bocca aperta!” Esclamò tutta contenta e soddisfatta.
Io già m'immaginavo la scena.
Ero sempre stata una ragazza timida e impacciata, oltre che riservata ed estremamente goffa. In classe mi comportavo come una buffona, mi piaceva far ridere le mie compagne e, a quanto pare, piaceva anche a loro. Ero amica di tutti e non mi lamentavo mai della mia vita, almeno non di fronte agli altri.
Quando avevo un po' di tempo libero mi trovavo qualche libro da leggere e me ne andavo in un prato dove non c'era mai anima viva e potevo godermi la mia tanto agognata solitudine. Sì, perchè anche se avevo decine di amiche, io adoravo restare con me stessa. Potevo concedermi tutti i pensieri che volevo, tutte le fantasie... Ogni cosa. Forse anche di piangere. Ma quello ancora non l'avevo sperimentato.
Vivere con un altro individuo, per di più del sesso opposto, non mi piaceva affatto. Avrei dovuto cambiare alcune delle mie abitudini e imparare a conoscerlo senza arrossire o fare figuracce, avrei dovuto scherzarci e far finta di essere innamorata di lui e, magari, anche appassionata. Avrei dovuto fingere le sensazioni che avrei potuto provare facendo l'amore con lui o anche solo con i preliminari. Una vera battaglia con me stessa e la mia timidezza. Davvero ammirevole e ignobile allo stesso tempo, da parte mia.
“Posso sapere almeno quanti anni ha?” Chiesi a Cris, dopo qualche minuto, in cucina.
“No. Saprai tutto fra meno di una settimana.” Sorrise.
“Quando esattamente?”
“Mmm.. Venerdì.” Disse masticando l'insalata che si era appena preparata.
Era sabato e avevo cinque giorni per prepararmi psicologicamente all'evento che avrebbe cambiato completamente la mia vita.


“Pronta per venerdì?” Mi sussurrò all'orecchio Cristina, un mercoledì pomeriggio, al cambio dell'ora.
“Mancano ancora un paio di giorni, Cris, non farmici pensare.” Sbuffai, guardando la lavagna di fronte a me.
“Su dai, scommetto che ti piacerà!” Esclamò per rassicurarmi.
Era ormai da quel sabato che non faceva altro che parlarmi di lui e di quanto la sua scelta fosse stata azzeccata per me. M'incuriosiva e infastidiva allo stesso tempo, con tutti i suoi discorsi contorti sul tizio che sarebbe stato pagato per fingersi innamorato di una come me. Una tipa scontata, superficiale, invisibile, anonima... Non di certo eccentrica, bellissima o sensuale come quasi tutte le ragazze di quell'istituto!
“E se non mi piacerà?” Chiesi sbuffando, mentre la prof di Religione entrava in classe posando il registro sulla cattedra.
“Non è possibile, cara. L'unica cosa a cui dovrai stare attenta è un'altra.” Spiegò con tono serio e allarmato.
“A cosa dovrei stare attenta, sentiamo.” Domandai ancora infastidita.
“A non innamorarti di lui.”
“Cris, tu meglio di tutti dovresti sapere che io e l'amore siamo come cane e gatto.” Le sorrisi rassicurandola, convinta della mia tesi.
“Fai come vuoi ma io ti ho avvertito.”
Ma cos'era sto tizio? Un Dio sceso dall'Olimpo? Aveva dei poteri straordinari? Insomma, cosa ha scaturito certi comportamenti in Cristina, su di lui?
Avevo provato anche io a guardare su internet per trovare il soggetto che diceva lei ma non avendo nessun indizio non potevo avere nemmeno alcuna conferma.
Mio padre ovviamente non ne sapeva nulla ma gli avevo accennato che prima o poi avrei potuto ospitare qualcuno a casa dei nonni e, almeno al momento, non aveva opposto alcuna resistenza, anzi, ne era stato entusiasta. Ma quel che non sapeva era il chi e il perchè... Anche se nemmeno io sapevo rispondere alla prima domanda.
Poi il mio “fidanzato” non avrebbe nemmeno dovuto pagare l'affitto perchè, da come mi aveva detto Cris, per diminuire il costo dell'affare, la cliente doveva trovargli un posto in cui vivere, possibilmente accanto a lei. Certo, Cris non aveva problemi con i soldi ma io avevo insistito purchè, dopo tutto quello che aveva fatto per me, pagasse almeno di meno.
Così, dopo aver lanciato un'occhiata omicida alla mia amica, mi voltai verso la professoressa dandole fin troppa attenzione...


L'ansia mi attanaiava. Le mani mi sudavano. Il cuore batteva a mille. Avevo lo stomaco in subbuglio. Dovevo vomitare. Dovevo andare in bagno. Non avevo fame (non avevo mangiato da quella mattina). Mi dovevo muovere poiché non riuscivo a stare ferma.
Mi trovavo sul treno, in piedi, poggiata ad uno dei tanti pali in attesa della mia fermata.
Mancavano poche ore all'incontro e, come spesso mi capitava quando ero nervosa, mi venne un fastidiosissimo singhiozzo.
“Accidenti..” Biascicai arrabbiata con me stessa.
“Sa come si fa a farlo passare?” Domandò una voce maschile, alle mie spalle. Mi voltai e mi ritrovai due occhi turchesi a fissarmi, divertiti.
“Mmm... Mi scu-si?” Chiesi fra un singhiozzo e l'altro.
“Le ho chiesto se sa come farlo passare.” Ripeté, pacato.
“N-no. Cioè, so che serve dell'acqua...” Feci, vaga, guardandomi attorno.
Ognun passeggero si faceva gli affari propri e nessuno stava badando alla conversazione che stavamo avendo io e quello sconosciuto.
“Ci sono diversi metodi. Funziona anche il pane oppure, quello che le consiglierei adesso, quello di trattenere il respiro per venti secondi.” E chi era questo? Un dottore?
“Dica la verità.. Vuole ucc-idermi?” Scherzai, facendolo ridacchiare.
“No, sono sincero. Io lo faccio sempre quando capita.” Sorrise.
“Oh, beh... Tanto vale prov-are, allora.” Annuii più a me stessa che a lui ed eseguii il compito.
Venti secondi dopo il singhiozzo sembrava essere passato.
“Wow, grazie!” Esclamai inaspettatamente sollevata.
“Di niente!” Sorrise lui di rimando. “Lei si chiama...?” Chiese porgendomi la mano.
Strano, di solito era lui che doveva dirmi il suo nome poi, se avrei voluto, sarei stata io a dirgli il mio.
Quella situazione iniziava a non piacermi senza un perchè. Non volevo trattenermi a parlare oltre. Sembrava un ragazzo simpatico e indubbiamente di bell'aspetto ma c'erano altre preoccupazioni nella mia mente.
“Scusami ma i miei genitori mi hanno sempre insegnato a non parlare agli sconosciuti.” Sorrisi falsamente.
“Oh, ma quando si trattava del singhiozzo non si è tirata indietro.. Usa spesso la gente in questo modo?” Sorrideva ancora più divertito e capii che questo gioco era il suo preferito.
“E a lei piace tanto infastidire delle povere ragazze?”
“Mi sembra di averla aiutata e non infastidita.” Il suo sorriso era ancora presente ma i suoi occhi erano seri.
“Ma io non ho chiesto alcun aiuto.” Stavo iniziando a tirar fuori le unghie ed entrambi ce ne rendemmo conto anche se -non lo avrei mai ammesso-, quella situazione non mi dispiaceva più di tanto. Quel ragazzo mi stava, inconsciamente ancora aiutando, facendomi distrarre dall'angoscia dell'appuntamento, divertendomi con quel battibecco.
“Ha qualcosa che non va?” Chiese a bruciapelo.
Le mie guance s'imporporarono.
“Come si permette!?” Sussurrai, irritata.
Lui si avvicinò ancor di più al mio viso rispondendo:
“Volevo solo fare conoscenza...” Sussurrò anche lui al mio orecchio, con voce soave e calda. Il mio cuore iniziò a battere velocemente ma dentro di me mi ripetei di mantenere la calma.
“Beh, ha incontrato la persona sbagliata.” Biascicai, paonazza.
“E' un peccato.”
“Non per me.”
“Perchè è così testarda?” Sorrise.
“Io non sono testarda. Io sono prudente.” Ribattei acida.
“Non la voglio mica stuprare, sa...”
Un'immagine di me fra le braccia di quello sconosciuto così fastidioso ma terribilmente affascinante mi fece sentire improvvisamente accaldata.
“Io.. Io devo scendere.” Detto questo, uscii alla mia fermata.
Camminavo a passo spedito senza sentire nulla intorno a me e salendo le scalette chiamai un taxi per dirigermi al famoso ristorante dove avrei incontrato Cristina e, poco dopo, il misterioso ragazzo che, per le prossime quattro settimane, si sarebbe finto mio amante.

   
 
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