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Autore: Stray cat Eyes     20/10/2010    3 recensioni
[Kay/Artù]
Ah, ma la prima ladra era lei, la maledetta spada.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Artù, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un’altra di quelle cose che non piacciono a nessuno, peraltro abbastanza random - prima di tutto l'inesistente legame di parentela tra i personaggi. Però yay lo stesso. XD
Per favore, non fate caso alle cretinate varie. Buona lettura. ^^












[It must take responsibility, Excalibur]





Forse era stato solo per il riflesso d’oro pallido su quella lama, se lui era riuscito ad accorgersi dello splendore dei suoi occhi. Forse era stato solo per quello, se aveva iniziato a guardare Artù davvero.






Quella faccenda della mistica spada della roccia e dell’ingenuo e goffo ragazzetto era stata assai utile alla sua psiche, doveva ammetterlo. Artù non aveva voluto Excalibur - ne aveva per lungo tempo ignorato finanche l’esistenza -, e tuttavia Excalibur aveva voluto Artù.
Detto ciò, per risolvere certe problematiche questioni, gli bastava fare lo stesso.
Io non voglio mio fratello. Mio fratello non esiste. Io non voglio mio...






Per diritte che fossero le sue intenzioni, e altrettanto sincera la sua redenzione, quel giorno Kay si ritrovò suo malgrado ad agguantare, lesto e selvaggio, l’elsa ancorata al fianco del novello sovrano, e a strattonarla con vigore. Solo per tirarsi addosso il Re suo fratello.






Un giorno, il primo di tanti, lo vide imbracciare Excalibur come fosse un insostenibile macigno. Così imprigionato nella sua nuova armatura, Artù lo chiamò, e lui sentì che aveva paura.
“Sir Kay... Fratello...”
Si limitò a sfiorargli il polso. Non gli avrebbe trattenuto le mani, anche se le sentiva un po’ tremare. Soprattutto, non avrebbe osato trattenergli la spada, non lui.
“Sei solo un bambino,” sussurrò appena.
“Allora sarò un bambino coraggioso.”
Quando lo vide incamminarsi oltre la porta, ragazzino un po’ barcollante ma ritto e con la sinistra salda sulla spada, Kay riuscì a provare solo rispetto, per lui.






Un mattino - un bel mattino di settembre - incontrò per caso un uomo incoronato, nella sala delle udienze. Gli parve di non averlo mai conosciuto prima.
La notte, sentendo la sua voce scioglierglisi in bocca, riuscì stranamente a percepirlo ancora come un bambino - e quel sapore, mistero a metà strada tra l’infante e l’adulto, lo confuse ed estasiò ad un tempo.






Probabilmente se ne accorse (di nuovo) soltanto per questo, perché Artù non era più costretto a trascinare con sforzo la propria arma, e perché la spada non sembrava più essere un peso, fisico e metafisico: Excalibur era divenuta la sua principale alleata, un’estremità, l’estensione del suo braccio destro.
Artù era un uomo. Artù era Re.
E lui si chiese per quanto ancora si sarebbe ostinato a chiamarlo fratello, a...






Camelot era solo un manipolo di ladri, questo lui lo sapeva bene.
La regina gli aveva portato via qualcosa. La sorellastra del re gli aveva portato via qualcosa. Il popolo gli aveva portato via qualcosa. Quello stesso uomo, lo sconosciuto con la corona in testa, gli aveva portato via qualcosa.
Ah, ma la prima ladra era lei, la maledetta Spada. Gli aveva portato via qualcosa.
Artù.
Anche Artù gli aveva portato via qualcosa.






Quel giorno, il primo e l’ultimo della leggenda, lo vide ancora imbracciare Excalibur come fosse un insostenibile macigno. Così imprigionato nella sua vecchia armatura, lo rivide bambino, e ne intese le paure. Perché Artù aveva paura. Entrambi avevano paura.
“Sir Kay... fratello...”
Il re era risoluto, lucido, forse pazzo nel più profondo. E, quale che fosse l’esito, Kay capì che quella battaglia se lo sarebbe portato via comunque.
“Andate. Ma tornate sano e salvo. Artù, sire.”






Quel suo sorriso gli restituì l’immagine di un bambino, un ragazzino un po’ goffo, con un grosso spadone tra le mani e il sole negli occhi. Nel sogno, si sporse per contare una ad una le rare efelidi lì sul suo naso, le pagliuzze scure delle iridi, le ciglia che si dischiudevano. Nella realtà, il caldo e denso crepitio della pira lo scosse, portandogli il gelo addosso.










  
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