Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Rik Bisini    09/11/2005    5 recensioni
Un sito di un appassionato di Fushigi no Umi no Nadia (da noi 'Il mistero della pietra azzurra') indisse nel novembre del 2000 un concorso amatoriale per fanfiction su di esso.
Per parteciparvi scrissi una storia di toni e temi piuttosto diversi da quelli delle vicende narrate nell'animazione. Storia in cui i protagonisti sono ormai adulti che potrà piacere, spero, agli appassionati di shojo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nadia: il suo cuore nel Millenovecento

1.
Gli sguardi dei presenti, specialmente degli uomini, si soffermarono a lungo sulla giovane che era entrata nella sala. Era una donna sui venticinque anni, slanciata, dai capelli scuri e gli occhi nocciola. Indossava un abito color pesca che metteva in risalto la sua carnagione olivastra.
Un uomo di almeno sessant'anni considerò con attenzione le curve che il vestito della donna descriveva. Era tarchiato e non molto alto. Aveva un lungo paio di basette e di baffi bianchi e lo sguardo severo di chi conosce il suo prestigio.
"Attraente" pensò "Non lo immaginavo."
Sentendo gli sguardi puntati su di sè, la donna si concesse un sorriso compiaciuto, come quello di un giocoliere che riscuote gli applausi della platea. Poi ostentò indifferenza, accostandosi ad un giovane che l'accompagnava.
"Così" pensò l'uomo dai baffi bianchi "quella è Nadia."
Il giovane accanto a Nadia, appartentemente della medesima età, aveva i capelli rossi ed uno spesso paio di occhiali.
Sebbene il vestito scuro che indossava era all'apparenza tagliato su misura per lui, si muoveva con incertezza, a piccoli passi misurati, cercando con lo sguardo qualcosa o qualcuno.
"Il ragazzo è emozionato" pensò l'uomo "evidentemente si rende conto di ciò che questi giorni significhino per lui. Il nome di Jean Roq D'Antique potrebbe essere accostato, tra pochi giorni, a quello dei maggiori luminari della Francia."
Una coppia si avvicinò a Nadia e Jean. L'uomo, sulla quarantina, era magro e molto alto. Biondo, portava un ben curato paio di baffi ed aveva i capelli pettinati all'indietro. La donna, presumibilmente cinque anni più giovane, magra ed alta più di Jean, vestiva un abito ocra, con rifiniture in pelo di color bianco.
"I coniugi Moncrieffe" pensò l'uomo "è stato facile fare in modo che Alan Moncrieffe invitasse Jean assieme al suo gruppo. Bene. Tutto procede secondo i miei progetti."
Jean aveva salutato i due coniugi e stava presentando Nadia, che annuiva con un mezzo sorriso. Nel salone dei ricevimenti erano ormai giunte circa centocinquanta persone, tutti vestiti in maniera impeccabile, come l'occasione richiedeva. L'uomo lasciò che il suo sguardo si soffermasse sui presenti.
"Ecco Patricia Loubet" pensò guardando una giovane bionda in uno sgargiante abito lilla "come non notarla?" Fisso un robusto giovanotto biondo, vestito di grigio con il capo coperto da un basco "C'è l'inglese William Hartnell." Scorse un altro giovane, bruno, con un sorriso smagliante sotto un paio di baffi pettinati e lucidati con cura. "Qui abbiamo Rodolfo Visconti, qualcosa di cui far parlare le signore."
"Buonasera Rettore" disse una voce "credo che la cena stia per essere servita. Forse potremmo spostarci in sala da pranzo ed attendere lì l'attrazione principale." La voce apparteneva ad un uomo sulla cinquantina, alto ma dal fisico un po' appesantito. Portava i capelli grigi con un taglio cortissimo, indossava un abito scuro, grigio, con un panciotto più chiaro da una tasca del quale spuntava un piccolo paio di occhiali.
"Buonasera Reuben" rispose l'interpellato, distogliendo la sua attenzione dai presenti "si riferisce al giovane Roq D'Antique?"
Reuben fece un cordiale sorriso.
"Jean Roq D'Antique è un inventore che desta apprezzamento ed una certa curiosità, è vero. Ma sua moglie Nadia ha colto di sorpresa tutti, oggi. Una donna giovane e bella, con un portamento regale, indiscutibilmente straniera, africana penso... e nessuna notizia di lei se non che è la signora Roq D'Antique."
"Questo le interessa?"
"Oh, credevo che fosse nota a tutti la mia passione per le indagini sulle persone, assai spesso molto più sorprendenti delle leggi della fisica."
"Questa passione le porta risultati scientifici?"
"No. Ma conoscere le persone accanto a noi aiuta ad essere uomini migliori, oltre che buoni scienziati."
"Rettore, scusi" disse la voce di una donna. Era una bella signora dai capelli bianchi, vestita di un abito nero la cui scollatura era coperta da uno scialle bianco. Vorrei presentarle alcuni degli ospiti, non si muova."
"Devo lasciarla" disse Reuben "temo che sarà l'ultimo ad arrivare a cena."
L'altro annuì con un sospiro. Reuben aveva fatto un solo passo allontanandosi che la donna era tornata accompagnata da un uomo che indossava un'impeccabile divisa.
"Rettore, il Barone Haider" disse. Poi si rivolse all'altro "Barone le presento Claudie Morange, oltre che Rettore è uno dei più apprezzati studiosi di tutta la Francia..."

2.
Nadia era vestita solo di un'ampia camicia. Si era adagiata sul letto ed aveva disteso le sue gambe snelle, nude.
Jean aprì la porta lentamente. Nadia si voltò verso di essa.
La stanza in cui si trovavano era piuttosto ampia. Oltre a due letti affiancati, seppure separati, conteneva un piccolo scrittoio con una sedia ed una poltrona orientata verso una vetrata che riempiva la stanza di luce.
"I signori Moncrieffe ti mandano i loro saluti, Nadia." annunciò Jean "Speravano di poterti conoscere un po' meglio. Hai fatto un'ottima impressione."
Nadia fissò il marito sospettosa. "E con questo che vorresti dire?"
Jean spalancò la bocca "Niente, perchè?"
"è importante che questi tuoi amici scienziati mi trovino di loro gradimento? Per caso pensi che dovrei anche partecipare ai loro banchetti?"
"Nadia" disse quietamente Jean "so come la pensi riguardo a chi mangia carne, ma non puoi pretendere che tutti la pensino come te. Nel mio caso la cosa non ti dà nessun problema, mi sembra."
"Ti sembra?" chiese Nadia fredda "Non ne sei sicuro?"
Jean rimase ancora a bocca aperta. Nadia posò la testa sul cuscino, volgendo le spalle verso il giovane.
"Oh, Jean" pensò Nadia "dopo tutti questi anni devo ancora spiegarti che quello che tu fai lo accetto perchè sei tu a farlo. Io ti amo, stupido, come fai a credere che potrei voler bene ad altri come ne voglio a te." Jean si avvicinò lentamente al letto e, dolcemente, avvicinò una mano al capo di Nadia e le carezzò i capelli. Poi si chinò su di lei e le sfiorò la tempia con un bacio.
"Ti prego, Jean" sussurrò Nadia "sono già abbastanza stanca. Sai che il viaggio è stato faticoso."
Jean sorrise e sollevò il busto. "Ti amo, Nadia." disse con un sorriso. Sua moglie tacque.
"Sono contento che tu abbia accettato di venire." aggiunse Jean.
"D'accordo" replicò Nadia seccata "ora lasciami riposare, per piacere."

3.
"Buongiorno Rettore" disse Reuben.
"Buongiorno Reuben" rispose Morange.
I due uomini si erano incontrati nel giardino della grande villa, accanto ad una fontana.
"Si è svegliato di prima mattino, vedo." osservò Morange.
"Per abitudine mi sveglio all'alba e mi corico poco dopo il tramonto" spiegò Rebuen "sfrutto il più possibile la luce del sole: mi aiuta a pensare ed a lavorare."
"Però ci ha fatto compagnia a lungo ieri sera."
"Speravo di avere l'opportunità di conoscere la misteriosa Nadia Roq D'Antique, a dire il vero."
"Mi sembra che potrebbe avere una figlia dell'età di quella ragazza, lo sa?"
"Non mi fraintenda" spiegò Reuben "sono sinceramente incuriosito da quella ragazza. Mi domando cosa possa avere in comune con il brillante Jean Roq D'Antique. è un enigma che ha destato la mia curiosità." Morange sorrise divertito.
"Se non conoscessi i suoi lavori, non indovinerei che lei è uno scienziato."
Reuben sollevò le sopracciglia. "Forse lei ha un po' troppi pregiudizi."
"Non credo" replicò Morange "ma anche io, raramente, posso sbagliare. Ad ogni modo, devo incontrarmi con Moncrieffe tra pochi minuti. Mi presenterà il giovane Roq D'Antique. Ma non posso assicurarle che sarà presente anche la sua signora."
"Anche io devo ancora conoscere Jean Roq D'Antique" disse Reuben "se permette, l'accompagno."

4.
"Dottor Morange" disse Alan Moncrieffe "questi è Jean Roq D'Antique, che ha accettato il mio invito di partecipare a questo convegno, per illustrare i suoi studi sulla meccanica del volo."
Il giovane fece un sorriso che non nascondeva la tensione, mentre allungava con timidezza la mano. Morange la prese con sicurezza.
"Piacere di conoscerla, Roq D'Antique" disse "sa che qualcuno la definisce l'Edison francese?"
Jean arrossì balbettando "Ve... veramente?"
"I giovani come lei sono il motore della scienza e del progresso del nostro Paese" continuò Morange "in questi giorni lei conoscerà alcune delle menti più brillanti di Francia e le assicuro che tutti ascolteranno con piacere le sue idee sul futuro del volo."
"Questo non è un augurio, è una realtà di fatto" commentò mentalmente Reuben "Morange ha fatto intendere a tutti i presenti che lui desidera che Roq D'Antique venga ben accolto. Probabilmente ha in animo di aggiungere il ragazzo alla sua equipe. Morange assocerebbe il suo nome ai risultati di Jean Roq D'Antique ed il ragazzo avrebbe il supporto economico e le capacità organizzative di un grosso gruppo di scienziati. è facile indovinare chi abbia suggerito a Moncrieffe di invitare Roq D'Antique."
"A proposito di menti brillanti" continuò Morange "le presento il dottor Edmond Reuben, esperto di tecnologie di comunicazione e di attitudini umane."
Reuben camuffò con un sorriso la smorfia di disappunto per la battuta di Morange "Una mente brillante, forse" disse Reuben "ma non certo giovane, purtroppo, e nemmeno francese. Sono belga."
La stretta di mano tra Reuben e Jean fu sinceramente cordiale.
"So che è arrivato con la sua signora" disse Reuben "però non l'ho più vista con lei."
Jean sgranò gli occhi "Mi ha accompagnato" spiegò "ma non è interessata ai dibattimenti scientifici. Spero comunque che avrà occasione di incontrarla."
"Il dottor Reuben è rimasto molto ben impressionato dalla sua consorte" disse Morange "penso che desideri conoscerla appena possibile."
Reuben non trattenne un'occhiataccia a Morange. "La sua apparizione di ieri sera" spiegò "ha destato in molti una sincera ammirazione. Anzi le prego di porgerle i miei complimenti per la sua bellezza ed eleganza. D'altronde suppongo che sia anche una persona molto amabile."
Jean degluttì in silenzio, mentre tentava senza successo di contare tutte le occasioni in cui aveva dovuto fronteggiare l'orgoglio, l'incoerenza e la testardaggine di Nadia. "Per me lo è." disse infine.
"Come le ho detto" commentò Morange "il buon Reuben non riesce a trattenersi dallo studiare il carattere delle persone, lo scusi." sorrise divertito "Ma non attardiamoci, presto il dottor Hartnell comincerà la sua esposizione."

5.
Nadia aveva indossato una camicia chiara, una giacca bordeaux ed una gonna del medesimo colore che terminava poco sotto al ginocchio, aveva passaggiato per qualche minuto per il giardino della villa, esteso numerosi ettari e minuziosamente curato, e si era poi fermata ad una panchina, sedendosi per godere del sole e della freschezza del mattino.
"Buongiorno, signora." disse con un sorriso Rodolfo Visconti.
Nadia aprì gli occhi, che teneva socchiusi, e guardò con attenzione l'uomo di fronte a lei.
"Buongiorno." rispose educatamente.
"Ha fatto colazione?" chiese Visconti.
"No" rispose Nadia "penso che invece resterò qui a godermi il fresco."
Visconti sorrise "Le due cose non si escludono."
Batte le mani. Un ragazzino sui dodici anni con un'uniforme grigia uscì da dietro una siepe con un vassoio ricolmo di pasticcini. Si avvicinò con passo sicuro alla giovane e le offrì il contenuto. A Nadia sfuggì un sorriso.
"Grazie." disse prendendo un biscotto dal vassoio. Lo portò alla bocca e commentò "Squisito."
Visconti attese un minuto abbondante seguendo con discrezione lo sguardo di Nadia "Ne prenda ancora." la invitò.
Nadia arrossì, poi finse noncuranza e chiese "Posso?"
Visconti annuì. Il ragazzino era rimasto immobile con il vassoio. Nadia prese un altro biscotto.
"Mangi pure quello che desidera." insistè Visconti.
"Grazie" disse Nadia "a dire il vero ieri sera non sono riuscita a mangiare molto."
"Non era a cena infatti" osservò Visconti "si è sentita poco bene?"
"Magari lei non capirà" disse Nadia "non mangio carne. Non mi nutro di animali che vengono uccisi."
"Capisco. è nata in India, forse? Conobbi la figlia di un raja che aveva le medesime abitudini."
"No. Sono nata in Africa."
"è un posto che ho visto poco. Peccato. Deve essere meraviglioso. Non faccia complimenti."
Nadia prese un altro biscotto.
"Resterà qui per tutti i giorni del convegno, immagino. è una studiosa anche lei?"
"No" spiegò Nadia "accompagno mio marito, Jean Roq D'Antique."
"Non sono sorpreso che non sia una studiosa. Sa, le fredde menti abituate al ragionamento ed alla astrazione sono così timorose nell'esprimere i propri sentimenti... ed a volte incapaci di slanci affettivi. Persone purtroppo assai poco interessanti."
"Lei non è uno studioso?" domandò Nadia.
"Rodolfo Visconti" si presentò l'altro "per servirla. Poeta, pensatore e politico a tempo perso. Mi sono interessato recentemente alle conseguenze della fine del potere temporale della Chiesa in Italia, dal punto di vista economico e sociale."
"è un argomento attuale?"
"Se ne parla da trenta anni e penso che sia il momento opportuno per dare un giudizio definitivo. Lei conosce la questione?"
Nadia scosse la testa.
"Meglio così. A volte parlandone mi annoio da solo. Ma, se avrà tempo, parleremo d'altro. Non credo che seguirò i dibattiti di questi giorni."
"Nemmeno io." concordò Nadia.
"Prenda anche più di un biscotto alla volta. Se gradisce da bere del succo di frutta, il mio valletto la servirà in pochi minuti."

6.
"Complimenti per il suo ottimo francese, oltre che per la chiarezza della sua esposizione." disse Reuben ad Hartnell. In una stanza piuttosto ampia si erano formati alcuni capanelli di persone, impegnate in conversazioni prevalentemente incentrate sulle esposizioni della mattina. Hartnell aveva appena raggiunto il gruppo in cui si trovavano, assieme ad un altro paio di persone, Reuben, Morange, Moncrieffe e Jean.
Hartnell sorrise "Per quanto riguarda la chiarezza è merito dei miei studenti. Sono abituato a farmi sottoporre al loro giudizio in merito. Conoscere senza riuscire ad insegnare non accresce il patrimonio dell'umanità." gettò un'occhiata discreta a Jean.
"Non cerdo che conosca ancora il signor Roq D'Antique" disse Morange "mi permetta di presentarglielo."
"Ne ho sentito parlare" disse Hartnell "con toni addirittura entusiasti. Immagino che ai francesi piaccia esagerare." Strinse con freddezza la mano a Jean.
"Forse è vero" commentò timidamente il ragazzo.
"Dubita della bravura di tutti gli scienziati d'Oltremanica, immagino." insinuò Morange.
"Non intendo offendere nessuno. Ma a dispetto delle sperimentazioni di successo di cui ho letto, nessuno ha saputo citarmi un lavoro teorico di Jean Roq D'Antique che mi abbia entusiasmato. I'm sorry."
Morange si accigliò. "Lei ritiene che questo giudizio non sia quanto meno affrettato?"
Jean intervenne "La prego Rettore... Condivido le sue valutazioni, dottor Hartnell, in effetti non ho ancora saputo stendere un lavoro completo sui modelli teorici che ho in mente."
"Le conoscenze scientifiche di Atlantide" pensò Jean "sono la bese di tutti i miei studi. Ma non so se l'umanità sia già pronta per gli esperimenti di ingegneria genetica e per la scissione dell'atomo. Ma i modelli teorici alla base della tecnologia di Atlandine sono anche il fondamento dei miei esperimenti e delle mie invenzioni."
"Spero allora che ci chiarirà qualcosa nella sua esposizione." disse Hartnell.
"In ogni caso" concluse Jean "farò il possibile per rispondere a tutte le sue domande."

7.
"Che idea si è fatto di Roq D'Antique?" chiese Morange. Era seduto alla lunga tavola che ospitava tutti i partecipanti al convegno. Era serio.
Reuben stava avvicinandosi alla sedia di Morange con l'intenzione di superarla per raggiungere il suo posto. Udendo la domanda di Morange, Reuben si fermò. Ad un cenno del Rettore sedette accanto a lui.
"Non mi dica che anche lei si interessa di... Come le ha definite Attitudini umane?"
Questa volta toccò a Morange camuffare con un sorriso la sua smorfia di irritazione. Ignorò il commento del belga.
"Quel figlio di Albione di Hartnell meritava una risposta a tono. E potevo essere io a dargliela."
"Le dispiace che abbiano sminuito il suo pupillo o che lui sia capace di esprimere le sue opinioni da solo?"
"Tenga per se' la sua ironia, Reuben" l'ammonì Morange "lei sa bene che nel mondo scientifico è necessaria la spregiudicatezza. Migliaia di colleghi invidiosi sono pronti a mettere in dubbio la validità dei suoi risultati. Migliaia di altri a contestarne l'utilità."
"A me la risposta di Jean Roq D'Antique ha fatto una buona impressione. Ed anche Hartnell è divenuto ansioso di assistere alla sua presentazione."
"Sarà difficile fargli presentare i suoi lavori nel mio gruppo, se persiste in questo atteggiamento." continuò Morange sordo alle repliche dell'altro "Non voglio che resti a LeHavre a lavorare come precettore."
"Le interessa che il talento del ragazzo dia i suoi frutti, vero? Non il prestigio del suo gruppo."
"Vedo che insiste con la sua ironia. Peccato, perchè le volevo fare un'offerta che le interesserà. Voglio capire quale sia realmente la convizione che ha Jean Roq D'Antique dei suoi mezzi e quanto sia dedito alla causa della conoscenza. Ma dal momento che il carattere di un uomo emerge anche osservando le persone con cui vive, devo incontrare anche sua moglie Nadia. Lei inviterà entrambi a cena, visto che ha già espresso il desidero di conoscere la ragazza. Verrò con pochi elementi del mio gruppo e provvederò a scusarci con la padrona di casa."
Reuben sorrise, prese un calice vuoto di fronte a sè e lo fece tintinnare toccando uno dei bicchieri di Morange.
"Questo accordo merita un brindisi." commentò.

8.
Il valletto bussò alla stanza prima di entrare. Nadia ebbe il tempo di indossare una vestaglia azzurra. Il ragazzo le porse un vassio ed uscì facendo un inchino.
Nadia poggiò il vassoio sullo scrittoio, sollevò un coperchio e trovò alcuni assaggi di pietanze fritte a base di verdure. Sul vassoio c'era anche un biglietto.
"Mi perdoni per la premura" diceva "ho fatto preparare alcuni dei piatti che assaggiai assieme alla figlia del raja. Spero siano di suo gradimento. Suo, Rodolfo Visconti."
Nadia sorrise ed assaggiò subito le pietanze.

9.
Il sole splendeva alto ed il fiumiciattolo accanto al quale era tracciata la strada rendeva l'aria più fresca. Nadia sorrideva lietamente pedalando con calma e cercando sugli alberi gli autori delle melodie che accompagnavano la sua passeggiata. Dietro di lei, Rodolfo Visconti aveva tolto la giacca, adagiata sul manubrio, e sudava per lo sforzo.
"Nadia, mi aspetti." chiamò.
La giovane frenò e si voltò a guardarlo divertita. "è già stanco?" chiese.
"Potremmo fermarci per un po'" propose "e sederci sull'erba... non sono abituato a tutto questo movimento. Io le avevo proposto un giro a cavallo." Nadia lo guardò di traverso "Non possiamo fermarci. Oggi vedrò Jean solo prima di pranzo e non voglio che mi aspetti. Nel pomeriggio sarà lui ad esporre ed io devo incoraggiarlo."
"Non si preoccupi, suo marito se la caverà benissimo." la rassicurò Visconti, giunto vicino a lei. Aveva fermato la bicicletta proprio a fianco di quella di Nadia ed avvicinò lentamente una mano a quella della ragazza per una breve carezza "Sono io che sento che il cuore mi scoppierà." e fissò Nadia negli occhi.
Nadia distolse lo sguardo. "Sarà meglio che si sforzi" replicò "sappia che trovo noiosi gli uomini che si arrendono facilmente."
"Vedrà che non sono uno che si arrende." disse Visconti soffermandosi con una lunga occhiata su Nadia.
Nadia sentì un brivido correrle lungo la schiena. "Spero che non pensi di combattere contro di me." disse.

10.
"Credi che il marito lo sappia?" chiese Beatrice Moncrieffe.
"Quella donna è così strana. Chissà come lo fa penare." commentò il donnone seduto al medesimo tavolo da tè.
Al tavolo accanto, leggendo distrattamente il giornale, Reuben non perdeva una battuta di questa conversazione.
"Quando li ho incontrati sono sembrati molto affettuosi... ma a dire il vero forse era Jean ad offrire a Nadia tenerezza più che il contrario."
"Trascorrere un'intera mattinata con un altro uomo proprio mentre suo marito sta cercando di ottenere una posizione di riguardo nel mondo della scienza. Dedicargli appena cinque minuti prima della sua esposizione. Che ingratitudine! E che uomo, poi! Quel nullafacente di Rodolfo Visconti, capace solo di mettersi in luce con le giovani ingenue."
"Galline pettegole." pensò Reuben "Per loro l'apparenza conta quanto la sostanza. Però... qual'è la sostanza? Che persona è realmente Nadia Roq D'Antique? Sono decisamente curioso di conoscerla."

11.
"Non so davvero come esprimermi per commentare il suo lavoro, signor Roq D'Antique" disse Hartnell "le risposte che ha dato alla mie domande sono senza dubbio puntuali, ma mi sento di confermare anche quanto le ho espresso ieri."
Jean si trovava in un gruppo di persone a commentare la sua esposizione. Erano tutti studiosi venuti con Hartnell dall'Inghilterra, parecchi dei quali si esprimevano in un francese incerto.
"Più di una volta ha risposto alle mie domande cominciando con 'Sono convinto che' o 'Ho motivo di credere che'. Sono decisamente combattuto se ammirare il suo intuito o deplorare il suo procedere senza certezze." Jean sorrise "Anche io non so se considerare le sue parole in senso positivo o negativo."
"Sicuramente in senso positivo" spiegò l'inglese "credo che se lei avesse la possibilità di verificare le sue intenzioni sulla natura del mondo che ci circonda, non rivoluzionerebbe solo la meccanica del volo, ma la cosmologia ed i modelli che descrivono la materia. Spero di assistere a suoi interventi in questo senso, mi sembra sprecato che lei sacrifichi intuizioni così originali a favore di un campo in cui lavoriamo in molti. Prevedo che il primo apparecchio più pesante dell'aria mai costruito dall'uomo volerà entro i prossimi cinque anni."
Alan Moncrieffe raggiunse Jean in quel momento "Jean" disse "il dottor Morange vorrebbe che lei lo raggiungesse. Vorremmo che partecipasse ad una breve chiacchierata sulla sua esposizione di poco fa." Jean si voltò verso Hartnell.
"Vada pure" lo scusò l'inglese "penso che sia importante che lei in questo momento trovi i mezzi e l'aiuto per dedicarsi pienamente alle sue ricerche."

12.
"Ha invitato per domani sera i coniugi Roq D'Antique?" chiese Morange a Reuben. Questa volta era stato il Rettore a raggiungere al tavolo il belga.
"Lo farò subito dopo cena." rispose Reuben "Sto prendendo accordi per il locale e per il menu."
"Ha sentito le voci che parlano di Nadia Roq D'Antique?"
"Credo che sarebbe stato impossibile non farlo, visto che erano l'argomento della giornata per le signore."
"Sto cominciando a credere che quella donna abbia un'influenza nefasta sul giovane Jean. Pensa che l'abbia sposata per un eccessivo senso di responsabilità dopo un errore di gioventù?"
"è questo che si dice in giro?"
"Di lei non si sa nulla. Il valletto di Visconti dice che è nata in Africa, ma non si sa come sia arrivata in Francia. Ho contattato Parigi con il telegrafo. Di quella donna non si sa niente di niente."
Reuben si concesse un sorriso divertito. "Non le dicevo che era interessante?"
"Non direi interessante, è un rebus senza soluzione."
"Credo che tutte le conquiste della scienza siano nate risolvendo enigmi apparentemente insolubili."
"Quando avrò la soluzione di questo enigma" concluse Morange "deciderò il destino del giovane Jean Roq D'Antique" fece una pausa "e quello di sua moglie."

13.
Il giardino non era del tutto buio, nonostante il sole fosse tramontato. Poche tenui luci, luci elettriche installate da non molti anni, erano collocate accanto alle fontane. Il resto dei sentieri era illuminato dalla luce delle stelle.
Nadia e Visconti erano fermi accanto al bordo di una fontana dominata dalla statua in marmo di Ulisse circondato dalle sirene.
"Cosa ha fatto questo pomeriggio?" chiese Visconti.
"Ho letto un libro. Ma non mi è piaciuto molto. Parla di una creatura costruita con dei cadaveri. Si intitola 'Frankenstain'."
"Le è sembrato troppo assurdo?"
"No. Troppo verosimile."
Visconti fece un sorriso amabile "Lei è davvero una donna sensibile. Non sa quanto io la capisco."
"Davvero?"
"Condivido il timore delle mostruosità generate dall'umanità. Purtroppo, a volte, dalla stessa scienza."
Nadia annuì.
"Pensa mai che suo marito potrebbe contribuire a creare qualcosa di terribile?"
Nadia sentì il cuore balzarle in petto. "Una volta l'ho sognato" confessò "non ho mai avuto la forza di dirglielo."
"Mi racconti."
"Ho sognato un uomo con il volto coperto da una maschera ed un cappuccio a punta. Per sfuggirgli gli strappavo la maschera e riconoscevo il volto di Jean."
Visconti le carezzò la mano "Deve essere difficile per lei sopportare tutto questo."
"Ma io non posso chiedere a Jean di non essere quello che è. Lui non ha mai chieso questo a me. Per questo l'ho sposato."
"Eppure" insinuò Visconti "non è certa che suo marito, tra la scienza e lei, sceglierebbe lei."
"In passato sì" rispose Nadia "ma con il tempo, i successi, l'ammirazione degli studiosi, lo vedo sempre più coinvolto in cose che io non amo."
Visconti le si avvicinò lentamente "La fa soffrire, questo?"
"Da quando sono qui" confermò Nadia "sto cominciando a sentirmi a disagio." Si allontanò. "Ma non dovrei dirle questo."
"E perchè" chiese con voce dolce Visconti "io la capisco, glielo ho detto. E non creda che siano pochi gli uomini disposti ad accoglierla per quello che è." Le posò una mano sulla spalla.
"In poche ore" continuò "mi sono convinto di aver incontrato una donna diversa da tutte quelle che ho conosciuto. Più familiare di una sorella, più sorprendente della figlia di un raja." avvicinava con lentezza il viso a Nadia. "Una creatura a cui non è facile resistere, qualcuno a cui si vorrebbe dedicare tutta la vita."
Cercò con le sue labbra quelle di Nadia. La giovane capì le sue intenzioni e si voltò di scatto.
Visconti fece un passo indietro. "Non intendo offenderla, Nadia, ma sappia che desidero esprimerle la mia completa devozione."
"Nadia, dove sei?" chiamò la voce di Jean.
Si affacciò da dietro una siepe pochi secondi dopo.
"Ti stavo cercando..." cominciò Jean.
"Ti vorrei presentare il signor Rodolfo Visconti" disse Nadia, poi aggiunse rivolta all'italiano "mio marito. Jean Roq D'Antique."
"Molto lieto" disse Visconti con una formale stretta di mano.
"Nadia" disse Jean "sono invitato ad una cena privata per domani sera ed è importante che ci sia anche tu. Sai" continuò premuroso "non ci saranno molti estranei, ma quasi esclusivamente le persone che ti ho già presentato. La signora Moncrieffe si è anche offerta di accompagnarti a fare acquisti, domani. Pensa che sia meglio che tu indossi un vestito diverso."
"E tu le dai retta?" domandò Nadia fredda.
Jean si fece triste in volto.
"Sai è una donna che conosce molto bene la moda e gli usi di questo ambiente, mi fido del suo giudizio. Naturalmente è solo un consiglio."
"Se posso permettermi" intervenne Visconti "credo che potrebbe lasciarsi valorizzare da un abito della moda dell'ultimo anno. Le persone che la circondano non dovrebbero poter pensare che lei non sappia essere affascinante quanto loro."
"E se decidessi di non venire alla cena?" chiese Nadia.
"è una sola sera, Nadia" disse Jean "ed è importante per me."
Nadia sospirò. Guardò Visconti, ma non riuscì a decifrare la sua espressione.
"D'accordo, allora." promise.

14.
"è veramente meraviglioso, Nadia, non trova?" disse Beatrice Moncrieffe.
Nadia guardò con apprensione l'abito lilla che la donna le stava mostrando. Una donna bruna dal sorriso smagliante annuì soddisfatta. Le tre erano in un gabinetto di sartoria, una piccola stanza che era illuminata da una sola lampadina. L'ultima era accanto al vestito, appeso alla parete.
"Un abito meraviglioso, Cecile" disse Beatrice alla bruna.
Nadia scosse la testa perplessa. "è decisamente molto vistoso. Non sono sicura che mi sentirei disinvolta indossandolo."
"Suvvia." replicò Beatrice "Sa che il vestire deve riflettere quello che è il nostro carattere. è così che ci qualifichiamo con gli altri."
Nadia si voltò di scatto verso la donna. "Cosa intende dire Quale pensa che sia il mio carattere?"
Beatrice guardò Nadia con aria di superiorità.
"Non creda che in questi giorni io non l'abbia guardata, come tutti gli altri ospiti della villa."
"E, di grazia, cosa avrebbe visto?"
"Tutto quello che ha fatto, visto che non si è affatto preoccupata di nasconderlo."
"Che cosa avrei dovuto nascondere? Sta insinuando che io..." Nadia era scura in volto.
"Mia cara, lei è libera di agire come crede, le assicuro. Nessuno di coloro che la disapprovano può impedirlo."
Lo sguardo di Nadia era colmo di rabbia e disprezzo. "Sta dicendo che qualcuno mi disapprova... e per che cosa?"
"Se non lo sa lei, cara..."
"La smetta di chiamarmi cara. E sappia che nessuno, nessuno può rimproverarmi di nulla. In particolare chi no sa nemmeno quello che ho fatto."
Prese fiato. Due volte.
"La prego" concluse "mi riporti da mio marito."

15.
Morange e Jean erano in carrozza. Il vetturino guidava per una tranquilla strada di campagna, tra i campi ed i pascoli.
"Di cosa voleva parlarmi, Rettore?" chiese Jean.
"Intanto penso che sia giunto il momento di evitare tanti formalismi. Tutti gli scienziati del mio gruppo mi chiamano Claudie. La prego di fare altrettanto. Io la chiamerò Jean."
"Come desidera" convenne Jean.
"Tra ieri ed oggi mi sono convinto che lei ha tutte le qualità che servono per entrare a pieno titolo tra i miei collaboratori."
Jean sentì una grande gioia ed un enorme orgoglio entrargli in petto.
"Ma devo sapere se è disposto a farlo."
"Certamente io..." cominciò Jean.
"Mi permetta, Jean" lo interruppe Morange "è disposto a trasferirsi da LeHavre, a dedicarsi a tempo pieno alle sue ricerche, a partecipare a convegni come quello di questi giorni almeno sei volte l'anno?"
"Sissignore!" esclamò entusiasta Jean.
"La sua vita" continuò Morange "dovrà cambiare e così il suo modo di trattare le persone... come nel caso di sua moglie."
"Nadia? Che c'entra lei?"
"Ieri mattina, se non erro, passeggiava sola in compagnia di un uomo. Lei ha certamente fiducia nella devozione di sua moglie. ma la libertà che le concede è eccessiva."
"Non comprendo."
"Le si chiede, come scienziato, un rigore ed una determinazione eccezionali. Per acquisire credito lei dovrà mostrare di avere il pieno controllo su tutto quello che la riguarda."
"Ma Rettore... Claudie, Nadia e i miei studi sono cose molto differenti."
"Le spiegherò: la gente ha difficoltà a ricordare le cose importanti che le persone fanno. Si chiacchiera molto. Ed in questi giorni si è parlato più del suo rapporto con sua moglie che del suo talento. La gente si distrae. Faccia che quando pensa a lei, pensi solo al suo prestigio, alle sue capacità."
"Ma io non posso chiedere a Nadia di rinunciare ad un po' di svago. Non è giusto."
Morange sorrise. "decida lei cosa è giusto. Forse sarebbe più conveniente allontanarla da lei, Jean. Lasciarla vivere come desidera, senza legami che appaiono puramente formali."
Jean rimase a bocca aperta. Morange ordinò al vetturino di riportare indietro la carrozza. Jean tacque per tutto il viaggio di ritorno.

16.
Sul retro della villa si apriva un ampio terrazzo che era appena rialzato dal livello del terreno. Lì erano disposti una quindicina di tavolini da tè, attorno ai quali c'erano poche persone, per lo più uomini che leggevano o scrivevano in solitudine. Nadia vi entrò con passo deciso e il suo sguardo si soffermò a lungo su tutti i tavoli.
"Buon giorno, signora Roq D'Antique" disse dalla sua destra la voce di Reuben.
Nadia spostò i suoi penetranti occhi sull'uomo.
"Mi scusi, devo presentarmi" disse con un sorriso "Edmond Reuben. Forse suo marito le ha parlato di me, sono il vostro ospite di stasera."
Nadia soppesò le parole dell'altro sospettosa. "No, non me lo ha detto. Sa dov'è ora?"
"A fare una passeggiata con il Rettore Morange" rispose Reuben. Si toccò il panciotto, riconobbe al tatto gli occhiali, quindi cercò in un'altra tasca e ne estrasse un orologio. Lo guardò con attenzione e perplessità. Tornò a cercare gli occhiali e li inforcò.
Questa volta il suo sguardo verso l'orologio fu accompagnato da un sorriso.
"Sì" disse "dovrebbero tornare tra pochi minuti. Può attenderlo qui, se desidera." e indicò la sedia di fronte a lui.
Nadia, poco entusiasta, si accomodò.
"Sono stato contento di averla potuta invitare a cena, questa sera. Mi auguro che verrà."
"L'ho promesso a Jean. Quindi ci sarò. Questo la sorprende?"
"Temevo non gradisse la nostra compagnia."
Nadia si alzò di scatto. "Signor Reuben, mi dispiace. Per oggi sono stata insultata abbastanza. Se vuole scusarmi." e diede le spalle all'uomo. Reuben aveva gli occhi sgranati e per un istante restò in silenzio.
Quando Nadia mosse un passo per allontanarsi, si scosse e chiamò "Signora Roq D'Antique, un momento."
Nadia si voltò con lentezza, lasciando trapelare tutta la sua rabbia dietro un'apparente freddezza. "Mi dica."
"Non è mia intenzione offenderla" spiegò Reuben "non lo è stata nemmeno in passato. Constatavo solo che in questi giorni non è mai scesa a cena. Dal momento che non è certo suo marito che la infastidisce, pensavo che fossimo noi anziani a darle noia."
"Si aspetta che dica che Jean mi infastidisce?" tuonò Nadia "O che preferisco stare con qualcuno più giovane?"
Pochi visi si alzarono a cercare la provenienza di quella voce, per tornare indifferenti a distogliere l'attenzione dopo pochi secondi.
Reuben frattanto si alzò "Signora, la prego di non mettermi in bocca parole che non ho detto e di non attribuirmi pareri che non ho." la sua voce era calma, ma dura e decisa.
Nadia la trovò simile alla voce del capitano Nemo, suo padre, in quei momenti a bordo del Nautilus in cui le sue decisioni significavano la vita e la morte. Tacque.
"Vuole tornare a sedersi?" chiese dolcemente Reuben.
Nadia, quasi automaticamente, sedette e Reuben la imitò.
"Io sono suo amico, signora Roq D'Antique, suo e di Jean, mi creda. È un ragazzo che rispetto e stimo. Non solo come scienziato."
"Non credo di avere amici, qui." disse Nadia sospettosa.
"Si chiacchiera molto su di lei" confermò Reuben "ho sentito anche io voci di donnette che parlano con grandi sottintesi di quello che fa. Parlano con sottintesi non per pudore, ma per ignoranza. Perchè non sanno nulla di ciò di cui vorrebbero parlare ed è la loro immaginazione ad essere perversa. Non potrebbero essere meno clementi con il peggior uomo della Terra."
Nadia si fece più attenta.
"Sta a lei, non a quelle vecchie galline, decidere cosa è corretto o meno. è della sua vita che si parla. Io posso solo darle il consiglio di un vecchio che potrebbe essere suo padre."
"Io" disse Nadia più tranquilla "vorrei solo che le voci cessassero."
"Purtroppo non dipende solo da lei" disse Reuben "ma dalla fama che circonda in questo ambiente il suo amico, Rodolfo Visconti. è noto che abbia avuto una decina di amanti... ed una volta una donna sposata fuggì di casa per inseguirlo."
"Storie che magari non sono vere."
"Non si può concedere perennemente il beneficio del dubbio. Ad ogni modo io non le consiglio di contare su un amico come Visconti. Sono certo, d'altronde, che l'abbia corteggiata."
Nadia arrossì.
"Suppongo" proseguì Reuben "che attenzioni di questo tipo siano piacevoli ed immagino che lei non lo abbia assecondato molto, ma mi auguro anche che non siano la causa della separazione di una coppia di sposi."
Claudie Morange entrò in quel momento sul terrazzo, scorse Nadia in compagnia di Reuben ed ammiccò all'uomo.
"Ecco il Rettore Morange." annunciò Reuben a Nadia "Credo che troverà suo marito in camera."
Nadia si alzò. "Vuole scusarmi?"
"Certamente."
"A stasera e... capisco le sue preoccupazioni, ma so di avere la fiducia di Jean."
Si allontanò con ampi passi.
Reuben guardò verso Morange, che si era fermato a salutare un signore in bombetta ad un tavolo. "Il problema è che lei non è la sola persona di cui Jean si fida, Nadia." disse come se la donna potesse ancora udirlo.

17.
Nadia sedeva a cena davanti a Claudie Morange. Alla sua destra c'era Alan Moncrieffe, mentre alla sua sinistra stava Edmond Reuben. Accanto a Morange sedevano invece due donne, una sulla quarantina magrissima, dal volto pallido e la carnagione molto chiara, l'altra oltre i cinquanta con il viso severo ed i capelli già grigi. Jean era piuttosto distante ed aveva accanto a lui Patricia Loubet.
La cena stava per essere servita e gli invitati erano già impegnati in fitte conversazioni.
"Dov'è nata, signora Roq D'Antique?" chiese Morange.
"In Africa, in un posto che non conosce."
"Non può saperlo, se non mi dice come si chiama." la riprese Morange.
"Tarsoniss." replicò Nadia con un sorriso tirato.
"Ha ragione. Non lo conosco. è di lì che è originaria la sua famiglia?"
"Chissà che faccia farebbe" si chiese Nadia "se gli dicessi che viene da un pianeta remoto e che è più antica della razza umana."
"Non posso dirlo" dovette dire "non ho vissuto con i miei in infanzia e conobbi mio padre solo pochi mesi prima della sua morte."
"Era malato?"
"Credo che si possa dire di sì." rispose Nadia "Provato dal rimorso per tante vite che non aveva saputo salvare ed altrettante che aveva falciato in guerra." concluse mentalmente.
"Come ha conosciuto Jean?"
"A Parigi, all'esposizione dell'ottantanove."
"Appena quattordicenne? E siete rimasti sempre insieme?"
"Ho vissuto a Londra per qualche tempo. Dopo il matrimonio ci siamo stabiliti a LeHavre."
Una minestra fumante venne servita ai commensali da imperturbabili camerieri. Nadia la girava lentamente con il cucchiaio, perplessa.
"Non c'è carne." le disse con un sussurro Reuben "Jean mi ha avvisato delle sue preferenze."
Nadia sorrise.
"Reuben" disse Morange con lo sguardo torvo "non sussurri all'orecchio di Nadia, ci sono segreti tra voi?"
"No, signor Morange." rispose Reuben.
"Perchè non parlare ad alta voce, allora?"
"Perchè l'argomento è di poco interesse."
"Questo lo decido io, Reuben."
"Solo quando è lei a parlare, Morange." replicò secco Reuben.
Il Rettore lanciò un'occhiata carica di sdegno all'altro prima di rivolgersi a Nadia. "Di cosa stava parlando? Se è davvero poco importante, me lo dica."
"Il signor Reuben" spiegò Nadia "mi diceva di aver avuto la premura di evitare che nel mio piatto ci fosse carne di qualche tipo."
"Una malattia o convinzioni etiche in merito?"
"So che gli animali soffrono quando vengono uccisi. Non voglio continuare ad aumentare questa sofferenza."
"Non sono uno specialista in materia" continuò Morange "ma credo che questa ipotesi sia piuttosto nuova. Ha fatto studi in proposito?"
Nadia scosse la testa.
"Mi dica, coraggio... Non è convinta di quello che crede?" insistè Morange.
"Io sento la loro sofferenza. Le loro grida di dolore arrivano al mio cuore."
"Lei dunque parla di una sensibilità personale che attribuisce alle bestie."
"No, signore. Io sono certa che gli animali soffrono. Come lei."
"Ma non ne può dare una prova."
"Questo è quello che so." disse Nadia con decisione "Non le domando di credermi, quindi perchè portarle delle prove?"
"Le idee non suffragate da prove" replicò Morange "le superstizioni, sono state per millenni l'origine dei mali dell'umanità."
Nadia fece un sorriso amaro. "Quanto male abbia fatto la superstizione io non lo so. Ma conosco il male fatto in nome della scienza da uomini che credevano di avere il diritto di plasmare la natura a proprio piacimento."
Alla mente di Nadia apparvero in pochi istanti alcune immagini dei suoi scontri con la Nuova Atlantide: la nave volante che la attirava verso di sè dal ponte del Nautilus morente, la cabina di Nemo nel primo Nautilus che si allontanava verso la superficie dell'oceano, la maschera di Gargoyle, il volto di suo fratello tornato umano pochi istanti prima della morte, il corpo senza vita di Jean ai suoi piedi.
"Lei non capisce l'importanza della scienza" disse Morange "e del lavoro di suo marito!"
Le due donne ai lati di Morange fissarono Nadia con aria educatamente sconcertata.
"Morange, la signora Roq D'Antique non ha detto questo..." cominciò Reuben. "So benissimo quello che ha detto." lo interruppe Morange. Si rivose a Nadia "Lei vuole che suo marito abbandoni le sue ricerche, immagino."
"Assolutamente no. Io..." iniziò Nadia.
"Lei non vuole" cominciò Morange "perchè sa bene che suo marito non abbandonerebbe mai il suo lavoro. Lascerebbe lei piuttosto, se dovesse scegliere."
"Io non..." Nadia si alzò "Non resterò qui ancora, sono stanca." La sua voce era divenuta esile.
"Non posso ribattere a quest'uomo come vorrei" pensò Nadia "non posso mettere Jean in imbarazzo. Ma non riuscirò a fermarmi se continua a parlarmi in questo modo."
"Lei mette in imbarazzo suo marito, signora Roq D'Antique" disse grave Morange "lo costringe a mettere in discussione ogni istante il mondo che ama, il mondo della scienza, per i suoi capricci. Quando lavorerà con me tutto questo finirà. Jean appartiene a questo mondo, è nato per accrescere il sapere dell'umanità."
Nadia guardò con occhi velati di lacrime verso Jean. Il giovane stava accompagnando con ampi gesti un lungo racconto che i suoi vicini di tavolo ascoltavano con attenzione. Nadia credette di riconoscere nella mimica del marito la descrizione della partenza di uno dei suoi più recenti razzi.
"Jean" pensò Nadia "davvero non mi appartieni più?"
"Lei deve accettare gli obblighi di questo ambiente, signora Roq D'Antique" l'ammonì Morange "e comportarsi degnamente. Jean sa già di dover rinunciare a lei in caso contrario... e sono certo che lo farà."
"Vi chiedo scusa." sussurrò Nadia "Voglio andare via."
Reuben si alzò. "Posso accompagnarla? Diro a suo marito che sta poco bene."
Nadia annuì.

18.
La borsa era già pronta dalla sera precedente. Nadia l'aveva preparata prima di addormentarsi, a notte fonda. Jean era tornato quasi all'alba così Nadia non aveva potuto parlargli. Ora era pronta, vestita con il suo abito bordeaux, in piedi nella stanza, accanto a Jean che ancora dormiva.
"Devo svegliarlo?" pensò Nadia "Dirgli che ho intenzione di andarmene? Sperare che lui mi trattenga? Ma io non voglio restare. Ed ho paura che lui mi dica di andare senza nemmeno dispiacersi. Ne morirei. Meglio così. Ti dico addio, Jean. Amerò te solo. Per sempre."
Raggiunse la porta, l'aprì lentamente e la chiuse dietro di sè. Il rumore della porta che si chiudeva arrivò alle orecchie di Jean che si mosse nel letto.

19.
Rodolfo Visconti si guardò intorno con cautela, come se temesse di essere osservato.
"Cosa desidera, Nadia?" chiese.
Erano vicino ad una rampa di scale, ad un piano ove alloggiavano gli ospiti della villa.
"Sono venuta a salutarla" spiegò Nadia "ed a ringraziarla per le sue premure."
"Ah, bene" disse Visconti apparendo piu' tranquillo "Dunque va via subito, le auguro buon viaggio."
"Mi saluti anche il suo ragazzo, la prego."
"Chi? Ah, Nicola, il valletto. Ne sarà lieto."
"Allora..." Nadia tese la mano.
Visconti la strinse rapidamente. Nadia si voltò verso le scale.
"Nadia aspetti" la chiamò Visconti "le chiamo una carrozza."

20.
Visconti attendeva assieme a Nadia che un vetturino insonnolito sollecitasse gli stallieri a preparare la carrozza.
"è sicuro che non la disturbo?" chiese Nadia.
"Nadia, l'assicuro" rispose Visconti "nessuna donna è stata così accomodante nei miei confronti."
Nadia sollevò un sopracciglio e guardò l'uomo dal basso verso l'alto. "Che problemi le hanno dato?"
"Ogni genere." disse Visconti sospirando "Per il solo fatto di essere stato in loro compagnia per qualche giorno, mi attribuivano varie responsabilità nei loro confronti. Alcune pretendevano di essere sposate, quelle che già lo erano che tornassi a trovarle in assenza dei loro mariti. Tre mi accusarono di essere responsabile del fallimento del loro matrimonio ed una fuggì dal marito pretendendo di vivere con me."
"Invece lei non aveva responsabilità nei loro confronti?"
"Assolutamente no. Come le ho detto, ho frequentato molte donne e con ognuna mi sono comportato allo stesso modo, offrendole amicizia, affetto, tenerezza, passione, sempre quello che esse desideravano. Loro avrebbero dovuto sentirsi riconoscenti, invece che pretendere che io agissi per sempre ai loro comandi."
"è certo di non aver detto a nessuna di loro di volerle 'dedicare tutta la vita'?"
"A molte, sicuramente no. Ad alcune è probabile."
"Mentiva?"
"Onestamente no. Se non l'ho mai fatto non è perchè non avrei voluto, ma perchè non avrei potuto."
"Cosa glielo impedisce?"
"Il mio nome. Il nome dei Visconti che mi consente di frequentare i ricchi ed i nobili, mi impone anche di vivere alla loro maniera, secondo le loro regole."
"Un nome." ripetè Nadia "Se trova che gli svantaggi siano tanti potrebbe liberarsene."
Visconti si affacciò alla finestra in attesa della carrozza. Tornò a guardare Nadia.
"Non credo sia possibile. è come cercare di sfuggire al proprio passato. Negare la propria storia."
Nadia senti un brivido lungo la schiena. "Sfuggire al proprio passato. Ne so qualcosa... e devo darle ragione: non è affatto facile. Ma io spero che troverà la volontà di farlo."
"è un augurio insolito" osservò Visconti "ma ne accetto l'intenzione."
L'arrivo della carrozza fu annunciato dal rumore degli zoccoli dei cavalli.

21.
Per la prima volta dal suo arrivo alla villa, Jean si era vestito con i suoi abiti piu' semplici. Ed anche il suo atteggiamento era tutt'altro che formale. Arrivo di fronte a Reuben che faceva colazione quasi di corsa.
"Signor Reuben" disse "Nadia è andata via. Credo che sia uscita meno di mezz'ora fa. Ha portato con sè tutti i suoi bagagli. Cosa è successo? Mi aveva detto che stava poco bene."
Reuben terminò di sorseggiare il suo caffè.
"Temo che sia andata via." disse mestamente.
"Via dove? E perchè?" insistè Jean.
"Deve aver avuto l'impressione che a lei non importasse la sua presenza. Forse si è convinta che lei preferisce la compagnia di altre persone e che non la desidera accanto."
"Ma chi o che cosa le può aver dato un'idea del genere?"
Morange apparve dietro le spalle di Jean. Era seduto ad un tavolino poco distante ed aveva potuto udire il dialogo tra i due.
"Non si preoccupi di Nadia, Jean." disse Morange "Ricorda quello che le ho detto? I suoi studi non possono attendere che lei si preoccupi dei capricci di sua moglie. È andata via lei, non lo dimentichi È lei che ha voluto così. Non la cerchi. Non ne ha bisogno."
Jean prese fiato. I suoi occhi andarono da Morange a Reuben e viceversa. Poi sorrise.
"Claudie" disse "ieri ha detto una cosa che considero sacrosanta. Che la gente deve sapere cosa una persona fa di importante. Da oggi tutti sapranno quello che faccio io."

22.
Nadia vide arrivare il treno e si alzò. Sollevò il suo borsone e lo caricò con qualche sforzo sul vagone. Poi lo trascinò in uno scompartimento vuoto e cercò di sollevarlo per adagiarlo su un ripiano in alto.
"Ti aiuto, aspetta." disse una voce dietro di lei.
Jean prese la borsa e la collocò in alto. Poi sorrise a Nadia.
"Che ci fai qui?" disse la giovane incredula mentre il cuore le balzava in petto. Poi sentì il sangue divenire gelido "Sei venuto a riportarmi indietro, vero? Ti ho messo in difficoltà con questa fuga."
Jean la guardò con aria perplessa ed ingenua.
"Difficoltà? Beh, sì, non ho avuto il tempo di fare i bagagli ed ho preso il treno per un soffio. Ma Reuben mi ha detto che penserà a tutto. Sono qui perchè voglio fare la cosa più importante che abbia mai fatto."
"Di che stai parlando?" disse Nadia guardando Jean torva.
Jean sapeva che quell'espressione di Nadia non significava disprezzo, ma era una manifestazione del suo carattere orgoglioso. "Io ti amo Nadia e continuare ad amarti è l'unica cosa che voglio veramente fare."
"E tutti quegli studiosi?" chiese Nadia "Non mi hai portato da loro perchè mi conoscessero, perchè mi accettassero nel loro ambiente insieme a te?"
Jean posò una mano delicatamente su una spalla di Nadia. Il cuore di Nadia tornò a battere forte. Il suo volto si rilassò ed i suoi occhi luccicavano.
"Mi spiace non avertelo spiegato." le sussurrò avvicinandosi "Nessuno aveva il diritto di valutarti e di metterti sotto esame. Ti ho chiesto di venire per un semplice motivo: io ho bisogno di te. Non potrei mai stare dove tu non riesci a stare. Torniamo a LeHavre, vuoi?"
"Sì, Jean. Insieme."
I due si baciarono dolcemente mentre il treno partiva.

   
 
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