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Autore: PoisonApple    23/10/2010    2 recensioni
Un'isola, un esploratore, uno sciamano: ecco cosa succede a far arrabbiare il Grande Dio Banano![SanzoxGoku]
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Sha Gojio, Son Goku
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: La maschera
Pairing: Sanzo/Goku
Beta-reader: Desdemona
Disclaimer: la sensei Minekura è la padrona ufficiale, ma ha dato i boys in pasto a tutte quante e quindi io ne approfitto ^0^
Note: scritta per la HMS Maouropia Treasure Hunt di fanfic_italia con il prompt “Isola Banana:Portate gli oli, gli incensi, preparate l’altare. Il nostro Dio, il Grande Banano, è inquieto e ha fatto in modo che lo sapessimo.”.
Le banane sono un frutto dannoso per il mio cervello, sì sì U.U. Voi che ne pensate?


La maschera


Hakkai seguì con lo sguardo la scia luminosa tracciata nel cielo da una stella cadente, riportando poi l’attenzione sui volti cupi dei suoi compagni di viaggio, mentre quella si disperdeva nell’oscurità della notte. La loro situazione era talmente grave, che ritenne superfluo esprimere il desiderio che gli spettava per quella fortuita visione.
Si mosse un poco tentando di sistemarsi più comodamente sulla sabbia, per quanto glielo permettessero i suoi arti intorpiditi dalle lunghe ore di immobilità forzata, ma riuscì solo a rimediare l’ennesimo, dolorosissimo crampo.
Gli indigeni di quella maledetta isola forse non potevano vantare le conoscenze tecniche dell’Inghilterra elisabettiana, la sua patria d’origine, ma sapevano perfettamente come usare una corda su un prigioniero, e a nulla erano valsi i loro tentativi di sciogliere, o almeno allentare, i nodi con cui li avevano legati a quelle ruvide palme da cocco.
“Diamine, quanto durerà ancora quest’inferno?! Ci ammazzassero subito e la facessero finita!” esplose Gojyo, il più impulsivo dei tre, battendo volontariamente la testa sul tronco della sua palma.
“In effetti mi chiedo come mai siamo ancora vivi. Di certo i nostri amici non hanno intenzioni benevole nei nostri confronti.”
La spiaggia brulicava infatti di nativi piccoli e scuri, ben provvisti di lance e pugnali, armi di fattura molto semplice ma efficaci quanto la più letale scimitarra turca su uomini impossibilitati a difendersi come loro.
“Voglio fumare. Al diavolo tutte le scimmie cannibali dei Caraibi!”.
L’imprecazione giungeva da colui che in qualche modo poteva definirsi il loro “capo”, l’esploratore e avventuriero che più di ogni altro aveva contribuito alla definizione delle cartine geografiche dei territori centrali delle Americhe e che, suo malgrado, forniva materiale in abbondanza a tutti quegli scrittori che ne narravano, molto spesso assai fantasiosamente, le mirabolanti gesta d’oltreoceano.
Genjo Sanzo in realtà era tutto fuorché un intrepido eroe, e non faceva un passo senza un più che valido tornaconto; ma per essere un mercenario bisognava riconoscere che era un professionista e quando si trattava di scovare un giacimento aureo o una zona adatta ad una coltivazione estensiva non aveva rivali. Tutto ciò per cui era diventato così famoso in madrepatria, come il ritrovamento delle rovine di un’antica civiltà perduta o la scoperta di una pianta esotica ancora sconosciuta in Europa, erano da lui considerati solamente come “incidenti di percorso”.
Lui e i suoi due soci avevano attraversato in lungo e in largo l’arcipelago caraibico nel corso degli ultimi mesi, ed erano stati in grado di affrontare i pericoli più insidiosi che quelle isole sapevano nascondere, eppure nulla avevano potuto contro quel branco di selvaggi: erano stati catturati, e con ogni probabilità avrebbero costituito la loro cena.
“Beh, a quanto pare è giunto il momento di dirci addio. Gojyo, Sanzo, è stato un piacere viaggiare con voi.” disse Hakkai chinando il capo verso i due amici in segno di commiato, prima di essere slegato e messo in piedi da un paio di guardie.
“Tsk.” fu la laconica risposta del biondo mentre veniva anch’egli tirato su dagli indigeni. Gojyo stava già imprecando e scalciando da un pezzo contro quelli che cercavano di togliergli le corde e probabilmente non lo aveva proprio sentito il garbato addio del compagno.
Sotto la minaccia delle rozze lance vennero spintonati fino al grande falò al centro della spiaggia, dove furono sottoposti agli sguardi feroci dell’intera tribù, accorsa per il loro pubblico linciaggio.
La tensione si acuì quando rimbombò nell’aria fresca della notte il suono dei primi tamburi. Gli isolani accompagnarono subito quell’oscura litania con scomposti movimenti delle gambe e delle braccia, in un aggressivo spettacolo che sarebbe bastato da solo a terrorizzare uomini dalla fibra meno resistente dei tre forestieri presenti in quel momento sul loro territorio. Raggiunto il climax però, suoni e danze cessarono improvvisamente, lasciando piombare l’intera isola in un inquietante silenzio.
Apparve allora fra la folla, al centro dello spiazzo sabbioso, un personaggio che la lunga esperienza di Sanzo individuò immediatamente come lo sciamano della tribù.
Egli indossava un’ampia veste ornata di conchiglie e fiori secchi, che contrastava in maniera evidente con la quasi totale nudità degli altri nativi, e celava il volto dietro una maschera di sottili foglie abilmente intrecciate, ornata in alto da piume variopinte.
"Portate gli oli, gli incensi, preparate l’altare. Il nostro Dio, il Grande Banano, è inquieto e ha fatto in modo che lo sapessimo." esordì l’individuo in una lingua che i tre viaggiatori avevano dovuto imparare a decifrare durante quegli anni di esplorazioni, un miscuglio di spagnolo e dialetti autoctoni ricco di variazioni locali.
“Ma guarda un po’, non sapevo di avere dei proseliti.” bisbigliò Gojyo con un sorriso compiaciuto. Al sopracciglio sollevato di Sanzo scrollò le spalle, continuando: “Ha detto Grande Banana, no?”.
Il biondo strinse i denti all’ennesima dimostrazione di immane idiozia del suo “spiritoso” compagno. Se non ci avessero pensato quei selvaggi, l’avrebbe ammazzato lui stesso.
“La nostra terra è stata profanata, gli stranieri dovranno pagare per il loro affronto.” la voce dello sciamano, distorta dalla maschera, raggiungeva con forza gli animi degli abitanti dell’isola, accendendoli di devoto fervore.
“Noi non abbiamo fatto niente, razza di scimmia spennacchiata!” gli gridò contro il rosso, subito zittito e atterrato da un colpo di bastone alle ginocchia.
“Negate forse di aver sottratto e mangiato i Sacri Frutti del Dio?” li accusò l’uomo mascherato portandosi più vicino a loro, sdegnato da tanta insolenza.
“Vi porgiamo le nostre più sentite scuse.” intervenne Hakkai inchinandosi con umiltà “Non sapevamo di commettere un crimine tanto grave, ed eravamo affamati.”.
“Anche se eravate inconsapevoli, ciò non giustifica le vostre azioni sacrileghe agli occhi del Dio e io non posso permettere che la Suagiusta ira ricada sugli abitanti dell’isola.” lo sciamano fece una lunga pausa, carica di aspettativa “Se il Grande Banano vorrà la vostra vita, guiderà la mia mano verso la vittoria, altrimenti vi lasceremo liberi, secondo la Suavolontà.”.
Si allontanò nuovamente dai prigionieri e con un gesto permise ad un ragazzo di sfilargli l’abito, rivelando un corpo atletico e slanciato, un corpo che sembrava appartenere ad una persona molto giovane, a dispetto del ruolo autoritario che ricopriva.
Li squadrò uno per uno e continuò spiegando le regole dello scontro: “Scegliete il più forte fra voi. Se riuscirà a togliermi la maschera prima che la luna torni a dormire sul fondo del mare sarete liberi di andarvene.”.
Hakkai diede una rapida occhiata alla posizione del disco perlaceo: mancava meno di un’ora al suo tramonto.
Gojyo fece un passo avanti, auto-proclamandosi campione del gruppo, ma Sanzo lo fermò per un braccio, ricacciandolo indietro.
“Non lascerei la mia vita nelle tue mani nemmeno se mi avessero sparato.” dichiarò sprezzante. Il rosso gli ringhiò contro la serie di insulti che era solito sfoderare quando si acuiva la conflittualità fra lui e il suo cosiddetto “capo”, ma quello era già lontano, indifferente come sempre al suo sbraitare.
“Lascia stare, Sanzo ha una familiarità maggiore con questo tipo di situazioni rispetto a noi. Si farà valere, ne sono certo.” disse Hakkai mantenendo la sua calma serafica anche in un momento critico come quello.
Ad un cenno dello sciamano gli indigeni si disposero a semicerchio intorno ai due sfidanti, lasciando loro un vasto spazio illuminato dal fuoco e da numerose torce.
Sanzo si tolse la camicia per non offrire appigli all’altro durante la lotta e lo raggiunse con studiata calma, per dimostrargli che non era affatto intimorito o nervoso.
“Sanzo, non sottovalutarlo.” fu l’unico consiglio di Hakkai, prima che venisse scortato insieme a Gojyo in un punto che non avrebbe permesso loro di interferire con lo scontro, ma da cui avrebbero comunque potuto assistervi.
Il biondo si mise in guardia, aspirando l’aria profumata di mare e affondando i piedi nella sabbia fresca.
Un movimento rapidissimo lo avvertì che il combattimento era iniziato e che la sua non sarebbe stata un’impresa facile: schivò di un soffio il calcio che era stato diretto alla sua spalla e vide lo sciamano saltare agilmente di lato, da dove tentò un altro affondo col taglio della mano. Questa volta il guerriero riuscì a sfiorarlo e un brivido di esaltazione si trasmise dal quel punto sul collo lungo la vena che arrivava al cuore. Conosceva quella sensazione, era il fremito con cui il suo corpo si preparava ad affermare la sua volontà di sopravvivere, ad ogni costo.
Sanzo sogghignò, avvertendo la piena padronanza di ogni muscolo, tendine, nervo e fibra, ed evitando il nuovo attacco del nemico fece scattare una mano verso il suo polso, slanciandosi in avanti per afferrare con l’altra la maschera. La sorpresa del giovane non gli impedì di scostarsi, lasciando all’avventuriero solo la beffarda percezione del vento fra le dita.
Lo sciamano arretrò, strappandosi alla sua presa, ma non sembrava affatto contrariato dall’abilità di Sanzo; dava anzi l’impressione di essere soddisfatto di potersi misurare con un avversario che lo costringeva ad impegnarsi sul serio. Il biondo non poteva vedere il suo viso, ma immaginò che un sorriso gli stesse tendendo le labbra.
Subito dopo infatti si esibì in una spettacolare serie di calci volanti, che Sanzo parò con gli avambracci, rannicchiandosi poi in un lampo a terra per prendere slancio con le braccia e sferrare un potente calcio verso l’alto, contro il petto magro dell’avversario.
La mossa colse Sanzo alla sprovvista: sbalzato via dal colpo, impose ai suoi polmoni di tornare a respirare e alle sue gambe di frenare la scivolata, prima che l’altro approfittasse del vantaggio.
L’autocontrollo riprese il sopravvento sui sensi impazziti dal furore della lotta e con un balzo il forestiero biondo si avventò sul ragazzo, nel tentativo di gettarlo a terra utilizzando il proprio peso. Il giovane sciamano però assorbì con incredibile tenacia l’urto violento del corpo di Sanzo contro il suo e riuscì a respingerlo tenendo saldamente puntate le sue braccia contro le spalle del mercenario, finché quest’ultimo scartò di lato liberando entrambi.
Mentre riprendeva fiato, Sanzo dovette ammettere che quel ragazzino, nonostante le apparenze, era maledettamente forte. Si lasciava guidare dall’istinto, ma era anche molto concentrato su ogni suo movimento, riuscendo a difendersi efficacemente e risultando al tempo stesso imprevedibile negli attacchi. Doveva escogitare qualcosa in fretta se voleva strappargli quella dannata maschera dal volto prima di esaurire le energie e il poco tempo a disposizione.
Iniziò a camminare lentamente, girando intorno al suo temibile avversario come fa uno squalo con la preda che ha puntato.
Il riverbero delle fiamme giocava sulla pelle liscia e ambrata dello sciamano, accendendola di brillii incandescenti, mentre i lunghi capelli castani si sollevavano ai lievi sospiri della brezza.
Era decisamente un guerriero eccezionale, ma Sanzo combatteva per la sua vita e ciò lo rendeva estremamente pericoloso. Lo avrebbe ucciso senza alcuna esitazione se lo avesse ritenuto necessario per vincere. Conosceva alla perfezione innumerevoli stili di combattimento, dalla scherma francese alle risse da osteria, e sapeva come e dove colpire per rompere un osso e addirittura per bloccare i battiti di un cuore; doveva solo attendere l’occasione propizia.
Lo attaccò frontalmente, fingendo un pugno al volto ma deviando all’ultimo verso lo sterno: lo sciamano lo bloccò nella propria mano, torcendogli il polso, ma l’intenzione di Sanzo era proprio quella di creare un contatto, per avvicinarlo il più possibile. Ignorando la fitta di dolore tirò bruscamente indietro il braccio e l’indigeno, sbilanciato, gli franò addosso. Con una manovra rapidissima, appresa da un pirata indiano, gli afferrò il collo con una tale forza che lo sentì scricchiolare sotto le dita e lo spinse violentemente a terra, salendogli sopra con tutto il corpo per immobilizzarlo.
Credeva di averlo stordito, perché avvertì un lamento soffocato e il cedimento progressivo delle sue membra durante la caduta, ma nell’istante esatto in cui sfiorò la maschera tribale venne raggiunto al viso da uno pugno così potente che dovette ritrarsi e mollare la presa. Sentì il sangue scivolare giù da un taglio sul labbro e lo vide gocciolare sul quel petto abbronzato, che ora si alzava e abbassava velocemente per recuperare aria.
Tenendo ben strette le ginocchia contro i fianchi del selvaggio, passò il dorso della mano sulle sue labbra fini, rivelando poi un sorriso poco rassicurante.
“Questo ti costerà molto caro.” gli promise in tono gelido.
Ne seguì una lotta furibonda, un intreccio di braccia, mani e dita che premevano, graffiavano, si protendevano e si respingevano, le une nell’intento di arrivare alla sfuggente maschera della salvezza, le altre con lo scopo di difendere l’onore e la spiritualità di un intero popolo.
La posizione di Sanzo era certamente privilegiata e l’appagante sensazione di dominio che ne derivava stimolò la sua innata arroganza, dandogli l’illusione di essere in possesso delle redini del gioco. Volente o nolente, quel ragazzino selvatico si sarebbe piegato alla sua volontà, alla legge del più forte.
Lo stupore quindi di ritrovarsi all’improvviso sotto di lui, in un sovversivo e inammissibile ribaltamento dei ruoli, destabilizzò completamente le sue convinzioni, fino a farlo fremere di irritazione. Com’era possibile che il suo avversario conservasse ancora tanta energia? Chi era in realtà quella creatura straordinaria?
Si sollevò con un guizzo, ancorando una gamba dello sciamano contro il suo fianco e affondando l’altra mano nella massa ribelle dei suoi capelli, appena sotto la nuca, per scrutarlo a fondo nei tagli della maschera disposti in corrispondenza degli occhi: intravide per un breve istante uno scintillio incerto, come quello di una vena d’oro nascosta nel buio impenetrabile di una miniera, poi il ragazzo gli sgusciò via dalle braccia e si rimise in piedi, allontanandosi di qualche passo dall’uomo biondo quasi a voler frapporre una distanza di sicurezza tra di loro.
Sembrava confuso, quasi agitato, e sollevò con urgenza la testa verso il cielo, riscontrando con sollievo che la luna era ormai bassissima sull’orizzonte e che quindi le possibilità di vittoria da parte dello straniero erano ridotte al minimo.
C’era appena il tempo sufficiente ad un ultimo attacco, che arrivò da parte dell’avventuriero con rapidità e precisione.
L’estremo tentativo sospinse entrambi verso il grande fuoco che ardeva nel mezzo della spiaggia, dove il calore intenso delle fiamme accrebbe ulteriormente quello dei loro corpi già sovraeccitati dal combattimento.
“E’ finita.” proclamò lo sciamano, risplendendo alla luce del fuoco. Sembrava un demone uscito dall’inferno, eppure il suo tono non mostrava alcuna esultanza.
Parato il calcio di Sanzo, lo gettò a terra contro i grossi tronchi che alimentavano il falò, trattenendolo giù con un piede sul torace.
Il mare stava per abbracciare l’ultimo raggio di luna quando una fiammata improvvisa, dovuta probabilmente allo spostamento del legno alla base del fuoco, investì pienamente il giovane sciamano, infiammando in un lampo rosso la maschera di foglie secche che indossava.
Il ragazzo urlò terrorizzato, portando istintivamente le mani alla testa ma ottenendo soltanto di bruciarsi la pelle dei palmi.
Cadde in ginocchio e fu in quel momento che Sanzo riuscì a raggiungerlo.
Gli strappò tempestivamente la letale maschera dal viso e la gettò lontano, trattenendo fra i denti il gemito provocato dal dolore feroce alla mano ustionata, poi gli avvolse la testa castana con un braccio, soffocando le scintille che avevano raggiunto la sua folta chioma.
Scampato il pericolo, il ragazzino gli si abbandonò addosso, ansimando pesantemente. Tremava al punto che Sanzo gli fece scivolare la mano sana sulla schiena, come per sostenerlo, in un inconsapevole gesto di conforto.
Intorno a loro grida allarmate risuonavano per tutta la spiaggia e gli indigeni più vicini stavano accorrendo preoccupati per le condizioni del loro stregone guerriero.
“Ehi scimmia, sei vivo?” chiese allora Sanzo, scuotendolo un po’. L’altro si limitò ad annuire piano, sollevando poi la testa per mostrare un paio di occhi dorati grandi quanto l’oceano. Il ruvido sguardo ametista del mercenario non aveva mai incontrato in nessuno dei suoi viaggi qualcosa, o qualcuno, in grado di farlo vacillare, eppure la bellezza disarmante di quegli occhi, il modo armonioso in cui si incastonavano nel viso morbido del giovane, le labbra carnose che bilanciavano quegli elementi luminosi con la loro invitante pienezza, ebbero il potere di turbarlo.
Vennero infine separati e gli abitanti dell’isola portarono via il loro sciamano ferito, abbandonando i tre forestieri al loro destino.
Sanzo rimase immobile sulla sabbia per lunghi minuti, frastornato da quell’esito così inaspettato. Non sentiva le congratulazioni di Hakkai, né gli schiamazzi di Gojyo, tutto ciò che riusciva a focalizzare era il viso incredibilmente seducente del suo formidabile avversario.
Quel ragazzino gli aveva smosso dentro qualcosa che neppure immaginava di possedere.
L’esploratore Genjo Sanzo aveva forse fatto la scoperta più importante della sua vita.

 *******

“Spiegamelo ancora Hakkai perché continuo a non capire: che diavolo ci fa quello con noi?” si lamentò Gojyo, rivolgendo un’occhiata truce al ragazzino sorridente che li seguiva a pochi passi di distanza camminando svelto vicino a Sanzo.
“Dai Gojyo è la terza volta che te lo ripeto, Goku crede che Sanzo gli abbia salvato la vita e ha deciso di rimanergli accanto, per gratitudine. O almeno così dice.”.
“Perché, pensi ci sia qualcos’altro sotto? Credi voglia vendicarsi di lui per il fatto che alla fine Sanzo sia riuscito a togliergli la maschera e a liberarci?”.
Hakkai sorrise con la sua tipica ambiguità sibillina, suscitando la curiosità dell’amico.
Si voltarono entrambi a guardare l’ex sciamano che strattonava il biondo per la manica della camicia, e il sorriso di pura felicità che gli attraversò le labbra quando ottenne la sua attenzione.
“Mh, in effetti non credo che Sanzo corra grossi pericoli.” si corresse il rosso grattandosi la nuca, imbarazzato dall’adorazione che aveva scorto nello sguardo della scimmietta.
“Ti sbagli, quel ragazzino ha già colpito, Sanzo è spacciato ormai.”.
La malizia nella voce del compagno fu più eloquente di mille spiegazioni e Gojyo sghignazzò senza pudore, pregustando i mille modi in cui avrebbe potuto sfottere da quel giorno in avanti il loro irascibile capo e la sua discutibile inclinazione per certi tipi di scimmie dagli adorabili occhioni dorati.
“Eh già, colpito e affondato direi!” rincarò ironicamente, abbracciando le spalle di Hakkai e offrendo il viso abbronzato ai caldi raggi del sole caraibico, seguendolo nella sua discesa verso l’ovest.


 V.I.N. (Very Important Note)

Vorrei avvisare le fanwriter e le lettrici della sezione Saiyuki che è stata da poco aperta una community su LJ dedicata ai fan di questo manga meraviglioso, dove poter postare, fanfic, fanart e tutti i fanworks che volete! Abbiamo in mente tanti concorsi e iniziative da proporvi con ricchi premi e cotillons, spero possa interessarvi! Vi aspettiamo!
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