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Autore: Hedley    25/10/2010    4 recensioni
In quei momenti avrebbe volentieri lasciato andare tutto.
Colto da un improvviso impulso, avrebbe mollato qualsiasi cosa pur di tornare a correre anche solo per l’ultima volta in mezzo a un campo di grano.
A rotolarsi nel fango.
A rincorrere le lucertole.
Da solo.
Ridendo di sé stesso.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccoli per sempre

Piccoli per sempre.

 Ci sono quelle sere
che sono più dure
dove serve bere via le paure
e dentro ci si sente
piccoli per sempre

Piccoli per sempre. Jax

“Vuoi?” Garbo sventolò una bottiglia sotto il suo naso sorridendo con fare sornione.

Il giovane non ebbe nemmeno bisogno di osservarne il contenuto per decidere di denegare il capo, lo sguardo immerso nel vuoto.

Il bassista gli serbò un’occhiata divertita e scrollò le spalle.

“Come vuoi!”.

Joseph incrociò le gambe sulla poltrona e si lasciò andare sullo schienale socchiudendo appena gli occhi.

Quella posizione gli ricordava i pomeriggi invernali a casa dei nonni, quando in compagnia dei suoi fratelli si accoccolava sul divano per ascoltare le storie di paura del vecchio nonno Butch.

Sorrise, lo sguardo immerso nel fragore del caminetto, una leggera amarezza luccicante nei suoi occhi nocciola.

Quanti anni erano trascorsi? Dieci? Dodici?

Allora era solo un ragazzino come tanti, vivace e perdigiorno.

Uno spensierato cronico.

Un bambino con le ruote invece dei piedi, così l’aveva sempre definito la madre.

Dove era finito quel piccolo furfante?

Sparito.

Eclissato.

Sfumato in un volto dei lineamenti sempre meno effimeri,sempre più adulti.

Il corpicino esile si era riempito, scolpito.

Le gambe si erano irrobustite.

Gli occhialetti a montatura tonda erano stati sostituiti da altri meno infantili, più sofisticati.

E anche l’imbarazzante scodella corvina era sfumata in un taglio di capelli più accattivante.

Che ne era dunque stato del piccolo Joe?

Era cresciuto.

Era cambiato.

Ma c’erano delle sere che quel birbantello si faceva sentire dentro di lui con la tipica energia che lo caratterizzava.

Allora il piccolo Joe sbraitava e scalciava, rideva spensierato in un angolo vibrante della sua anima, premendo per venire a galla.

Era stato un marmocchio brillante. Il classico birbante troppo sveglio per la sua età, ma che non si applica.

Che odia le costrizioni.

Ed agile, agile come una libellula.

Era lui, quel ragazzino che scorrazzava in bicicletta per i viali illuminati dalla luci del tramonto sentendosi libero,sentendosi Re.

Wyckoff era stata sua e lui era stato suo figlio: il figlio del New Jersey.

Adesso, a vent’anni compiuti, Joseph trovava ancora difficile rassegnarsi al fatto che quel piccolo birbante non era altro che una piccola parte di lui ormai affogata nel profondo mare dei ricordi.

Ma era una parte che, non sapeva bene come, in un modo o nell’altro tornava sempre a galla.

Quando era stanco o spaventato, il bimbo Joseph faceva capolino tentandolo con un bel sorrisetto sghembo che ancora non aveva nulla di accattivante. Un sorriso da monello.

io che ho chiuso fuori il bene ho fatto entrare i guai
bruciando i miei vent’anni e ciò che guadagnai
viaggiando viaggiando senza arrivare mai

In quei momenti avrebbe volentieri lasciato andare tutto.

Colto da un improvviso impulso, avrebbe mollato qualsiasi cosa pur di tornare a correre anche solo per l’ultima volta in mezzo a un campo di grano.

A rotolarsi nel fango.

A rincorrere le lucertole.

Da solo.

Ridendo di sé stesso.

Perché ci sono delle sere, in cui non si ha voglia di abbracciare il mondo con lo sguardo di una persona matura.

Sere in cui la paura è troppo forte ed i dubbi si intersecano all’altezza del cuore impedendone il battito regolare.

I problemi sono come la fitta tela tessuta a tradimento da un ragno: è impossibile srotolare la matassa e non si può nemmeno fuggire.

Intanto il tempo scorre, trascinando con sé barlumi di vita, anno dopo anno.

Prima arrivano i diciotto, la maturità. Poi in un attimo i diciannove ed infine i venti.

E si raggiunge una meta, la prima meta, veloci come un fulmine.

E dentro ci si sente piccoli per sempre.

Joseph sospirò incrociando le dita dietro la nuca, mentre note distorte affluivano alle sue orecchie risvegliando in lui ricordi poco nitidi che si impilarono in maniera ordinata,dando origine ad un quadro di sensazioni.

Avere vent’anni è come avere appena preso la patente.

Le nozioni ci sono, ma è l’esperienza che manca.

E la paura di dover dimostrare a tutti che cosa si è veramente inizia a farsi sentire.

“Guarda qui!”

Qualcosa di appiccicoso si aggrappò al braccio del ragazzo che lo ritrasse immediatamente.

“Che schifo Ryan!” esclamò non riuscendo tuttavia a trattenere un mezzo sorriso divertito.

Il batterista si avvicinò gongolante e lasciò penzolare sotto il suo sguardo una manina di gomma appesa ad un filo.

“Trovata nel pacchetto di patatine.” Cantilenò tirando il braccio all’indietro e lanciando la manina verso di Garbo che la schivò con un ghigno divertito.

Gli occhi dal taglio particolare di Joseph ripresero a brillare.

“Me le ricordo quelle. Da piccolo facevo la collezione!”

Con uno scatto di torace, si issò in piedi e si precipitò in cucina, alla ricerca di un pacchetto di patatine ancora chiuso.

Ne trovò uno all’istante e ci frugò dentro con l’aria di un ragazzino che ha appena trovato la figurina mancante alla sua collezione.

 

“Ah ah!” esclamò vittorioso tirando fuori un pacchetto di plastica blu.

“No!Hai trovato quella trasparente!” Ryan lo schernì prendendo a indirizzare la sua manina di gomma contro di lui.

“Adesso ne voglio una anch’io!” si lamentò Garbo ridacchiando divertito spintonando amichevolmente Joe e frugando alla ricerca di un altro pacchetto di patatine.

“Tanto non ne troverai una più speciale della mia!” commentò un orgoglioso Joe improvvisando un combattimento “mano di gomma vs mano di gomma” con Ryan.

Crescere comporta innumerevoli sfide.

Ma proprio per questo, è bello ogni tanto trovare il coraggio di porre un freno alle proprie battaglie.

In quei momenti è meraviglioso assaporare anche solo per qualche istante la spensieratezza infantile da tempo dimenticata.

Perché in fondo, c’è sempre quella piccola parte fanciulla di noi che ha bisogno di emergere e puntualmente reclama attenzioni quando lo sguardo si fa troppo adulto o si dedica a questioni che caricano di aspettative.

Quando ci si sente piccoli per sempre.

“Ed il vincitore dell’avvincente battaglia di manine di gomma è….. Joe Jonas!” il ragazzo si arrampicò sulla poltrona sventolando le braccia trionfante ed esibendo spruzzi di ketchup sulla camicia di marca.

Il sorriso dipinto sul suo viso di vent’enne non l’avrebbe abbandonato per l’intera giornata.

 

Un sorriso da fanciullo.

 

Ci sono quelle sere
belle da morire
dove puoi giocare invece di dormire
quando ci si sente
piccoli per sempre.

Piccoli per sempre. Jax

   
 
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