Piccoli per sempre.
che sono più dure
dove serve bere via le paure
e dentro ci si sente
piccoli per sempre
Piccoli per sempre. Jax
“Vuoi?” Garbo sventolò
una bottiglia sotto il suo naso sorridendo con fare sornione.
Il giovane non ebbe
nemmeno bisogno di osservarne il contenuto per decidere di denegare il capo, lo
sguardo immerso nel vuoto.
Il bassista gli serbò
un’occhiata divertita e scrollò le spalle.
“Come vuoi!”.
Joseph incrociò le
gambe sulla poltrona e si lasciò andare sullo schienale socchiudendo appena gli
occhi.
Quella posizione gli
ricordava i pomeriggi invernali a casa dei nonni, quando in compagnia dei suoi
fratelli si accoccolava sul divano per ascoltare le storie di paura del vecchio
nonno Butch.
Sorrise, lo sguardo immerso
nel fragore del caminetto, una leggera amarezza luccicante nei suoi occhi
nocciola.
Quanti anni erano
trascorsi? Dieci? Dodici?
Allora era solo un
ragazzino come tanti, vivace e perdigiorno.
Uno spensierato
cronico.
Un bambino con le ruote
invece dei piedi, così l’aveva sempre definito la madre.
Dove era finito quel
piccolo furfante?
Sparito.
Eclissato.
Sfumato in un volto dei
lineamenti sempre meno effimeri,sempre più adulti.
Il corpicino esile si
era riempito, scolpito.
Le gambe si erano
irrobustite.
Gli occhialetti a
montatura tonda erano stati sostituiti da altri meno infantili, più
sofisticati.
E anche l’imbarazzante
scodella corvina era sfumata in un taglio di capelli più accattivante.
Che ne era dunque stato
del piccolo Joe?
Era cresciuto.
Era cambiato.
Ma c’erano delle sere
che quel birbantello si faceva sentire dentro di lui con la tipica energia che
lo caratterizzava.
Allora il piccolo Joe
sbraitava e scalciava, rideva spensierato in un angolo vibrante della sua
anima, premendo per venire a galla.
Era stato un marmocchio
brillante. Il classico birbante troppo sveglio per la sua età, ma che non si
applica.
Che odia le
costrizioni.
Ed agile, agile come
una libellula.
Era lui, quel ragazzino
che scorrazzava in bicicletta per i viali illuminati dalla luci del tramonto
sentendosi libero,sentendosi Re.
Wyckoff era stata sua e
lui era stato suo figlio: il figlio del New Jersey.
Adesso, a vent’anni
compiuti, Joseph trovava ancora difficile rassegnarsi al fatto che quel piccolo
birbante non era altro che una piccola parte di lui ormai affogata nel profondo
mare dei ricordi.
Ma era una parte che,
non sapeva bene come, in un modo o nell’altro tornava sempre a galla.
Quando era stanco o
spaventato, il bimbo Joseph faceva capolino tentandolo con un bel sorrisetto
sghembo che ancora non aveva nulla di accattivante. Un sorriso da monello.
io che ho chiuso fuori il bene ho
fatto entrare i guai
bruciando i miei vent’anni e ciò che guadagnai
viaggiando viaggiando senza arrivare mai
In quei momenti avrebbe
volentieri lasciato andare tutto.
Colto da un improvviso
impulso, avrebbe mollato qualsiasi cosa pur di tornare a correre anche solo per
l’ultima volta in mezzo a un campo di grano.
A rotolarsi nel fango.
A rincorrere le
lucertole.
Da solo.
Ridendo di sé stesso.
Perché ci sono delle
sere, in cui non si ha voglia di abbracciare il mondo con lo sguardo di una
persona matura.
Sere in cui la paura è
troppo forte ed i dubbi si intersecano all’altezza del cuore impedendone il
battito regolare.
I problemi sono come la
fitta tela tessuta a tradimento da un ragno: è impossibile srotolare la matassa
e non si può nemmeno fuggire.
Intanto il tempo
scorre, trascinando con sé barlumi di vita, anno dopo anno.
Prima arrivano i
diciotto, la maturità. Poi in un attimo i diciannove ed infine i venti.
E si raggiunge una
meta, la prima meta, veloci come un fulmine.
E
dentro ci si sente piccoli per sempre.
Joseph sospirò
incrociando le dita dietro la nuca, mentre note distorte affluivano alle sue
orecchie risvegliando in lui ricordi poco nitidi che si impilarono in maniera
ordinata,dando origine ad un quadro di sensazioni.
Avere vent’anni è come
avere appena preso la patente.
Le nozioni ci sono, ma
è l’esperienza che manca.
E la paura di dover
dimostrare a tutti che cosa si è veramente inizia a farsi sentire.
“Guarda qui!”
Qualcosa di appiccicoso
si aggrappò al braccio del ragazzo che lo ritrasse immediatamente.
“Che schifo Ryan!”
esclamò non riuscendo tuttavia a trattenere un mezzo sorriso divertito.
Il batterista si
avvicinò gongolante e lasciò penzolare sotto il suo sguardo una manina di gomma
appesa ad un filo.
“Trovata nel pacchetto
di patatine.” Cantilenò tirando il braccio all’indietro e lanciando la manina
verso di Garbo che la schivò con un ghigno divertito.
Gli occhi dal taglio
particolare di Joseph ripresero a brillare.
“Me le ricordo quelle.
Da piccolo facevo la collezione!”
Con uno scatto di
torace, si issò in piedi e si precipitò in cucina, alla ricerca di un pacchetto
di patatine ancora chiuso.
Ne trovò uno
all’istante e ci frugò dentro con l’aria di un ragazzino che ha appena trovato
la figurina mancante alla sua collezione.
“Ah ah!” esclamò
vittorioso tirando fuori un pacchetto di plastica blu.
“No!Hai trovato quella
trasparente!” Ryan lo schernì prendendo a indirizzare la sua manina di gomma
contro di lui.
“Adesso ne voglio una
anch’io!” si lamentò Garbo ridacchiando divertito spintonando amichevolmente
Joe e frugando alla ricerca di un altro pacchetto di patatine.
“Tanto non ne troverai
una più speciale della mia!” commentò un orgoglioso Joe improvvisando un
combattimento “mano di gomma vs mano di gomma” con Ryan.
Crescere comporta
innumerevoli sfide.
Ma proprio per questo,
è bello ogni tanto trovare il coraggio di porre un freno alle proprie
battaglie.
In quei momenti è
meraviglioso assaporare anche solo per qualche istante la spensieratezza
infantile da tempo dimenticata.
Perché in fondo, c’è
sempre quella piccola parte fanciulla di noi che ha bisogno di emergere e
puntualmente reclama attenzioni quando lo sguardo si fa troppo adulto o si
dedica a questioni che caricano di aspettative.
Quando ci si sente piccoli per
sempre.
“Ed il vincitore dell’avvincente
battaglia di manine di gomma è….. Joe Jonas!” il ragazzo si arrampicò sulla
poltrona sventolando le braccia trionfante ed esibendo spruzzi di ketchup sulla
camicia di marca.
Il sorriso dipinto sul
suo viso di vent’enne non l’avrebbe abbandonato per l’intera giornata.
Un sorriso da
fanciullo.
Ci sono quelle sere
belle da morire
dove puoi giocare invece di dormire
quando ci si sente
piccoli per sempre.
Piccoli per sempre.
Jax