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Autore: memi    11/11/2005    17 recensioni
Il compleanno di Matt...un giorno come un altro a detta sua. Ma Sora, la sua dolce ragazza, sarà dello stesso parere? Davvero gli impedirà di rendere omaggio ad un giorno tanto importante? * Scusate per la prolungata assenza, ma il mio pc ha ripreso a fare dispetti ultimamente, senza contare che sono stata assorta dai festeggiamenti del mio compleanno (da cui il tema per questa nuova fanfic!!). Comunque spero mi farete ugualmente sapere cosa ne pensate!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Matt’s birthday

Matt’s birthday

 

Gennaio – anno 2004

 

 

Le previsioni meteorologiche non registravano da anni nella parte centrale del Giappone, in particolar modo a Tokyo, un clima tanto aspro e freddo (di fatti Honshu, la più grande delle quattro isole principali dell’arcipelago giapponese, dove sorge la capitale, è caratterizzata da estati calde e umidi, e da inverni miti e scarsamente nevicati NdA). Per tutto l’inverno, difatti, le temperature si erano mantenute piuttosto basse, cosa già alquanto insolita, ma il fatto più stupefacente era l’abbondanza di neve che si era accumulata sulle strade. Tokyo, infatti, vista dall’alto poteva somigliare a una qualsiasi delle cittadine che serpeggiavano l’isola di Hokkaido, se non fosse stato per la posizione decisamente più inferiore lungo l’asse terrestre che occupava.

A colorare quello spettacolo immacolato ci pensavano tuttavia le sfavillante luci che riempivano la megalopoli giapponese, le quali contribuivano in un’enorme parte a rendere ancor più particolare un inverno già di per sé anomalo.

Stretta nel suo giubbotto marroncino, in perfetta armonia con il colore ramato che fiammeggiava i suoi capelli, Sora Takenouchi percorreva a passo spedito le vie poco affollate di Odaiba. Generalmente quei marciapiedi erano riempiti dal flusso di persone, ma con il freddo che si respirava in giro molti avevano preferito starsene in tranquillità nelle loro abitazioni per trascorrere così anche quell’ultimo sprazzo di vacanze invernali rimaste.

Passando distrattamente davanti a una delle tante vetrine di un negozio di elettronica, si sorprese a fermarsi nell’udire il meteorologo parlare da una delle tv presenti.

“Per quanto riguarda le temperature, subiranno un ulteriore abbassamento nella giornata di oggi e culmineranno in quella di domani, 11 gennaio. Poi, già dal 12, si registrano notevoli miglioramenti…”

“Ancora freddo…”, mormorò prima ancora di rendersene conto.

Eppure l’espressione sul suo volto non sembrava molto dispiaciuta dalla notizia. Al contrario appariva sorridente proprio come poco prima. D’altronde, niente avrebbe potuto metterla di malumore quel giorno, nemmeno l’annuncio di ore ancora più fredde. Aveva appena avuto un’ottima notizia e, dopo tanto cercare, aveva anche finalmente trovato il regalo per Matt…per il suo ragazzo.

A volte le suonava ancora strano dire che proprio Matt…il ribelle ma estremamente corteggiato Matt Ishida fosse il suo di ragazzo e non di qualcun’altra. Ed era proprio in quei momenti che si ritrovava a sorridere come un’ebete, per poi darsi mentalmente della stupida appena poco dopo quando le veniva alla mente che ora, a ben pensarci, erano due anni o poco più che loro due facevano coppia fissa. Esattamente da quando, quel Natale del 2002, lei si era fatta coraggio e, spinta da Tai, gli aveva fatto regalo della sua torta, accompagnando il prezioso oggetto con la sua confusa dichiarazione. Allora non aveva sperato in una possibilità concreta con lui, ma…beh, si era dovuta ricredere visto che Matt quello stesso giorno le aveva confessato a sua volta, con termini alquanto dispersivi, di essere innamorato di lei.

“Ehi…”

Il discorsivo fluire dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto da una mano forte che andava ad appoggiarsi sulla sua esile spalla, agguantandola e bloccandola nel suo cammino.

Sora sobbalzò spaventata e si voltò quasi per istinto verso il suo “aggressore”, ma l’impeto che per un istante l’aveva accesa scemò completamente nell’incrociare due meravigliosi occhi blu.

“Ma…Matt!!”, esclamò esterrefatta e sollevata allo stesso tempo. “Mi hai fatto prendere uno spavento!”

Per tutta risposta il giovane scrollò le spalle, mentre il suo sguardo veniva attirato, come calamita, dalla busta che la ragazza teneva saldamente in una mano.

“Che hai lì?”

“Eh?!”, Sora seguì il suo sguardo e avvampò immediatamente quando si accorse della gaffe. “N…niente! Non è niente!!”

“E questo niente che motivo ha di essere nascosto?”, si fece avanti Matt, in contemporanea con l’indietreggiamento di lei.

“Nessuno…davvero, devi credermi!! È solo…è solo una busta!!”, la buttò a caso Sora, non sapendo più che pesci pigliare.

“Una busta che non ha niente a che vedere con il mio compleanno, domani…”, ipotizzò il giovane Ishida, accennando a un sorriso divertito quando la vide arrossire e boccheggiare impacciata. “Beh, ad ogni modo spero che la giornata di domani si limiti solo a quello”, aggiunse poi, accennando con un’occhiata alla busta.

L’affermazione, stavolta, costrinse Sora ad abbandonare il rossore per assumere un’espressione decisamente più seria.

“Ancora non capisco il motivo per cui tu non vuoi festeggiare. Dopotutto domani è il tuo compleanno e compi diciassette anni!!”

Come se la cosa non lo toccasse minimamente, il biondo si limitò a scrollare le spalle.

“Non ha importanza, te l’ho detto”

“E invece ne ha! Molta, anche!!”, insistette lei, infervorandosi ancor di più quando lo vide incamminarsi disinteressato. “Matt!!!”, lo richiamò mentre, con pochi balzi, lo raggiungeva e lo bloccava, costringendolo a guardarla negli occhi.

“Umpf… Ne abbiamo già parlato, Sora. È solo un banalissimo compleanno, niente di più…!”, sospirò stancamente il biondino, spossato di ripetere sempre la stessa storia.

L’anno precedente se l’era cavata con una piccola festicciola tra digiprescelti nel cortile della scuola, visto che era cominciata prima, mentre due anni addietro aveva dovuto partecipare ad un concerto. Per quanto riguardava i compleanni prima della sua storia con Sora…beh, quelli erano volati via esattamente come a tutti quanti gli altri giorni che compongono un anno.

“Ma si compiono diciassette anni una sola volta nella vita! Non puoi non volerli festeggiare!”

“Spiacente, ma…sì, è esattamente questo che voglio”, la contraddisse Matt. “Niente feste…! Solo noi due…io e te, Sora…”

Nello stesso momento in cui le parole fuoriuscivano dalle sue labbra perfettamente disegnate, le sue braccia si allungavano fino ad avvolgere la fanciulla in un caldo abbraccio.

“Non ne hai voglia?”, le chiese poi, in un sussurro suadente e dolcissimo allo stesso tempo, tanto da farla sciogliere come neve al sole.

“Non è questo…lo sai che ho sempre voglia di passare un po’ di tempo da sola con te. Però quello di domani è un giorno particolare…i compleanni si fanno una sola volta nella vita! Ed è per ciò che vanno trascorsi circondandosi delle persone che più si vogliono bene”

“Per questo voglio stare con te!”, ribatté prontamente lui, accompagnando le parole con un affettuoso bacio sulla sua guancia.

Sebbene tentata a riempirlo di baci, Sora ricorse a tutta la sua forza di volontà per rimanere seria.

“Hai capito cosa intendevo dire, Matt”, replicò decisa.

Il giovane a quelle parole si lasciò sfuggire un sospiro, mentre si scioglieva dall’abbraccio con lei, che rimase alquanto delusa di quel cambiamento improvviso, per tuffare ambo le mani nelle tasche del giubbotto scuro.

“Senti, Sora, che ne dici se lasciassimo perdere?!”, sbuffò per nulla attirato dalla prospettiva di continuare in quella conversazione con lei.

Notando che il ragazzo era già piuttosto seccato, alla giovane Takenouchi non rimase che capitolare ed annuire. Dentro di sé, però, non gliela aveva ancora data vinta.

 

 

“Tanti auguri a te! Tanti auguri a te! Tanti auguri a Matt… Tanti auguri a te!!”

Il risveglio che quella mattina gli era stato riservato non parve al giovane Ishida il consueto trillo della sveglia.

Seppur con una certa fatica, il biondo interpellato aprì gli occhi per rimanere completamente stupito di ritrovarsi davanti proprio la sua ragazza.

“Sora…! Credevo stessi ancora sognando”, confessò mentre tentava di uscire dallo stato di torpore che segue il sonno.

Per tutta risposta la fanciulla si protrasse verso di lui e gli depositò un piccolo bacio sulle labbra.

“Buon compleanno, amore”

A quelle parole, contrariamente alle aspettative, Matt sgranò gli occhi.

“Non dirmi che… È per questo che sei venuta qui così presto?!”, la guardò come se davanti a lui ci fosse un alieno anziché della fanciulla che conosceva da anni.

“Ma certo, sciocchino!”, sghignazzò divertita Sora. “Per che altro, se no?”

‘Anche se in effetti c’è un’altra cosa che dovrei dirgli assolutamente…’, ci pensò su la giovane, prima che un brivido la facesse sussultare impercettibilmente, ‘mi ammazzerà!!’.

“Beh…forse perché non resistevi ancora altri cinque minuti lontana da me!”, insinuò vagamente malizioso Matt, per scoppiare in un’allegra risata appena subito dopo nel constatare l’accennato rossore sul volto di lei.

“Stupido!”, si lamentò lei per nulla arrabbiata.

“Lo sai che mi piace vederti arrossire”, si difese alzando le mani lui. “Sei troppo carina!”, aggiunse poi, tirandosi a sedere e avvicinandosi accattivante verso di lei.

“E tu sei uno zoticone!”, ribatté senza però offenderlo Sora.

Allora Matt, sfoderando un meraviglioso quanto raro sorriso, coprì anche quella breve distanza che li separava, baciandole dolcemente le labbra lampone.

“Mio padre?”, chiese poi il giovane, mentre si alzava completamente dal letto.

“È stato lui ad aprirmi, ma stava per andare via. Se ho ben capito, c’è stata un’emergenza sul lavoro…qualcuno che mancava…ed è dovuto correre lì. Ma ha detto che sarebbe ritornato il prima possibile!”, riassunse la giovane Takenouchi, seguendolo nella cucina.

“Già…”, mormorò solo, di rimando, lui, afferrando un cartone di latte dal frigorifero.

Matt ne valutò la scadenza e, appurando che non era più buono da almeno due mesi, lo gettò senza tanti preamboli nel secchio lì accanto. Stava giusto pensando che forse avrebbe fatto bene a fare un po’ di spesa più tardi, quando il sorriso sibillino di Sora attirò irrimediabilmente la sua attenzione.

“Come mai stai sorridendo?”, la guardò indagatore.

“Sono solo felice!”, gli rispose immediatamente lei.

Questo, però, fu il suo primo errore.

‘Troppo veloce’, si disse difatti Matt, ‘mi sta nascondendo sicuramente qualcosa’.

“Sora…”, le si avvicinò, con sguardo esaminatore, il biondino.

“S…sì?”, indietreggiò stranamente timorosa lei, mentre si mordicchiava nervosamente il labbro inferiore.

“Tu…non mi nascondi niente, vero?”

Matt le era ormai a pochi centimetri di distanza e protendeva minacciosamente il suo volto verso quello arrossato di lei. A disagio, Sora si passò una mano nei capelli ramati, tentando con quel gesto di darsi un contegno e di trovare nel contempo il modo giusto per dirgli ciò che in effetti doveva. ‘Non posso dirglielo! Non dopo la discussione avuta ieri!’, si ripeté per l’ennesima volta la giovane, combattuta, ‘Matt si arrabbierà come non mai, soprattutto quando verrà a sapere di me!!’. Per la prima volta, a Sora parve di aver optato decisamente in male nell’accettare.

Per sua fortuna proprio in quel momento suonarono energicamente al campanello d’ingresso, fornendo inconsapevolmente un’uscita alla giovane Takenouchi da quell’ingombrante situazione.

“Vado io!”, si offrì, volatilizzandosi prima ancora che Matt capisse cosa stesse succedendo.

Una volta che ebbe collegato il trillo con il campanello, il biondo decise di andare a verificare di persona di chi si trattasse. Ma non rimase molto sorpreso di ritrovarsi davanti il suo esuberante miglior amico.

“Ehilà! Ecco, ecco anche il neodiciassettenne!”, se ne uscì questo con una delle sue battutine mentre, con nonchalance, si tuffava ad abbracciare l’amico.

“Ehi, calmati Tai. Non è il caso di fare tutto questo rumore per un compleanno”, lo rimproverò il biondo che rischiava quasi di morire soffocato dalla sua stretta.

“Ma sentitelo!!”, parlò al plurale, sebbene ci fosse solo Sora a fare da spettatrice al loro piccolo siparietto. “Adesso non mi permette nemmeno più di fargli gli auguri il rockettaro, qui!”

“Umpf…”, per tutta risposta il giovane Ishida incrociò le braccia al petto e si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato.

“Scusalo Tai. Oggi Matt è più antipatico del solito!”, lo prese in giro anche Sora, prima di sghignazzare divertita imitata dal brunetto.

‘Che noia questi due!’, non riuscì a fare a meno di andare via il biondo, lievemente seccato da tutto ciò. Certo, il fatto che sia Sora che Tai si fossero recati di proposito a casa sua per porgergli i propri auguri gli faceva estremamente piacere, ma…beh, per quanto si sforzasse non riusciva davvero a capire il motivo di tanta gioia da parte loro. Dopotutto era solo un compleanno!! Uno stupidissimo giorno in cui ricorreva la sua nascita! Stop. Niente più di questo. Allora perché fare tutto questo casino?!

“Allora…”, nel frattempo Tai, che lo aveva seguito insieme a Sora fino al soggiorno, fugò con un sorriso raggiante il brevissimo attimo di silenzio creatosi. “Sei pronto per andare?”

“Andare?!”, ripeté Matt dopo un attimo di stordimento, chiedendosi se avesse afferrato davvero le parole che l’amico gli aveva rivolto.

A quella domanda, il giovane Kamiya rimase per un lungo istante interdetto.

“Ma…io…cioè, tu…?!”, farfugliò incomprensibile, mentre lanciava occhiate inebetite in direzione dell’amico. “Sora, non gli hai detto nulla?”, chiese infine, voltandosi verso l’unica ragazza presente.

Sentendo gli sguardi confusi dei due su di sé, la povera interpellata arrossì visibilmente.

“Io…volevo farlo, però…”, balbettò tentando di scusarsi, mentre il suo viso virava in tutte le tonalità di rosso fino a raggiungere un acceso cremisi.

“Accidenti…”, sospirò allora Tai, passandosi una mano nei folti capelli castani.

“Scusate se vi interrompo”, a porre fine ai loro problemi comuni ci pensò la voce percettibilmente confusa di Matt. “Ma…fareste capire qualcosa anche a me?”

Alla sua domanda il biondo giurò che i due amici fossero rabbrividiti e questo si rivelò essere, senza ombra di dubbio, il loro secondo e forse fatale errore.

‘Inizio ad avere un pessimo presentimento…’, si disse tra sé e sé Ishida, gettando occhiate interrogative ora all’uno ora all’altra.

Fu proprio Sora, alla fine, a parlare per prima e a spiegargli così la situazione, come in effetti avrebbe già dovuto fare da prima.

“Vedi Matt…il fatto è che… Ammetto che avrei dovuto dirtelo prima, certo, ma io avevo paura che tu ti arrabbiassi e per questo ho aspettato fino ad ora a dirtelo e così…”

“Sora”, la interruppe bruscamente lui a quel punto, stanco di quei giri di parole. “Vuoi dirmi cosa diavolo sta succedendo?”

Lo sguardo del giovane era serio, talmente tanto da provocare continui brividi nella piccola Takenouchi. Ma questa, tuttavia, non poté non rispondere stavolta concretamente alla sua domanda.

“Tua madre ha organizzato una festa per te, oggi”

Dopo che le parole uscirono dalle sue labbra, un nodo le si strinse alla gola e la bocca dello stomaco si contrasse fino a farla ansimare.

Dal canto suo Tai osservava la scena in silenzio, ma si vedeva che era apprensivo per ciò che avrebbe potuto dire o fare l’amico.

“Co…cosa?!”, dopo un silenzio che parve quasi interminabile, Matt diede libero sfogo alla propria incredulità.

“Sora sta dicendo la verità”, si intromise a quel punto il brunetto. “Tua madre, la signora Takaishi, ha predisposto una festa per il tuo compleanno, Matt, e adesso ci sta aspettando a casa sua per festeggiare tutti insieme”

A quelle parole il volto del biondino si fece apprensivamente pallido mentre, con stanchezza e frastornazione, si buttava sul divano dietro di lui. Boccheggiò per un paio di volte, emulando il verso di voler parlare, ma ogni volta dalla sua bocca non uscì alcun suono se non dei sospiri strozzati.

Sora e Tai, vedendolo così, si gettarono un’occhiata ansiosa, ma vennero subito richiamati dal trillo del telefono. D’istinto le loro occhiate si rivolsero verso Matt che, con un’invidiabile autocontrollo, si alzò dal divano e andò a rispondere.

“Pronto?”

Mentre il biondo parlava con tono di voce estremamente serio, Sora si torturava il labbro inferiore.

“Coraggio, non fare così!”, tentò allora di rassicurarla il caro Tai, poggiandole affettuosamente una mano sulla spalla. “Vedrai che andrà tutto bene!”

Tranquillizzata per gran parte da quelle parole, la giovane Takenouchi non poté non rivolgergli un meraviglioso sorriso che andò ad illuminarle il viso e gli occhi nocciola. Al che il brunetto rispose con un accenno d’assenso e un sorriso sicuro.

Tutta quella scena venne però interrotta dal ritorno di Matt, la cui espressione facciale lasciava trasparire una certa irritazione dettata forse, in qualche modo, proprio dalla telefonata appena conclusasi.

“Vado a vestirmi”, disse solo, asciutto, prima di scomparire nella sua camera lasciando due attoniti Sora e Tai.

 

 

“Matt dovrebbe essere qui a momenti, ormai”, valutò Tk pensieroso, ricevendo un cenno d’assenso da parte di Kari. “Chissà come reagirà a tutto questo…”

“Io credo che in fondo gli abbia fatto piacere!”, mormorò la giovane Kamiya, sfoderando uno dei suoi più fiduciosi sorrisi.

“Beh, comunque è un peccato che tutti gli altri sono rimasti bloccati dalla neve”, disse allora il biondino, accennando al cumulo di neve che riempiva le strade e che non sembrava aver smesso di piover giù dal cielo.

“Mimi, Yolei e Cody hanno assicurato che sarebbero venuti appena possibile”, mormorò Kari.

“Joe e Izzy hanno chiamato poco fa con lo stesso problema”, continuò il riepilogo Tk.

“Anche Ken ha detto lo stesso. Ma per lui è un po’ più difficile visto che abita all’altro capo della città!”, aggiunse Kari.

“Davis mi ha mandato un messaggio dicendomi che sarebbe arrivato il prima possibile”, terminò infine il giovane Takaishi, angosciato per come si stavano mettendo le cose.

 “Beh…vediamo il lato positivo della cosa: almeno noi due, Tai e Sora ci siamo!”, tentò di riportar su il morale la fanciulla, sorridendo allegramente al ragazzo. “E poi, oltre a noi, ci sono anche tua madre e i miei genitori!”

“Sì”, ne dovette convenire a quel punto Tk.

“Senza contare che tutti gli altri verranno appena smetterà di nevicare”

“Hai ragione”, annuì di nuovo il biondo, mentre protendeva timidamente una mano verso di lei per carezzarle una guancia.

Non era molto tempo, infatti, che i due si erano dichiarati, ma l’intensità dei loro sentimenti era tale da legarli in una maniera assoluta, che andava ben oltre le semplici cotte di un adolescente.

Ad interrompere il loro chiacchierio ci pensò il trillo del campanello d’ingresso.

“Sono arrivati!”, la signora Kamiya sbucò dalla cucina seguita immediatamente dalla madre di Tk.

“Era ora, visto come sta nevicando fuori”, aggiunse invece il signor Kamiya, notando con una certa apprensione il cielo farsi sempre più torbido e la neve più spessa.

“Siete pronti?”, a richiamare le attenzioni di tutti ci pensò Kari che, audacemente, si era avvicinata alla porta d’ingresso per aprire. “Via!”

Spinse la maniglia e, in un attimo, la porta si aprì rivelando ai loro occhi tre infreddolite figure proprio all’esterno.

“Auguri!!”, un grido gioioso si levò nell’aria, accogliendo così l’entrata del neodiciassettenne in casa.

Matt si guardò attorno, assumendo un’espressione sempre più indecifrabile. Nemmeno chi lo conosceva bene riuscì a comprendere, in quel momento, cosa gli passasse per la testa. Ma poi qualcosa cambiò nell’attimo in cui i suoi occhi si posarono su quelli lievemente timorosi di Sora. Allora lasciò distendere i muscoli e, per la prima volta, si permise un mezzo, appena percettibile sorriso. In fondo, nonostante tutto, lei si era preoccupata per lui. E questo…era abbastanza.

Kari chiuse la porta d’ingresso e nel contempo Tk si mosse verso il fratello maggiore.

“Tanti auguri, Matt”, gli sorrise, trasmettendo con quel piccolo gesto tutto l’immenso affetto che sentiva verso di lui.

Il giovane Takaishi gli era sempre stato particolarmente legato. Per lui Matt era un punto fermo, che mai sapeva sarebbe venuto a mancare nella sua vita. Non lo aveva mai fatto, d’altronde, nemmeno quando erano stati costretti a separarsi. Qualsiasi cosa era successa, Matt c’era. Era al suo fianco. Si era sempre preso cura del fratellino, anche a Digiworld lo aveva protetto, dimostrandogli così quanto pure egli gli volesse bene.

“Tk”

Matt alzò un braccio fino ad afferrare una delle spalle dell’altro. Poi, con una semplicità sconvolgente per uno come lui, gli sorrise. E quello fu sufficiente ad esprimere quanto anche lui tenesse al suo fratellino, forse persino più che a se stesso.

“Matt…”, a fugare quella tenera scena intervenne l’arrivo della signora Takaishi. “Sono contenta che hai accettato di venire qui”

La donna gli sorrise, con una palese dolcezza che le riempiva gli occhi cerulei tipica delle madri verso i loro figli, ma allo stesso tempo quasi timorosa di una sua reazione.

“Uhm”, bofonchiò, in risposta, il giovane Ishida, prima di voltare il capo da un’altra parte in una chiara segnalazione di voler concludere lì la loro conversazione.

‘Come se avessi avuto altra scelta…!’, non poté fare a meno di lamentarsi, lievemente seccato.

Dal canto suo la signora Takaishi ci rimase piuttosto male, ma subito si sforzò di apparire allegra per non rovinare in alcun modo il compleanno del suo primogenito.

 

 

“Matt, a telefono. È papà”, la voce di Tk irruppe tra il fratello e Tai, che si era di nuovo lanciato in uno dei suoi interminabili monologhi.

Il biondo annuì al fratellino, non senza aver prima sollevato gli occhi verso il cielo per ringraziarlo di avergli offerto un così valido pretesto per svignarsela da lì. Non che trovasse noioso l’amico, solo che a volte uno come lui preferiva più la calma del silenzio alle continue parole. E poi…quel giorno non era dell’umore adatto per intavolare una conversazione qualsiasi con chicchessia.

Il giovane Ishida si affacciò nell’ingresso e, dopo aver afferrato la cornetta posta sul mobiletto in legno d’acero, si apprestò a rispondere.

“Pronto?”

“Matt, sono papà”, gli rispose una voce vagamente frenetica dall’altro capo.

“Ciao papà”

“Senti figliolo: io sono ancora qui agli studi televisivi. Non so se Sora te l’ha detto, ma mi hanno chiamato d’urgenza e…”

“Sì, papà, lo so. Sora me lo ha detto”, tagliò corto il biondino, mentre una sensazione si faceva pericolosamente largo in lui.

E forse fu proprio per questo, giusto perché se lo aspettava o sentiva in qualche modo che non rimase poi molto sorpreso né eccessivamente deluso dalle successive parole del signor Ishida.

“Beh, il fatto è che mi hanno chiesto di sostituire un mio collega, assentatosi per via della neve. Ho provato a rifiutare, ma è stato tutto inutile, senza contare che fuori nevica tantissimo e…”

“Va tutto bene, papà”, la voce estremamente pacata di Matt risultò efficace a tranquillizzare l’uomo.

“Dici davvero?”, si preoccupò tuttavia di chiedere il signor Ishida, ancora non del tutto convinto.

“Ma certo. Lo sai cosa penso a proposito dei compleanni”, ribatté sicuro il biondo.

“Sì, però… Ti prometto che appena mi libero e smette di nevicare, mi precipito di corsa lì da te per festeggiare, okay?”, insistette l’uomo, che voleva a tutti i costi rimediare per quella buca.

“Okay, come vuoi, anche se non ce n’è bisogno”

“Va bene, allora… Allora a presto, d’accordo?”

“D’accordo”

“Ciao Matt. E divertiti, mi raccomando!”

“Va bene”, rispose a monosillabi il biondo, incolore. “Ciao papà”

Riagganciò appena l’attimo dopo, con espressione apparentemente neutrale.

Non gli importava di quella stupida festa…allora perché il suo cuore stava rincrescendosi in quel momento?

Perché si sentiva…così?

Dopotutto era abituato a festeggiare da solo i propri compleanni. Anzi, a non festeggiarli. Per cui che differenza poteva fare la presenza o meno del padre? O di tutti gli altri ragazzi, rimasti bloccati dalla neve?

‘Matt, sei uno stupido!’, si ammonì mentalmente il giovane, passandosi stancamente una mano nei folti capelli dorati, prima di sorridere a se stesso e a quei suoi sciocchi e sentimentalisti pensieri.

“Matt, tutto bene?”, fu la voce della madre, palesemente apprensiva, a riportarlo alla realtà.

“Sì, certo”, gli rispose con tono di voce il più possibile neutrale.

“E al telefono? Chi era?”, domandò incuriosita.

“Papà”, rispose alzando con noncuranza le spalle, quasi la cosa non lo riguardasse.

“Allora sta arrivando!”, ne dedusse erroneamente la donna, raggiante.

“A dir la verità, no”, rispose secco Matt, senza tuttavia lasciar trapelare alcun sentimento. “A quanto pare è rimasto bloccato agli studi televisivi”

“Ah…”

La signora Takaishi parve piuttosto delusa della notizia.

“Però verrà, no?”, insistette, fiduciosa nell’ex marito.

“Ha promesso che appena poteva, sarebbe venuto”

“Bene!”, gioì immediatamente lei, al contrario di Matt che invece rimase impassibile.

“Beh, io esco un attimo fuori”, disse solo, prima di dileguarsi non concedendole nemmeno il tempo di ribattere.

 

 

L’aria fredda che si respirava all’esterno dell’abitazione tagliava l’aria nei polmoni, tanto era gelida. Dalla coltre scura e minacciosa di nuvole, che ricoprivano quasi interamente il cielo, continuavano a scendere fiocchi candidi e inarrestabili almeno fino a quando non raggiungevano la terra solida. Allora, una volta qui, andavano a dar compagnia a quelli loro simili che già da prima li avevano anticipati, in un giuoco vizioso.

“Ti prenderai un raffreddore se continui a stare qui fuori”

A lacerare quella calma surreale creatasi sopravvenne la voce chiaramente apprensiva di Sora.

Matt, seduto sulla panchina in legno posta lungo il terrazzino dell’abitazione della madre (ricordando una puntata di Digimon02, mi sembra che Tk e la madre vivessero proprio in una di quelle casette a primo piano, con un piccolo, anzi minuscolo appezzamento di terreno in avanti… Uhm… -.-? NdA), voltò il capo, giusto in tempo per vedere la sua ragazza avvicinarsi.

“Ehi”, mormorò solo, senza tuttavia smettere di scrutarla.

La fanciulla, allora, si morsicò nervosamente un labbro, visibilmente combattuta, prima che si decidesse finalmente a parlare.

“Sei arrabbiato con me?”

La domanda lo colpì in pieno, a tal punto da indurlo ad alzare lo sguardo verso di lei. I suoi occhi blu la cercarono frastornati per un lungo istante, prima che un dolce sorriso accompagnasse la sua mano.

“Vieni qui”, le prese dolcemente una mano e la spinse verso di sé, fino a farla accomodare sulle sue gambe.

“Matt!”, esclamò stupita lei, ma non per questo non contenta di aver ricevuto quell’attenzione da parte sua.

“Non sono arrabbiato con te, Sora. Non potrei mai esserlo”, il biondo affondò il capo sulla sua spalla, chiudendo per un istante gli occhi. “Solo che… Avrei preferito passare il giorno del mio compleanno da solo con te, anziché essere costretto a venire qui”

“Ma tua madre ci teneva tanto e mi sarebbe dispiaciuto deluderla”, protestò allora lei, cercando invano il suo sguardo.

“Sì, però… Avreste dovuto dirmelo prima, invece che chiamarmi la mattina stessa per farmi venire”

“Hai ragione”, abbassò a quel punto il capo Sora, amareggiata per questa sua mancanza. “Avrei dovuto dirtelo”

Sentendo il tono della sua voce così mesto, Matt si riprese immediatamente.

“Ehi…non è grave”, arricciò le labbra in un meraviglioso ma raro sorriso, che abbatté all’istante ogni sua difesa.

“Davvero?”, gli chiese speranzosa lei.

“Davvero”, lo rassicurò nuovamente lui, ricevendo per questo un sorriso dolcissimo da parte della fanciulla.

“Ti amo, Matt”

Sora lo disse con estrema semplicità, con una naturalezza disarmante persino per lui. Non era la prima volta che lei glielo diceva, al contrario. Eppure ogni volta sortiva effetti devastanti su di lui.

Matt sorrise, mentre le carezzava teneramente una guancia vellutata. Poi, senza dire nulla, allungò il viso verso di lei e le baciò le labbra lampone.

D’istinto il freddo pungente dell’esterno scomparve ai loro sensi, riscaldati dalla presenza reciproca. E quel bacio, nato così spontaneamente, si tramutò in un qualcosa di immensamente dolce e appagante allo stesso tempo. Un bacio che non univa solo due corpi, ma che anzi si riproponeva di unire due anime.

“Takenouchi…”, mentre si separava lentamente da lei, il biondo non poté fare a meno di sussurrare il suo nome di famiglia, che gli salì involontariamente alle labbra.

Al che Sora si lasciò sfuggire una risata cristallina, piacevolmente divertita da come lui l’aveva chiamata.

“Come mai stai ridendo?”, gli chiese poco dopo Matt, incuriosito dal suo strano comportamento.

“Beh, per il modo in cui continui a chiamarmi!”, rispose allora in tutta onestà lei. “Forse non te ne sei neanche accorto, ma…anche se stiamo insieme da due anni e ci conosciamo da molti di più, tu spesso mi chiami ancora per cognome!”

Alla spiegazione il giovane Ishida non riuscì a celare un moto di rossore che gli accese appena le gote, rese pallide dal freddo esterno.

“Però infondo”, riprese a dire poco dopo la stessa Sora, ritornando tremendamente seria e fissandolo negli occhi. “È proprio per questo che non posso fare a meno di te, Matt”

“Sora…”, il biondo la osservò per un lungo istante, perdendosi in quelle pozze nocciola che tanto adorava.

Infine fece per dire una cosa, un qualche cosa di veramente importante, ma la voce di Tai lo interruppe bruscamente.

“Matt, Sora, rientrate che è pronto il pranzo!!”

“Sì, arriviamo”, rispose per entrambi la giovane Takenouchi, prima di voltarsi nuovamente verso Matt sperando che lui portasse comunque avanti ciò che stava per dirle.

Ma, contrariamente alle sue aspettative, il biondino le fece cenno di alzarsi.

“Andiamo dentro, dai. Qui fuori si gela”, le sussurrò in un orecchio mentre le prendeva una mano e la guidava verso l’entrata, senza tuttavia notare il sospiro amareggiato che scappò dalle labbra di Sora.

 

 

Quando Matt e Sora rientrarono in casa, mano nella mano, i pochi invitati, che erano riusciti a venire prima che il cumulo di neve li bloccasse, erano già seduti a tavola pronti per il pranzo. Tai, più di tutti, spazientiva quasi per la voglia inarrestabile di mangiare e per questo continuava a incitare i due amici appena entrati ad accomodarsi il prima possibile.

Fu forse Sora la più tempestiva a cogliere il suggerimento e a trascinare con sé anche un flemmatico Matt. Il che sarebbe stato abbastanza sorprendente datosi che il giovane era sempre stato un tipo dal temperamento piuttosto indocile, se non fosse che tutti erano troppo presi dai succulenti piatti disposti sul tavolo per accorgersene.

“Sora, Matt, sedetevi qui!”, fu la signora Takaishi ad indicare loro il posto a cui sedersi.

“Grazie”, le sorrise riconoscente la fanciulla dai capelli ramati, mentre Matt si limitava a seguire le istruzioni.

Non fece una piega neanche quando si accorse di trovarsi in mezzo alle due donne della sua vita: Sora da una parte e la madre dall’altra. Rimase in silenzio ad ascoltare le chiacchiere dei convitati…le risate allegre della sua ragazza e di Kari, seduta accanto…il dibattito sportivo che si teneva tra Tai, sostenitore del gioco del calcio, e Tk, che invece andava a favore del basket…

Matt sembrava completamente distante da quel mondo, isolato come era dal suo stesso carattere che gli impediva di lasciar da parte i pensieri per abbandonarsi a quel calore. Per questo quando la madre gli si rivolse dovette faticare non poco a comprendere cosa stesse dicendo. Cosa gli stesse dicendo.

“Matt, ti ho chiesto se vuoi un po’ di spaghetti alla soia”, ripeté allora, di nuovo, la signora Takaishi senza per questo perdere il sorriso. “Se non sbaglio è il tuo piatto preferito”

Lo disse con un’evidente nota di premura nella voce, percepibile in special modo in quelle pozze cerulee ereditate dai suoi stessi figli.

Ma quella gentilezza, quell’attenzione non sembrò sortire l’effetto desiderato nel giovane. Perché di fatto Matt sembrò come irrigidirsi, mentre i suoi occhi blu scrutavano la donna davanti a lui con sguardo critico.

“Quando avevo otto anni”, ribatté scostante come non mai. “Adesso è il sushi (ok, ok…spaghetti alla soia e sushi sono due pietanze estremamente conosciute e banali. Ma purtroppo io non conosco davvero la cucina orientale e, pur di evitare gaffe citando piatti che magari nemmeno esistono, ho preferito puntare sul sicuro. Spero non me ne vogliate! NdA)

Quelle parole, pronunciate con incredibile durezza, sembrarono portare con sé una tagliente ventata di freddo che ammutolì all’istante la stanza. Gli occhi di tutti si posarono all’istante sullo sguardo astruso, freddo e distaccato di Matt che, insistente, fissava la madre; e su questa, che al contrario appariva fortemente scossa per aver ricevuto una tale sferzante risposta. I suoi occhi vagarono per un lungo istante sull’austera figura del figlio, in cerca forse di un perché, prima che dalle sue labbra si udisse di nuovo un qualche suono.

“Ma…io credevo che…”

“Già”, la interruppe bruscamente con una breve ma lapidaria sentenza Matt, per poi scostare lo sguardo da un’altra parte.

Allora sia la signora Takaishi che i presenti compresero che per lui la discussione terminava così.

Il pesante silenzio dei minuti successivi venne fortunatamente fugato dal tempestivo intervento della signora Kamiya.

“Nancy (nome puramente inventato da me, visto che non ho la più pallida idea di come il nome della signora Takaishi sia stato reso in italiano NdA), tesoro, i tuoi manicaretti sono davvero sublimi! Prima o poi dovrai insegnarmi a cucinare come te!”

Ringraziandola con il cuore e con lo sguardo, la madre di Matt e Tk si lasciò sfuggire un piccolo sorriso.

“Sì, certo”, rispose sforzandosi di apparire serena.

Ben presto, così, il silenzio pressante di poco prima scemò completamente, sostituito di nuovo dalle chiacchiere dei commensali.

L’unica che non sembrò intenzionata a fingere che nulla fosse stato, era Sora, il cui sguardo non si era mai discostato per un solo istante dalla figura inflessibile del suo ragazzo.

 

 

Matt se ne stava tacitamente seduto sulla poltrona in soggiorno, quando sopraggiunse Sora.

“Matt, posso parlarti un secondo?”

“Senti, se è per quello che è successo prima allora faresti bene a risparmiarti il fiato”, ribatté acido lui, senza nemmeno alzare lo sguardo su di lei.

L’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era di una bella ramanzina sulle cose che andavano o no fatte. Già il fatto di essere lì…come si era fatto convincere, poi, a prendere parte a quella buffonata?

“E invece ne parliamo!”, insistette, intestardita, Sora.

Stufo perché sapeva di non avere vie di scampo con lei, Matt si lasciò sfuggire uno sbuffo spazientito mentre dentro di lui iniziava a farsi avanti una certa irritazione.

“Insomma: che c’è da parlare?! Io ho solo detto che mi piace di più il sushi! Stop. Fine della storia!”

“Sei stato duro, invece!”, ribatté a tono Takenouchi, azzittendolo all’istante.

Matt, sorpreso di quello scatto, si voltò a fissarla stordito. Ma ben presto l’arrabbiatura di Sora scemò in una totale comprensione.

Senza dire nulla, la fanciulla gli si sedette accanto e, con estremo affetto, gli prese una mano tra le sue.

“Matt, io non voglio rimproverarti, non era mia intenzione. Voglio solo capire che ti sta succedendo, tutto qui!”, gli sorrise, con una naturalezza tale da fargli aprire il cuore. “Quando eravamo fuori mi hai detto di non essere arrabbiato, e io ti credo! Però…sembra quasi che tu stia cercando di litigare, prima con tua madre e adesso con me. Perché?”

“Sora, io…”, abbassò il capo lui, sospirando amareggiato per non riuscire a trovare le giuste parole che potessero spiegarle come si sentiva in quel momento.

“Io non riesco a vederti così senza soffrire a mia volta, Matt”, continuò allora la fanciulla, cercando di fargli capire quanto fosse importante, essenziale lui per lei. “E non posso credere che tu sia così arrabbiato solo per questa festa. Matt…io voglio solo aiutarti!”

Il giovane Ishida sentì il proprio cuore riempirsi d’amore a quelle parole. Solo lei riusciva a fare tanto. Solo la sua amata ragazza sapeva farlo sentire così…bene.

Per questo e per mille altre ragioni, non ultimo il fatto che sentiva crescere dentro di sé il bisogno di dirglielo, che fece per parlare e rivelarsi, finalmente. Ma la voce percettibilmente adirata della signora Takaishi che risuonava dall’ingresso richiamò le attenzioni di tutti.

La loro curiosità, però, ebbe vita breve dal momento che la videro comparire in soggiorno appena poco dopo con espressione corrucciata in viso.

“Mamma!”, Tk, che stava parlando con Kari, fu il primo ad avvicinarsi. “Stai bene?”

“S…sì”, rispose stordita lei. “Solo che…ha appena chiamato l’addetto alla consegna, dicendomi che non poteva assolutamente muoversi a causa della fitta neve”, spiegò seccata.

“Ma questo significa che…”, mugugnò stordito Tk.

Nancy, per tutta risposta, si voltò verso il suo primo figlio con espressione profondamente desolata in volto.

“Matt, mi dispiace immensamente, ma…purtroppo la torta per il tuo compleanno non sarà consegnata prima che smetta di nevicare”

Alla notizia lo sguardo di tutti si fece preoccupato e contrito allo stesso tempo, in special modo quello di Sora. ‘Matt…’, lo fissò difatti intensamente lei, tremendamente dispiaciuta per tutti quegli inconvenienti.

Per quanto lui stesso non volesse ammetterlo, quello fu un duro colpo per il biondo. Non che fosse realmente legato alle tradizioni che prevedevano la torta alla fine del banchetto, tuttavia… La mancanza degli altri digiprescelti l’aveva già duramente provato, senza contare l’assenza del padre…e adesso, anche quello…

“Non fa niente”, contrariamente ai suoi stessi sentimenti, la risposta che ne uscì dalle labbra di Matt fu terribilmente imparziale.

“Mi dispiace tanto…se solo avessi previsto tutto ciò, io…”, insistette Nancy, che si sentiva maledettamente in colpa per la piega storta che aveva preso la festa e per aver dato l’ennesima delusione al figlio.

“Ho detto che non fa niente”, ripeté allora, nuovamente, il giovane Ishida, senza però essere sgarbato.

“Ma…possiamo sempre rimediare! Se tu sei d’accordo, te la preparo io la torta, va bene?”, propose, speranzosa, la signora Takaishi.

“Come vuoi”, mormorò solo in risposta Matt, senza mostrarsi né troppo allegro né dispiaciuto.

“D’accordo, allora”, sorrise contenta per quell’accordo Nancy. “D’ora in poi andrà tutto per il meglio, te lo prometto!”

Né la donna né nessun altro si accorse dell’enorme fallo entro cui si era cacciata, seppur involontariamente, fino a quando non videro Matt alzarsi di scatto dal divano.

Quelle per lui erano state le parole decisive, che lo fecero esplodere come un vulcano.

“Per favore, no!”, sbottò d’un tratto tra lo stupore generale.

“Matt, ma che…?!”, tentò di dire Tai, allibito.

“Non promettere niente, mamma”, continuò imperterrito il biondo, portandosi una mano davanti agli occhi per ripararsi dagli sguardi degli invitati. “Io sono stufo…stufo marcio di tutte queste promesse! Sono stanco di sentirmi giurare di venire alla mia festa, quando poi nessuno verrà! Sono stanco di continuare a fingere che vada tutto bene, quando non è così! Perché dannazione, non va niente bene! Non c’è nessuno a questa maledettissima festa, nemmeno papà che è rimasto bloccato sul lavoro! Perfino con la torta è stato un disastro!!”

Matt respirò a pieni polmoni, nascondendo a tutti il proprio viso per non essere costretto a mostrare il dolore che trapelava dai suoi occhi.

“Io…sono stufo. Questa festa è un totale fallimento e io…me ne vado”

Senza lasciare nemmeno il tempo di appurare cosa stesse succedendo, il biondo sorpassò i vari invitati e si diresse spedito verso l’ingresso. Una manciata di secondi dopo nel soggiorno si udì solo il tonfo sordo della porta principale richiudersi.

 

 

Il cielo si era fatto ancora più torbido già da qualche ora e le temperature si erano abbassate vertiginosamente, mentre la neve scendeva inarrestabile dal cielo. Quello, proprio come avevano preannunciato i meteorologi, era davvero uno dei giorni più freddi che si registravano da quelle parti in tanti anni.

Eppure, sebbene il suo fisico stesse rischiando l’assideramento sotto quel freddo pungente con la copertura solo di un giubbotto, Matt se ne stava pacatamente seduto su uno dei gradini adiacenti una casa dall’aria abbandonata. Da quando aveva lasciato la casa della madre non aveva osato proferire parola.

Un po’ si pentiva dello scatto appena commesso, d’altra parte…era stato più forte di lui. Non ce l’aveva proprio fatta, di fronte a una nuova promessa che poi difficilmente sarebbe stata mantenuta, a mantenere la calma. E così era sbottato.

‘Sono un idiota completo’, sospirò, auto-commiserandosi, il giovane. In quel momento di sicuro si stavano preoccupando tutti per lui, soprattutto Sora. Avrebbe dovuto ingoiare l’orgoglio per una volta e scusarsi con tutti per il modo in cui era andato via. Però…

“Sapevo che ti avrei trovato qui”

Matt alzò lo sguardo e, inavvertitamente, il suo cuore ebbe un tuffo quando incrociò lo sguardo immensamente dolce di Nancy Takaishi.

“Mamma…!”, mormorò visibilmente stupito di vederla lì.

Allora la donna, senza smettere di sorridergli, gli si sedette accanto, riparandosi così a sua volta dalla neve grazie al paravento sovrastante.

“Quando eravate piccoli tu e Tk giocavate spesso su queste stesse scale”, disse d’un tratto Nancy, fugando via il silenzio calmo creatosi. “Le scale della…”

“Della nostra vecchia casa”, terminò per lei la frase Matt, rivolgendole per la prima volta in quella giornata un sorriso sincero.

“Già”, annuì allora lei, ricambiando al sorriso.

Di nuovo il silenzio scese tra i due, ma stavolta era quasi naturale. E, a differenza di prima, venne lacerato dalle parole del biondino.

“Mamma, mi dispiace per quello che ho detto prima, io non lo pensavo realmente. E non volevo essere così brusco, a tavola, solo che…”

“No”, l’interruppe a quel punto la donna, scuotendo il capo. “Tu avevi ragione, Matt. Io volevo organizzarti una bella festa di compleanno, però è stata un disastro…”

La signora Takaishi abbassò lo sguardo, mentre una velata patina salata le offuscava la vista.

“Non è stata colpa tua”, le parole di Matt, però, la costrinsero a fissarlo interrogativamente. “È stata la neve”, aggiunse il biondo, accennando ai candidi fiocchi che cadevano naturalmente dinanzi a loro.

“Già…la neve”, accordò allora lei, ritrovandosi a ridacchiare con il figlio con complicità.

Quando furono ritornati seri, Nancy lo guardò inorgoglita.

“Non ti ho ancora dato il mio regalo per te, Matt”, disse, mentre prendeva qualcosa dalla tasca del giubbotto.

“Un regalo?!”, ripeté, frastornato, lui, non aspettandosi per nulla una cosa del genere.

“Sì”, annuì solo lei, porgendogli un pacchettino non molto grande ma abbastanza pesante.

Matt la guardò ancora per un istante colpito, prima di concentrarsi sul pacchetto. Lo scartò con cura, temendo quasi di romperlo. E il suo stupore fu immenso quando si accorse di cosa conteneva.

“Ma questo è…questo è il modellino di un razzo!”, la fissò esterrefatto per quel regalo così fuori dal comune.

Per tutta risposta, Nancy annuì.

“Avevi solo cinque anni. Tuo padre quel giorno doveva fare un’intervista importante all’interno del museo delle scienze, ma ci portò ugualmente con lui. Così, mentre lui intervistava quei signori, io avrei potuto farvi visitare, a te e a Tk che aveva solo due anni all’epoca, il museo”, sorrise appena, mentre vagava nei meandri della propria memoria. “Ricordo che quel giorno non faceva molto caldo. Pioveva. Per proteggervi dall’acqua io e tuo padre vi prendemmo in braccio: lui prese Tk, mentre io avevo te. Entrammo nel museo che eravamo quasi completamente bagnati, e una volta qui tuo padre venne trascinato via da alcuni suoi colleghi per l’intervista. Allora io presi per mano sia te che Tk e iniziai a mostrarvi tutto ciò che conteneva la galleria. Fu in quell’occasione che, per la prima volta, mi accorsi della tua passione per i razzi! Ti eri fermato davanti al modellino di un razzo e lo guardavi completamente rapito. Poi, senza togliere per un solo istante gli occhi dall’oggetto, mi chiamasti e mi chiedesti a cosa serviva. Io sorrisi e, arruffandoti i capelli, ti risposi che era grazie a quell’oggetto che gli astronauti potevano andare sulla Luna, o su qualche altro pianeta. Allora tu mi guardasti e, tutto serio, mi domandasti se ci si poteva andare anche su Marte”

“Davvero?”, chiese a quel punto Matt, rapito dal racconto.

“Davvero!”, confermò con un sorriso la donna. “E quando io ti risposi che non era del tutto impossibile una cosa del genere, tu sai cosa mi risposi?!”

Nancy si voltò a guardare un punto indecifrabile davanti a sé, con espressione estremamente seria.

Allora voglio diventare un astronauta per andarci anch’io su Marte”, imitò la voce del figlio all’epoca, sorridendo poi addolcita da quei ricordi.

“Io…non me lo ricordavo”, confessò a quel punto il biondo, mentre fissava con minuziosa attenzione il piccolo razzo nella sua mano.

“Matt”, lo richiamò allora a sé la signora Takaishi. “Voglio che tu sappia che, anche quando io e tuo padre abbiamo divorziato, non c’è stato un solo giorno in cui non abbia pensato a te”

“Mamma…”, il cuore di Matt si sciolse completamente a quelle parole, mentre i suoi occhi blu apparivano un po’ più chiari per via delle lacrime che minacciavano il suo viso.

“Quando la sera andavo a dormire, il mio ultimo pensiero era rivolto a te, piccolo mio”, spinta dal puro amore materno, Nancy gli poggiò una mano sulla guancia, carezzandogliela dolcemente. “Sempre”

“Mamma…”, di nuovo pronunciò quell’epiteto a lui tanto caro, stavolta senza più riuscire a frenare le lacrime che, inarrestabili, preso a rigargli le gote.

“Matt…tesoro…”

Nancy allargò ambo le braccia e lo guardò con occhi traboccanti d’amore, come solo una madre può avere. Allora Matt, per nulla imbarazzato da quei frammenti di sale che testimoniavano la sua debolezza, si sporse verso di lei e si lasciò avvolgere dal suo caldo abbraccio. Ne aveva bisogno, aveva necessità di sentirsi abbracciare da lei. Voleva essere abbracciato da lei!

“Mamma?”

“Sì, piccolo mio?”

“Mi sei mancata”, lo disse con una semplicità sconvolgente che la colpì in pieno, fino a farla piangere a sua volta.

Nancy strinse il corpo del figlio un po’ di più, non volendo mai più lasciarlo.

“Mi sei mancato tanto anche tu, Matt”

Intanto la neve aveva smesso di cadere e dal cielo iniziavano a spuntare, attraverso quei piccoli spazi vuoti concessi dalle cupe nuvole, piccoli raggi di sole.

 

 

“SORPRESA!!”

Matt non aveva quasi fatto in tempo ad aprire la porta d’ingresso che si era ritrovato surclassato da un coro allegro di voci che lo accoglievano calorosamente.

Il biondo alzò lo sguardo e il suo cuore ebbe un tuffo involontario quando si accorse dell’enorme gruppo di persone in piedi di fronte a lui. Per un istante il giovane pensò davvero di trovarsi in un sogno, ma i sorrisi sinceri che quelle persone…che tutti i suoi amici gli rivolgevano, non ingannava. Erano reali. Quella era la realtà.

Così come era reale la graziosa torta che Sora teneva saldamente in mano, proprio al centro della comitiva.

“Scusaci se non siamo potuti venire prima, ma la neve ci ha bloccati!”, la prima a parlare fu l’esuberante Yolei.

“Però adesso siamo qui, no?”, gli sorrise la sua vecchia amica Mimi, accerchiata dai suoi bizzarri genitori.

Di fatti non erano accorsi solo tutti i digiprescelti, ma anche i loro genitori.

“Buon compleanno, figliolo”, e, tra questi, era giunto anche il signor Ishida.

“Papà…”, Matt lo fissò commosso, prima di rivolgere un’occhiata visibilmente grata a tutto il resto della comitiva. “Voi… Siete tutti qui…”

I suoi occhi blu sembrarono farsi più chiari e subito gli altri intuirono che un velo di lacrime glieli offuscava. Non lo avevano mai visto così prima d’ora e questo non poteva che gratificarli ancora di più: era il segno che Matt era contento sinceramente di averli tutti lì a festeggiare il suo compleanno.

“Coraggio, amico! Non è il caso di mettersi a frignare adesso!!”, a fugare l’atmosfera sentimentale creatasi ci pensò la battuta sempre pronta di Davis Motomiya.

“Stupido! Io non frigno!”, lo rimbrottò immediatamente Matt, riscuotendosi dalla sorta di trance in cui era caduto per afferrarlo per il collo e arruffargli quei capelli prugna.

“Ahia, mi fai male!!”

All’esclamazione di Davis un moto di riso si infuse tra i presenti che, finalmente, si lasciarono andare e la festa poté ricominciare.

“Scusami se non sono potuto venire prima, Matt”, il biondo era ancora intento a torturare il povero Motomiya quando la voce del padre lo riscosse dal suo da fare.

“Non dovevi preoccuparti”, gli rispose allora quello, senza tuttavia lasciar andare Davis dalla sua stretta.

“Non mi sarei perso il compleanno di mio figlio per nulla al mondo!”, ribatté in risposta l’uomo, ricevendo per questo un’occhiata intensa da parte di Matt.

“E poi non sarebbe stato lo stesso, no?”, intervenne anche Tk, ammiccando al fratello maggiore.

“Ben detto, figliolo!!”, il signor Ishida gli passò spontaneamente un braccio attorno alle spalle, in un gesto naturale tra padre e figlio.

I due si sorrisero, complici, osservati dallo sguardo attento di Matt. ‘La mia famiglia…’, si ritrovò a pensare, aggiungendo ai due anche la madre. Perché in fondo, anche se i suoi genitori avevano divorziato, loro rimanevano pur sempre la sua famiglia. E questo lo rendeva pieno d’orgoglio e di felicità.

“Ehi, Matt, che dici adesso di lasciarmi andare?”, a ridestarlo dai suoi pensieri ci pensò la voce leggermente seccata di Davis, che non gradiva più quella stretta ben salda attorno al suo collo.

“E va bene, peste…!”, accordò il biondo, arruffandogli un’ultima volta i capelli prima di lasciarlo definitivamente libero.

Sorrise appena quando notò lo stato di disordine a cui aveva indotto i capelli del povero malcapitato, ma si riscosse appena l’attimo dopo quando il pensiero di Sora gli attraversò la mente. Da quando era andato via non le aveva ancora parlato. E adesso…doveva rimediare assolutamente.

 

 

Tai vide Matt allontanarsi da Davis per recarsi verso una meta a lui sconosciuta, e così decise che quello era il momento giusto per potergli finalmente parlare.

Lo raggiunse in un batter d’occhio e, allungando una mano verso di lui, lo fermò afferrandolo all’altezza del braccio. Il biondino si voltò di scatto, incuriosito, per rilassarsi immediatamente quando riconobbe lo sguardo familiare dell’amico.

“Tai!”

“Sei di fretta?”

“Cercavo Sora”, gli spiegò l’altro.

“Ah… Beh, non voglio farti perdere tempo Matt, ma io…”, bofonchiò leggermente impacciato il brunetto, lasciando il suo braccio per passarsi una mano tra i capelli. “Sono una frana in queste cose, però…ecco, io volevo solo dirti che…che non sei male infondo”

Kamiya alzò lo sguardo e lo fissò nelle pozze turchine, ora evidentemente allibite, dell’amico.

“Sai, all’inizio io non potevo soffrirti! Lo giuro!”, confessò apertamente, facendo sghignazzare l’amico.

“No, decisamente neanche io potevo soffrirti molto!”, ammise a sua volta Matt, mettendosi a proprio agio.

“Ma poi ho capito che tu…tu eri diverso da quella persona arrogante che ti credevo! Tu mi hai aiutato parecchie volte a Digiworld, e anche dopo”

“Beh, anche tu hai fatto lo stesso con me, no?”, gli fece notare a quel punto il biondino, alzando un sopracciglio con aria attonita. “E comunque anche tu avevi i tuoi bei difettucci, non credi mister testardaggine?!”

“Sì, ma non è questo il punto!”, ribatté allora Tai, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro che portò sul suo volto un’espressione profondamente seria. “Quello che voglio dire…tutto ciò che sto cercando di dirti è che sono contento di averti conosciuto, Matt”

“Tai…”, Ishida lo fissò senza parole, colpito da ciò che le sue orecchie avevano appena udito.

“E poi io volevo darti anche questo…ecco”, aggiunse subito dopo il brunetto, porgendogli distrattamente un pacchetto dalla carta verde.

Matt afferrò l’oggetto e, ancora stupito, lo aprì. Il pacchetto incartato alla bell’e meglio, chiaramente fabbricato da Tai, racchiudeva al suo interno una piccola cornice in legno. Il biondo la girò e rimase per un lungo istante in silenzio a rimirare la foto che essa conteneva.

Su uno scenario dalle tinta pastello erano stati immortalati tre giovani dall’aria stupita. Evidentemente chi aveva scattato quella foto non li aveva fatti preparare al click e così erano venuti fuori in modo “naturale”. E forse proprio per questo la foto sembrava assumere dei tratti quasi reali, come se volesse uscire dal quadretto da un momento all’altro portandosi dietro tutto ciò che racchiudeva quel semplice click.

“L’ho trovata l’altro giorno. È stata Kari a scattarla, a un picnic che facemmo qualche tempo fa”, spiegò Tai poco dopo. “Ho pensato di farti un duplicato e regalartelo, perché stavolta mia sorella ha davvero fatto un capolavoro, non trovi anche tu?”

“Sì”, annuì a sua volta Matt, senza distogliere lo sguardo dall’immagine nella foto.

Lui, Tai e Sora…i tre angoli di uno stesso triangolo… Legati per sempre.

“Grazie per questo regalo, Tai”, il biondo alzò lo sguardo fino a fissarlo in quello dell’amico, serio.

Kamiya allora scrollò le spalle.

“Ehi, per un amico questo ed altro!”

Matt a quelle parole sorrise, solamente. Ma fu sufficiente a far intendere che Tai era per lui non solo un amico, ma il migliore.

E lo stesso, a dispetto di un passato iniziato non nel migliore dei modi, valeva anche per Tai.

 

 

La porta-finestra scivolò naturalmente lungo il binario, per poi ripercorrere lo stesso tragitto ma a ritroso appena pochi istanti dopo.

Il freddo pungente causato dalla precedente nevicata si fece sentire immediatamente, contrastando in modo netto il caldo che si respirava all’interno dell’abitazione. Ma Matt non ci fece molto caso, intento come era a fissare la figura appostata vicino al parapetto in ferro battuto.

“Sora?”, la richiamò dolcemente il giovane, sospirando sollevato per averla finalmente trovata.

La giovane, sentendosi chiamare, sobbalzò dapprima spaventata per non essersi accorta di non stare più sola; poi, lentamente, si voltò nel riconoscere la voce.

“Matt”, sibilò con voce appena percettibile, mentre piccole lacrime le velavano gli occhi nocciola.

Ishida la fissò sconcertato per quella reazione e fece per dire qualcosa, ma lo scatto improvviso della ragazza arrestò ogni suo fare.

“Sei un brutto stupido, Matt!!”, infervorata e accecata dalle lacrime, Sora si avvicinò a lui e iniziò a picchiettargli il petto con tanti piccoli pugni che però non vennero quasi percepiti da lui, abituato a ben altre scazzottate.

“Ma… Sora…!”, mormorò frastornato il biondino, fissandola incredulo.

“Sei un insensibile! Un maledetto egoista, Ishida!”, lo rimproverò ancora lei, continuando a scatenarsi contro il suo petto e tentando allo stesso tempo di contenere quel flusso di lacrime che minacciava le gote fresche per l’aria che si respirava lì fuori.

“Sora…”, non potendo più sopportare di vederla così, finalmente Matt si decise a fare qualcosa.

Con una gentilezza smisurata, il giovane le afferrò i polsi e la guardò fisso negli occhi nocciola.

“Si può sapere che ti ho fatto?”

I suoi occhi da cerbiatto e l’espressione sinceramente affranta del ragazzo, abbatterono all’istante tutta la foga artefatta di Sora e liberarono quei frammenti salati dalla proibizione che lei gli aveva imposto.

“La prossima volta che decidi di fare quello che hai fatto…”, la sua voce adesso aveva assunto un registro tremendamente serio e basso, di chi sta dicendo un qualcosa di molto profondo. “Allora ricordati che qui c’è qualcuno che potrebbe anche morire dalla preoccupazione per te”

“Sora…”

Gli occhi blu del ragazzo, colpito da quelle parole, rispecchiarono appieno la valanga di sentimenti che sentiva di nutrire per lei. Non sentimenti frivoli, al contrario. Essi erano talmente sinceri e profondi, che a volte gli facevano mancare quasi il respiro. Proprio come in quel momento, mentre la guardava con ricolma gioia per quello che le sue orecchie avevano appena udito da lei.

“Ti amo”, Matt lo disse con estrema semplicità, ma quella fu una vittoria ben maggiore per lui.

Perché finalmente era riuscito a dirglielo…a mettere da parte il suo stupido riserbo. Solo altre pochissime volte, che si potevano comunque numerare con la mano, era riuscito a farlo, nonostante si fosse ripetuto più volte di dirglielo. Perché, diavolo, lui l’amava! Più della sua stessa vita! E lei doveva saperlo assolutamente.

“Matt…”

Dal canto suo la fanciulla era rimasta come trasognata a fissarlo. Sebbene le parole del ragazzo le riecheggiassero nella sua mente, faticava ancora a recepirne il messaggio che portavano. Ma quando finalmente ci riuscì, fu come se la più grande delle gioie si facesse largo in lei, assieme a tanti frammenti di lacrime che, stavolta, non erano più di preoccupazione.

“Matt, tu…tu non me lo dici mai”

“Lo so”, ammise, dispiaciuto, il biondo. “Ma ho intenzione di rimediare, Sora. Perché tu sei la cosa più importante per me e io non voglio rischiare di perderti per colpa del mio caratteraccio”

Alzò una mano verso di lei e, con estrema dolcezza, le accarezzò una guancia.

“Scusami…”, sussurrò, provocando in lei dei piccoli fremiti.

“Ti amo…ti amo tanto, Matt”, avvinta da tutte quelle intense emozioni, la fanciulla si lasciò andare ad un pianto di sollievo, mentre si tuffava tra le sue calde ed accoglienti braccia. “Ma ti prego, non farlo più… Non andartene mai più via senza dirmi nulla! Ne morirei…ti prego…”

“Sora”, ripeté solo il suo nome lui, stringendola un po’ più forte a sé e al suo cuore. “Sora, ti amo”

“Anch’io…anch’io, amore mio! Con tutta me stessa”, ribadì lei, aggrappandosi con ogni forza al giovane.

Solo poco dopo, in contemporanea, allentarono la presa per potersi scrutare negli occhi. E lì, videro la stessa cosa: un amore immenso.

Allora, Matt le asciugò, con i polpastrelli, le lacrime che ancora le rigavano il volto, prima di chinarsi verso di lei e baciarle le labbra rubino, avvertendo all’istante come una scarica elettrica che gli fece ricordare il motivo per cui l’amava così tanto. Anche se non ce n’era affatto bisogno…

Quando si separarono, Sora si lasciò sfuggire un sorriso sibillino che attirò le immediate attenzioni da parte del giovane.

“Stavo per dimenticare il mio regalo per te”, mormorò solo, mentre infilava una mano nella tasca del giubbotto.

Da essa ne estrasse un piccolo pacchettino dalla carta azzurrina, dalla singolare forma squadrata.

“Che cos’è?”, fece lui, incuriosito, prendendolo in mano.

“Aprilo!”, lo incoraggiò la giovane Takenouchi.

Matt annuì e, senza farselo ripetere ulteriormente, scartò quell’altro pacchetto. E, per l’ennesima volta, si ritrovò a fissare rapito l’oggetto custodito.

Luccicante sotto i timidi raggi del sole, il dorato che ricopriva elegantemente un’armonica.

“L’ho cercata a lungo, ma finalmente sono riuscita a trovarla come la tua…quella che avevi a Digiworld”, gli spiegò con un sorriso lei.

Matt fissò l’oggetto a lui tanto prezioso ancora per un lungo istante, ripercorrendo in quel tempo le mille avventure in cui l’aveva seguito il fedele strumento. Ricordava ancora perfettamente, quasi si fosse trattato di ieri, quando sostava a suonare l’armonica nella fitta vegetazione digitale, ascoltato dai suoi amici ammaliati. E, soprattutto, ascoltato da lei.

“Questo…questo è…”, tentò di trovare le parole per descrivere l’immensità di sentimenti che quell’unico oggetto gli aveva procurato, ma sembrava che nessun vocabolo potesse degnamente esprimere ciò che lui stava provando in quel momento.

Sora lo capì.

“Non c’è bisogno che tu dica nulla, Matt”, lo tranquillizzò con un sorriso dolcissimo. “Vederti così felice…per me è sufficiente”

Il cuore del biondino ebbe come un tuffo a quelle parole. I suoi occhi si illuminarono ancor di più mentre li posava, grato e innamorato, su di lei.

“Ti amo, Sora”

Per quanto quella fosse già la terza volta nel giro di pochi istante che lui glielo diceva, lo stesso riuscì a provocare in lei sentimenti di gioia infiniti. Non si sarebbe mai stancata di sentirselo dire da lui…e di dirglielo, a sua volta.

I due si sorrisero, complici, appoggiando in concomitanza la fronte l’uno contro l’altra.

“Sora?”

“Sì, Matt?”

“Grazie”

La profondità con cui il biondino aveva detto quell’unica parola, le fece palpitare il cuore.

“E per cosa?”, Sora alzò lo sguardo, stupita, puntando in quelle pozze turchine che tanto amava.

“Per avermi regalato tutto questo…la festa…l’armonica…questo attimo… L’ultima volta che festeggiai il mio compleanno fu prima che i miei genitori si lasciassero. Da allora, io…”

“Matt…”, gli occhi della fanciulla si fecero più dolci, più comprensivi.

Adesso riusciva a capire il motivo del suo iniziale astio per i compleanni. Gli portavano alla mente quegli attimi ormai persi…

“Adesso ci sono io ad organizzarti la festa per il compleanno”, Sora lo disse in tono sicuro, ma il sorriso che Matt le rivolse le fece capire che ora lui lo sapeva.

“Grazie”

Matt era sincero e Sora, per la prima volta da quando aveva preso la decisione di far festeggiare ugualmente il compleanno del suo ragazzo, si sentì veramente felice di averlo fatto.

Stettero così ancora per un istante, prima di separarsi. Allora lei si protese verso di lui e lo baciò dolcemente sulla fronte, in segno d’affetto puro e semplice. Quando poi ritornò con anche la pianta del piede ben appoggiata a terra, i due si presero dolcemente per mano e fecero per entrare in casa.

 “Matt, Sora, venite dentro che le candeline sulla torta cercano il festeggiato!”

Proprio in quel momento Nancy Takaishi uscì a sua volta sul terrazzino, sfoderando un meraviglioso sorriso che illuminava il bel volto.

Il biondino, per tutta risposta, ricambiò al sorriso e, passandole accanto, le cinse le spalle con un braccio. Quindi, insieme alle due donne più importanti per lui, rientrò in casa pronto per desiderare di avere altri cento compleanni splendidi come quello.

 

 

The End J

 

 

 

 

 

*** Prima di lasciarvi definitivamente (fino alla prossima fanfic, ovviamente!), volevo ringraziare quanti hanno letto e commentato questa mia one-shot. In particolare volevo ringraziare le mie splendide amiche Sae, Sora89, Yuki e non ultima anche Heather (spero di aver scritto bene! ^__-), che mi sono state vicino e mi hanno incoraggiato tantissimo!! Thanks! J

Quindi mi congedo da voi, sperando di poter avere presto del tempo per continuare le altre mie fanfic tenute in sospeso! E colgo l’occasione per scusarmi con voi proprio per questo mio ritardo a pubblicare! Il fatto è che ultimamente tra la scuola e il resto non ho avuto molto tempo libero a mia disposizione; e l’unica cosa che mi ha permesso di scrivere questa fanfiction è che si tratta di una one-shot che per la sua brevità mi ha occupato relativamente poco tempo.

Comunque spero di risentirvi tutti presto!

Un bacione!

Memi

 

 

  
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