Matt’s
birthday
Gennaio –
anno 2004
Le
previsioni meteorologiche non registravano da anni nella parte centrale del
Giappone, in particolar modo a Tokyo, un clima tanto aspro e freddo (di fatti Honshu, la più grande delle quattro
isole principali dell’arcipelago giapponese, dove sorge la capitale, è
caratterizzata da estati calde e umidi, e da inverni miti e scarsamente
nevicati NdA). Per tutto l’inverno, difatti, le temperature si erano
mantenute piuttosto basse, cosa già alquanto insolita, ma il fatto più
stupefacente era l’abbondanza di neve che si era accumulata sulle strade.
Tokyo, infatti, vista dall’alto poteva somigliare a una qualsiasi delle
cittadine che serpeggiavano l’isola di Hokkaido, se non fosse stato per la posizione
decisamente più inferiore lungo l’asse terrestre che occupava.
A
colorare quello spettacolo immacolato ci pensavano tuttavia le sfavillante luci
che riempivano la megalopoli giapponese, le quali contribuivano in un’enorme
parte a rendere ancor più particolare un inverno già di per sé anomalo.
Stretta
nel suo giubbotto marroncino, in perfetta armonia con il colore ramato che
fiammeggiava i suoi capelli, Sora Takenouchi percorreva a passo spedito le vie
poco affollate di Odaiba. Generalmente quei marciapiedi erano riempiti dal
flusso di persone, ma con il freddo che si respirava in giro molti avevano
preferito starsene in tranquillità nelle loro abitazioni per trascorrere così
anche quell’ultimo sprazzo di vacanze invernali rimaste.
Passando
distrattamente davanti a una delle tante vetrine di un negozio di elettronica,
si sorprese a fermarsi nell’udire il meteorologo parlare da una delle tv
presenti.
“Per quanto riguarda le temperature, subiranno un
ulteriore abbassamento nella giornata di oggi e culmineranno in quella di
domani, 11 gennaio. Poi, già dal 12, si registrano notevoli miglioramenti…”
“Ancora freddo…”, mormorò prima ancora di rendersene
conto.
Eppure l’espressione sul suo volto non sembrava molto
dispiaciuta dalla notizia. Al contrario appariva sorridente proprio come poco
prima. D’altronde, niente avrebbe potuto metterla di malumore quel giorno,
nemmeno l’annuncio di ore ancora più fredde. Aveva appena avuto un’ottima
notizia e, dopo tanto cercare, aveva anche finalmente trovato il regalo per
Matt…per il suo ragazzo.
A volte
le suonava ancora strano dire che proprio Matt…il ribelle ma estremamente
corteggiato Matt Ishida fosse il suo di ragazzo e non di qualcun’altra. Ed era
proprio in quei momenti che si ritrovava a sorridere come un’ebete, per poi
darsi mentalmente della stupida appena poco dopo quando le veniva alla mente
che ora, a ben pensarci, erano due anni o poco più che loro due facevano coppia
fissa. Esattamente da quando, quel Natale del 2002, lei si era fatta coraggio
e, spinta da Tai, gli aveva fatto regalo della sua torta, accompagnando il
prezioso oggetto con la sua confusa dichiarazione. Allora non aveva sperato in
una possibilità concreta con lui, ma…beh, si era dovuta ricredere visto che
Matt quello stesso giorno le aveva confessato a sua volta, con termini alquanto
dispersivi, di essere innamorato di lei.
“Ehi…”
Il
discorsivo fluire dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto da una mano
forte che andava ad appoggiarsi sulla sua esile spalla, agguantandola e
bloccandola nel suo cammino.
Sora
sobbalzò spaventata e si voltò quasi per istinto verso il suo “aggressore”, ma
l’impeto che per un istante l’aveva accesa scemò completamente nell’incrociare
due meravigliosi occhi blu.
“Ma…Matt!!”,
esclamò esterrefatta e sollevata allo stesso tempo. “Mi hai fatto prendere uno
spavento!”
Per tutta
risposta il giovane scrollò le spalle, mentre il suo sguardo veniva attirato,
come calamita, dalla busta che la ragazza teneva saldamente in una mano.
“Che hai
lì?”
“Eh?!”,
Sora seguì il suo sguardo e avvampò immediatamente quando si accorse della
gaffe. “N…niente! Non è niente!!”
“E questo
niente che motivo ha di essere nascosto?”, si fece avanti Matt, in
contemporanea con l’indietreggiamento di lei.
“Nessuno…davvero,
devi credermi!! È solo…è solo una busta!!”, la buttò a caso Sora, non sapendo
più che pesci pigliare.
“Una
busta che non ha niente a che vedere con il mio compleanno, domani…”, ipotizzò
il giovane Ishida, accennando a un sorriso divertito quando la vide arrossire e
boccheggiare impacciata. “Beh, ad ogni modo spero che la giornata di domani si
limiti solo a quello”, aggiunse poi, accennando con un’occhiata alla busta.
L’affermazione,
stavolta, costrinse Sora ad abbandonare il rossore per assumere un’espressione
decisamente più seria.
“Ancora
non capisco il motivo per cui tu non vuoi festeggiare. Dopotutto domani è il
tuo compleanno e compi diciassette anni!!”
Come se
la cosa non lo toccasse minimamente, il biondo si limitò a scrollare le spalle.
“Non ha
importanza, te l’ho detto”
“E invece
ne ha! Molta, anche!!”, insistette lei, infervorandosi ancor di più quando lo
vide incamminarsi disinteressato. “Matt!!!”, lo richiamò mentre, con pochi
balzi, lo raggiungeva e lo bloccava, costringendolo a guardarla negli occhi.
“Umpf… Ne
abbiamo già parlato, Sora. È solo un banalissimo compleanno, niente di più…!”,
sospirò stancamente il biondino, spossato di ripetere sempre la stessa storia.
L’anno
precedente se l’era cavata con una piccola festicciola tra digiprescelti nel cortile
della scuola, visto che era cominciata prima, mentre due anni addietro aveva
dovuto partecipare ad un concerto. Per quanto riguardava i compleanni prima
della sua storia con Sora…beh, quelli erano volati via esattamente come a tutti
quanti gli altri giorni che compongono un anno.
“Ma si
compiono diciassette anni una sola volta nella vita! Non puoi non volerli
festeggiare!”
“Spiacente,
ma…sì, è esattamente questo che voglio”, la contraddisse Matt. “Niente feste…!
Solo noi due…io e te, Sora…”
Nello stesso
momento in cui le parole fuoriuscivano dalle sue labbra perfettamente
disegnate, le sue braccia si allungavano fino ad avvolgere la fanciulla in un
caldo abbraccio.
“Non ne
hai voglia?”, le chiese poi, in un sussurro suadente e dolcissimo allo stesso tempo,
tanto da farla sciogliere come neve al sole.
“Non è
questo…lo sai che ho sempre voglia di passare un po’ di tempo da sola con te.
Però quello di domani è un giorno particolare…i compleanni si fanno una sola
volta nella vita! Ed è per ciò che vanno trascorsi circondandosi delle persone
che più si vogliono bene”
“Per
questo voglio stare con te!”, ribatté prontamente lui, accompagnando le parole
con un affettuoso bacio sulla sua guancia.
Sebbene
tentata a riempirlo di baci, Sora ricorse a tutta la sua forza di volontà per
rimanere seria.
“Hai
capito cosa intendevo dire, Matt”, replicò decisa.
Il
giovane a quelle parole si lasciò sfuggire un sospiro, mentre si scioglieva
dall’abbraccio con lei, che rimase alquanto delusa di quel cambiamento
improvviso, per tuffare ambo le mani nelle tasche del giubbotto scuro.
“Senti,
Sora, che ne dici se lasciassimo perdere?!”, sbuffò per nulla attirato dalla
prospettiva di continuare in quella conversazione con lei.
Notando
che il ragazzo era già piuttosto seccato, alla giovane Takenouchi non rimase
che capitolare ed annuire. Dentro di sé, però, non gliela aveva ancora data
vinta.
“Tanti
auguri a te! Tanti auguri a te! Tanti auguri a Matt… Tanti auguri a te!!”
Il
risveglio che quella mattina gli era stato riservato non parve al giovane
Ishida il consueto trillo della sveglia.
Seppur
con una certa fatica, il biondo interpellato aprì gli occhi per rimanere
completamente stupito di ritrovarsi davanti proprio la sua ragazza.
“Sora…!
Credevo stessi ancora sognando”, confessò mentre tentava di uscire dallo stato
di torpore che segue il sonno.
Per tutta
risposta la fanciulla si protrasse verso di lui e gli depositò un piccolo bacio
sulle labbra.
“Buon
compleanno, amore”
A quelle
parole, contrariamente alle aspettative, Matt sgranò gli occhi.
“Non
dirmi che… È per questo che sei venuta qui così presto?!”, la guardò come se
davanti a lui ci fosse un alieno anziché della fanciulla che conosceva da anni.
“Ma
certo, sciocchino!”, sghignazzò divertita Sora. “Per che altro, se no?”
‘Anche se
in effetti c’è un’altra cosa che dovrei dirgli assolutamente…’, ci pensò su la
giovane, prima che un brivido la facesse sussultare impercettibilmente, ‘mi
ammazzerà!!’.
“Beh…forse
perché non resistevi ancora altri cinque minuti lontana da me!”, insinuò
vagamente malizioso Matt, per scoppiare in un’allegra risata appena subito dopo
nel constatare l’accennato rossore sul volto di lei.
“Stupido!”,
si lamentò lei per nulla arrabbiata.
“Lo sai
che mi piace vederti arrossire”, si difese alzando le mani lui. “Sei troppo
carina!”, aggiunse poi, tirandosi a sedere e avvicinandosi accattivante verso
di lei.
“E tu sei
uno zoticone!”, ribatté senza però offenderlo Sora.
Allora
Matt, sfoderando un meraviglioso quanto raro sorriso, coprì anche quella breve
distanza che li separava, baciandole dolcemente le labbra lampone.
“Mio
padre?”, chiese poi il giovane, mentre si alzava completamente dal letto.
“È stato
lui ad aprirmi, ma stava per andare via. Se ho ben capito, c’è stata un’emergenza
sul lavoro…qualcuno che mancava…ed è dovuto correre lì. Ma ha detto che sarebbe
ritornato il prima possibile!”, riassunse la giovane Takenouchi, seguendolo
nella cucina.
“Già…”,
mormorò solo, di rimando, lui, afferrando un cartone di latte dal frigorifero.
Matt ne
valutò la scadenza e, appurando che non era più buono da almeno due mesi, lo
gettò senza tanti preamboli nel secchio lì accanto. Stava giusto pensando che
forse avrebbe fatto bene a fare un po’ di spesa più tardi, quando il sorriso sibillino
di Sora attirò irrimediabilmente la sua attenzione.
“Come mai
stai sorridendo?”, la guardò indagatore.
“Sono
solo felice!”, gli rispose immediatamente lei.
Questo,
però, fu il suo primo errore.
‘Troppo
veloce’, si disse difatti Matt, ‘mi sta nascondendo sicuramente qualcosa’.
“Sora…”,
le si avvicinò, con sguardo esaminatore, il biondino.
“S…sì?”,
indietreggiò stranamente timorosa lei, mentre si mordicchiava nervosamente il
labbro inferiore.
“Tu…non
mi nascondi niente, vero?”
Matt le
era ormai a pochi centimetri di distanza e protendeva minacciosamente il suo
volto verso quello arrossato di lei. A disagio, Sora si passò una mano nei
capelli ramati, tentando con quel gesto di darsi un contegno e di trovare nel
contempo il modo giusto per dirgli ciò che in effetti doveva. ‘Non posso
dirglielo! Non dopo la discussione avuta ieri!’, si ripeté per l’ennesima volta
la giovane, combattuta, ‘Matt si arrabbierà come non mai, soprattutto quando
verrà a sapere di me!!’. Per la prima volta, a Sora parve di aver optato
decisamente in male nell’accettare.
Per sua
fortuna proprio in quel momento suonarono energicamente al campanello
d’ingresso, fornendo inconsapevolmente un’uscita alla giovane Takenouchi da
quell’ingombrante situazione.
“Vado
io!”, si offrì, volatilizzandosi prima ancora che Matt capisse cosa stesse
succedendo.
Una volta
che ebbe collegato il trillo con il campanello, il biondo decise di andare a
verificare di persona di chi si trattasse. Ma non rimase molto sorpreso di
ritrovarsi davanti il suo esuberante miglior amico.
“Ehilà!
Ecco, ecco anche il neodiciassettenne!”, se ne uscì questo con una delle sue
battutine mentre, con nonchalance, si tuffava ad abbracciare l’amico.
“Ehi,
calmati Tai. Non è il caso di fare tutto questo rumore per un compleanno”, lo
rimproverò il biondo che rischiava quasi di morire soffocato dalla sua stretta.
“Ma
sentitelo!!”, parlò al plurale, sebbene ci fosse solo Sora a fare da
spettatrice al loro piccolo siparietto. “Adesso non mi permette nemmeno più di
fargli gli auguri il rockettaro, qui!”
“Umpf…”,
per tutta risposta il giovane Ishida incrociò le braccia al petto e si lasciò
sfuggire un sospiro rassegnato.
“Scusalo
Tai. Oggi Matt è più antipatico del solito!”, lo prese in giro anche Sora,
prima di sghignazzare divertita imitata dal brunetto.
‘Che noia
questi due!’, non riuscì a fare a meno di andare via il biondo, lievemente
seccato da tutto ciò. Certo, il fatto che sia Sora che Tai si fossero recati di
proposito a casa sua per porgergli i propri auguri gli faceva estremamente
piacere, ma…beh, per quanto si sforzasse non riusciva davvero a capire il
motivo di tanta gioia da parte loro. Dopotutto era solo un compleanno!! Uno
stupidissimo giorno in cui ricorreva la sua nascita! Stop. Niente più di
questo. Allora perché fare tutto questo casino?!
“Allora…”,
nel frattempo Tai, che lo aveva seguito insieme a Sora fino al soggiorno, fugò
con un sorriso raggiante il brevissimo attimo di silenzio creatosi. “Sei pronto
per andare?”
“Andare?!”,
ripeté Matt dopo un attimo di stordimento, chiedendosi se avesse afferrato
davvero le parole che l’amico gli aveva rivolto.
A quella
domanda, il giovane Kamiya rimase per un lungo istante interdetto.
“Ma…io…cioè,
tu…?!”, farfugliò incomprensibile, mentre lanciava occhiate inebetite in
direzione dell’amico. “Sora, non gli hai detto nulla?”, chiese infine,
voltandosi verso l’unica ragazza presente.
Sentendo
gli sguardi confusi dei due su di sé, la povera interpellata arrossì
visibilmente.
“Io…volevo
farlo, però…”, balbettò tentando di scusarsi, mentre il suo viso virava in
tutte le tonalità di rosso fino a raggiungere un acceso cremisi.
“Accidenti…”,
sospirò allora Tai, passandosi una mano nei folti capelli castani.
“Scusate
se vi interrompo”, a porre fine ai loro problemi comuni ci pensò la voce percettibilmente
confusa di Matt. “Ma…fareste capire qualcosa anche a me?”
Alla sua
domanda il biondo giurò che i due amici fossero rabbrividiti e questo si rivelò
essere, senza ombra di dubbio, il loro secondo e forse fatale errore.
‘Inizio ad
avere un pessimo presentimento…’, si disse tra sé e sé Ishida, gettando
occhiate interrogative ora all’uno ora all’altra.
Fu
proprio Sora, alla fine, a parlare per prima e a spiegargli così la situazione,
come in effetti avrebbe già dovuto fare da prima.
“Vedi
Matt…il fatto è che… Ammetto che avrei dovuto dirtelo prima, certo, ma io avevo
paura che tu ti arrabbiassi e per questo ho aspettato fino ad ora a dirtelo e
così…”
“Sora”,
la interruppe bruscamente lui a quel punto, stanco di quei giri di parole. “Vuoi
dirmi cosa diavolo sta succedendo?”
Lo
sguardo del giovane era serio, talmente tanto da provocare continui brividi
nella piccola Takenouchi. Ma questa, tuttavia, non poté non rispondere stavolta
concretamente alla sua domanda.
“Tua
madre ha organizzato una festa per te, oggi”
Dopo che
le parole uscirono dalle sue labbra, un nodo le si strinse alla gola e la bocca
dello stomaco si contrasse fino a farla ansimare.
Dal canto
suo Tai osservava la scena in silenzio, ma si vedeva che era apprensivo per ciò
che avrebbe potuto dire o fare l’amico.
“Co…cosa?!”,
dopo un silenzio che parve quasi interminabile, Matt diede libero sfogo alla
propria incredulità.
“Sora sta
dicendo la verità”, si intromise a quel punto il brunetto. “Tua madre, la
signora Takaishi, ha predisposto una festa per il tuo compleanno, Matt, e
adesso ci sta aspettando a casa sua per festeggiare tutti insieme”
A quelle
parole il volto del biondino si fece apprensivamente pallido mentre, con
stanchezza e frastornazione, si buttava sul divano dietro di lui. Boccheggiò
per un paio di volte, emulando il verso di voler parlare, ma ogni volta dalla
sua bocca non uscì alcun suono se non dei sospiri strozzati.
Sora e
Tai, vedendolo così, si gettarono un’occhiata ansiosa, ma vennero subito
richiamati dal trillo del telefono. D’istinto le loro occhiate si rivolsero
verso Matt che, con un’invidiabile autocontrollo, si alzò dal divano e andò a
rispondere.
“Pronto?”
Mentre il
biondo parlava con tono di voce estremamente serio, Sora si torturava il labbro
inferiore.
“Coraggio,
non fare così!”, tentò allora di rassicurarla il caro Tai, poggiandole
affettuosamente una mano sulla spalla. “Vedrai che andrà tutto bene!”
Tranquillizzata
per gran parte da quelle parole, la giovane Takenouchi non poté non rivolgergli
un meraviglioso sorriso che andò ad illuminarle il viso e gli occhi nocciola.
Al che il brunetto rispose con un accenno d’assenso e un sorriso sicuro.
Tutta
quella scena venne però interrotta dal ritorno di Matt, la cui espressione
facciale lasciava trasparire una certa irritazione dettata forse, in qualche
modo, proprio dalla telefonata appena conclusasi.
“Vado a
vestirmi”, disse solo, asciutto, prima di scomparire nella sua camera lasciando
due attoniti Sora e Tai.
“Matt
dovrebbe essere qui a momenti, ormai”, valutò Tk pensieroso, ricevendo un cenno
d’assenso da parte di Kari. “Chissà come reagirà a tutto questo…”
“Io credo
che in fondo gli abbia fatto piacere!”, mormorò la giovane Kamiya, sfoderando
uno dei suoi più fiduciosi sorrisi.
“Beh,
comunque è un peccato che tutti gli altri sono rimasti bloccati dalla neve”,
disse allora il biondino, accennando al cumulo di neve che riempiva le strade e
che non sembrava aver smesso di piover giù dal cielo.
“Mimi,
Yolei e Cody hanno assicurato che sarebbero venuti appena possibile”, mormorò
Kari.
“Joe e
Izzy hanno chiamato poco fa con lo stesso problema”, continuò il riepilogo Tk.
“Anche
Ken ha detto lo stesso. Ma per lui è un po’ più difficile visto che abita
all’altro capo della città!”, aggiunse Kari.
“Davis mi
ha mandato un messaggio dicendomi che sarebbe arrivato il prima possibile”,
terminò infine il giovane Takaishi, angosciato per come si stavano mettendo le
cose.
“Beh…vediamo il lato positivo della cosa:
almeno noi due, Tai e Sora ci siamo!”, tentò di riportar su il morale la
fanciulla, sorridendo allegramente al ragazzo. “E poi, oltre a noi, ci sono
anche tua madre e i miei genitori!”
“Sì”, ne
dovette convenire a quel punto Tk.
“Senza
contare che tutti gli altri verranno appena smetterà di nevicare”
“Hai ragione”,
annuì di nuovo il biondo, mentre protendeva timidamente una mano verso di lei
per carezzarle una guancia.
Non era
molto tempo, infatti, che i due si erano dichiarati, ma l’intensità dei loro
sentimenti era tale da legarli in una maniera assoluta, che andava ben oltre le
semplici cotte di un adolescente.
Ad
interrompere il loro chiacchierio ci pensò il trillo del campanello d’ingresso.
“Sono
arrivati!”, la signora Kamiya sbucò dalla cucina seguita immediatamente dalla
madre di Tk.
“Era ora,
visto come sta nevicando fuori”, aggiunse invece il signor Kamiya, notando con
una certa apprensione il cielo farsi sempre più torbido e la neve più spessa.
“Siete
pronti?”, a richiamare le attenzioni di tutti ci pensò Kari che, audacemente,
si era avvicinata alla porta d’ingresso per aprire. “Via!”
Spinse la
maniglia e, in un attimo, la porta si aprì rivelando ai loro occhi tre
infreddolite figure proprio all’esterno.
“Auguri!!”,
un grido gioioso si levò nell’aria, accogliendo così l’entrata del
neodiciassettenne in casa.
Matt si
guardò attorno, assumendo un’espressione sempre più indecifrabile. Nemmeno chi
lo conosceva bene riuscì a comprendere, in quel momento, cosa gli passasse per
la testa. Ma poi qualcosa cambiò nell’attimo in cui i suoi occhi si posarono su
quelli lievemente timorosi di Sora. Allora lasciò distendere i muscoli e, per
la prima volta, si permise un mezzo, appena percettibile sorriso. In fondo,
nonostante tutto, lei si era preoccupata per lui. E questo…era abbastanza.
Kari
chiuse la porta d’ingresso e nel contempo Tk si mosse verso il fratello
maggiore.
“Tanti
auguri, Matt”, gli sorrise, trasmettendo con quel piccolo gesto tutto l’immenso
affetto che sentiva verso di lui.
Il
giovane Takaishi gli era sempre stato particolarmente legato. Per lui Matt era
un punto fermo, che mai sapeva sarebbe venuto a mancare nella sua vita. Non lo
aveva mai fatto, d’altronde, nemmeno quando erano stati costretti a separarsi.
Qualsiasi cosa era successa, Matt c’era. Era al suo fianco. Si era sempre preso
cura del fratellino, anche a Digiworld lo aveva protetto, dimostrandogli così
quanto pure egli gli volesse bene.
“Tk”
Matt alzò
un braccio fino ad afferrare una delle spalle dell’altro. Poi, con una
semplicità sconvolgente per uno come lui, gli sorrise. E quello fu sufficiente
ad esprimere quanto anche lui tenesse al suo fratellino, forse persino più che
a se stesso.
“Matt…”,
a fugare quella tenera scena intervenne l’arrivo della signora Takaishi. “Sono
contenta che hai accettato di venire qui”
La donna
gli sorrise, con una palese dolcezza che le riempiva gli occhi cerulei tipica
delle madri verso i loro figli, ma allo stesso tempo quasi timorosa di una sua
reazione.
“Uhm”,
bofonchiò, in risposta, il giovane Ishida, prima di voltare il capo da un’altra
parte in una chiara segnalazione di voler concludere lì la loro conversazione.
‘Come se
avessi avuto altra scelta…!’, non poté fare a meno di lamentarsi, lievemente
seccato.
Dal canto
suo la signora Takaishi ci rimase piuttosto male, ma subito si sforzò di
apparire allegra per non rovinare in alcun modo il compleanno del suo
primogenito.
“Matt, a
telefono. È papà”, la voce di Tk irruppe tra il fratello e Tai, che si era di
nuovo lanciato in uno dei suoi interminabili monologhi.
Il biondo
annuì al fratellino, non senza aver prima sollevato gli occhi verso il cielo
per ringraziarlo di avergli offerto un così valido pretesto per svignarsela da
lì. Non che trovasse noioso l’amico, solo che a volte uno come lui preferiva
più la calma del silenzio alle continue parole. E poi…quel giorno non era
dell’umore adatto per intavolare una conversazione qualsiasi con chicchessia.
Il
giovane Ishida si affacciò nell’ingresso e, dopo aver afferrato la cornetta
posta sul mobiletto in legno d’acero, si apprestò a rispondere.
“Pronto?”
“Matt, sono
papà”, gli rispose una voce vagamente frenetica dall’altro capo.
“Ciao
papà”
“Senti
figliolo: io sono ancora qui agli studi televisivi. Non so se Sora te l’ha
detto, ma mi hanno chiamato d’urgenza e…”
“Sì, papà,
lo so. Sora me lo ha detto”, tagliò corto il biondino, mentre una sensazione si
faceva pericolosamente largo in lui.
E forse
fu proprio per questo, giusto perché se lo aspettava o sentiva in qualche modo
che non rimase poi molto sorpreso né eccessivamente deluso dalle successive
parole del signor Ishida.
“Beh, il
fatto è che mi hanno chiesto di sostituire un mio collega, assentatosi per via
della neve. Ho provato a rifiutare, ma è stato tutto inutile, senza contare che
fuori nevica tantissimo e…”
“Va tutto
bene, papà”, la voce estremamente pacata di Matt risultò efficace a
tranquillizzare l’uomo.
“Dici
davvero?”, si preoccupò tuttavia di chiedere il signor Ishida, ancora non del
tutto convinto.
“Ma
certo. Lo sai cosa penso a proposito dei compleanni”, ribatté sicuro il biondo.
“Sì,
però… Ti prometto che appena mi libero e smette di nevicare, mi precipito di
corsa lì da te per festeggiare, okay?”, insistette l’uomo, che voleva a tutti i
costi rimediare per quella buca.
“Okay,
come vuoi, anche se non ce n’è bisogno”
“Va bene,
allora… Allora a presto, d’accordo?”
“D’accordo”
“Ciao
Matt. E divertiti, mi raccomando!”
“Va
bene”, rispose a monosillabi il biondo, incolore. “Ciao papà”
Riagganciò
appena l’attimo dopo, con espressione apparentemente neutrale.
Non gli
importava di quella stupida festa…allora perché il suo cuore stava
rincrescendosi in quel momento?
Perché si
sentiva…così?
Dopotutto
era abituato a festeggiare da solo i propri compleanni. Anzi, a non
festeggiarli. Per cui che differenza poteva fare la presenza o meno del padre?
O di tutti gli altri ragazzi, rimasti bloccati dalla neve?
‘Matt,
sei uno stupido!’, si ammonì mentalmente il giovane, passandosi stancamente una
mano nei folti capelli dorati, prima di sorridere a se stesso e a quei suoi sciocchi e sentimentalisti pensieri.
“Matt,
tutto bene?”, fu la voce della madre, palesemente apprensiva, a riportarlo alla
realtà.
“Sì,
certo”, gli rispose con tono di voce il più possibile neutrale.
“E al
telefono? Chi era?”, domandò incuriosita.
“Papà”,
rispose alzando con noncuranza le spalle, quasi la cosa non lo riguardasse.
“Allora
sta arrivando!”, ne dedusse erroneamente la donna, raggiante.
“A dir la
verità, no”, rispose secco Matt, senza tuttavia lasciar trapelare alcun
sentimento. “A quanto pare è rimasto bloccato agli studi televisivi”
“Ah…”
La
signora Takaishi parve piuttosto delusa della notizia.
“Però
verrà, no?”, insistette, fiduciosa nell’ex marito.
“Ha
promesso che appena poteva, sarebbe venuto”
“Bene!”,
gioì immediatamente lei, al contrario di Matt che invece rimase impassibile.
“Beh, io
esco un attimo fuori”, disse solo, prima di dileguarsi non concedendole nemmeno
il tempo di ribattere.
L’aria
fredda che si respirava all’esterno dell’abitazione tagliava l’aria nei polmoni,
tanto era gelida. Dalla coltre scura e minacciosa di nuvole, che ricoprivano
quasi interamente il cielo, continuavano a scendere fiocchi candidi e
inarrestabili almeno fino a quando non raggiungevano la terra solida. Allora,
una volta qui, andavano a dar compagnia a quelli loro simili che già da prima
li avevano anticipati, in un giuoco vizioso.
“Ti
prenderai un raffreddore se continui a stare qui fuori”
A
lacerare quella calma surreale creatasi sopravvenne la voce chiaramente
apprensiva di Sora.
Matt,
seduto sulla panchina in legno posta lungo il terrazzino dell’abitazione della
madre (ricordando una puntata di
Digimon02, mi sembra che Tk e la madre vivessero proprio in una di quelle
casette a primo piano, con un piccolo, anzi minuscolo appezzamento di terreno
in avanti… Uhm… -.-? NdA), voltò il capo, giusto in tempo per vedere la sua
ragazza avvicinarsi.
“Ehi”,
mormorò solo, senza tuttavia smettere di scrutarla.
La
fanciulla, allora, si morsicò nervosamente un labbro, visibilmente combattuta,
prima che si decidesse finalmente a parlare.
“Sei
arrabbiato con me?”
La
domanda lo colpì in pieno, a tal punto da indurlo ad alzare lo sguardo verso di
lei. I suoi occhi blu la cercarono frastornati per un lungo istante, prima che
un dolce sorriso accompagnasse la sua mano.
“Vieni
qui”, le prese dolcemente una mano e la spinse verso di sé, fino a farla
accomodare sulle sue gambe.
“Matt!”,
esclamò stupita lei, ma non per questo non contenta di aver ricevuto
quell’attenzione da parte sua.
“Non sono
arrabbiato con te, Sora. Non potrei mai esserlo”, il biondo affondò il capo
sulla sua spalla, chiudendo per un istante gli occhi. “Solo che… Avrei
preferito passare il giorno del mio compleanno da solo con te, anziché essere
costretto a venire qui”
“Ma tua
madre ci teneva tanto e mi sarebbe dispiaciuto deluderla”, protestò allora lei,
cercando invano il suo sguardo.
“Sì,
però… Avreste dovuto dirmelo prima, invece che chiamarmi la mattina stessa per
farmi venire”
“Hai
ragione”, abbassò a quel punto il capo Sora, amareggiata per questa sua
mancanza. “Avrei dovuto dirtelo”
Sentendo
il tono della sua voce così mesto, Matt si riprese immediatamente.
“Ehi…non
è grave”, arricciò le labbra in un meraviglioso ma raro sorriso, che abbatté
all’istante ogni sua difesa.
“Davvero?”,
gli chiese speranzosa lei.
“Davvero”,
lo rassicurò nuovamente lui, ricevendo per questo un sorriso dolcissimo da
parte della fanciulla.
“Ti amo,
Matt”
Sora lo
disse con estrema semplicità, con una naturalezza disarmante persino per lui.
Non era la prima volta che lei glielo diceva, al contrario. Eppure ogni volta
sortiva effetti devastanti su di lui.
Matt
sorrise, mentre le carezzava teneramente una guancia vellutata. Poi, senza dire
nulla, allungò il viso verso di lei e le baciò le labbra lampone.
D’istinto
il freddo pungente dell’esterno scomparve ai loro sensi, riscaldati dalla
presenza reciproca. E quel bacio, nato così spontaneamente, si tramutò in un
qualcosa di immensamente dolce e appagante allo stesso tempo. Un bacio che non
univa solo due corpi, ma che anzi si riproponeva di unire due anime.
“Takenouchi…”,
mentre si separava lentamente da lei, il biondo non poté fare a meno di
sussurrare il suo nome di famiglia, che gli salì involontariamente alle labbra.
Al che
Sora si lasciò sfuggire una risata cristallina, piacevolmente divertita da come
lui l’aveva chiamata.
“Come mai
stai ridendo?”, gli chiese poco dopo Matt, incuriosito dal suo strano
comportamento.
“Beh, per
il modo in cui continui a chiamarmi!”, rispose allora in tutta onestà lei.
“Forse non te ne sei neanche accorto, ma…anche se stiamo insieme da due anni e
ci conosciamo da molti di più, tu spesso mi chiami ancora per cognome!”
Alla
spiegazione il giovane Ishida non riuscì a celare un moto di rossore che gli accese
appena le gote, rese pallide dal freddo esterno.
“Però
infondo”, riprese a dire poco dopo la stessa Sora, ritornando tremendamente
seria e fissandolo negli occhi. “È proprio per questo che non posso fare a meno
di te, Matt”
“Sora…”,
il biondo la osservò per un lungo istante, perdendosi in quelle pozze nocciola
che tanto adorava.
Infine
fece per dire una cosa, un qualche cosa di veramente importante, ma la voce di
Tai lo interruppe bruscamente.
“Matt,
Sora, rientrate che è pronto il pranzo!!”
“Sì, arriviamo”,
rispose per entrambi la giovane Takenouchi, prima di voltarsi nuovamente verso
Matt sperando che lui portasse comunque avanti ciò che stava per dirle.
Ma,
contrariamente alle sue aspettative, il biondino le fece cenno di alzarsi.
“Andiamo
dentro, dai. Qui fuori si gela”, le sussurrò in un orecchio mentre le prendeva
una mano e la guidava verso l’entrata, senza tuttavia notare il sospiro
amareggiato che scappò dalle labbra di Sora.
Quando
Matt e Sora rientrarono in casa, mano nella mano, i pochi invitati, che erano
riusciti a venire prima che il cumulo di neve li bloccasse, erano già seduti a
tavola pronti per il pranzo. Tai, più di tutti, spazientiva quasi per la voglia
inarrestabile di mangiare e per questo continuava a incitare i due amici appena
entrati ad accomodarsi il prima possibile.
Fu forse
Sora la più tempestiva a cogliere il suggerimento e a trascinare con sé anche
un flemmatico Matt. Il che sarebbe stato abbastanza sorprendente datosi che il
giovane era sempre stato un tipo dal temperamento piuttosto indocile, se non
fosse che tutti erano troppo presi dai succulenti piatti disposti sul tavolo
per accorgersene.
“Sora,
Matt, sedetevi qui!”, fu la signora Takaishi ad indicare loro il posto a cui
sedersi.
“Grazie”,
le sorrise riconoscente la fanciulla dai capelli ramati, mentre Matt si
limitava a seguire le istruzioni.
Non fece
una piega neanche quando si accorse di trovarsi in mezzo alle due donne della
sua vita: Sora da una parte e la madre dall’altra. Rimase in silenzio ad
ascoltare le chiacchiere dei convitati…le risate allegre della sua ragazza e di
Kari, seduta accanto…il dibattito sportivo che si teneva tra Tai, sostenitore
del gioco del calcio, e Tk, che invece andava a favore del basket…
Matt
sembrava completamente distante da quel mondo, isolato come era dal suo stesso
carattere che gli impediva di lasciar da parte i pensieri per abbandonarsi a
quel calore. Per questo quando la madre gli si rivolse dovette faticare non
poco a comprendere cosa stesse dicendo. Cosa gli stesse dicendo.
“Matt, ti
ho chiesto se vuoi un po’ di spaghetti alla soia”, ripeté allora, di nuovo, la
signora Takaishi senza per questo perdere il sorriso. “Se non sbaglio è il tuo
piatto preferito”
Lo disse
con un’evidente nota di premura nella voce, percepibile in special modo in
quelle pozze cerulee ereditate dai suoi stessi figli.
Ma quella
gentilezza, quell’attenzione non sembrò sortire l’effetto desiderato nel
giovane. Perché di fatto Matt sembrò come irrigidirsi, mentre i suoi occhi blu
scrutavano la donna davanti a lui con sguardo critico.
“Quando
avevo otto anni”, ribatté scostante come non mai. “Adesso è il sushi (ok, ok…spaghetti alla soia e sushi sono due
pietanze estremamente conosciute e banali. Ma purtroppo io non conosco davvero
la cucina orientale e, pur di evitare gaffe citando piatti che magari nemmeno
esistono, ho preferito puntare sul sicuro. Spero non me ne vogliate! NdA)”
Quelle
parole, pronunciate con incredibile durezza, sembrarono portare con sé una
tagliente ventata di freddo che ammutolì all’istante la stanza. Gli occhi di
tutti si posarono all’istante sullo sguardo astruso, freddo e distaccato di
Matt che, insistente, fissava la madre; e su questa, che al contrario appariva
fortemente scossa per aver ricevuto una tale sferzante risposta. I suoi occhi
vagarono per un lungo istante sull’austera figura del figlio, in cerca forse di
un perché, prima che dalle sue labbra si udisse di nuovo un qualche suono.
“Ma…io
credevo che…”
“Già”, la
interruppe bruscamente con una breve ma lapidaria sentenza Matt, per poi
scostare lo sguardo da un’altra parte.
Allora
sia la signora Takaishi che i presenti compresero che per lui la discussione
terminava così.
Il
pesante silenzio dei minuti successivi venne fortunatamente fugato dal
tempestivo intervento della signora Kamiya.
“Nancy (nome puramente inventato da me, visto che
non ho la più pallida idea di come il nome della signora Takaishi sia stato
reso in italiano NdA), tesoro, i tuoi manicaretti sono davvero sublimi!
Prima o poi dovrai insegnarmi a cucinare come te!”
Ringraziandola
con il cuore e con lo sguardo, la madre di Matt e Tk si lasciò sfuggire un
piccolo sorriso.
“Sì,
certo”, rispose sforzandosi di apparire serena.
Ben
presto, così, il silenzio pressante di poco prima scemò completamente,
sostituito di nuovo dalle chiacchiere dei commensali.
L’unica
che non sembrò intenzionata a fingere che nulla fosse stato, era Sora, il cui
sguardo non si era mai discostato per un solo istante dalla figura inflessibile
del suo ragazzo.
Matt se ne
stava tacitamente seduto sulla poltrona in soggiorno, quando sopraggiunse Sora.
“Matt,
posso parlarti un secondo?”
“Senti,
se è per quello che è successo prima allora faresti bene a risparmiarti il
fiato”, ribatté acido lui, senza nemmeno alzare lo sguardo su di lei.
L’ultima
cosa di cui aveva bisogno in quel momento era di una bella ramanzina sulle cose
che andavano o no fatte. Già il fatto di essere lì…come si era fatto
convincere, poi, a prendere parte a quella buffonata?
“E invece
ne parliamo!”, insistette, intestardita, Sora.
Stufo
perché sapeva di non avere vie di scampo con lei, Matt si lasciò sfuggire uno
sbuffo spazientito mentre dentro di lui iniziava a farsi avanti una certa
irritazione.
“Insomma:
che c’è da parlare?! Io ho solo detto che mi piace di più il sushi! Stop. Fine
della storia!”
“Sei
stato duro, invece!”, ribatté a tono Takenouchi, azzittendolo all’istante.
Matt,
sorpreso di quello scatto, si voltò a fissarla stordito. Ma ben presto
l’arrabbiatura di Sora scemò in una totale comprensione.
Senza
dire nulla, la fanciulla gli si sedette accanto e, con estremo affetto, gli
prese una mano tra le sue.
“Matt, io
non voglio rimproverarti, non era mia intenzione. Voglio solo capire che ti sta
succedendo, tutto qui!”, gli sorrise, con una naturalezza tale da fargli aprire
il cuore. “Quando eravamo fuori mi hai detto di non essere arrabbiato, e io ti
credo! Però…sembra quasi che tu stia cercando di litigare, prima con tua madre
e adesso con me. Perché?”
“Sora,
io…”, abbassò il capo lui, sospirando amareggiato per non riuscire a trovare le
giuste parole che potessero spiegarle come si sentiva in quel momento.
“Io non
riesco a vederti così senza soffrire a mia volta, Matt”, continuò allora la
fanciulla, cercando di fargli capire quanto fosse importante, essenziale lui
per lei. “E non posso credere che tu sia così arrabbiato solo per questa festa.
Matt…io voglio solo aiutarti!”
Il
giovane Ishida sentì il proprio cuore riempirsi d’amore a quelle parole. Solo
lei riusciva a fare tanto. Solo la sua amata ragazza sapeva farlo sentire
così…bene.
Per
questo e per mille altre ragioni, non ultimo il fatto che sentiva crescere
dentro di sé il bisogno di dirglielo, che fece per parlare e rivelarsi,
finalmente. Ma la voce percettibilmente adirata della signora Takaishi che
risuonava dall’ingresso richiamò le attenzioni di tutti.
La loro
curiosità, però, ebbe vita breve dal momento che la videro comparire in
soggiorno appena poco dopo con espressione corrucciata in viso.
“Mamma!”,
Tk, che stava parlando con Kari, fu il primo ad avvicinarsi. “Stai bene?”
“S…sì”,
rispose stordita lei. “Solo che…ha appena chiamato l’addetto alla consegna,
dicendomi che non poteva assolutamente
muoversi a causa della fitta neve”, spiegò seccata.
“Ma
questo significa che…”, mugugnò stordito Tk.
Nancy,
per tutta risposta, si voltò verso il suo primo figlio con espressione
profondamente desolata in volto.
“Matt, mi
dispiace immensamente, ma…purtroppo la torta per il tuo compleanno non sarà
consegnata prima che smetta di nevicare”
Alla
notizia lo sguardo di tutti si fece preoccupato e contrito allo stesso tempo,
in special modo quello di Sora. ‘Matt…’, lo fissò difatti intensamente lei,
tremendamente dispiaciuta per tutti quegli inconvenienti.
Per
quanto lui stesso non volesse ammetterlo, quello fu un duro colpo per il
biondo. Non che fosse realmente legato alle tradizioni che prevedevano la torta
alla fine del banchetto, tuttavia… La mancanza degli altri digiprescelti
l’aveva già duramente provato, senza contare l’assenza del padre…e adesso, anche
quello…
“Non fa
niente”, contrariamente ai suoi stessi sentimenti, la risposta che ne uscì
dalle labbra di Matt fu terribilmente imparziale.
“Mi
dispiace tanto…se solo avessi previsto tutto ciò, io…”, insistette Nancy, che
si sentiva maledettamente in colpa per la piega storta che aveva preso la festa
e per aver dato l’ennesima delusione al figlio.
“Ho detto
che non fa niente”, ripeté allora, nuovamente, il giovane Ishida, senza però
essere sgarbato.
“Ma…possiamo
sempre rimediare! Se tu sei d’accordo, te la preparo io la torta, va bene?”,
propose, speranzosa, la signora Takaishi.
“Come
vuoi”, mormorò solo in risposta Matt, senza mostrarsi né troppo allegro né
dispiaciuto.
“D’accordo,
allora”, sorrise contenta per quell’accordo Nancy. “D’ora in poi andrà tutto
per il meglio, te lo prometto!”
Né la
donna né nessun altro si accorse dell’enorme fallo entro cui si era cacciata,
seppur involontariamente, fino a quando non videro Matt alzarsi di scatto dal
divano.
Quelle per
lui erano state le parole decisive, che lo fecero esplodere come un vulcano.
“Per
favore, no!”, sbottò d’un tratto tra lo stupore generale.
“Matt, ma
che…?!”, tentò di dire Tai, allibito.
“Non
promettere niente, mamma”, continuò imperterrito il biondo, portandosi una mano
davanti agli occhi per ripararsi dagli sguardi degli invitati. “Io sono
stufo…stufo marcio di tutte queste promesse! Sono stanco di sentirmi giurare di
venire alla mia festa, quando poi nessuno verrà! Sono stanco di continuare a
fingere che vada tutto bene, quando non è così! Perché dannazione, non va
niente bene! Non c’è nessuno a questa maledettissima festa, nemmeno papà che è
rimasto bloccato sul lavoro! Perfino con la torta è stato un disastro!!”
Matt
respirò a pieni polmoni, nascondendo a tutti il proprio viso per non essere
costretto a mostrare il dolore che trapelava dai suoi occhi.
“Io…sono
stufo. Questa festa è un totale fallimento e io…me ne vado”
Senza
lasciare nemmeno il tempo di appurare cosa stesse succedendo, il biondo sorpassò
i vari invitati e si diresse spedito verso l’ingresso. Una manciata di secondi
dopo nel soggiorno si udì solo il tonfo sordo della porta principale
richiudersi.
Il cielo
si era fatto ancora più torbido già da qualche ora e le temperature si erano abbassate
vertiginosamente, mentre la neve scendeva inarrestabile dal cielo. Quello,
proprio come avevano preannunciato i meteorologi, era davvero uno dei giorni
più freddi che si registravano da quelle parti in tanti anni.
Eppure,
sebbene il suo fisico stesse rischiando l’assideramento sotto quel freddo
pungente con la copertura solo di un giubbotto, Matt se ne stava pacatamente
seduto su uno dei gradini adiacenti una casa dall’aria abbandonata. Da quando
aveva lasciato la casa della madre non aveva osato proferire parola.
Un po’ si
pentiva dello scatto appena commesso, d’altra parte…era stato più forte di lui.
Non ce l’aveva proprio fatta, di fronte a una nuova promessa che poi
difficilmente sarebbe stata mantenuta, a mantenere la calma. E così era
sbottato.
‘Sono un
idiota completo’, sospirò, auto-commiserandosi, il giovane. In quel momento di
sicuro si stavano preoccupando tutti per lui, soprattutto Sora. Avrebbe dovuto
ingoiare l’orgoglio per una volta e scusarsi con tutti per il modo in cui era
andato via. Però…
“Sapevo
che ti avrei trovato qui”
Matt alzò
lo sguardo e, inavvertitamente, il suo cuore ebbe un tuffo quando incrociò lo
sguardo immensamente dolce di Nancy Takaishi.
“Mamma…!”,
mormorò visibilmente stupito di vederla lì.
Allora la
donna, senza smettere di sorridergli, gli si sedette accanto, riparandosi così
a sua volta dalla neve grazie al paravento sovrastante.
“Quando
eravate piccoli tu e Tk giocavate spesso su queste stesse scale”, disse d’un
tratto Nancy, fugando via il silenzio calmo creatosi. “Le scale della…”
“Della
nostra vecchia casa”, terminò per lei la frase Matt, rivolgendole per la prima
volta in quella giornata un sorriso sincero.
“Già”,
annuì allora lei, ricambiando al sorriso.
Di nuovo
il silenzio scese tra i due, ma stavolta era quasi naturale. E, a differenza di
prima, venne lacerato dalle parole del biondino.
“Mamma,
mi dispiace per quello che ho detto prima, io non lo pensavo realmente. E non
volevo essere così brusco, a tavola, solo che…”
“No”,
l’interruppe a quel punto la donna, scuotendo il capo. “Tu avevi ragione, Matt.
Io volevo organizzarti una bella festa di compleanno, però è stata un
disastro…”
La
signora Takaishi abbassò lo sguardo, mentre una velata patina salata le
offuscava la vista.
“Non è
stata colpa tua”, le parole di Matt, però, la costrinsero a fissarlo
interrogativamente. “È stata la neve”, aggiunse il biondo, accennando ai
candidi fiocchi che cadevano naturalmente dinanzi a loro.
“Già…la
neve”, accordò allora lei, ritrovandosi a ridacchiare con il figlio con complicità.
Quando
furono ritornati seri, Nancy lo guardò inorgoglita.
“Non ti
ho ancora dato il mio regalo per te, Matt”, disse, mentre prendeva qualcosa
dalla tasca del giubbotto.
“Un
regalo?!”, ripeté, frastornato, lui, non aspettandosi per nulla una cosa del
genere.
“Sì”,
annuì solo lei, porgendogli un pacchettino non molto grande ma abbastanza
pesante.
Matt la
guardò ancora per un istante colpito, prima di concentrarsi sul pacchetto. Lo
scartò con cura, temendo quasi di romperlo. E il suo stupore fu immenso quando
si accorse di cosa conteneva.
“Ma
questo è…questo è il modellino di un razzo!”, la fissò esterrefatto per quel
regalo così fuori dal comune.
Per tutta
risposta, Nancy annuì.
“Avevi
solo cinque anni. Tuo padre quel giorno doveva fare un’intervista importante
all’interno del museo delle scienze, ma ci portò ugualmente con lui. Così,
mentre lui intervistava quei signori, io avrei potuto farvi visitare, a te e a
Tk che aveva solo due anni all’epoca, il museo”, sorrise appena, mentre vagava
nei meandri della propria memoria. “Ricordo che quel giorno non faceva molto
caldo. Pioveva. Per proteggervi dall’acqua io e tuo padre vi prendemmo in
braccio: lui prese Tk, mentre io avevo te. Entrammo nel museo che eravamo quasi
completamente bagnati, e una volta qui tuo padre venne trascinato via da alcuni
suoi colleghi per l’intervista. Allora io presi per mano sia te che Tk e
iniziai a mostrarvi tutto ciò che conteneva la galleria. Fu in quell’occasione
che, per la prima volta, mi accorsi della tua passione per i razzi! Ti eri
fermato davanti al modellino di un razzo e lo guardavi completamente rapito.
Poi, senza togliere per un solo istante gli occhi dall’oggetto, mi chiamasti e
mi chiedesti a cosa serviva. Io sorrisi e, arruffandoti i capelli, ti risposi
che era grazie a quell’oggetto che gli astronauti potevano andare sulla Luna, o
su qualche altro pianeta. Allora tu mi guardasti e, tutto serio, mi domandasti
se ci si poteva andare anche su Marte”
“Davvero?”,
chiese a quel punto Matt, rapito dal racconto.
“Davvero!”,
confermò con un sorriso la donna. “E quando io ti risposi che non era del tutto
impossibile una cosa del genere, tu sai cosa mi risposi?!”
Nancy si
voltò a guardare un punto indecifrabile davanti a sé, con espressione
estremamente seria.
“Allora voglio diventare un astronauta per
andarci anch’io su Marte”, imitò la voce del figlio all’epoca, sorridendo
poi addolcita da quei ricordi.
“Io…non
me lo ricordavo”, confessò a quel punto il biondo, mentre fissava con minuziosa
attenzione il piccolo razzo nella sua mano.
“Matt”,
lo richiamò allora a sé la signora Takaishi. “Voglio che tu sappia che, anche
quando io e tuo padre abbiamo divorziato, non c’è stato un solo giorno in cui
non abbia pensato a te”
“Mamma…”,
il cuore di Matt si sciolse completamente a quelle parole, mentre i suoi occhi
blu apparivano un po’ più chiari per via delle lacrime che minacciavano il suo
viso.
“Quando
la sera andavo a dormire, il mio ultimo pensiero era rivolto a te, piccolo
mio”, spinta dal puro amore materno, Nancy gli poggiò una mano sulla guancia,
carezzandogliela dolcemente. “Sempre”
“Mamma…”,
di nuovo pronunciò quell’epiteto a lui tanto caro, stavolta senza più riuscire
a frenare le lacrime che, inarrestabili, preso a rigargli le gote.
“Matt…tesoro…”
Nancy
allargò ambo le braccia e lo guardò con occhi traboccanti d’amore, come solo
una madre può avere. Allora Matt, per nulla imbarazzato da quei frammenti di
sale che testimoniavano la sua debolezza, si sporse verso di lei e si lasciò
avvolgere dal suo caldo abbraccio. Ne aveva bisogno, aveva necessità di
sentirsi abbracciare da lei. Voleva
essere abbracciato da lei!
“Mamma?”
“Sì,
piccolo mio?”
“Mi sei
mancata”, lo disse con una semplicità sconvolgente che la colpì in pieno, fino
a farla piangere a sua volta.
Nancy
strinse il corpo del figlio un po’ di più, non volendo mai più lasciarlo.
“Mi sei
mancato tanto anche tu, Matt”
Intanto
la neve aveva smesso di cadere e dal cielo iniziavano a spuntare, attraverso
quei piccoli spazi vuoti concessi dalle cupe nuvole, piccoli raggi di sole.
“SORPRESA!!”
Matt non
aveva quasi fatto in tempo ad aprire la porta d’ingresso che si era ritrovato
surclassato da un coro allegro di voci che lo accoglievano calorosamente.
Il biondo
alzò lo sguardo e il suo cuore ebbe un tuffo involontario quando si accorse
dell’enorme gruppo di persone in piedi di fronte a lui. Per un istante il
giovane pensò davvero di trovarsi in un sogno, ma i sorrisi sinceri che quelle
persone…che tutti i suoi amici gli
rivolgevano, non ingannava. Erano reali. Quella era la realtà.
Così come
era reale la graziosa torta che Sora teneva saldamente in mano, proprio al
centro della comitiva.
“Scusaci
se non siamo potuti venire prima, ma la neve ci ha bloccati!”, la prima a
parlare fu l’esuberante Yolei.
“Però
adesso siamo qui, no?”, gli sorrise la sua vecchia amica Mimi, accerchiata dai
suoi bizzarri genitori.
Di fatti
non erano accorsi solo tutti i digiprescelti, ma anche i loro genitori.
“Buon
compleanno, figliolo”, e, tra questi, era giunto anche il signor Ishida.
“Papà…”,
Matt lo fissò commosso, prima di rivolgere un’occhiata visibilmente grata a
tutto il resto della comitiva. “Voi… Siete tutti qui…”
I suoi
occhi blu sembrarono farsi più chiari e subito gli altri intuirono che un velo
di lacrime glieli offuscava. Non lo avevano mai visto così prima d’ora e questo
non poteva che gratificarli ancora di più: era il segno che Matt era contento
sinceramente di averli tutti lì a festeggiare il suo compleanno.
“Coraggio,
amico! Non è il caso di mettersi a frignare adesso!!”, a fugare l’atmosfera
sentimentale creatasi ci pensò la battuta sempre pronta di Davis Motomiya.
“Stupido!
Io non frigno!”, lo rimbrottò immediatamente Matt, riscuotendosi dalla sorta di
trance in cui era caduto per afferrarlo per il collo e arruffargli quei capelli
prugna.
“Ahia, mi
fai male!!”
All’esclamazione
di Davis un moto di riso si infuse tra i presenti che, finalmente, si
lasciarono andare e la festa poté ricominciare.
“Scusami
se non sono potuto venire prima, Matt”, il biondo era ancora intento a
torturare il povero Motomiya quando la voce del padre lo riscosse dal suo da
fare.
“Non
dovevi preoccuparti”, gli rispose allora quello, senza tuttavia lasciar andare
Davis dalla sua stretta.
“Non mi
sarei perso il compleanno di mio figlio per nulla al mondo!”, ribatté in
risposta l’uomo, ricevendo per questo un’occhiata intensa da parte di Matt.
“E poi
non sarebbe stato lo stesso, no?”, intervenne anche Tk, ammiccando al fratello
maggiore.
“Ben
detto, figliolo!!”, il signor Ishida gli passò spontaneamente un braccio
attorno alle spalle, in un gesto naturale tra padre e figlio.
I due si
sorrisero, complici, osservati dallo sguardo attento di Matt. ‘La mia
famiglia…’, si ritrovò a pensare, aggiungendo ai due anche la madre. Perché in
fondo, anche se i suoi genitori avevano divorziato, loro rimanevano pur sempre
la sua famiglia. E questo lo rendeva pieno d’orgoglio e di felicità.
“Ehi,
Matt, che dici adesso di lasciarmi andare?”, a ridestarlo dai suoi pensieri ci
pensò la voce leggermente seccata di Davis, che non gradiva più quella stretta
ben salda attorno al suo collo.
“E va
bene, peste…!”, accordò il biondo, arruffandogli un’ultima volta i capelli
prima di lasciarlo definitivamente libero.
Sorrise
appena quando notò lo stato di disordine a cui aveva indotto i capelli del
povero malcapitato, ma si riscosse appena l’attimo dopo quando il pensiero di
Sora gli attraversò la mente. Da quando era andato via non le aveva ancora
parlato. E adesso…doveva rimediare assolutamente.
Tai vide
Matt allontanarsi da Davis per recarsi verso una meta a lui sconosciuta, e così
decise che quello era il momento giusto per potergli finalmente parlare.
Lo
raggiunse in un batter d’occhio e, allungando una mano verso di lui, lo fermò
afferrandolo all’altezza del braccio. Il biondino si voltò di scatto,
incuriosito, per rilassarsi immediatamente quando riconobbe lo sguardo
familiare dell’amico.
“Tai!”
“Sei di
fretta?”
“Cercavo
Sora”, gli spiegò l’altro.
“Ah… Beh,
non voglio farti perdere tempo Matt, ma io…”, bofonchiò leggermente impacciato
il brunetto, lasciando il suo braccio per passarsi una mano tra i capelli.
“Sono una frana in queste cose, però…ecco, io volevo solo dirti che…che non sei
male infondo”
Kamiya alzò
lo sguardo e lo fissò nelle pozze turchine, ora evidentemente allibite,
dell’amico.
“Sai,
all’inizio io non potevo soffrirti! Lo giuro!”, confessò apertamente, facendo
sghignazzare l’amico.
“No,
decisamente neanche io potevo soffrirti molto!”, ammise a sua volta Matt,
mettendosi a proprio agio.
“Ma poi
ho capito che tu…tu eri diverso da quella persona arrogante che ti credevo! Tu
mi hai aiutato parecchie volte a Digiworld, e anche dopo”
“Beh,
anche tu hai fatto lo stesso con me, no?”, gli fece notare a quel punto il
biondino, alzando un sopracciglio con aria attonita. “E comunque anche tu avevi
i tuoi bei difettucci, non credi mister testardaggine?!”
“Sì, ma
non è questo il punto!”, ribatté allora Tai, prima di lasciarsi sfuggire un
sospiro che portò sul suo volto un’espressione profondamente seria. “Quello che
voglio dire…tutto ciò che sto cercando di dirti è che sono contento di averti
conosciuto, Matt”
“Tai…”,
Ishida lo fissò senza parole, colpito da ciò che le sue orecchie avevano appena
udito.
“E poi io
volevo darti anche questo…ecco”, aggiunse subito dopo il brunetto, porgendogli
distrattamente un pacchetto dalla carta verde.
Matt
afferrò l’oggetto e, ancora stupito, lo aprì. Il pacchetto incartato alla
bell’e meglio, chiaramente fabbricato da Tai, racchiudeva al suo interno una
piccola cornice in legno. Il biondo la girò e rimase per un lungo istante in
silenzio a rimirare la foto che essa conteneva.
Su uno
scenario dalle tinta pastello erano stati immortalati tre giovani dall’aria
stupita. Evidentemente chi aveva scattato quella foto non li aveva fatti
preparare al click e così erano venuti fuori in modo “naturale”. E forse
proprio per questo la foto sembrava assumere dei tratti quasi reali, come se
volesse uscire dal quadretto da un momento all’altro portandosi dietro tutto
ciò che racchiudeva quel semplice click.
“L’ho
trovata l’altro giorno. È stata Kari a scattarla, a un picnic che facemmo
qualche tempo fa”, spiegò Tai poco dopo. “Ho pensato di farti un duplicato e
regalartelo, perché stavolta mia sorella ha davvero fatto un capolavoro, non
trovi anche tu?”
“Sì”,
annuì a sua volta Matt, senza distogliere lo sguardo dall’immagine nella foto.
Lui, Tai
e Sora…i tre angoli di uno stesso triangolo… Legati per sempre.
“Grazie
per questo regalo, Tai”, il biondo alzò lo sguardo fino a fissarlo in quello
dell’amico, serio.
Kamiya
allora scrollò le spalle.
“Ehi, per
un amico questo ed altro!”
Matt a
quelle parole sorrise, solamente. Ma fu sufficiente a far intendere che Tai era
per lui non solo un amico, ma il migliore.
E lo
stesso, a dispetto di un passato iniziato non nel migliore dei modi, valeva
anche per Tai.
La
porta-finestra scivolò naturalmente lungo il binario, per poi ripercorrere lo
stesso tragitto ma a ritroso appena pochi istanti dopo.
Il freddo
pungente causato dalla precedente nevicata si fece sentire immediatamente,
contrastando in modo netto il caldo che si respirava all’interno
dell’abitazione. Ma Matt non ci fece molto caso, intento come era a fissare la
figura appostata vicino al parapetto in ferro battuto.
“Sora?”,
la richiamò dolcemente il giovane, sospirando sollevato per averla finalmente
trovata.
La
giovane, sentendosi chiamare, sobbalzò dapprima spaventata per non essersi
accorta di non stare più sola; poi, lentamente, si voltò nel riconoscere la
voce.
“Matt”,
sibilò con voce appena percettibile, mentre piccole lacrime le velavano gli
occhi nocciola.
Ishida la
fissò sconcertato per quella reazione e fece per dire qualcosa, ma lo scatto
improvviso della ragazza arrestò ogni suo fare.
“Sei un
brutto stupido, Matt!!”, infervorata e accecata dalle lacrime, Sora si avvicinò
a lui e iniziò a picchiettargli il petto con tanti piccoli pugni che però non
vennero quasi percepiti da lui, abituato a ben altre scazzottate.
“Ma…
Sora…!”, mormorò frastornato il biondino, fissandola incredulo.
“Sei un
insensibile! Un maledetto egoista, Ishida!”, lo rimproverò ancora lei,
continuando a scatenarsi contro il suo petto e tentando allo stesso tempo di
contenere quel flusso di lacrime che minacciava le gote fresche per l’aria che
si respirava lì fuori.
“Sora…”,
non potendo più sopportare di vederla così, finalmente Matt si decise a fare
qualcosa.
Con una
gentilezza smisurata, il giovane le afferrò i polsi e la guardò fisso negli
occhi nocciola.
“Si può
sapere che ti ho fatto?”
I suoi
occhi da cerbiatto e l’espressione sinceramente affranta del ragazzo,
abbatterono all’istante tutta la foga artefatta di Sora e liberarono quei
frammenti salati dalla proibizione che lei gli aveva imposto.
“La
prossima volta che decidi di fare quello che hai fatto…”, la sua voce adesso
aveva assunto un registro tremendamente serio e basso, di chi sta dicendo un
qualcosa di molto profondo. “Allora ricordati che qui c’è qualcuno che potrebbe
anche morire dalla preoccupazione per te”
“Sora…”
Gli occhi
blu del ragazzo, colpito da quelle parole, rispecchiarono appieno la valanga di
sentimenti che sentiva di nutrire per lei. Non sentimenti frivoli, al
contrario. Essi erano talmente sinceri e profondi, che a volte gli facevano
mancare quasi il respiro. Proprio come in quel momento, mentre la guardava con
ricolma gioia per quello che le sue orecchie avevano appena udito da lei.
“Ti amo”,
Matt lo disse con estrema semplicità, ma quella fu una vittoria ben maggiore
per lui.
Perché
finalmente era riuscito a dirglielo…a mettere da parte il suo stupido riserbo.
Solo altre pochissime volte, che si potevano comunque numerare con la mano, era
riuscito a farlo, nonostante si fosse ripetuto più volte di dirglielo. Perché,
diavolo, lui l’amava! Più della sua stessa vita! E lei doveva saperlo
assolutamente.
“Matt…”
Dal canto
suo la fanciulla era rimasta come trasognata a fissarlo. Sebbene le parole del
ragazzo le riecheggiassero nella sua mente, faticava ancora a recepirne il
messaggio che portavano. Ma quando finalmente ci riuscì, fu come se la più
grande delle gioie si facesse largo in lei, assieme a tanti frammenti di
lacrime che, stavolta, non erano più di preoccupazione.
“Matt,
tu…tu non me lo dici mai”
“Lo so”,
ammise, dispiaciuto, il biondo. “Ma ho intenzione di rimediare, Sora. Perché tu
sei la cosa più importante per me e io non voglio rischiare di perderti per
colpa del mio caratteraccio”
Alzò una
mano verso di lei e, con estrema dolcezza, le accarezzò una guancia.
“Scusami…”,
sussurrò, provocando in lei dei piccoli fremiti.
“Ti
amo…ti amo tanto, Matt”, avvinta da tutte quelle intense emozioni, la fanciulla
si lasciò andare ad un pianto di sollievo, mentre si tuffava tra le sue calde
ed accoglienti braccia. “Ma ti prego, non farlo più… Non andartene mai più via
senza dirmi nulla! Ne morirei…ti prego…”
“Sora”,
ripeté solo il suo nome lui, stringendola un po’ più forte a sé e al suo cuore.
“Sora, ti amo”
“Anch’io…anch’io,
amore mio! Con tutta me stessa”, ribadì lei, aggrappandosi con ogni forza al
giovane.
Solo poco
dopo, in contemporanea, allentarono la presa per potersi scrutare negli occhi.
E lì, videro la stessa cosa: un amore immenso.
Allora,
Matt le asciugò, con i polpastrelli, le lacrime che ancora le rigavano il
volto, prima di chinarsi verso di lei e baciarle le labbra rubino, avvertendo
all’istante come una scarica elettrica che gli fece ricordare il motivo per cui
l’amava così tanto. Anche se non ce n’era affatto bisogno…
Quando si
separarono, Sora si lasciò sfuggire un sorriso sibillino che attirò le
immediate attenzioni da parte del giovane.
“Stavo
per dimenticare il mio regalo per te”, mormorò solo, mentre infilava una mano
nella tasca del giubbotto.
Da essa
ne estrasse un piccolo pacchettino dalla carta azzurrina, dalla singolare forma
squadrata.
“Che
cos’è?”, fece lui, incuriosito, prendendolo in mano.
“Aprilo!”,
lo incoraggiò la giovane Takenouchi.
Matt
annuì e, senza farselo ripetere ulteriormente, scartò quell’altro pacchetto. E,
per l’ennesima volta, si ritrovò a fissare rapito l’oggetto custodito.
Luccicante
sotto i timidi raggi del sole, il dorato che ricopriva elegantemente
un’armonica.
“L’ho
cercata a lungo, ma finalmente sono riuscita a trovarla come la tua…quella che
avevi a Digiworld”, gli spiegò con un sorriso lei.
Matt
fissò l’oggetto a lui tanto prezioso ancora per un lungo istante, ripercorrendo
in quel tempo le mille avventure in cui l’aveva seguito il fedele strumento. Ricordava
ancora perfettamente, quasi si fosse trattato di ieri, quando sostava a suonare
l’armonica nella fitta vegetazione digitale, ascoltato dai suoi amici
ammaliati. E, soprattutto, ascoltato da lei.
“Questo…questo
è…”, tentò di trovare le parole per descrivere l’immensità di sentimenti che
quell’unico oggetto gli aveva procurato, ma sembrava che nessun vocabolo
potesse degnamente esprimere ciò che lui stava provando in quel momento.
Sora lo
capì.
“Non c’è
bisogno che tu dica nulla, Matt”, lo tranquillizzò con un sorriso dolcissimo.
“Vederti così felice…per me è sufficiente”
Il cuore
del biondino ebbe come un tuffo a quelle parole. I suoi occhi si illuminarono
ancor di più mentre li posava, grato e innamorato, su di lei.
“Ti amo,
Sora”
Per
quanto quella fosse già la terza volta nel giro di pochi istante che lui glielo
diceva, lo stesso riuscì a provocare in lei sentimenti di gioia infiniti. Non
si sarebbe mai stancata di sentirselo dire da lui…e di dirglielo, a sua volta.
I due si
sorrisero, complici, appoggiando in concomitanza la fronte l’uno contro
l’altra.
“Sora?”
“Sì,
Matt?”
“Grazie”
La
profondità con cui il biondino aveva detto quell’unica parola, le fece
palpitare il cuore.
“E per
cosa?”, Sora alzò lo sguardo, stupita, puntando in quelle pozze turchine che
tanto amava.
“Per
avermi regalato tutto questo…la festa…l’armonica…questo attimo… L’ultima volta
che festeggiai il mio compleanno fu prima che i miei genitori si lasciassero.
Da allora, io…”
“Matt…”,
gli occhi della fanciulla si fecero più dolci, più comprensivi.
Adesso
riusciva a capire il motivo del suo iniziale astio per i compleanni. Gli
portavano alla mente quegli attimi ormai persi…
“Adesso
ci sono io ad organizzarti la festa per il compleanno”, Sora lo disse in tono
sicuro, ma il sorriso che Matt le rivolse le fece capire che ora lui lo sapeva.
“Grazie”
Matt era
sincero e Sora, per la prima volta da quando aveva preso la decisione di far
festeggiare ugualmente il compleanno del suo ragazzo, si sentì veramente felice
di averlo fatto.
Stettero così
ancora per un istante, prima di separarsi. Allora lei si protese verso di lui e
lo baciò dolcemente sulla fronte, in segno d’affetto puro e semplice. Quando
poi ritornò con anche la pianta del piede ben appoggiata a terra, i due si
presero dolcemente per mano e fecero per entrare in casa.
“Matt, Sora, venite dentro che le candeline
sulla torta cercano il festeggiato!”
Proprio
in quel momento Nancy Takaishi uscì a sua volta sul terrazzino, sfoderando un
meraviglioso sorriso che illuminava il bel volto.
Il
biondino, per tutta risposta, ricambiò al sorriso e, passandole accanto, le
cinse le spalle con un braccio. Quindi, insieme alle due donne più importanti
per lui, rientrò in casa pronto per desiderare di avere altri cento compleanni
splendidi come quello.
The End J
*** Prima
di lasciarvi definitivamente (fino alla prossima fanfic, ovviamente!), volevo
ringraziare quanti hanno letto e commentato questa mia one-shot. In particolare
volevo ringraziare le mie splendide amiche Sae, Sora89, Yuki e non ultima anche
Heather (spero di aver scritto bene! ^__-), che mi sono state vicino e mi hanno
incoraggiato tantissimo!! Thanks! J
Quindi mi
congedo da voi, sperando di poter avere presto del tempo per continuare le
altre mie fanfic tenute in sospeso! E colgo l’occasione per scusarmi con voi
proprio per questo mio ritardo a pubblicare! Il fatto è che ultimamente tra la
scuola e il resto non ho avuto molto tempo libero a mia disposizione; e l’unica
cosa che mi ha permesso di scrivere questa fanfiction è che si tratta di una
one-shot che per la sua brevità mi ha occupato relativamente poco tempo.
Comunque
spero di risentirvi tutti presto!
Un
bacione!
Memi