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Autore: XShade_Shinra    26/10/2010    2 recensioni
Mana Walker e suo fratello, il Quattordicesimo. Una continua lotta per sfuggire al Conte del Millennio e alla famiglia Noah.
[ Mana + 14th, Cross x 14th ]
[ FanFiction classificata 4° e Vincitrice del Premio Attinenza Traccia al contest "Amore Fraterno" indetto da Rota23 sul forum di EFP ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Mana Walker, Marian Cross, Neah/Quattordicesimo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Brothers - Let me Carry your Cross-
Mana Walker e suo fratello, il Quattordicesimo. Una continua lotta per sfuggire al Conte del Millennio e alla famiglia Noah.
[Mana + 14th, Cross x 14th]
FanFiction classificata 4° e Vincitrice del Premio Attinenza Traccia al contest "Amore Fraterno" indetto da Rota23 sul forum di EFP



-Autore: XShade-Shinra
-Titolo: Brothers - Let me Carry your Cross
-Fandom: D.Gray-man
-Personaggi: Mana Walker, il Quattordicesimo, Marian Cross e Timcanpy feat. Conte del Millennio, Road Kamelot, Maria e Allen Walker
-Pair: Cross x il Quattordicesimo
-Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico, Sentimentale, Drammatico
-Rating: Arancione   
-Avvertimenti: Yaoi, Missing Moments/E se…
-Chapters: 10
-Riassunto: Mana Walker e suo fratello, il Quattordicesimo. Una continua lotta per sfuggire al Conte del Millennio e alla famiglia Noah. [Mana + 14th, Cross x 14th]
-Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo…), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
-Commento: Basata interamente sul colloquio che Cross ha con Allen nel volume 17, Night 166; diciamo che è una mia personale interpretazione dei fatti accaduti anni prima, uno stralcio di vita del Quattordicesimo dopo che questi ha cercato di uccidere il Conte ed è scappato con Mana, fino ad arrivare alla sua morte.
I capitoli sono scritti alternando il P.o.V del Quattordicesimo con quello di Mana.
Questa FF è stata betata da Gala e a lei dedicata. Perché lei aveva ragione sul Quattordicesimo e io, finché la Hoshino non mi ha sbattuto la verità in faccia con la Night 198, non le ho mai creduto. <3
La FF non contiene, né tiene conto di eventuali spoilers (a parte l’innegabile bellezza che possiede il Quattordicesimo! XD).



- Brothers - Let me Carry your Cross -
Capitolo 01 – I due Pierrot


Questa guerra
ha dei retroscena.
[Marian Cross – Night 166]


Applausi, fischi e urla di giubilo si udirono dagli spalti dopo la nostra esibizione in quel circo appena giunto in città. Io e Mana eravamo i due clown che avevano il compito di allietare la serata degli spettatori tra lo spettacolo dei trapezisti e quello del domatore di leoni, e, come sempre, il nostro era stato un duo vincente su tutti i fronti. Ovunque andassimo, la folla ci adorava, fino a richiederci spesso dei bis, che concedevamo senza farci pregare.
Quella sera, però, non ci permettemmo quel lusso, preferendo salutare la platea e trotterellare dietro le quinte. Fui io stesso a prendere la decisione di non concedere altre risate al pubblico, prendendo per mano mio fratello maggiore e facendo un profondo inchino, seguito subito dopo da lui. Era quello il segnale: bastava che uno di noi due prendesse la mano all’altro per interrompere lo spettacolo in qualunque punto fossimo. Non era l’unico messaggio in codice che avevamo, ma era quello che, purtroppo, usavamo più spesso.
«Fratello, cosa c’è?» mi chiese Mana, una volta che attraversammo lo spesso tendone del sipario che calava dietro di noi.
«Forse c’è un Akuma tra il pubblico.» gli spiegai, andando velocemente al nostro carrozzone per prendere le valige. Non disfacevamo mai i nostri bagagli, per cui sarebbe stata una fuga molto veloce.  
«Maledizione…» ringhiò Mana, correndo verso il carrozzone del padrone «Vado a prendere la nostra paga! Ci vediamo di fronte alla gabbia degli elefanti.»
«Va bene.» annuii correndo, mentre mi pulivo il viso impiastricciato di cerone utilizzando una manica del mio largo costume di scena.
La nostra vita era un costante Inferno.
Non passava settimana nella quale non facessimo almeno due corse, tentando di scappare da colui che si voleva vendicare su di me – mi voleva uccidere.
«Che palle!» sbottai, aprendo la porta del nostro carrozzone e togliendomi di dosso l’abito, saltellando su una gamba per arrivare prima al nostro giaciglio condiviso «Possibile che anche oggi che è Domenica non ci sia un po’ di pausa?!» mi domandai retorico, appallottolando il costume e buttandolo in valigia, andando a nascondere i resti del golem che stavo finendo di riparare, per poi richiuderla e agguantare sia il mio bagaglio che quello di Mana, avendo cura di prendere il suo cilindro, che tenni in bocca per l’orlo della visiera - non potevo metterlo in valigia, si sarebbe rovinato.
Saltai le scale, atterrando direttamente sull’erba, e andai al luogo dell’appuntamento, dove vi era già Mana ad attendermi. Ho sempre pensato che mio fratellone fosse un tipo ansioso, ma, da quando mi ero trasformato in un Noah, era diventato ancora più nervoso, vivendo nella preoccupazione che mi potesse capitare qualcosa, e di questo me ne dispiacevo sempre; se avessi potuto, non lo avrei mai e poi mai coinvolto in questa storia, in quest’incubo dal quale era impossibile svegliarsi.
«Eccomi!» dissi a mo’ di saluto e di scuse, passandogli il cilindro e la sua valigia, che aprì, mettendo via il costume che teneva sottobraccio e prendendo il giaccone.
«Andiamo, allora. Non è sicuro stare qua, anche solo se hai un dubbio.» mi disse, afferrando il bagaglio con una mano e prendendomi per la mancina con l’altra.
«Sì.» annuisco di nuovo, correndo insieme a lui verso i vicoli, nella notte nera.
Eravamo arrivati in quella città da ben cinque giorni e ci era sembrato fin troppo bello non aver incontrato nessuno legato al Conte del Millennio, ma quel ragazzo che avevo visto in quarta fila aveva le stesse fattezze di un giovane che era divenuto ospite di un Akuma tempo fa e, anche se era solo un semplice dubbio, era sempre meglio sparire dalla circolazione prima che mi  trovassero. Prima che ci trovassero.
Avevamo scelto di fare i clown proprio perché potevamo guadagnarci da vivere indossando abiti larghi e coprendoci il viso con centimetri di cerone per essere meno riconoscibili agli occhi di eventuali Akuma, dei membri della famiglia Noah come me, e del Lord, poiché io ero la loro preda e Mana, essendo non solo mio fratello ma anche mio complice, vi era dentro fino al collo.
Il Conte voleva uccidermi, poiché io avevo tradito il sangue stesso di Noè.
«Mana, dove andiamo?» domandai, stando al passo con la sua corsa.
«Alla stazione.» mi spiegò, scartando poi a destra, inoltrandoci in un vicolo scarsamente illuminato «È meglio se non restiamo oltre qui!»
«Mh!» annuii convinto, sentendo poi una vibrazione sopra le nostre teste, causata da un rumore «Attento, Mana!» esclamai, prendendo mio fratello per la vita e strascinandolo verso il muro più vicino, scartando per un pelo i cocci di cornicione che erano caduti dai piani più alti, anche se non riuscii ad evitare un secchio colmo d’acqua che mi finì addosso, bagnandomi tutta la schiena e parte della testa.
«Grazie…» sospirò, reggendosi a me «Ma cos--»
La risposta alla domanda che stava per porre ci apparve agli occhi insieme ad una risata:
«Ihihih!» rise un bambino, in bilico su un davanzale «Voi siete i due Walker, giusto?» ghignò, scendendo velocemente fino ad arrivare alla strada, saltellando di davanzale in grondaia.
Portai Mana dietro di me e lo difesi, guardando il ragazzo con aria truce.
«Tu sei un Akuma, giusto?» domandai, guardandolo con odio.
«Yes of curse1, younger Walker!» ridacchiò, mutando il proprio corpo in maniera mostruosa e rivelandosi a noi nel suo vero aspetto al di fuori da quel guscio di carne umana.
«Maledetto…» sussurrai, rivolgendo al Lord tutte le mie imprecazioni. A me non piaceva combattere, preferivo di gran lunga suonare il pianoforte, ma non era tempo per certe occupazioni «Mana, stai indietro.» gli ordinai, mettendolo come sempre dietro di me affinché non fosse coinvolto. Lui era solo un semplice essere umano, non aveva alcun potere legato ai Noah come me, quindi ero io che dovevo badare ad entrambi in quelle dannatissime occasioni, sempre più frequenti. Solitamente a noi Noah bastava ordinare ad un Akuma di autodistruggersi affinché questo accadesse, anche senza il volere dell’Akuma stesso2 - poiché erano i nostri servitori e, anche se ero un traditore, continuavano a rispondere agli ordini dati dal mio sangue -, ma quella volta non potevo rischiare: c’era il pericolo che crollasse qualcosa nell’impatto.
Senza dare tempo all’Akuma di partire avvantaggiato, decisi di passare alle maniere forti: mi trasformai in Noah, facendo diventare neri i miei capelli, scura la mia pelle, dorate le mie iridi e facendomi comparire le stigmate sulla fronte, e mi concentrai sul mio braccio sinistro, il quale cambiò radicalmente forma. Le ossa della mano, del braccio e dell’avambraccio iniziarono a mutare, ingrossandosi, allungandosi o restringendosi a seconda della zona: il carpo e il metacarpo si spezzarono a metà aprendomi la mano in modo di dividere indice e medio da anulare e mignolo; ulna e radio si allontanarono tra loro, andando a formare due lame lunghe e affilate, che si andavano ad unire nell’omero, saldato poi all’altezza della scapola: la mia Dark Matter, un diapason3. Questo uno dei miei poteri Noah insieme a saper pilotare l’Arca e manovrare gli scostamenti d‘aria che producevano i diversi rumori e poterli usare a mio piacimento. Io ero un pianista: controllavo la musica, sia come tempo, sia come armonia e melodia.
«Fatti sotto!» lo incitai, sbattendo l’arma contro le pareti dei palazzi della viuzza e producendo un perfetto e pulito La♪. Il povero Akuma avrebbe dovuto fare più attenzione a dove iniziare la battaglia: nei luoghi chiusi il suono è molto più facile da manovrare.
Il diapason entrò in risonanza con l’aria e formò una piccola barriera di protezione davanti a noi, poi, con un secondo colpo, riuscii a mandare verso l’Akuma delle onde sonore talmente forti da farlo arretrare.
«Sai fare solo questo?! Ihihih!» ridacchiò, allungando le braccia verso di noi per ucciderci infilzandoci con i suoi lunghi artigli.
Povero stolto. Rendeva il tutto molto più facile.
Così, attesi fermo che le sue armi fossero abbastanza vicine e sbattei nuovamente la mia Dark Matter intorno a me, talmente forte che le vibrazioni prodotte e liberate da essa andarono ad increspare l’arma dell’Akuma, fino a ridurle in briciole. La macchina al servizio del Conte del Millennio urlò di dolore, accasciandosi a terra e ritraendo gli arti. Forse aveva già capito di non avere via di scampo.
«Perdonami, ma… non ho assolutamente intenzione di farti fare la spia.» quasi mi scusai, usando il mio diapason direttamente contro di lui, finendolo in un colpo solo, liberando la sua anima dai patimenti di quelle catene.
Il Conte sapeva di questa mia arma, di questa mia capacità, e ancora mi chiedevo perché non istruiva a riguardo gli Akuma… Che fosse un combattimento ravvicinato o a metri di distanza, mi serviva solo una superficie dove sbattere il mio corista4 per avere la vittoria già in tasca.
«Tutto bene?» chiese Mana, restando dov’era.
«Sì.» annuii, sospirando e riportando il mio braccio alla sua forma originale «Ora andiamo, non era lo stesso del circo, non vorrei che ce ne fossero degli altri!» esclamai, tornando da mio fratello.
«Sì, infatti.» annuì, guardando il mio vestito zuppo «Sei fradicio…» borbottò.
«Nessun problema!» sminuisco, mentre sentivo il freddo entrarmi nelle ossa. Mi sarebbe venuto davvero un bel raffreddore…
«Ok…» fece lui di rimando, non molto convinto, in realtà, riprendendomi per mano e iniziando a correre, diretti alla stazione ferroviaria.
Probabilmente ci tenevamo spesso la mano perché avevamo paura che l’altro rimanesse indietro o che ci potessero nuovamente allontanare l’uno dall’altro come tanti anni fa.
«Mana?» lo chiamai, mentre facevo sparire le stigmate dalla fronte «Troveremo un treno a quest’ora?»
«Assolutamente sì.» affermò convinto. Una delle cose che apprezzavo di più di mio fratello era il suo ottimismo di fronte a tutto.
«Va bene.» sorrisi, mentre varcavamo il cancello principale per addentrarci nella stazione, dimora solo dei barboni e poco di buono, a quell’ora.
«Andiamo verso i binari.» mi sussurrò all’orecchio, tenendomi stretto a sé per la vita e bagnandosi il braccio con il mio giaccone ancora fradicio.
«Non c’è bisogno che tu faccia così, Mana…» lo sgridai appena, sentendomi addosso gli occhi di tutti quelli che ci guardavano. Sembravamo più due amanti che due fratelli, quando Mana mi teneva così vicino a lui.
«Lo sai che non devi temere solo i Noah.» sussurrò, portandomi lontano da degli ubriaconi che si sganasciavano dalle risate in un angolo vicino alla biglietteria chiusa.
«So che sembro un ragazzino, ma ho quasi la tua stessa età.» brontolai, mentre raggiungevamo un treno merci in sosta.
«Ma loro non lo sanno che non sei più nel fiore degli anni…»
«Etchu!» starnutii.
«Anche se come immaturità siamo lì…» sbuffò, aprendo uno dei vagoni e buttandoci dentro la valigia «Avanti, saliamo.» disse, salendo e tendendomi la mano.
«Ok.» gli feci, copiando il suo primo gesto e issandomi nel nostro scompartimento pieno di… «Cibo!» esclamai, con gli occhi che brillavano.
«Cena sicura, almeno oggi…» scrollò il capo – rubare, comunque, non gli era mai piaciuto - richiudendo il portellone dietro di noi, per poi girarsi verso di me quando sentì dei rumori inequivocabili come di un buco nero che risucchiava tutto5 «Ehy!» mi sgridò per la mia ingordigia.
«Scusa, fratellone, ma era da tre giorni che non mangiavo!» spiegai, con le briciole ai lati della bocca, porgendogli poi un pezzo di pane «Tieni.» dissi gentile, offrendogli la cena - quel tono lo usavo solo ed esclusivamente con lui.
«Grazie…» borbottò, addentando il cibo e mettendo a tacere lo stomaco che gorgogliava.
«Dove sarà diretto questo treno?» chiesi, sbuffando.
«Non ne ho idea, ma non penso che importi, no?» domandò, strizzando l’occhio destro, carico di malinconia. Ormai stavamo lentamente girando tutta la Gran Bretagna.
«No, non ha importanza.» sorrisi malinconico, mentre sentivo il treno che sobbalzava appena, segno che stava scaldando la motrice per ripartire «L’importante è che stiamo insieme.» mormorai, sospirando, riservando un sorriso per Mana, che mi guardò strano.  
«Sei ancora sporco di cerone e sei anche zuppo…» mi avvisò, indicandomi una guancia.
«Etchu!» starnutii ancora «Che vuoi che succeda? E poi ho troppo freddo per togliermelo!»
A quelle parole Mana si alzò e si tolse il proprio giubbotto:
«Prendi il mio.» mi offrì.
«Ma… poi tu…» sussurrai, facendo un passo indietro.
«Nessun problema!» ripeté le mie stesse parole, porgendomelo con più insistenza.
«Lo usiamo come coperta, così ci stiamo tutti e due?» proposi, prendendo dell’altro pane e sedendomi contro la parete del vagone.
Mana sembrò pensarci, mentre lanciavo il capotto fradicio su dei sacchi di farina, ma alla fine accettò:
«Va bene.» borbottò, cedendo alla mia proposta e venendo a sedersi con me, coprendo entrambi.
«Grazie, fratello…» sussurrai, continuando a mangiare ciò che la provvidenza ci aveva fatto trovare lungo la nostra strada, ma non udii risposta e mi girai verso Mana, che si era addormentato ancora con il boccone di pane in bocca. Sorrisi e gli pulii il muso, accoccolandomi vicino a lui.
«Buonanotte, allora…» sussurrai, dandogli un bacio sulla guancia barbuta, continuando a sbocconcellare lo sfilatino, mentre il terno merci partiva per la sua misteriosa meta.

[ Continua... ]
XShade-Shinra




-Note:
1 L’Akuma fa un gioco di parole tra “of course” (naturalmente) e “curse” (maledizione, anatema, ma anche bestemmia e scomunica). Visto che la storia è ambientata in Gran Bretagna mi sono presa la libertà di proporre quindi una frase in inglese, poiché è la lingua da loro parlata.
2 In riferimento a quanto si vede nella Night 25 per mano di Road.
3 Ottimo articolo sul diapason: http://www.phys.uniroma1.it/DipWeb/museo/acu003.htm. Esso è uno strumento usato per generare una nota standard. Quando si pensa al diapason viene in mente subito il pianista sordo Ludwig van Beethoven, ecco l’associazione di idee che mi ha portato a dotare il Quattrdicesimo di una Dark Matter dotata della capacità di generare un diapason dal suo braccio e, di conseguenza, poter utilizzare le onde del rumore a suo piacimento. Inoltre ho scelto un arma “simile” all’Innocence di Allen perché l’Esorcista maledetto contiene in sé la Memory del Quattordicesimo e la sua Innocence – di tipo parassita – potrebbe essere legata essa stessa alla memoria del Noah.
4 Il diapason, in Italia, prende anche il nome di corista.
5 Vi ricorda qualcuno? xD

  
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