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Autore: Oneechan    26/10/2010    0 recensioni
Guardando fuori dalla finestra, Cassandra affondò di nuovo il cucchiaio nel barattolo di marmellata. Nel cielo bluastro una pallida falce di luna sogghignava fissando le stelle con aria famelica. Avrebbe iniziato a mangiarsene qualcuna di lì a un paio di giorni, e tempo due settimane sarebbe stata piena.
Genere: Commedia, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Cassandra si svegliò era già giorno, anche se una pallida falce di luna continuava a sogghignare in un angolo di cielo.

Lasciò il letto ai gatti, e raccolse e indossò le prime cose che trovò sul pavimento, tanto tutti i suoi vestiti erano neri e non rischiava di sbagliare abbinamento. La marmellata di cianuro era finita, quindi non sapendo con cosa fare colazione si limitò a sgranocchiare una galletta uscendo.

Ne prese un’altra quando tornò indietro perché aveva dimenticato la borsa e le scarpe.

Nessuno era mai stato così incauto da concederle una patente, quindi andava a piedi o in metropolitana. Non le dispiaceva, perché in entrambi i casi aveva modo di osservare la gente, un passatempo fantastico anche se non privo di rischi: l’altro giorno, troppo concentrata sugli stivali borchiati di un ragazzino dai capelli azzurri, aveva mancato la sua fermata ed era arrivata in ritardo a lezione.

Mentre correva verso il portone dell’università, pensava a tutte le cose che avrebbe dovuto fare oggi: scegliere fra la spesa e l’affitto (non era sicura di quale avrebbe comportato conseguenze peggiori se ignorato), fare dell’altra marmellata, finire le tavole da consegnare al professor Van Gogh e leggere i quattro libri che avrebbe dovuto restituire alla biblioteca degli studenti la settimana prima.

Al portone ci arrivò prima la sua borsa di lei, perché si era inciampata sui gradini ed era caduta. Aggiunse alla lista: comprare cerotti e ricucire le calze.

 

La mattinata fortunatamente era delle più leggere: aveva solo tre lezioni, un’ora buca e poi un’altra lezione. Nella pausa si rifugiò in un angolo del cortile a fumare una sigaretta al cioccolato e approfittarne per andare avanti di qualche pagina nel “Manuale del Perfetto Necrofilo” di T.D. Sotterro, ma Stella la raggiunse sventando i suoi piani.

- Non ti sei pettinata stamattina. – disse vedendola.

- Avrei voluto, ma ho perso il pettine mentre mi sistemavo ieri e non riesco più a trovarlo.

- Faccio io. – Stella si sedette dietro di lei e cominciò a sgarbugliarle i capelli con una spazzolina argentata prontamente estratta dalla borsa.

- Interessante il libro?

- No, è una vera noia, ma devo fare un tema sui possibili usi di un cadavere, e la necrofilia mi sembrava un buon approfondimento. Però continuo a non avere abbastanza idee per scrivere qualcosa di davvero interessante.

- Magari potresti andare a dissotterrare qualcuno.

- Lascia perdere, l’ultima volta che l’ho fatto ci ho messo giorni a far venire via la terra da sotto le unghie, e per di più il guardiano del cimitero mi ha scoperta e ha voluto a tutti i costi offrirmi il tè, così mi è anche toccato stare ore a sentirlo blaterare.

- Pover’uomo, non parla mai con nessuno.

- Per forza, nessuno ha la pazienza di starlo ad ascoltare…

Stella le rubò un tiro dalla sigaretta senza smettere di armeggiare con la spazzola. – Comunque sono contenta di non fare il tuo stesso corso, seguite delle strane lezioni voi di Arte.

Era quello che pensavano molti – tutti, a dire il vero – gli altri studenti dell’università: la sezione Arte era vista come un posto a parte, oscuro e misterioso, popolato da professori svitati e pazzi armati di matite e cartelletta da disegno. E, in effetti, non andavano poi troppo lontano dall’effettivo stato delle cose.

- Hai trovato il pettine? – chiese Cassandra saltando a priori il capitolo su come agire nel caso in cui i vermi avessero già divorato tutte le parti molli del caro estinto.

- Sì, devo solo riuscire a snodarlo da qui… Hai dei capelli incredibili, Cassie. Potresti usarli al posto della borsa.

- Meglio di no, già nella borsa non trovo mai niente…

Stella recuperò il pettine con ancora tutti i denti e riuscì a quasi a rimettere in ordine quel cespuglio blu che l’amica aveva in testa prima di rientrare per il corso di Scrittura Cuneiforme con gli altri studenti di Lingue.

A Cassandra rimanevano ancora una ventina di minuti per leggere prima di tornare in classe.

 

Le lezioni di criminologia del professor Manson finivano sempre in discussione, non tanto per la sua abitudine a identificarsi con i maniaci, quanto perché nessuno aveva ancora capito a che diavolo servissero delle ore di criminologia in un corso di arte.

Cassandra comunque fu più che felice quando la lancetta corta dell’orologio si spostò sull’1 segnando la fine ufficiale della sua giornata scolastica. Riordinando la sua roba scambiò due parole con il vicino di banco riguardo all’argomento di oggi – Jack lo Sventratopi, un crudele assassino convinto di essere un gatto persiano a pelo lungo – poi varcò l’uscita in compagnia di Ciel, una compagna di corso, una ragazza piccina ma di cui non si rischiava di dimenticare la presenza.

- …e quindi pensavo di chiedere a lui di darmi una mano perché altrimenti sono rovinata, sai che nella teoria me la cavo, ma in laboratorio sono proprio negata, non vedo l’ora di passare al prossimo anno così almeno il corso di Disegno dal Vivo posso abbandonarlo, perché quando c’è da disegnare cose morte tanto quanto, ma quelle vive si muovono e santo cielo io mi ci perdo… Tu no?

Cassandra annuì distrattamente, offrendole una sigaretta che di sicuro non l’avrebbe calmata, ma nemmeno nella peggiore delle ipotesi avrebbe potuto renderla più iperattiva. Ciel però preferiva mangiarle che fumarle, diceva che altrimenti il gusto di cioccolato non si sentiva abbastanza.

- Mi accompagni a fare la spesa? – le chiese Cassandra. Si era fatta due conti: considerando che non pagava l’affitto solo da due mesi, e il proprietario dell’appartamento minacciava lo sfratto dal terzo in poi, aveva scelto di comprare da mangiare. E, per una volta, fare una cena non a base di scatolette per gatti.

Ciel rispose entusiasticamente di sì, e senza smettere di saltellare la seguì fino al discount di fiducia degli universitari. Uscirono con due borse di plastica a testa e si diressero verso casa di Cassandra facendo a gara a chi colpiva per sbaglio più bambini di passaggio. Vinse Ciel 24 a 17, ma perse due punti inciampando nei gatti mentre tentava di andare in cucina.

Cassandra si mise immediatamente ai fornelli.

- Ci, passami quel barattolo per favore. No, non quello, quello vicino a quell'altro. Ecco, quello.

- Cosa c’è dentro?

- Erbe aromatiche.

- Hanno uno strano odore…

- Me le ha date il guardiano del cimitero, dice che le raccoglie vicino alla chiesa sconsacrata. Trovo che stiano bene nella marmellata. – andò a prendere la cassetta medica e cominciò a fasciarsi il ginocchio che si era sbucciata il mattino cadendo, mentre con l’altra mano rigirava il contenuto del pentolone e con il piede accarezzava la schiena di un gatto di passaggio.

In quel momento un urlo penetrante e disumano le avvertì che qualcuno aveva suonato al campanello. Era Viviana.

- Ciao Cassie, ciao Ciel, ciao gatti. Cos’è questo buon odore?

- Sto facendo la marmellata. Vuoi assaggiare?

Viviana intinse un biscotto nella poltiglia ribollente. – Hai un po’ esagerato con qualunque cosa dia quel retrogusto dolciastro.

- Oh. – per rimediare, Cassandra buttò un altro po’ di cianuro senza smettere di mescolare.

- Hai lezione stasera? – le domandò la sua amica.

- Sì, un’ora di Estetica della Vita, una di Laboratorio e poi trenta secondi per uscire prima che Jekyll cerchi di rifilarmi un’altra delle sue tinte per capelli sperimentali.

- Non gli piacciono i tuoi capelli? – chiese Ciel.

- Non gli piace il blu. – rispose Cassandra.

- Bene, dopo allora vieni a cena da me. – disse Viviana.

- Proprio oggi che ho fatto la spesa?

- Allora veniamo noi da te.

- Perfetto.

- Sbaglio o i tuoi gatti passano attraverso le pareti?

- Oh, no, quelli sono della vicina. Anche Angie ha lezione stasera, vero?

 

L’ora di Estetica della Vita del professor Lovecraft consisteva nel disegnare cose vive, e la vera difficoltà del lavoro non era tanto disegnarle, ma far sì che cominciassero a muoversi.

Il professor Van Gogh interruppe la lezione per venire a chiedere i compiti che in teoria avrebbero dovuto consegnargli il giorno dopo. Avrebbe potuto essere un problema, ma ormai tutti se l’aspettavano – lo faceva ogni settimana – e si preparavano d’anticipo, e nemmeno Lovecraft si lamentava più dell’intrusione.

Ciel gli chiese dove avesse preso quella meravigliosa giacca azzurra, ma Van Gogh non la sentì: aveva qualche problema di udito all’orecchio destro.

A metà dell’ora dopo, mentre il dottor Jekyll mescolava colori in una nuvola di fumo arancione, Cassandra si calò discretamente dalla finestra e andò a sedersi sul marciapiede. (Il professore, non trovandola a fine lezione, tornato a casa avrebbe spalmato la sua ultima tinta sperimentale su una camicia prima di metterla in lavatrice, usandola al posto dello smacchiatore per sporco difficile.)

Fuori era già buio e la luna non si limitava più a sogghignare: rideva di gusto fissando le stelle con aria famelica. Avrebbe iniziato a mangiarsene qualcuna di lì a un paio di giorni, e tempo due settimane sarebbe stata piena.

Cassandra approfittò dell’attesa per finire il libro e scriversi qualche appunto sulle braccia con una penna biro mangiucchiata sul fondo. Poi una figura alata la raggiunse e le tese una mano per aiutarla a rialzarsi.

- Ciao, Angie.

Angela era un angelo biondo per definizione più che per complimento. A scuola teneva le ali piegate sotto la giacca per essere sicura di non sbatterle in faccia a nessuno, e anche per evitare che qualche furbastro che aveva dimenticato le penne a casa provasse a strapparne una a lei e usarla per scrivere.

Insieme s’incamminano sotto la luce dei lampioni fingendo di non sentire il rumore di passi che le seguivano nel buio.

- Secondo te chi sono?

- Non ne ho idea, però devono avercela con noi.

Cassandra sbuffò. – Devono essere degli incompetenti: chi si sognerebbe mai di derubare degli studenti del corso di arte?

- Io faccio scienze. – obiettò Angela.

- Che facciamo, li aspettiamo e sentiamo cosa vogliono?

- Aspettiamoli.

Si fermarono sotto un lampione e aspettarono. I loro inseguitori erano due tizi qualunque con dei qualunque coltelli a serramanico in mano. Cassandra e Angela gli lasciarono elencare le minacce di rito senza scomporsi.

- Finito? – chiese poi l’angelo con aria evidentemente spazientita.

Gli inseguitori sembravano aspettarsi una reazione un tantino diversa. – Con chi credete di avere a che fare, ragazzine?!

- E che diavolo ne possiamo sapere? – sbottò Cassandra – Ci seguite al buio, passate un quarto d’ora a parlare a vanvera, noi vi stiamo anche a sentire e poi avete ancora da lamentarvi! Te l’avevo detto che erano degli incompetenti. Andiamo, dai.

Gli inseguitori non erano d’accordo a vederle andare via così e provarono a fermarle, ma non fu una grande idea.

La gonna lunga di Angela nascondeva egregiamente un paio di anfibi con suola chiodata, uno dei quali colpì allo stomaco l’uomo più vicino. Nella sottospecie di colluttazione che seguì, l’angelo non ci mise più di dieci secondi ad atterrarlo e strappargli il coltello di mano. Poi si voltò pronta a difendere l’amica, ma non sembrava essercene bisogno. 

Seguì un momento di silenzio in cui Angela guardò la ragazza grattarsi la nuca imbarazzata, in piedi davanti al cadavere sgozzato del secondo uomo.

- Con…una penna?

- Sì, e si è anche rotta la punta.

La bionda intimò all’aggressore sopravvissuto di sparire, e lui obbedì terrorizzato.

- Questi li tengo, possono tornarmi utili a lezione. – disse poi raccogliendo i coltelli. – Di lui però che ne facciamo?

Cassandra stava scrutando la propria maglia schizzata di sangue chiedendosi se sarebbe venuta pulita. – Non ne ho idea. Ma qualunque cosa sia facciamola in fretta e poi andiamo a casa, altrimenti non ceniamo più.

Spostarono il cadavere lontano dal marciapiede e ripresero a camminare pulendosi il sangue dalle unghie.

- Sii sincera – disse Angela – provano a derubarvi spesso voi del corso di arte, vero?

- Ogni tanto.

 

Entrando in casa, trovarono Stella e Viviana che già armeggiavano in cucina.

- Siete in ritardo! – le rimproverarono.

- Scusa, ho ucciso uno che voleva derubarci e abbiamo dovuto nascondere il cadavere.

Stella ridacchiò. – Carina questa. Comunque, a tavola, che è pronto! Ho preparato del risotto. Ho visto che avevi delle erbe aromatiche della chiesa sconsacrata e ne ho messe un po’, spero vi piacciano.

Cassandra era stupita. – Le conosci?

- Certo, le prendo sempre, ci puoi fare una tisana spettacolare. Lo sapevi che vanno raccolte solo nelle notti di luna piena? Altrimenti non sono ancora velenose e non sanno di niente. Deve avermelo detto il guardiano del cimitero…oppure Lissy, una mia compagna appassionata di queste cose, pensate che l’anno scorso ha fatto il tema finale del corso di Swahili sulle proprietà delle erbe… Dice che vuole fare la farmacista, e nessuno riesce a capire perché si sia iscritta a lingue. I gatti della vicina mangiano con noi?

- Non credo che possano, passerebbero attraverso il piatto.

Quanto a quelli di Cassandra, erano già seduti a tavola a fissare la pentola fumante. Spazzolarono tutto il riso che Stella gli mise nel piatto, e chiesero anche il bis.

Le tre ragazze si fermarono a dormire da Cassandra. Angela dormì sul pavimento, così aveva abbastanza spazio per stendere lei ali. Tanto, disse, con tutti i vestiti sparsi per terra non le serviva neanche un materasso.

Passarono un po’ di tempo raccontandosi storie dell’orrore, ma Stella era talmente brava che finì per spaventarsi da sola, e ci volle mezz’ora per calmarla e convincerla che nessuno cadavere putrescente era nascosto sotto il letto. Semplicemente perché con il disordine che c’era, non avrebbe avuto abbastanza posto.

  
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